ilTorinese

Durante i primi giorni del 41° TFF. Eccellente prova della francese Iris Kaltenbäck con “Le ravissement”

DAL TORINO FILM FESTIVAL

Nel panorama di una Parigi caotica e affannosa nel vivere quotidiano, sembra scorrere tranquilla la vita di Lydia, felicemente portata avanti la sua professione di ostetrica, diligentemente corretta in “assistente al parto”, ovvero quelle donne che durante e dopo una nascita badano più alle mamme che ai piccoli. Tranquilla fino a che il compagno le confessa, dopo tre anni di convivenza, di essere andata a letto con un’altra persona, fino a che non scopre che la sua migliore amica Salomè è incinta, fino a che non incontra, nel suo girovagare notturno – anche la casa le sta stretta e inospitale -, Milos, di origini serbe, fuggito ragazzino dalla guerra, in terra francese solitario conduttore di autobus. Una chiacchierata in un caffè, una notte insieme e tutto parrebbe finire lì: ma nel cuore di Lydia si viene creando una sofferenza non superabile, nella mente di Lydia scatta una spirale di frenesia, di castelli di fantasia costruiti per sé e per gli altri, di bugie che sconvolgono del tutto quella vita. Perché con il passare dei giorni e delle settimane non alleggerire le giornate dell’amica traumatizzata dal parto prendendosi cura della piccola Esmée (“l’amata”), portarla al parco, giocare con lei, prepararle le pappe, dimenticare il lavoro per starle sempre più accanto, per sentirsela sempre più propria? Perché non catturare sempre più gli affetti e la passione di Milos facendole credere sua la bambina? Perché non essere inevitabilmente coinvolta dalla famiglia del ragazzo, affettuosamente oppressiva? Perché non tentare di formare anche per soli pochi giorni una coppia con una bambina, continuando a mentire, fuggendo verso le spiagge della Normandia?

Iris Kaltenbäck, per la prima volta dietro la macchina da presa (un passato di sceneggiatrice, “Le vol des cicognes” è del 2015, mai apparso da noi), ci offre con “Le ravissement” (2023) – non soltanto per noi “il rapimento” ma altresì “l’infatuazione” o “l’incantamento” – il quadro preciso dell’urgenza senza confini di certi sentimenti, dello scompiglio che possono creare, di uno sconvolgimento totale verso gli altri che può annientare una vita. Sono bisogno d’amore, sono lo specchio del desiderio di uscire da una troppo duratura solitudine. Accompagna la regista con una fermezza e una durezza (come sono costantemente duri i tratti della protagonista Hafsia Herzi, eccellente, pochi i sorrisi, quasi sempre innaturali e forzati) senza mai sbavature il cammino interiormente doloroso di Lydia, intrappolata nelle sue giornate e nelle sue menzogne, in quella costruzione assurda di un universo parallelo che finisce col coinvolgere tutti. Racconta con autentica padronanza un’amara vicenda tutta in salita, affaticata, dolorosa e offre ai due protagonisti principali (Milos è Alexis Manenti) l’occasione per altrettanti ritratti fatti di cuore e di animi controversi.

Nelle prime giornate di questo 41mo Torino Film Festival arriva anche dal Canada “Soleils Atikamekw”, un’altra donna alla direzione, Chloé Leriche, alla sua seconda opera. Il film (che somiglia di lontano al fratello povero se non poverissimo dei recenti e poco soddisfacenti “Killers” di Martin Scorsese) è il racconto ai giorni nostri, la disperazione non scomparsa, il ricordo triste dei famigliari delle cinque vittime di un incidente realmente accaduto nel giugno del 1977 e mai completamente chiarito. Un’auto finita poco oltre la riva di un fiume, due metri d’acqua al massimo, due ragazzi del Québec che si salvano e cinque, uomini e donne, della comunità Atikamekw perdono la vita, annegati in circostanze su cui si pretende di vederci chiaro. La polizia concluse all’epoca le indagini con la parola incidente, gli indizi, i dubbi, le prove scoperte non sono mai state prese in considerazione. Per sette anni la regista e produttrice ha lavorato in comunione con quelle cinque famiglie per renderle partecipi davanti e dietro la macchina da presa. Alcuni, in doppio ruolo, incarnano i loro avi, altri testimoniano per intero la mancanza di considerazione subita. Come per Scorsese, anche qui la volontà del bianco di nascondere ogni responsabilità, di tirar fuori da ogni coinvolgimento chi potrebbe spiegare il passato e calmare il presente: mentre le note di regia ci dicono che in Canada, malgrado le apparenze, il razzismo nei confronti dei popoli autoctoni è oggi ancora presente nelle istituzioni pubbliche.

