ilTorinese

Città della Salute: “Camici vietati al bar”, la replica dei sindacati

Riceviamo e pubblichiamo

“Camici al bar? Noi pensiamo alla sanità. E la direzione?”

La direzione generale della Città della Salute e della Scienza ha deciso di vietare l’uso di
camici e divise nei bar e nelle mense aziendali. Un principio condivisibile, perché l’igiene
è fondamentale, ma non ci facciamo certo impressionare da questo “grande
provvedimento”. Noi siamo lavoratori, non topi che scappano davanti al gatto.
Se la direzione vuole giocare, spieghiamo bene le regole: qui nessuno è contrario
all’igiene, anzi, siamo noi i primi a voler lavorare in un ambiente pulito e sicuro. Ma
sappiamo distinguere tra una regola ribadita per facciata e le vere priorità della sanità
pubblica.

Se davvero si vuole tutelare la salute, allora la domanda è una sola: quando si
affronteranno i problemi veri? O si continuerà a ignorare il convitato di pietra della sanità
pubblica, ovvero le condizioni di lavoro e di igiene nelle strutture ospedaliere?
– Ferie arretrate che si accumulano senza soluzione: ci sono medici che hanno migliaia
di ore di ferie non godute. Solo al CTO, la dirigenza medica ha accumulato 8.696,5 ore
di ferie residue, mentre alle Molinette si arriva a 38.566,5 ore. Se l’igiene è una priorità,
perché non garantire ai lavoratori il diritto al riposo per evitare personale esausto e
strutture sempre sotto pressione?

– Sanificazioni e DPI adeguati: perché si parla di camici nei bar ma non della mancanza
di presidi nei reparti?
– Personale sufficiente: perché si impongono nuove regole ma nessuno parla del carico
di lavoro insostenibile?
– Strutture dignitose: perché la direzione si concentra su dettagli di immagine, mentre i
pazienti affrontano reparti sovraffollati e attese interminabili?

Vogliamo parlare dei veri problemi di igiene e camici?

Parliamo di igiene? Bene, allora affrontiamola seriamente. Più di cinque anni fa sono
stati installati nei corridoi e adiacenti ai reparti armadi automatici per la distribuzione
delle divise, con l’idea che ogni lavoratore potesse depositare la divisa sporca e
prelevarne una pulita ogni mattina tramite il proprio badge. Questo sistema è in uso in
altri ospedali da anni – come negli Spedali Civili di Brescia – ma da noi non è mai
entrato in funzione.

I colleghi che lavorano su più presidi non hanno la possibilità di avere divise in ogni sede
e sono costretti a portarsi dietro il camice, con tutti i problemi igienici che ne derivano. Il
servizio di lavaggio presenta carenze croniche: i tempi di attesa per il lavaggio e la
consegna sono lunghissimi, i camici sono pochi, spesso riciclati e stracciati.
Per non parlare dei camici piombati: nei nostri ospedali non è mai stato istituito un vero
servizio di lavanderia per questi dispositivi, al contrario di quanto avviene in altre
strutture sanitarie (come nell’ASL TO5). Un DPI di sala operatoria non può essere
semplicemente pulito con una spugnetta, ma deve essere adeguatamente sanificato.
Anche sulle divise di sala operatoria siamo al collasso: le carenze sono evidenti, si cerca
di ovviare con materiale monouso, con costi esorbitanti e conseguenze anche
sull’impianto di aerazione. I filtri dell’aria si intasano di residui di tessuto monouso
scadente, compromettendo ulteriormente la sicurezza dell’ambiente di lavoro.
Ed ecco l’ossimoro ideologico: da una parte si impone una rigida regola sui camici nei
bar, dall’altra si ignora completamente la gestione dell’igiene dove davvero conta, nei
reparti e nelle sale operatorie. Si chiede rigore ai lavoratori ma si accetta il
pressappochismo nella gestione delle forniture e della sanificazione.

