ilTorinese

Traffico e smog, livello “zero” fino a lunedì compreso

Sulla base dei dati previsionali sulla qualità dell’aria forniti  da Arpa Piemonte è stato confermato il livello 0 (bianco) delle misure antismog. Fino a lunedì 20 marzo 2023 compreso – prossimo giorno di controllo – resteranno pertanto in vigore le sole misure strutturali di limitazione al traffico.

Eventuali variazioni del semaforo antismog in vigore, con le relative misure di limitazione del traffico, verranno comunicate il lunedì, mercoledì e venerdì, giorni di controllo sui dati previsionali di PM10, ed entreranno in vigore il giorno successivo.

L’elenco completo delle misure antismog a tutela della salute, delle deroghe e del percorsi stradali esclusi dai blocchi è disponibile alla pagina www.comune.torino.it/emergenzaam

Decennale dell’orchestra Polledro, secondo concerto della stagione martedì 28 marzo

Presso  il Teatro torinese Vittoria

 

L’Orchestra Polledro prosegue i festeggiamenti per i primi dieci anni di attività 2012-2022 con il secondo concerto della stagione 2022/23.

Martedì 28 marzo prossimo al teatro Vittoria, in via Gramsci 4, alle 20.30 sul podio il maestro Federico Bisio e oboe solista il maestro Carlo Romano, già primo oboe dell’orchestra Nazionale della RAI.

Il programma prevede la Sinfonia in do maggiore di Marianna Martinez, vissuta negli anni 1744-1812, il Concerto per oboe e orchestra in Sol maggiore di Paul Wranitzky, solista il maestro Carlo Romano, e la Sinfonia in re maggiore op. 3 n.1 B 126 di Ignaz Pleyel, direttore il maestro Federico Bisio.

Marianna Martinez, nata a Vienna il 4 maggio 1744, quinta figlia del maestro di cerimonie della nunziatura apostolica, il napoletano Nicolò, crebbe all’interno di una famiglia agiata che conobbe un’ascesa sociale alla corte degli Asburgo. Se a Vienna una donna apparteneva ai ceti alti, era prassi che si dedicasse ai rapporti sociali e a patrocinare le arti. La famiglia Martinez viveva in un edificio nella Michaelerplatz e, come era frequente prima dell’invenzione degli ascensori, i piani dei palazzi corrispondevano alla classe sociale dei loro abitanti.

Questa convenzione sociale consentì a Marianna di avere uno spazio vitale tale da dedicarsi alla musica con impegno e dedizione. Protetta e seguita nei suoi studi dal celebre vicino di casa Pietro Trapassi detto il Metastasio, poeta cesareo, poté vantare tra i suoi insegnanti il giovane Franz Joseph Haydn e, in particolare, l’anziano maestro italiano Nicolò Porpora, insegnante di canto e compositore molto noto. In un attico freddo e umido, viveva un giovane compositore, Joseph Haydn, che stava tentando di intraprendere la carriera di musicista.

Questa felicissima combinazione fece sì che Marianna potesse diventare, in un breve periodo, la donna compositrice più prolifica della città. Divenuta nel 1773 Accademica Filarmonica onoraria della prestigiosa Accademia Filarmonica di Bologna, per la quale scrisse un Dixit Dominus, la Martinez vide consolidato il suo ruolo nel mondo musicale viennese, grazie a un catalogo di opere comprendenti musica sacra, una Messa e un oratorio.

Dei suoi lavori di più ampia scala ricordiamo la Sinfonia in Do maggiore, di straordinaria vivacità, per un organico di oboi e due corni.

Composta in tre movimenti secondo lo schema dell’Ouverture, il primo e quello finale sono contrassegnati come Allegro Spiritoso e Allegro con spirito, incarnando la vivacità e la grazia dell’autrice.

Il manoscritto rivela il rigore dell’autrice e l’orgoglio che ne traeva.

Marianna dimostrò di avere un buon talento per la composizione, quindi iniziò a prendere lezioni con Johann Adolf Hasse e con il compositore della corte imperiale Giuseppe Bonno.

Ricevette un’ottima educazione, di molto superiore a quella che veniva offerta a donne della sua classe sociale.

Era madrelingua italiana e tedesca e, in una lettera autobiografica scritta a Padre Martini, riferiva di avere una buona conoscenza della lingua francese.

Il programma prevede anche il concerto per oboe e Orchestra in Sol maggiore, di Paul Wranitzky, solista il maestro Carlo Romano e la Sinfonia in Re maggiore op.3 n.1 B. 126 di Ignaz Pleyel.

Pleyel nasce a Ruppersthal in Austria, figlio di Martin, maestro di scuola, e studiò musica prima presso il compositore Johann Baptist Vanhal e, a partire dal 1772, fu allievo di Joseph Haydn ad Eisenstadt.

