ilTorinese

Festa di Sant’Antonio. Benedetti gli animali e i prodotti della terra

Domenica 22 gennaio 2023, in occasione della festività di Sant’Antonio Abate si terrà la XV edizione della “Benedizione degli animali, dei prodotti della terra e dei mezzi agricoli” presso la Precettoriadi Sant’Antonio di Ranverso.

La manifestazione verrà realizzata con il concorso della Fondazione Ordine Mauriziano ed in collaborazione con i Comuni di Buttigliera Alta e di Rosta e la Coldiretti.                                                                                            Programma:

– ore 10,30, raduno presso la Precettoria di Sant’Antonio di Ranverso,

– ore 11,00, Santa Messa officiata dal Parroco di Buttigliera Alta e Rosta Don Franco Gonella. Nel corso della celebrazione si procederà alla benedizione dei pani e dei prodotti agricoli, come da tradizione. (Non sarà consentito portare animali all’interno della Chiesa).

– ore 12,00 c. benedizione degli animali, dei prodotti della terra e degli attrezzi agricoli, all’esterno.

Il Consiglio regionale ricorda Caracciolo

Chi lo ha conosciuto, quelli con cui ha collaborato e gli sono stati colleghi, i familiari, tantissimi pazienti che ha curato lo ricordano per l’impegno civile e per la grande correttezza professionale che ha esercitato con chiarezza e passione nei momenti più rilevanti dell’attività politica e della vita amministrativa della nostra regione”.

Con queste parole il presidente del Consiglio regionale, Stefano Allasia, ha ricordato la figura di Giovanni Caracciolo, nel corso della sua commemorazione nell’Aula di Palazzo Lascaris.

“Scomparso il 22 marzo 2021, all’età di 85 anni – ha spiegato Allasia -, è stato assessore e consigliere regionale nella settima e nella ottava legislatura.

Nato il 9 giugno 1935 Samo in Provincia di Reggio Calabria, nel 1955 giunge a Torino e si laurea in Medicina con specializzazione Pediatria. Dal 1966 è medico a Nichelino e lavora per 33 anni nel reparto di pediatria del Santa Croce di Moncalieri. Eletto nel 2000 in Consiglio regionale, ha il ruolo di presidente del gruppo consiliare Socialisti democratici italiani – Sdi e componente della Commissione regolamento ed altri importanti organismi consiliari”. Nel novembre del 2001 viene nominato vicepresidente della Commissione speciale per lo Statuto della Regione Piemonte. Nella ottava legislatura, dal 28 aprile 2005 al 22 luglio 2008, diventa assessore regionale al Commercio e fiere, polizia locale, promozione della sicurezza e protezione civile. Dal 28 luglio 2008 al 2 maggio 2010, torna ad essere presidente Sdi, poi Sdi-Psi e componente tra le altre della Commissione Sanità.

A nome dell’Assemblea e prima di chiedere un minuto di raccoglimento, il presidente ha rinnovato a nome del Consiglio regionale le più sentite condoglianze alla moglie Maria e ai figli Alessandro e Francesco.

Forza Italia: “orgogliosi per la Giornata del Valore Alpino”

“Siamo estremamente orgogliosi di aver partecipato quest’oggi alla prima Giornata regionale del Valore Alpino.

Una ricorrenza che abbiamo contribuito ad istituire per onorare l’impegno e la disponibilità che, con tanta umiltà, il Corpo degli Alpini mette ogni giorno al servizio dei piemontesi. Una dedizione che costituisce un privilegio e di cui non possiamo che essere riconoscenti in un mondo sempre più egoista e nichilista”. Ad affermarlo il presidente del Gruppo di Forza Italia in Regione Piemonte Paolo Ruzzola e i consiglieri regionali Biletta, Fava e Graglia.