Forse i risultati non hanno la chiarezza e l’applauso che la vicenda avrebbe meritato, il film politico della Leriche, pensato e girato per quella comunità, ha di certo il pregio di riportare alla luce scomodi fatti di cui in patria si è rinunciato a parlare: è tuttavia condotto con un’impronta piuttosto debole, indecisa se intraprendere la strada documentaristica piuttosto che quella della ricostruzione, per cui al di là dell’amarezza che continua a essere presente si è portati ad apprezzare maggiormente la componente poetica, quel sottofondo religioso e antico, ancestrale, di cui l’opera contiene non pochi spunti.

Applausi alla proiezione di “Girasoli”, presentato fuori concorso, debutto dietro la macchina da presa di Catrinel Marlon, all’anagrafe Catrinel Menghia, rumena di origine, un passato di sportiva e di modella, volto di Armani, copertine, testimonial d’eccellenza e interprete del primo film di Luigi Lo Cascio, “La città ideale”. Un corto lo scorso anno e adesso, oltre ad essere madrina del Festival, bellezza insuperabile nello scenario dell’inaugurazione a Venaria, autrice applaudita di una storia che, trasportata nel tempo, affonda le radici dolorose nella storia della sua famiglia, “la storia di una zia che vive in Romania”, e tra le righe di una lettera d’amore “che risale al 1888 e che ho trovato nell’ormai chiuso manicomio di Siena”. Al centro della vicenda, Lucia che ha il viso di ventenne e tutta la sempre maggior bravura di Gaia Girace (“L’amica geniale”), una ragazza di quindici anni curata per la sua schizofrenia con cure inconcludenti e sperimentali all’interno di un fatiscente manicomio degli anni Sessanta. È nelle mani di due medici che hanno linee mediche opposte (Monica Guerritore e Pietro Ragusa), che si scannerebbero pur di far prevalere ognuno la propria: mentre Lucia trova un’amicizia e una forza nell’infermiera Anna, una nuova assunta. È chiaro che sorveglianti, medici e monache vigilino su quell’amicizia i cui confini con l’amore sono del tutto labili. Un film a tratti più di scrittura che di direzione registica, più letterario che legato intimamente alla corposità del reale: comunque un’opera che altresì s’imprime nella memoria come esempio di ribellione e di ritratti femminili finemente scanditi, forti nel momento infelice che l’universo della donna continua a vivere.

Il versante del divertimento – che anche in un festival come il TFF è preteso e condiviso – è felicemente rappresentato da “Un anno difficile” (da giovedì prossimo nelle sale) del duo d’oltralpe, re Mida di quel cinema e non soltanto, formato da Eric Toledano e Olivier Nakache, autori di quel “Quasi amici” che poco più di una decina di anni fa ci ha emozionato e divertito. Due amici, anche qui e senza nessun tentennamento, due uomini sempre al verde, di quelli che si sprecano a cercare un ricevimento per sbarcare la giornata nel migliore dei modi. È durante uno di questi che si ritrovano senza nessun preavviso nel bel mezzo di una manifestazione di ecoattivisti: e sarà un susseguirsi di bugie, di giocare a essere quello che mai si sognerebbero, a costruire sotterfugi e maldestre azioni di proteste. Complice una dolce ragazza forte delle proprie idee e anche di una certa insensatezza dei suoi anni. Black Friday in cui tutti tentano di accaparrarsi tutto, ironia a carrettate su consumismo e ambientalismo, dove qualcuno cerca anche di bluffare, tornando a percorrere vecchie strade di comodo. Toledano&Nakache si sono divertiti a dare al film un andamento ultraveloce, a rotta di collo, e a buttarvi dentro i loro attori Pio Marmaï e Jonathan Cohen, cui s’aggiunge una dolcissima Noémie Merlant, srotolando episodi su episodi che faranno la felicità del pubblico. Forse dimenticando – a torto – quegli angoli di sentimentalismo autentico che avevano fatto (più) grande l’opera precedente.

Elio Rabbione

Nelle immagini: scene tratte (nell’ordine) da “Le ravissement”, “Soleils Atikamewk”, “Girasoli” con Monica Guerritore e Gaia Girace e “Un anno difficile” degli autori di “Quasi amici”.