Trasferitosi in Francia dove assunse il nome francese di Ignace, lavorò a partire dal 1797 come editore musicale e a lui si deve la prima edizione dei quartetti per archi del suo maestro Haydn.

In seguito divenne uno dei maggiori e più famosi costruttori di pianoforti francesi del XIX secolo, facendo concorrenza anche ad altri grandi artigiani quali Sebastien Erard.

La Sinfonia in Re maggiore fu composta quando il maestro Haydn era già impegnato nella prima delle sue tre Sinfonie di Parigi.

Pubblicata per la prima volta nello stesso anno, esiste in varie copie manoscritte nelle biblioteche dall’Italia alla Svezia.

A differenza di Haydn che, a partire dalla metà del Settecento, aggiunse i fagotti e poi i flauti agli strumenti orchestrali richiesti per le sue Sinfonie, nella Sinfonia in re maggiore nel 1785, quando il suo maestro Haydn era impegnato nella prima delle tre Sinfonie di Parigi Pleyel rimase fedele alla strumentazione con archi, oboi e corni, che era la forma consolidata sin dalla metà del Settecento.

Fu pubblicata per la prima volta nello stesso anno e esiste in copie manoscritte nelle biblioteche dall’Italia alla Svezia.

A differenza di Haydn che, a partire dalla metà degli anni Settanta del Settecento, aggiunse i fagotti e poi i flauti agli strumenti orchestrali richiesti per le sue Sinfonie, nella Sinfonia in re maggiore e nella maggior parte delle sue Sinfonie Pleyel rimase fedele alla strumentazione standard con archi, oboi e corni che era la forma consolidata sin dalla metà del Settecento.

Questa Sinfonia rivela già una fantasia formale e una perfezione nel trattamento delle tecniche compositive sinfoniche tali da rendere comprensibile la popolarità di cui godono le sue Sinfonie presso il pubblico contemporaneo.

Il primo movimento, Allegro assai, inizia senza un’introduzione lenta; il suo tema principale si sviluppa in due sequenze fino a un possente tutti orchestrale.

Questo tema principale è seguito da due temi sussidiari nella tonalità dominante di La maggiore, il secondo dei quali si espande con un tono in scherzando.

Un ulteriore tutti dell’Orchestra con una reminiscenza del tema principale e una formulazione cadenzale che si dissolve nel piano del primo e del secondo violino, concludono la presentazione del tema nell’esposizione del movimento.

La sezione di sviluppo inizia con un forte all’unisono degli archi e conduce il movimento iniziale del tema principale nelle tonalità più lontane, in discesa cromatica.

Passaggi poco specifici dal punto di vista tematico enfatizzano il processo di modulazione, avventurandosi fino alle regioni di fa maggiore e fa diesis minore, per poi esaurirsi in un esteso pedale sul fa diesis.

La ricapitolazione del tema principale inizia nella tonalità sottodominante di sol maggiore e la sua brusca interruzione da parte di una serie di cadenze per quinte su larga scala porta al ritorno finale della tonalità principale di re maggiore.

Dal punto di vista tematico la ripresa inizia con il secondo tema sussidiario e, nelle misure successive, guida il tema principale nel basso verso un climax dinamico analogo al primo orchestrale.

Il secondo movimento riserva anch’esso delle sorprese con i suoi elementi formali insoliti.

Un tema iniziale di ampio respiro narrativo e una sezione minore carica di emozione sono seguiti da un Allegro 3/8 che ristabilisce la tonalità principale in sol maggiore del tema in scherzando.

Il tema del minuetto (Minuetto, Allegretto) si presenta con una frase iniziale musicale rustica che ricorda un Landler e una conseguente frase che sfuma verso il piano, molto simile al modello di Haydn. Il trio con due violini solisti si contrappone al minuetto nel tono e nel carattere della melodia.

Il tema del finale, Rondò Allegro, ricorda il tema principale del quarto movimento della Sinfonia n. 39 di Mozart. Il tema del ritornello che si sente tre volte nel corso del movimento è contrastato da due episodi.

Il primo ha un tema leggero nella tonalità dominante in la maggiore, il secondo entra con l’incedere emotivo di un episodio minore e poi, nella tonalità parallela in fa maggiore, ritorna al tema leggero del primo episodio.

Il maestro Carlo Romano nasce a Roma nel 1954 e compie gli studi presso il Conservatorio di Santa Cecilia, studiando pianoforte, armonia e diplomandosi in oboe con il massimo dei voti nella prestigiosa scuola di Giuseppe Tommasini.

Il maestro Federico Bisio ha seguito un doppio percorso di studi, sia universitario sia frequentando i corsi di Composizione sperimentale presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano.