Il consigliere regionale Mauro Fava che è intervenuto in rappresentanza del Gruppo durante il Consiglio ha affermato: “La Penna Nera, che adorna il cappello degli alpini è, per le giovani generazioni come per chi lo indossa fieramente da decenni, un’icona che racconta l’altissimo sacrificio del Corpo degli Alpini, la complessità delle missioni di pace e ricostruzione nei Paesi esteri segnati ancora oggi dalla violenza e dalla devastazione dei conflitti, il lavoro infaticabile che nel tempo vi ha condotto tra la gente, al fianco di chi ha perso ciò che aveva di più caro. Forza Italia ribadisce in questa occasione il legame profondo, di autentico affetto, e senso di vicinanza che ci unisce alle Penne Nere. Per queste ragioni dobbiamo conservarne la memoria diffondendo la cultura dei loro valori partendo dalle scuole”.

Ferrini inciampa in Otello, forse il vero protagonista è Iago

Al Gobetti, repliche sino al 5 febbraio

Un lungo mese di repliche – sino al 5 febbraio, sul palcoscenico del Gobetti – per questo “Otello” shakespeariano, nella traduzione di Emilio Cecchi e Giovanna Cecchi, produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e Progetto Urt, un unico blocco di 140’ senza intervallo, a cui Jurij Ferrini sembra aver dato anima e corpo. Una tragedia di incondizionato amore e di terribile, cieco odio, ogni cosa nel cuore di un eroe, di un ufficiale di colore, ma anche una tragedia di sospetti, di quelle parole portate a poco a poco alle labbra nella prospettiva di una vendetta e nella distruzione di un altro, nell’occasione di una donna, di una quasi bambina innamorata del proprio sposo, della figlia di un notabile di una qualche potenza occidentale, sperduta nelle acque del Mediterraneo tra i rumori e le ansie della guerra, spinta giorno dopo giorno sempre più a fondo da un meccanismo perverso e subdolo che un diavolo le ha costruito intorno. L’occasione di un avvicinamento a quella “nostra coscienza occidentale” che senza mezzi termini, di gran fretta, è definita “falsa”. “Quando leggo un testo, soprattutto un grande classico – tiene a motivare Ferrini nelle note di regia – non posso fare a meno di chiedermi che cosa possa significare per il pubblico di oggi.” Ieri e oggi, le radici e i rimandi, gli sguardi paralleli, un incrociarsi di ponti gettati sulle intenzioni e sui sentimenti, sulla malvagità e sulla menzogna del nostro quotidiano.

Nessuno lo vieta ad un regista che si fa quasi coautore, appunto per il suo sguardo nuovo, una esperienza apprezzabile quando anche sia l’occasione “per un lucido e appassionante esame del viaggio a ritroso da un infinito oceano d’Amore fino alle fonti dell’Odio più puro”, il Bene e il Male a fronteggiarsi da sempre. Tuttavia, su quelle pedane inventate (abbastanza poveramente) da Jacopo Valsania (a lui si devono anche le luci, con Gian Andrea Francescutti), contro un fondale di soli e di lune, dentro un orizzonte di alberi e scure montagne, poca colpa se lo spettacolo tarda a prendere corpo: quel che non convince è quell’oggi, tanto sbandierato, che sino al termine della serata continua a parere del tutto posticcio. Non spaventano più gli abiti moderni, non siamo più alla metà degli anni Sessanta quando con innegabile shock del pubblico Luigi Squarzina per “Troilo e Cressida” rivestiva gli attori dello Stabile genovese delle divise del ventesimo secolo, seguito poi da Lavia e da Ronconi e certo da altri: qui sono un posticcio perché nulla aggiungono all’azione, al racconto naturalissimo che Ferrini rivendica di aver visto “nella mia immaginazione”. Poi c’è il pericolo del medioriente, c’è la sopraffazione maschile, c’è l’ombra del razzismo che circola tra le truppe e va oltre, c’è la lettura del gran personaggio di Iago, la fiducia riposta in lui e il tradimento, il marcio della coscienza e la distruzione di sé e degli altri portata sino in fondo.