Juve-Inter, è pareggio

Calcio flash

Si è conclusa con un giusto paregggio la super sfida tra Juventus ed Inter,il posticipo domenicale della tredicesima giornata di Serie A. Entrambi i gol sono stati segnati nel primo tempo: a passare in vantaggio sono stati i bianconeri con Vlahovic, poi Martinez ha pareggiato per i nerazzurri :i due attaccanti grandi protagonisti del match.Con questo pareggio l’Inter conserva il primo posto in classifica con 2 lunghezze di vantaggio proprio sui bianconeri ancorati al secondo posto.
I granata di Juric scenderanno in campo lunedì sera 27 novembre,a Bologna,contro i felsinei alle ore 20.45.
Il Toro ha una grande opportunità:vincendo salirebbe all’ottavo posto a solo 1 punto dalla coppia Atalanta e Fiorentina,entrambe sconfitte in questa giornata di campionato, entrando quindi in piena zona Europa.
Gli uomini di Juric sono chiamati ad una grande prova di maturità.

Enzo Grassano

“Chiamatemi Tonino”, nel libro di Verrigni il vero amore risponde a molte domande

Informazione promozionale

Si possono affrontare e superare con la sola forza dell’amore gli ostacoli della quotidianità? Si può chiamare vita una vita senza la persona che si ama? Si può essere davvero se stessi rinunciando a essere ciò che si è per la persona amata? Si può portare la propria vita al limite dell’esistenza e continuare a esistere in virtù di una promessa? Quando a rispondere a questi interrogativi è il vero amore, la risposta è sicuramente sì.

L’AUTORE

Domenico Verrigni, per tutti Mimmo, Nasce a Corato nella provincia barese, il 3 aprile 1965. La sua famiglia si trasferisce a Trani nel 1969 e da allora vive in questa meravigliosa cittadina affacciata sul mare nel nord barese con sua moglie Teresa e la sua bassottina Livia. È un artista semplice e visionario, un sognatore con la passione per la scrittura e in particolar modo per la poesia, passione che si concretizza nel gennaio del 2017 con la pubblicazione di 31 componimenti poetici scelti fra i tanti scritti dall’autore, nasce così: “Sinfonie del Profondo” edito da Cervino Edizioni, una raccolta che è viva espressione delle passioni e dei sentimenti del poeta.

L’opera è arricchita dalle illustrazioni di uno dei più grandi protagonisti dell’arte contemporanea, il pittore e scultore William Tode e dalla prefazione del critico d’arte e letterario il prof Angelo Calabrese che di lui dice: “Mimmo è così: riesce a diluire la marea della complessità nella semplicità dell’amore e dei sentimenti”. Con i suoi versi e i suoi racconti, è presente in molte antologie poetiche e letterarie, ricevendo apprezzamenti e menzioni di merito. Si cimenta nella stesura di un racconto in prosa e, nel dicembre 2021, viene pubblicato dalla Pav Edizioni il suo primo romanzo dal titolo: “Ora mi vivi dentro”. Presenta e promuove questo romanzo in molte città italiane da: “il Salotto di Milano” a Milano, al Festival del libro di Palermo “Una marina di libri”, a “Libri nel Borgo Antico” a Bisceglie, riscuotendo molti consensi.

Nel gennaio del 2023 viene pubblicato sempre dalla Pav Edizioni: “ULIVART”, una selezione di 13 poesie e altrettanti scatti artistici del fotografo francese Fred Di Girolamo, avente come tema e unico protagonista, l’albero d’ulivo. ULIVART diventa anche una mostra itinerante. La sua fucina-pensatoio, nella quale traduce in versi e racconti le sue emozioni e riflessioni, è sempre aperta e pronta a dare libero sfogo a nuove e avvincenti sfide. Infine nel mese di aprile 2023 pubblica, sempre con Pav edizioni, l’ultimo suo lavoro letterario, un nuovo romanzo dal titolo “Chiamatemi Tonino” presentato a maggio al SALONE INTERNAZIONALE DEL LIBRO di Torino. Una nuova storia d’amore e non solo che in maniera elegante e discreta, affronta numerosi temi antropologici, tra cui quello drammaticamente attuale della violenza sulle donne. Questo nuovo romanzo ha lo scopo, al di là della pura e semplice storia narrata, di indurre il lettore alla riflessione sul complesso mondo dei sentimenti umani.