I veri problemi della sanità ignorati dalla Direzione
Se la Direzione fosse davvero interessata al benessere dei lavoratori e alla qualità
dell’assistenza sanitaria, allora affronterebbe i problemi reali, anziché concentrarsi su
misure di facciata.

Problemi che restano ancora oggi irrisolti:
– Ferie non godute
-Eccedenze orarie non recuperate
-Carenza di personale
– Pronte disponibilità illecite
– Imminente blocco delle convenzioni per la libera professione a causa di una Direzione
cieca e assente che non garantisce il diritto ALL’ALPI dei medici
– Ambulatori istituzionali carenti in personale ed apparecchiature
– Campagna mediatica del Commissario senza alcuna convocazione dei rappresentanti
dei lavoratori

Potremmo continuare a lungo, perché non abbiamo ancora visto un provvedimento
degno di attenzione. I problemi reali sono questi, e finché resteranno irrisolti,
continueremo a denunciare l’ipocrisia della Direzione.
Dunque, se vogliamo parlare di igiene, facciamolo fino in fondo. Il problema non è il
camice al bar, ma la gestione dell’igiene nei reparti, nelle sale operatorie e nei servizi di
lavanderia.

Le regole si rispettano, ma non siamo ingenui. Se la direzione generale vuole davvero
proteggere la salute pubblica, lo dimostri con azioni concrete.
Sottolineiamo che è con il nostro lavoro e condividendo con noi veri e grandi obiettivi
che si raggiungono risultati concreti.

Le Segreterie Aziendali Federazione CIMO-FESMED CGIL-FP

Torino in piazza per l’Europa

Nonostante una pioggia battente anche Torino è scesa in piazza a favore dell’Europa, realizzando una manifestazione che – a parte quella di Roma – è stata una delle più incisive e riuscite d’Italia. 

L’iniziativa è stata presa da un Comitato di cittadini volenterosi che tramite la portavoce, Rori Sforza, ha affermato che è giunto il momento in cui tutti i cittadini consapevoli devono fare la propria parte.  La richiesta rivolta agli organi di comunicazione, e ai  politici e alle istituzioni è stata chiara: “costruire gli Stati Uniti d’Europa per una Europa unita e federale” e, per intanto, sostenere tutte le iniziative dei Paesi e del Parlamento Europeo volte a creare la massima coesione fra gli Stati Europei in tutti i campi, a partire da quello della difesa comune. 

Insieme a tante cittadine e cittadini – tra cui molti giovani – sono stati presenti in piazza e sono intervenuti anche rappresentanti di partiti politici e istituzioni. Tra questi l’ex presidente della regione e parlamentare Europea Mercedes Bresso, con un forte intervento europeista e in sintonia con le posizioni pro – Ursula von der Leyen  del Partito socialista Europeo. In sintonia il segretario cittadino del P.D. Marcello Manzù, rafforzate da Andrea Turi di Più Europa e di Cristina Peddis di Azione che insieme hanno ribadito che la resistenza Ucraina e la libertà e l’indipendenza Ucraina sono quelle della stessa Europa, che altrimenti vedrebbe premiato il feroce neo imperialismo Russo di Putin e la spregiudicatezza e il cinismo di  Trump, con buona pace di un certo tipo di “pacifisti” alla Conte e alla Salvini.

Sempre sulla necessità di un Europa unita, ormai quasi unico faro di rispetto dei diritti umani e civili, della solidarietà e del progresso sociale e delle libertà fondamentali dovute ad ogni persona, è intervenuto Giampiero Leo, vice presidente del Comitato per i diritti umani della Regione Piemonte e portavoce del Coordinamento interconfessionale “Noi siamo con voi”.  Leo ha anche voluto ricordare, a fianco del profetico Manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli e Ernesto Rossi, il sogno europeo di De Gasperi, Schumann e Adenaurer, nel quale era compresa anche la costituzione della C.E.D. (Comunità europea di difesa).