Scrive poi qui uno che continua a dubitare fortemente dell’uso dei microfoni in scena, per dire, per scandire, per ritagliare che?, microfoni di cui si fa un gran uso e microfoni che per altri versi li diresti benedetti dal momento che l’attore, nel momento in cui deve pronunciare la propria battuta dal fondo del palcoscenico, non è più nettamente udibile: quello stesso Ferrini che, accennando appena nel trucco la propria “negritudine” con dei tatuaggi tribali che lo rendono più un Maori che un “moro”, da sempre erroneamente definito “negro”, sembra essere incerto sulla strada da percorrere sino in fondo senza ripensamenti. L’“Otello” di Ferrini, il triangolo Moro/Desdemona/Iago, tutto rimane un fatto privato, a dispetto di certe intenzioni di voler ampliare il campo alla “tragedia della violenza umana” e di volerlo immergere nell’”ultimo straordinario movimento culturale e rivoluzionario del mondo moderno”, il ’68, fatto di opposizione alla guerra in Vietnam, di battaglie per i diritti civili, di libertà sessuale, di rifiuto di ogni autorità.

Di Ferrini interprete non arriva in platea la costruzione di un personaggio, al di là di un gran muoversi e di un imperioso quanto furioso vociare. Troppo resta nelle intenzioni e non trova sbocco autentico e tangibile. La parte maschile dei suoi compagni, per differenti gradi, non possiede – o il regista non ha saputo tirar fuori dai giovani attori quel tanto di sentimenti e di consapevolezza dell’accaduto che è nei personaggi più o meno minori – una già affermata robustezza. Sul versante femminile, oltre la Bianca di Sonia Guarino, lascia un segno nel finale la ribellione della Emilia di Maria Rita Lo Destro e mostra con una eccellente sfaccettatura di toni una Desdemona fatta di giovinezza, fragilità e acre stupore Agnese Mercati; mentre un lungo discorso a parte meriterebbe la prova eccellente di Rebecca Rossetti, uno Iago che non avevamo mai visto (questa sì felicissima intuizione di Ferini), una sorta di Linda Hamilton di “Terminator”, anfibi, calzonacci militari, attillata nera canottiera con spalline, capelli corti impomatati all’indietro. Le si poteva aggiungere un lanciafiamme, non avrebbe stonato, già la pistola con cui fa fuori la povera concorrente che sta per spifferare ogni cosa fa legittimamente al caso suo. Uno Iago che rischia di essere il vero protagonista della tragedia. Si può allora dire che Rossetti sappia quel che vuol dire la costruzione di un personaggio, una sorta di simbolo del Male a tutto tondo, del male gratuito gestito per scommessa, nella voce e nella postura mai in eccesso, nel rivelarsi e nel nascondersi, nella strada che semina di sospetti e di indizi detti a fior di labbra e no, anche usando in maniera assai propria tutta l’ironia verso la mal riposta scalata al successo. Pubblico pressoché osannante alla prima, mentre a me rimanevano tutti i dubbi della realizzazione.

Elio Rabbione

Le foto di scena sono di Luigi De Palma

Osvaldo Napoli: “Meloni, combattiamo la mafia giorno per giorno”

Ho l’impressione che in questo Paese con le commemorazioni e con le “giornate dedicate” ci “si lavi la coscienza”.

Ho più di un dubbio sul fatto che la lotta alla mafia abbia bisogno di una giornata particolare per essere festeggiata, come proposto dalla Meloni. La realtà è che per combattere la mafia è necessario un costante e attento lavoro di formazione educativa e il  sostegno e risorse alle nostre forze dell’ordine che, con abnegazione, combattono la mafia nelle sue varie espressioni. In mancanza di ciò le commemorazioni sono vuote di contenuto.

È festa contro la mafia ogni volta che un appalto truccato viene smascherato o una concessione non dovuta viene scoperta e sanzionata. La lotta contro la mafia è prima di tutto una battaglia di civiltà e di costume, da trasmettere attraverso l’istruzione e la formazione. Festeggiare la cattura di Matteo Messina Denaro è giusto e doveroso, purché si abbia la consapevolezza che la mafia non è finita con lui.