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IL LIBRO: “CHIAMATEMI TONINO”

Si possono affrontare e superare con la sola forza dell’amore gli ostacoli della quotidianità? Si può chiamare vita una vita senza la persona che si ama? Si può essere davvero se stessi rinunciando a essere ciò che si è per la persona amata? Si può portare la propria vita al limite dell’esistenza e continuare a esistere in virtù di una promessa? Quando a rispondere a questi interrogativi è il vero amore, la risposta è sicuramente sì. Ada e Cristoforo, o meglio Tonino, uniti dalla passione per l’arte, per la scrittura, per la natura e per la vita si trovano, si perdono e si ritrovano in questa storia avvincente, sentimentale, tragica e a tratti surreale, senza mai arrendersi. In un eterno momento, in bilico tra materia e spirito, non tradiranno le loro promesse. “Sorseggiavo quel caffè i cui aromi si mescolavano con i meravigliosi profumi del mare, un tiepido sole di una primavera appena sbocciata illuminava la mia bella Trani e i nostri volti, mentre i miei occhi, protetti da oscuri occhiali da sole, godevano del panorama infinitamente bello che il mare ci offriva. Guardando quell’orizzonte, mi perdevo in pensieri e viaggi mai fatti e in un senso di assoluta libertà e serenità. Sono Cristoforo Lorusso ma tutti gli amici mi chiamano Tonino, quindi fatelo anche voi: “CHIAMATEMI TONINO”.

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I libri dell’autore Mimmo Verrigni sono acquistabili su tutti i maggiori store online, prenotandolo in libreria o direttamente sul sito della casa editrice -Pav Edizioni-

https://pavedizioni.it/prodotto/chiamatemi-tonino

Italia Lib-Pop: “Bandiere Palestina in piazza, insulto a donne oppresse”

“Mentre non una parola è stata detta a favore delle donne iraniane, che da oltre un anno lottano per i propri diritti a costo della vita, ed a favore delle donne israeliane, rapite, violentate ed uccise il 7 Ottobre scorso, nelle manifestazioni del 25 Novembre a Torino, così come a Firenze, sono comparse bandiere palestinesi, simbolo evidente dell’ideologizzazione politica di piazze in favore di diritti che non dovrebbero avere colore politico”, così Claudio DesiròSegretario di Italia Liberale e Popolare, commenta le manifestazioni organizzate in occasione della Giornata Internazionale Contro la Violenza sulle Donne.

“Segnali e simboli di una strisciante ideologia anti occidentale che pervade determinati ambienti, o parte di essi, e che delegittima la stessa lotta per i diritti, declinandola a seconda di chi abusi, violenze e negazione dei diritti li vive quotidianamente sulla propria pelle”, aggiunge Desirò.

“Manifestare per i Diritti delle Donne esibendo la bandiera di uno Stato in cui vige una Teocrazia Islamica che assegna alla donna un ruolo di serie b è un controsenso che svuota di contenuto e valore la lotta stessa”, continua Desirò.

“Almeno che per il femminismo italiano le Teocrazie Islamiche non siano divenute improvvisamente il faro della lotta contro la violenza di genere ed a favore dei Diritti Fondamentali, il controsenso e la cecità ideologica che si sono evidenziate rappresentano un insulto nei confronti delle donne che vivono in regimi oppressivi, evidentemente simpatici ai movimenti femministi nostrani”, conclude Desirò.

Italia Liberale e Popolare

Ruffino, limiti web ai minori: “Proposta attuale”

“Torna più che mai attuale la proposta di Carlo Calenda di vietare l’accesso ai social per i minori  di 14 anni. La violenza contro le donne ha trovato un terreno di coltura straordinario nei social network, penso ai reato di body-shaming o porn-revenge consumati quasi tutti da adolescenti o giovanissimi. La violenza contro le donne ha bisogno di un’accresciuta vigilanza di genitori e insegnanti soprattutto nella prima adolescenza. È dalle famiglie che deve partire il primo argine per impedire una maturazione affettiva distorta o malata. Se viene meno il controllo famigliare diventa difficile per la scuola supplire alla famiglia assente”. Così  l’on. Daniela Ruffino (Azione):