Visione europeista solidale, umanitaria, ma altresì sostenitrice del diritto internazionale – così violentemente stracciato da Putin con l’invasione della Ucraina  – così ben interpretata e difesa dal grande Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Proprio con un lungo e caloroso applauso di stima e solidarietà a Sergio Mattarella sollecitato dalla Consigliera Regionale di Stati Uniti d’Europa, Vittoria Nallo, si è concluso l’happening con il desiderio e l’impegno di ritrovarsi presto a continuare questo lavoro.

L’art. 18 di Donat-Cattin e lo Statuto che servirebbe oggi

LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo

Uno degli elementi portanti e costitutivi dello storico “Statuto dei lavoratori” varato nel maggio del
1970 non fu soltanto aver portato “La Costituzione nelle fabbriche”, come disse nel dibattito alla
Camera il “Ministro dei lavoratori” dell’epoca, Carlo Donat-Cattin. Ci fu un altro elemento che
qualificò quella legge che ha segnato in modo indelebile e profondo la legislazione democratica e
riformista sul lavoro nel nostro paese. E quel tassello fu l’introduzione, appunto, dell’art. 18 che
impediva, di fatto, il licenziamento dei lavoratori nelle aziende che avevano oltre 15 dipendenti.
Norma che fu ritoccata pesantemente prima dalla riforma Fornero e poi da quella varata da Renzi
con il jobs act riducendolo ad un semplice indennizzo.

Ora, è di tutta evidenza che nessuno vive di nostalgia o di solo rimpianto. Certo, l’azione e
l’iniziativa politica e di governo di Donat-Cattin, leader della sinistra sociale della Dc, non hanno
più avuto eguali nella storia democratica del nostro paese. Seppur nel rispetto di tutti i Ministri del
Lavoro che si sono succeduti quella riforma ha segnato la legislazione del mondo del lavoro, la
condizione concreta dei lavoratori e anche, e soprattutto, le relazioni tra le parti sociali. Una
riforma che, al di là del trascorrere inesorabile del tempo, continua ad essere una bussola di
riferimento per chi crede che i principi costituzionali debbano trovare una seria ed organica
cittadinanza nei luoghi di lavoro. In tutti i luoghi di lavoro. Al di là e al di fuori dell’art. 18 che il
capo della cosiddetta “rivolta sociale”, ovvero il segretario generale della Cgil Landini, vorrebbe
ripristinare. Posizioni, come quella di Landini, che sono comunque lontane anni luce rispetto
all’approccio riformista e democratico di uomini e statisti statisti come Donat-Cattin. Pur nella
radicale diversità dei rispettivi contesti politici, culturali e sociali.

Ma, al di là di queste considerazioni e del dibattito un po’ surreale sull’art.18 – al centro,
comunque sia, della prossima consultazione referendaria – quello su cui sarebbe necessario
avviare una riflessione seria ed argomentata è la necessità di riscrivere un nuovo “Statuto dei
lavoratori”. Partendo, come ovvio e scontato, proprio dallo Statuto varato nel 1970 che conserva
una straordinaria modernità anche nell’attuale contesto del mondo del lavoro seppur ad oltre 50
anni dall’approvazione di quello storico documento. Ma per potere centrare quell’obiettivo sono
necessarie due condizioni di fondo. Da un lato una precisa volontà politica del Ministro del Lavoro
e dell’intero Governo e, dall’altro, un’azione del sindacato che sia ispirata ad un vero ed autentico
riformismo. Cioè l’esatto opposto di quello che pratica oggi lo storico sindacato rosso, ovvero la
Cgil. Solo attraverso un riaggiornamento e una rivisitazione, partendo però dai pilastri essenziali
dello Statuto votato nel 1970, sarà possibile far decollare una nuova legislazione che deve fare i
conti con le condizioni dei lavoratori da un lato e la dinamica dei nuovi lavori dall’altro. Senza
accampare le ormai stucchevoli pregiudiziali ideologiche e politiche della Cgil o la solita strategia
dell’opposizione del “tanto peggio tanto meglio” cara, purtroppo, a molti settori della sinistra
contemporanea