Osvaldo Napoli, della segreteria nazionale di Azione

Arte contemporanea, ciclo di lezioni al Pannunzio

 A CURA DI ETTORE GHINASSI. TERZO INCONTRO : “LA REAZIONE ALLE AVANGUARDIE: IL RITORNO ALL’ORDINE. L’ARTE DEL FASCISMO”.
MERCOLEDÌ 18 GENNAIO alle ore 17.30 presso la sede del Centro Pannunzio (via Maria Vittoria 35h, Torino), il terzo incontro del ciclo sul tema “LA REAZIONE ALLE AVANGUARDIE: IL RITORNO ALL’ORDINE. L’ARTE DEL FASCISMO”.
Ingresso Libero.
ETTORE GHINASSI
Il Prof. Ettore Ghinassi è uno studioso di fama internazionale che è stato in passato autore di cicli di lezioni entusiasmanti e indimenticabili al Centro “Pannunzio”, di cui fu uno degli animatori culturalmente più autorevoli. La collaborazione, interrotta a causa di impegni internazionali, è ripresa da poche settimane con il ciclo di incontri indicato nel comunicato.

“Queste persone parlano, non dicono nulla…”

Music Tales, la rubrica musicale 

Queste strade non portano a nulla

Queste persone parlano, non dicono nulla

Gli attori non hanno una parte

le persone di cuore senza cuore

troverò una nuova folla, farò un nuovo inizio”

Questo canta in “so long” Lisa Marie Presley.

Non riesco ad identificarne il significato se non in un disagio nel vivere in una città, in una situazione a lei poco consona, anzi molto scomoda.

Quasi a voler dire (farò un nuovo inizio n.d.r.) che avrebbe trovato pace solo allora.

Ed oggi siamo a pochi giorni dalla sua “pace”.

Riposa per sempre una artista, figlia d’arte (e che arte) che, come il padre, è diventata una cantante, guadagnandosi il titolo di Principessa del Rock and Roll.

Lisa Marie è nata il 1 febbraio 1968 a Memphis, nel Tennessee e secondo il libro di memorie “Priscilla, Elvis & Me”, ha avuto un’infanzia davvero privilegiata. Per il suo quinto compleanno suo padre le ha regalò una slot machine e per il suo ottavo compleanno ha ricevuto una pelliccia di visone e un anello di diamanti.

Ha vissuto durante i suoi primi anni nella famosa Memphis Mansion che apparteneva a Elvis, ma la lasciò all’età di quattro anni dopo che i suoi genitori si lasciarono. Nonostante questo fu un’ospite regolare quando faceva visita al genitore, fino alla morte della star.

Presley è stata sposata quattro volte.

Dal 1994 al 1996, la cantante è stata sposata con Michael Jackson, ma si erano conosciuti 20 anni prima, nel 1974 a Las Vegas. Dopo anni senza vedersi e senza che nessuno se lo aspettasse, nel 1994 annunciarono in un comunicato di essersi sposati nella Repubblica Dominicana con una cerimonia molto intima. Si diceva che fosse un finto matrimonio e che stessero insieme per interesse. Da allora sono diventati la coppia più bizzarra, affascinante e mediatica del momento. La loro prima apparizione pubblica è stata agli MTV Awards, dove il cantante baciò sua moglie davanti a tutti.

Lisa Marie una volta ha parlato dei rapporti intimi che ha avuto con il Re del Pop, dicendo che erano “selvaggi e intensi”. “Era straordinario a letto”, affermò. E a quanto pare Michael aveva rapporti sempre vestito. Lisa Marie disse di non averlo mai visto come mamma l’ha fatto. Durante loro prima notte insieme, lui le chiese di essere in camera da letto al buio e quando finirono lei corse in bagno per uscirne 20 minuti dopo truccata, in pigiama e vestaglia. Lisa disse anche che lui le chiese di indossare gioielli costosi e di fare giochini particolari. Tuttavia alcuni dipendenti di Neverland affermarono che i due non ebbero mai veramente alcun rapporto intimo.