Pnrr, piccoli comuni in difficoltà

Le modifiche del PNRR approvate da Bruxelles non risolvono i problemi dei piccoli Comuni, questioni sollevate da Uncem sin dal luglio 2020 quando è iniziato in Conferenza Interministeriale Affari Europei il lavoro sul PNRR. La logica municipalista che gli ultimi Governi hanno accettato, fortemente voluta da alcune lobbies e associazioni, per dare tutto a tutti, millantare efficienza, promettere il bello della partecipazione, impedisce accelerazione ed efficacia degli investimenti. I Comuni rinunciano ai fondi. O non sanno come spenderli, come avviene per gli eccessivi voucher per la digitalizzazione della PA, capaci di sballare il mercato e portare il costo di un sito comunale da 5mila a 35mila euro. Come scrive il mio predecessore in Uncem, Enrico Borghi, ‘a ver lasciato i piccoli Comuni a se stessi, rinunciando a una vera riforma degli Enti locali in grado di assicurare efficienza e rappresentanza – si può fare, in Francia i Comuni sono 36.000 contro i neanche 8.000 dell’Italia, ma sono organizzati in ‘comunità di aggregazione’ territoriali, ‘Communauté de communes’, in modo obbligatorio – determina la perdita di investimenti per territori deboli. In assenza della Politica, pagano sempre i più fragili. E senza le riforme per modernizzare il sistema-Paese, il PNRR rischia di essere una straordinaria occasione perduta’. Uncem ripete da un po’ che dobbiamo finalmente affrontare la domanda: ‘come si sta insieme’, come riorganizziamo dall’alto, in modo duraturo, i Comuni, piccoli e grandi insieme, che lavorano insieme, città e paesi, montagna e zone di pianure. Insieme. E vale per le Regioni, come per per i Comuni. Alla domanda su come ci si aggrega, come si fa insieme, come si agisce in comunità, gli ultimi Governi non hanno risposto. E così la frammentazione, il municipalismo che ha mosso tutti i bandi PNRR – tranne quello della Strategia delle Green Communities, con 135 milioni di euro, che abbiamo voluto e orientato – il municipalismo logica perversa del tutti contro tutti, non aiutano. Poi è arrivato il Ministro Fitto che ha spostato senza motivo risorse PNRR delle quali non sappiamo ancora modalità di sostituzione e dunque logiche di intervento, in particolare su dissesto idrogeologico e piccole opere comunali. Regnano dubbi e incertezza anche su appalti e interventi avviati dagli Enti locali. Se i Comuni lavorano da soli, sul PNRR in particolare, si va poco lontano. Insieme, nella logica sinodale che stiamo affrontando, si è vivi e si spendono bene risorse alle quali oggi i Comuni rinunciano, o non sanno come fare a spendere. E andranno in crisi. Perché è impensabile spendere 200 o 300 mila euro, o più, nei Comuni con meno di 5mila abitanti, e aspettare un anno prima che Roma rimborsi la cifra spesa. La Politica abbia la forza di fare riforme. Dall’alto. Dallo Stato, chiedendole alle Regioni anche con un potere sostitutivo. Registriamo mancanza di sussidiarietà e di riforme. Un modello istituzionale più moderno, dalle Regioni ai Comuni, va costruito nella logica comunitaria, nell’insieme, nel favorire dialogo, lavoro congiunto, fiducia e stima reciproca. Anche questo deve fare la Politica, frenando ogni logica municipalista, che serve a nulla, vanifica gli investimenti, frena ogni sviluppo”.

Lo afferma Marco Bussone, Presidente Uncem. 