Un telefono cellulare nella spazzatura del carcere

La notizia è stata resa nota dal Segretario Nazionale del SiNAPPe, Raffaele Tuttolomondo e riguarda l’ennesimo un nuovo ritrovamento di uno smartphone nel carcere di Biella. È stato scoperto nel corso del ritiro della spazzatura nell’area esterna. Il Sinappe richiama alla necessità di adeguata strumentazione per inibire l’utilizzo di telefonini “per evitare contatti non consentiti da parte dei detenuti a tutela della sicurezza degli stessi istituti e dell’ordine pubblico”

NOTIZIE DAL PIEMONTE

Scrittura olistica… per “ascoltare e ascoltarsi”

Il “mondo olistico” incontra la passione per la scrittura, in uno specifico corso che si terrà a Pianezza

Aperte le iscrizioni

Pianezza (Torino)

Cinque giorni di “Scrittura olistica e creativa”. E “terapeutica”. No, non sgranate gli occhi! La “scrittura olistica” (tranquilli!) è solo un filone della più ampia cultura o filosofia alla base del cosiddetto “benessere olistico” (dal greco antico “olos”, termine dal significato di “interezza” e “totalità”) con radici in antiche origini filosofiche orientali (India e Cina soprattutto, VI – XII secolo) e ben fermo nell’idea che ogni aspetto del nostro essere – fisico, emotivo, mentale e spirituale – contribuisca alla nostra salute, al nostro benessere e al nostro ben stare (con noi stessi e con gli altri) in generale. Con tale espressione vuole dunque intendersi semplicemente l’approccio ad un tipo di “scrittura totalizzante”, scrittura in grado di“rallentare la corsa, per ascoltare e ascoltarsi”. Non solo per narrare ciò che sta al di fuori o intorno a noi, ma per meglio conoscere e studiare il nostro “essere qui e ora”. Il che “permette di aprire gli orizzonti ed analizzare gli eventi e noi stessi con altri occhi, dandoci la possibilità di mettere in pratica l’armonia mente-corpo-spirito”. Scrivere, insomma, “per sentirci meglio”. E “scrivere di tutto”. Di ogni emozione, di ogni dubbio o sorpresa, del tuo essere e del tuo stare in un determinato momento e in un determinato luogo . In modo totalizzante. Per trovare una voce nel silenzio. Un bagliore nel buio. Una mano che ti guida. E non occorre essere già provetti mestieranti di penna, basta sentire un minimo di interesse per la scrittura, per l’annotare di te e della tua vita su un foglio bianco. Pronto a diventare pagina di confessione, un semplice strumento cui affidarti per dare sfogo alle tue ansie, ai tuoi sogni, alle tue paure e alle tue speranze.

Ad aiutarci in ciò può allora essere interessante seguire uno specifico corso di “scrittura creativa e terapeutica” per l’appunto, in programma a Pianezza, che prenderà il via mercoledì 26 marzo prossimo, ma per il quale sono già aperte le iscrizionicinque incontri, della durata di un’ora e mezza, organizzati e tenuti da Roberta Carozzi, naturopata o “Life coach”, e da Chiara Priante, giornalista e docente. Incontri che si terranno in “spazi aperti” ancora da concordare o, in caso di maltempo, nello studio della stessa naturopata in “Villa Bricca”, a Pianezza.

Ogni incontro sarà dedicato a uno dei cinque sensi. Si parte dall’“aromaterapia” per stimolare l’olfatto e dalla “musicoterapia” per lasciar fruire emozioni sospinti dall’udito; e, poi, esercizi ad hoc per risvegliare le “papille gustative”, “colori” per capire meglio come funziona la vista, “giochi” per il tatto. “ Tutti stimoli – spiega Chiara Priante – che, poi, ci porteranno a scrivere, a tirare fuori quello che abbiamo dentro: che sia un’emozione, un ricordo che arriva da lontano, una storia che avremmo sempre voluto raccontare”. In ogni incontro, un senso coinvolto e una storia. “Tra giochi di lessico, esercizi di scrittura creativa collettiva, trucchi per potenziare la nostra osservazione del quotidiano, brani di penne celebri da imitare, l’obiettivo è crescere attraverso le parole. E la cura da mettere nello sceglierle: con queste, disegniamo la realtà, immaginaria o reale che sia”.