 

Mara Martellotta

 

Preioni (Lega ): “La modifica dello Statuto per una Regione più moderna”

“La modifica dello Statuto consegnerà ai piemontesi una Regione più moderna ed efficiente e senza maggior costi per l’Ente: l’introduzione dei sottosegretari troverà infatti copertura dall’azzeramento delle ‘alte professionalità’ e del relativo capitolo di spesa ai quali aveva fatto particolarmente ricorso il centrosinistra di Chiamparino”

Alla vigilia della maratona d’aula a Palazzo Lascaris, il capogruppo regionale della Lega Salvini Piemonte Alberto Preioni rivendica la bontà della modifica dello Statuto che renderà il Piemonte più moderno, più efficiente e più in grado di rispondere con velocità alle istanze che provengono dai territori e dai loro cittadini.

“Il testo che andiamo a votare – spiega nel dettaglio Preioni – vuole introdurre fino a quattro sottosegretari che si occuperanno di materie che normalmente il governatore avoca tra le sue deleghe, come possono ad esempio essere i grandi eventi. Una modifica che mette il Piemonte sullo stesso piano delle grandi Regioni del Nord e del Centro Italia che, a prescindere dal loro colore politico, hanno già recapito questa riforma”.

“L’introduzione dei sottosegretari – specifica Preioni – sarà a costo zero per le finanze della Regione e quindi per le tasche dei piemontesi. Parallelamente alla modifica dello Statuto, infatti, verrà depositata una proposta di legge che stralcia la figura delle ‘alte professionalità’ alle quali aveva fatto particolarmente ricorso la giunta Chiamparino azzerandone il relativo capitolo di spesa. Risorse che andranno a finanziare l’introduzione dei sottosegretari a saldo zero e quindi senza costi aggiuntivi per la collettività. Una decisione di buonsenso che rende ancora più incomprensibile l’ostruzionismo di una minoranza che ha comunque espresso la volontà di paralizzare il Consiglio regionale per giorni e giorni con migliaia di emendamenti ostruzionistici che, a questo punto, dimostrano in tutto e per tutto il loro contenuto puramente ideologico”.

“I piemontesi ci hanno chiesto con il loro voto di imporre un’altra velocità alla Regione – ricorda infine Preioni – e questa maggioranza, di cui la Lega è la prima forza, vuole assolvere fino in fondo a questo mandato. Un efficientamento complessivo della macchina amministrativa che inizia con questo voto e continuerà con la legge elettorale per concludersi con la modifica del regolamento”.

 

Un pretesto di nome Shakespeare

Riccardo III” al Carignano, sino al 26 marzo, per la regia di Kriszta Székely

Sembrano passati secoli, e non soltanto decenni, da quando Vittorio Gassman nell’altro “Riccardo III” proposto dallo Stabile torinese nel 1967 per la regia di Ronconi rimaneva imprigionato tra le sagome lignee di Ceroli e barattava il proprio regno per un cavallo, da quando i responsabili dell’allestimento si rendevano conto a pochI giorni dal debutto d’aver inciuccato le misure e il peso dell’armatura del protagonista ed erano costretti a rivedere la data della prima. Secoli se si confronta lo stesso titolo che abbiamo visto poche sere fa sul palcoscenico del Carignano, ancora lo Stabile di Torino – Teatro Nazionale a produrlo con lo Stabile di Bolzano e con Emilia Romagna Teatro, nell’adattamento di Ármin Szabò-Székely (una riscrittura vera e propria) e per la regia di Kriszta Székely, da un pugno di stagioni artista associata.

La regista, già lo avevamo capito a malincuore con lo sguardo moderno che buttò sullo “Zio Vania” cecoviano, non ha proprio in animo di “rispettare” il tracciato che la storia teatrale ha segnato da sempre, le piace uscirne, saggiare nuovi sentieri e nuovi approdi, l’attualizzazione pare che sia un abito da indossare ogni giorno, senza se e senza ma. Padronissima. Raccontarci delle case di York e di Lancaster e della Guerra delle Due Rose come se fosse un conflitto di oggi, di cui giorno dopo giorno leggiamo nei giornali e vediamo le immagini sanguinose e inimmaginabili sullo schermo di casa, padronissima. Tratteggiare con colori sulfurei la resistibile ascesa di Riccardo, centrare il dramma sulla sua volontà ad essere “malvagio”, il suo disegno condotto tra un sottile ragionamento e una perfida follia al fine di cancellare attorno a sé quanti lo hanno a parole e a gesti appoggiato nella salita al trono, “loro sanno cosa stanno facendo e io mi sono sollevato dalla responsabilità”, facendo piazza pulita di fratelli e nipoti, di cortigiani e di consorti (una corte dove eccellono le prove di Francesco Bolo Rossino, marionettistico Edoardo, Nicola Pannelli che è Stanley, un campione a metà di moralità e giustizia, Elisabetta Mazzullo che è la regina Elisabetta, chiamata a sostituire Richmond nella tirata finale, pronta ad “arricchire l’avvenire con la pace dal volto sereno”, non foss’altro che per dare un nuovo spazio all’altra metà del cielo) – in obbedienza alla protezione e alla committenza di Elisabetta I Shakespeare quasi si sentiva in obbligo di rendere al futuro un ritratto quantomai ingrato del sovrano, casa Tudor doveva farci la sua bella figura se messa a confronto con un simile mostro: e sarebbe ora che la Storia e gli studi, più di quanto non si sia già fatto, prendessero le redini per rendere maggiore giustizia a quelle povere ossa ritrovate una decina di anni fa sotto lo spazio di un parcheggio nella città di Leicester e sepolte prontamente in chiesa -, padronissima.