Insieme al suo primo marito Danny Keough, Lisa divenne un membro di spicco di Scientology. I due festeggiarono su uno degli yacht dell’organizzazione la luna di miele e crebbero i due figli nelle loro convinzioni. Si dice che la star della musica fu influenzata da John Travolta. Nel 2012 Lisa annunciò però che non ne faceva più parte.

Per Lisa, la morte di suo figlio Benjamin fu insuperabile. Il giovane tolse la vita all’età di 27 anni. Il suo corpo fu ritrovato nel luglio 2020 nella villa di famiglia a Calabasas (California). I tabloid statunitensi hanno descritto la morte come “scioccante ma allo stesso tempo non scioccante”. Il giovane aveva infatti una lunga storia di dipendenze.

Dipendente anche lei dagli antidolorifici, come ha raccontato la star stessa nella prefazione al libro ‘The United States of Opioids’: “Mi è bastata una breve prescrizione di antidolorifici in ospedale per sentire il bisogno di continuare a prenderli”. Dieci anni dopo il suo ultimo matrimonio si è ritrovata dipendente da questi antidolorifici e totalmente al verde.

Tutto nasce sempre da un eccesso: la grande arte è nata da grandi terrori, grandi solitudini, grandi inibizioni, instabilità, e ogni volta le ha sapute equilibrare.”

Non ho mai amato la sua discografia quindi ho faticato a trovare un brano che mi fosse almeno un po’ simpatico alle orecchie.

A voi “so long”

So Long – YouTube

 
 

Chiara De Carlo

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Ecco a voi gli eventi da non perdere!

Premio Mimmo Candito, i vincitori

La giuria della seconda edizione del Premio Mimmo Candito – per un Giornalismo a Testa Alta, composta dal Presidente Paolo Griseri (La Stampa), Marina Forti (Internazionale), Simona Carnino  (vincitrice della prima edizione) e Vincenzo Vita (Il Manifesto) ha così votato:

1) Premio OPERA
Federica Tourn: “Quel prete è uno stupratore”, con la seguente motivazione:
 
“Sugli abusi sessuali subiti dalle suore e non di rado coperti dalle autorità ecclesiastiche, ha il pregio di trattare un argomento raramente riportato sulle prime pagine dei media, soprattutto in Italia, e il vantaggio della completezza delle testimonianze. Una indagine vecchio stile, che si basa sulla forza del racconto, un meticoloso uso delle fonti e la capacità di scrittura e che, in questo caso, non può, per ovvie ragioni, essere sostenuta da immagini e testimonianze video.
Sullo sfondo il tema delle discriminazioni di genere nella Chiesa Cattolica e in particolare nelle missioni africane. Perché un’inchiesta sulla Chiesa Cattolica è per sua natura globale e coinvolge culture e aree geografiche molto lontane tra loro. Di particolare interesse le testimonianze delle suore che, dall’interno della Chiesa, cercano di denunciare gli abusi e provano a modificare lo stato di cose esistenti. Un ottimo lavoro che merita il premio a un giornalismo d’inchiesta disposto a raccontare verità scomode. Anche quelle di fede.
MENZIONE
La giuria ha anche deciso di assegnare una menzione particolare al reportage di DANIELE BELLOCCHIO sul Nagorno Karabakh. Il lavoro di un coraggioso freelance che si distingue per l’articolata struttura del reportage e la capacità di seguire sul campo nel corso del tempo le vicende di una guerra ormai dimenticata.
2) Premio Progetto d’Inchiesta
Letizia Tortello: “Marocco, donne fuori dal Medioevo”

Il progetto di Letizia Tortello sulla condizione delle donne in Marocco ha il pregio di un programma preciso e definito, in grado di raccontare la difficile transizione della società marocchina verso il superamento della tradizionale disparità di genere. Lo fa proponendosi di ascoltare le testimonianze delle associazioni di donne marocchine e raccontare le realtà in cui, al contrario, la loro condizione è ancora soggetta a forti discriminazioni.