Le lezioni sono in programma mercoledì 26 marzo, mercoledì 2, 9 e 16 aprile mercoledì 7 maggio, sempre alle 18,30. Il costo è di 20 euro a incontro o di 80 euro per l’intero corso.

Sottolinea ancora Roberta Carozzi“Attraverso una maggiore consapevolezza dei ‘cinque sensi’, si impara a muoversi con maggior curiosità e creatività nel mondo interiore e nella realtà che ci circonda: la percezione di quest’ultima è sempre e solo soggettiva. Ognuno coglie e ricorda la parte della realtà più aderente ai propri sensi: rielaborarla attraverso la ‘scrittura olistica-terapeutica’ permette di creare nuove visioni e consapevolezze funzionali al nostro benessere”.

Info e iscrizioni: via Whatsapp 340/3244152 o 328/1767403; via mail arte.rapiaolistica@gmail.com

g.m.

Nelle foto: Chiara Priante e Roberta Carozzi

Guardie ecologiche volontarie: un piccolo esercito di volontari

Un piccolo esercito di volontari ambientali, 209 persone formate ed esperte in campo ambientale e dislocate su tutto il territorio: 27 a Torino, 37 nella Valle di Susa, 36 nella zona Ovest, 29 nel Chierese-Carmagnolese, 31 nel Pinerolese, 25 nelle Valli di Lanzo, 7 nel Canavese, 13 nell’Eporediese e 4 nel Chivassese.

Sono 56 le donne e 50 i nuovi iscritti dal 2024, che hanno frequentato un impegnativo corso di formazione.
Sono le GEV, Guardie ecologiche volontarie della Città metropolitana di Torino, a disposizione del territorio per azioni di educazione ambientale nelle scuole, per supportare nell’applicazione dei regolamenti comunali per la tutela ed il benessere degli animali, di Polizia urbana, per la gestione dei rifiuti urbani e per attività di monitoraggio del territorio, anche, in caso di necessità, a supporto delle attività di Protezione Civile.
La Città metropolitana di Torino ha rinnovato nei giorni scorsi l’incarico di coordinatore delle GEV per il prossimo triennio a Massimo Ramello, che ha incontrato il consigliere metropolitano delegato all’ambiente Alessandro Sicchiero per presentargli le attività in corso.
Sono numerosi i Comuni convenzionati con la Città metropolitana per usufruire di questo servizio, da Almese ed Avigliana a Pinerolo, passando per realtà grandi come Moncalieri e piccolissimi Comuni come Varisella e Balme.
“Siamo molto orgogliosi di questi volontari ambientali” commenta Sicchiero, che ridarà vita alla convenzione attivata anni fa dal Comune di Chieri. “Offrono decine di migliaia di ore di impegno all’anno e rappresentano un bell’esempio di impegno civico. Le nuove GEV sono giovani che porteranno nuova linfa”.

In scena al Teatro Carignano “Come gli uccelli”

Già presentato in anteprima al 28esimo Festival delle Colline Torinesi, su testo di Wajdi Mouawad

In scena al teatro Carignano, da martedì 18 a domenica 23 marzo prossimi, la pièce teatrale intitolata “Come gli uccelli” di  Wajdi  Mouawad, nella traduzione di Monica Capuani e l’adattamento di Lorenzo De Jacovo, che firma anche la regia dello spettacolo. Saranno in scena Federico Palumeri, Lucrezia Forni, Barbara Mazzi, Irene Ivaldi, Rebecca Rossetti, Aleksandar  Cvjetkovic, Elio d’Alessandro , Said Esserairi e Raffaele Musella.