Judo, il VII DAN per Enrico

Enrico D’Abbene è un importante punto di riferimento per il judo UISP. Una figura storica in quest’arte marziale, per la competenza e per il ruolo che riveste nella UISP dal 1988. Il Maestro D’Abbene è un tecnico nazionale UISP e la settimana scorsa a Rimini, durante lo stage Nazionale DO Uisp, ha ricevuto un ambito riconoscimento, il VII Dan, frutto di grande esperienza e passione, in questo sport diventato parte integrante della sua vita. Merito di un percorso iniziato nel 1993 nel Centro Sportivo ad Alpignano, quando decise di formare e costituire un gruppo di atleti disabili. Gruppo che tuttora segue, con atleti disabili intellettivi e con la Sindrome di Down, ora tra i 55 e 65 anni, cresciuti con il Maestro. La cosa più bella è che l’aggregazione di questo gruppo, ha dato vita a convivenze, matrimoni, figli; alcuni componenti di questo gruppo hanno anche ottenuto, dopo esame ed un giudizio imparziale e oggettivo della commissione tecnica di settore, il II Dan nel judo.
Tra le esperienze sportive, fiore all’occhiello di Enrico D’Abbene c’è la collaborazione con l’Albergo Etico di Asti, una struttura dove la parola d’ordine è “indipendenza”, un percorso di formazione e lavoro per giungere ad una vera autonomia delle persone con sindrome di down. Compito del Maestro è quello di introdurre al judo i ragazzә per migliorare il movimento corporeo, l’equilibrio e la coordinazione. Anche lo studio della tecnica del cadere è, senza alcun dubbio, uno degli esercizi base più importanti per il judo, ma non solo: la capacità di cadere e rialzarsi diventa una competenza determinante nel momento in cui si affronta la vita quotidiana. Il Maestro D’abbene non ha nessuna intenzione di riporre il judoji nell’armadio, anzi, “i ragazzi mi hanno insegnato qualcosa e mi hanno dato tanto ed è grazie a loro se in fondo è arrivato al VII Dan, non si smette mai di imparare!”
Alma Brunetto

La polizia sequestra 1,5 kg di cocaina e oltre 37mila euro

Nella tarda mattinata di mercoledì, la Polizia di Stato ha tratto in arresto un trentenne cittadino albanese poiché gravemente indiziato di detenzione di sostanza stupefacente.

Il personale del Commissariato di P.S. Dora Vanchiglia, nell’ambito dei servizi volti a contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti e a seguito di attività info-investigativa, viene a conoscenza di presunte attività illecite nel quartiere Parella.

Nello specifico, viene notato un uomo salire ripetutamente su un’autovettura di colore azzurro, posteggiata in Via Boselli, e discenderne dopo aver armeggiato all’interno, per poi allontanarsi a bordo di un altro veicolo.

I poliziotti del Commissariato, insospettiti da questi movimenti, intervengono bloccando l’uomo ancora a bordo dell’auto e con un involucro in cellophane in mano, dopo che per l’ennesima veniva visto salire e scendere dalla vettura parcheggiata. Sul tappetino anteriore lato passeggero dell’auto viene ritrovata una busta con 22 involucri di cocaina, per un peso complessivo di 1 kg e mezzo. Sotto il cruscotto, invece, gli agenti rinvengono 15.000 euro in contanti. Altri 500 euro e un telefono cellulare vengono trovati addosso al cittadino albanese.

La perquisizione domiciliare nel quartiere Cenisia permette agli agenti di rinvenire altri 17.000 euro in contanti, suddivisi in banconote di vario taglio, occultate nell’armadio della camera da letto. Qui veniva trovato e sequestrato anche un secondo telefono cellulare.

Successivamente, dopo ulteriori accertamenti, venivano sequestrati altri 5.000 euro nascosti sotto uno dei sedili di una terza auto anch’essa nella disponibilità del trentenne.

Alla luce dei fatti l’uomo viene tratto in arresto per le violazioni in materia di stupefacenti.

Il procedimento penale si trova attualmente nella fase delle indagini preliminari, pertanto vige la presunzione di non colpevolezza dell’indagato, sino alla sentenza definitiva.

Graffiti sulle scuole: gli studenti ripuliscano i muri

E’ possibile contrastare il fenomeno dei graffiti che deturpano la città e in particolare molti edifici scolastici, partendo dal ruolo della scuola. Tra gli edifici presi maggiormente di mira dai writers vi sono infatti le scuole, imbrattate ripetutamente con spray e pennarelli. Inoltre la presenza di graffiti sui muri delle scuole favorisce la diffusione degli stessi sui muri degli edifici privati circostanti. Poiché gli autori di graffiti e tags sono soprattutto adolescenti che frequentano le scuole, sarebbe utile e formativo se fossero gli stessi studenti, a rotazione, a doversi occupare del decoro degli edifici scolastici ripulendo periodicamente i muri imbrattati dai graffiti. In questo modo ci sarebbe un cambiamento di mentalità tra i giovani i quali non solo imparerebbero a prendersi cura della cosa pubblica, favorendo il decoro urbano e il rispetto della proprietà altrui, ma finirebbero con il disapprovare anche il comportamento di quei loro compagni di classe che imbrattano sui muri. Quello di coinvolgere in prima persona gli studenti sarebbe un’attività educativa molto importante, perchè disincentiverebbe questa pratica.

LM