Più che nella contrapposizione un po’ macchiettistica tra modernità e medioevo, l’interesse del progetto è proprio nella realtà sempre più embricata che lega Italia e Marocco. Non solo a Torino, la città italiana con il maggior numero di residenti di origine marocchina, ma anche in molti altri centri della Penisola. Le donne che emigrano dal Marocco sono spesso badanti, colf, commercianti, fanno parte della nostra società. L’influenza reciproca tra le due culture di riferimento determinerà inevitabilmente un pezzo del nostro futuro.

3) Menzione speciale degli allievi della Scuola di Giornalismo “Lelio Basso” di Roma, nostra partner
Valerio Cataldi: “Mario che costruiva la pace”
Riaccende l’attenzione su un evento troppo presto messo a tacere, la morte di Dario Paciolla in dubbie circostanze, mettendo a fuoco sia l’operato sospetto degli inquirenti colombiani, sia il silenzio mantenuto dalle Nazioni Unite sul caso.

Chi sono i vincitori

Federica Tourn, professionista freelance piemontese, autrice di reportage internazionali da zone calde, esperta di problematiche 

femminili e religiose. L’articolo è stato pubblicato su “Millenium”, mensile del Fatto Quotidiano.
   Daniele Bellocchio (menzione). Pubblicista freelance di Lodi, si occupa di tematiche internazionali e reportage da zone problematiche del 
globo, su tv, radio, web e carta stampata. Il suo lavoro è pubblicato da Inside Over
  Letizia Tortello, torinese, professionista a La Stampa. Inviata in Ucraina e curatrice di inchieste su vari paesi europei. Coautrice del libro 
“Goodbye Merkel. Perché per 16 anni ha governato lei”.
  Valerio Cataldi (menzione). Romano, caporedattore delle inchieste di Rainews dove cura il programma Spotlight. Specializzato in criminalità 
organizzata e immigrazione, ha collaborato con l’Unicef e fondato l’associazione Museomigrante.
 
   

La “Stella della Mole” al due volte premio Oscar Kevin Spacey

Ieri il Museo del Cinema di Torino ha assegnato il premio Stella della Mole all’attore americano Kevin Spacey, due volte premio Oscar per “American Beauty” e “I soliti sospetti”. L’attore, noto anche per la celeberrima serie “House of cards”,  a Torino da alcuni giorni, ha tenuto una masterclass alla Mole e ha introdotto la proiezione di “American Beauty” al cinema Massimo. Alla masterclass sono intervenuti il sottosegretario alla Cultura Vittorio Sgarbi e il presidente del Museo Enzo Ghigo.

Regione, entro giugno trasferimento completo al grattacielo

Prosegue il trasferimento degli uffici e del personale nella nuova sede unica, nell’ambito di un percorso che si concluderà entro giugno 2023. A darne aggiornamento  l’assessore al bilancio Andrea Tronzano, nel corso della prima commissione regionale  presieduta dal presidente Carlo Riva Vercellotti .

Prima della pausa natalizia, a dicembre, la Presidenza, la Vicepresidenza, il Gabinetto del Presidente, la Giunta della Regione Piemonte e la Struttura Temporanea Gestione del progetto “Palazzo degli uffici della Regione Piemonte, avevano preso possesso degli spazi che vanno dal 38° al 41° piano, a febbraio sarà invece il turno di tutti i dipendenti che andranno a riempire i restanti piani del grattacielo. “Una volta dentro – ha annunciato Tronzano – la Regione mobiliterà una squadra dedicata ai piccoli aggiustamenti di routine di cui ci si accorge soltanto vivendo quotidianamente quegli spazi. Per quel che riguarda il parco auto – ha proseguito l’assessore –  finché non si darà avvio alle gare per i parcheggi interrati, distribuiti su tre livelli, in parte destinati ad uso gratuito dei dipendenti regionali e in parte a disposizione dei i cittadini esterni, rimane operativo il parcheggio di via Passobuole.Il compito di promuovere e gestire gli immobili svuotati spetterà a INVIMIT, società pubblica di proprietà del Ministero dell’Economia e delle Finanze, autorizzata dalla Regione con una lettera di Intenti.