“’Come gli uccelli’ – spiega il regista Marco Lorenzi nelle sue note di regia –  ci ha dato l’occasione di costruire un cast unico capace di mescolare attori italiani ad attori provenienti da altre parti del mondo, da altri Paesi, con origini e biografie diverse e con un’eterogeneità linguistica e culturale  che, durante il processo di  creazione dello spettacolo, ha riprodotto quel percorso di incontro, quell’andare verso l’altro che, come per Mouawad così per il Mulino di Amleto, è una ragione di vita e di poetica.

Ho chiesto a questo incredibile cast di interpreti  ( e a me stesso) di lasciare alle spalle quello che sappiamo sul teatro, per andare alla ricerca di un significato più sottile delle parole che usiamo, delle relazioni che costruiamo, dell’ascolto che porgiamo all’altro. Ho chiesto loro di entrare in uno spettacolo che, per tre ore, si reggerà interamente sulle loro spalle, sulla loro forza, sul loro grande talento. Ho chiesto loro di immergersi in un viaggio di conoscenza non scontato  e di imparare a recitare in altre lingue oltre la propria, con l’aiuto di esperti linguistici e culturali. ‘Come gli uccelli’ risuonerà di una  molteplicità linguistica, per cui, oltre che in italiano, gli attori reciteranno in arabo, tedesco, ebraico (…)

Come cittadino e come artista del XXI secolo credo che continuare a ragionare secondo visioni e  sistemi superati e fallimentari sia l’unico errore da non fare.  Ragionare secondo categorie identitarie auto riferite e continuare a creare un teatro (un’arte borghese che, per quanto sia d’avanguardia, rimane sempre arte identitaria ed espressione di una visione parziale),  non abbia più senso nel capitalismo globale dove non esiste più  la possibilità di rimanere esterni, di non fare finta di nulla e dove i muri non hanno più senso e dove solo i ponti sono una possibilità di futuro”.

Il testo narra una storia ambientata nel presente e in esso è possibile ravvisare quella realtà che affonda le radici in anni di lotta tra due popoli destinati all’odio reciproco. Un muro è  metafora di separazione, è presente in scena nella sua enorme struttura mobile che i personaggi spingono a fatica per guadagnarsi uno spazio in cui pare impossibile entrare definitivamente.

Al centro della vicenda è la storia d’amore tra due ragazzi che si incontrano in una biblioteca a New York. Sono Eitan ( Federico Palumeri), ebreo, e Wahida ( Lucrezia Forni), araba. I due non sono legati alle tradizioni dei loro Paesi e vogliono vivere la loro storia d’amore indipendentemente dalle loro rispettive origini. Eitan è preoccupato dall’ossessione paterna verso il mondo arabo e intuisce che nella sua famiglia, emigrata in Germania prima della sua nascita,  esista un segreto che vuole scoprire. Decide allora di recarsi con Wahida in Israele per incontrare la nonna che non ha mai conosciuto perché lei aveva abbandonato la famiglia, convinto che sia lei depositaria di quel segreto. Qui resta vittima di un attentato terroristico sul ponte che collega Israele  e Germania e cade in coma…

Si tratta certamente di un penetrante affresco teatrale, crocevia di vite, memorie e culture straniere in cui la storia d’amore tra i due giovani Eitan e Wahida guida gli spettatori  alla scoperta delle moderne contraddizioni esistenziali, sempre in bilico tra lo sfatato presente e il potere ostinato  che il passato e la storia esercitano sulle emozioni.

Da martedì 18 a domenica 23 marzo 2025.

Teatro Carignano.  Piazza Carignano 6, Torino

Mara Martellotta 

Gestione rifiuti, incontro della lista civica La Piazza

Nelle ultime settimane si è ripreso a parlare di inceneritore. Martedì 18/3 ci confronteremo sul tema della gestione dei rifiuti a Torino, con l’aiuto della Consulta Ambiente e Verde della Città di Torino e dell’associazione RifiutiZero Piemonte

LISTA CIVICA LA PIAZZA

#InPiazzaConNoi