La sfida (e/o il vezzo) è quella di seguire strade nuove e non appena seduto in poltrona, sbirciando nella scena di Botond Devich che mostra uno chalet di montagna (che è anche, oltre una sala riunioni, forse un luogo di religione e il lungo tavolo l’altare del sacrificio), tra anonime appliques e caminetto, tra televisori che rimandano le breaking news e una vetrata che lascia immaginare uno splendido panorama, tra sacchi di plastica neri che conterranno di lì a poco i tanti cadaveri, uno sopra l’altro, trasportati in scena dalle segrete della Torre dalle braccia robuste del giovane Catesby (Nicola Lorusso), che ha saggiato le dinamiche del potere, che ne è stato usato, che come un cane segue il suo padrone e che sarà l’ultimo ad abbandonarlo, tra spot che illuminano e telecamere che riprendono facce e fatti, con ricostruzioni filmate come di rado si sono viste, sai già cosa aspettarti. Come sai già che trasportati dalle parole del Bardo a quelle di oggi, si dovrà inevitabilmente cambiare musica, si dovranno ascoltare dialoghi dove inciampare in termini come pistola e conferenza stampa, in inflazione, in sciare e piste da sci, in stronzo e merda e vaffanculo, in pc e cellulari; entrerà in scena mamma Cecilia (Manuela Kustermann, con cui si respira una rispettata aria di saggezza e antica teatralità) in tuta rossa e moon boot di ritorno dalle piste, avremo un nudo integrale maschile che è per noi tutti acqua fresca: ma avremo anche Riccardo che lascia scivolar via “l’inverno del nostro scontento è mutato in splendida estate” com se fosse al bar davanti ad un caffè e butta al niente la tragicità del “mio regno per un cavallo” con un isterico zompettio di un bambinetto cui in un segnale di precoce bullismo qualcuno nell’ora di ricreazione ha rubato la merenda.

Se circolano follia e ragionamento, mancano la costruita regalità e la tragicità del sovrano. E se la seduzione s’incolla ancora addosso come una sanguisuga al corpo e alla mente della regina Anna, un brano di teatro che Lisa Lendaro rende al meglio, non mi pare che arrivi a simpatiche zaffate quella stessa seduzione che dovrebbe inebriare l’intero pubblico. Si avverte il “Grande Meccanismo” decifrato da Jan Kott, regge tragicamente bene l’equazione con i tanti dittatorelli di oggi, ma la seduzione sembra essere altra cosa. Sottolinea il responsabile della nuova drammaturgia: “Volevamo far capire che Riccardo non è una creatura rinascimentale di fantasia, che essere malvagio era ed è una questione di scelta, ergo dovremmo guardarci intorno con cautela, perché chiunque potrebbe fare quella scelta, sebbene inizialmente non sia aiutato da titoli nobiliari ed eserciti, ma dalla corruzione, dai media e dalle fake news. I mezzi possono essere cambiati, le intenzioni e le reazioni umane no, e la guerra e la morte sono ancora il risultato finale.” Uno sguardo sulla nuova umanità quindi, dove attorno al malvagio circolano i tradimenti, il sangue, le complicità, le paure, il desiderio che porta ad un comune punto finale.

Tutto questo per cercare di trasmettere la personale convinzione che dell’opera di Shakespeare sia rimasto ben poco. Anzi dimentichiamola. C’è un altro sguardo, un’altra preoccupazione. Se allora il pubblico vorrà pensare, cancellato il tratto della regalità, tabula rasa, ad un capitano d’industria della nostra epoca, ad un cinico signore che non bada ai mezzi e alle misure per raggiungere quella poltrona messa (troppo) in alto, a un politico, certo, ancora lui, che con le armi più strane raggiunge quei fini che si è prefisso, allora la riscrittura firmata da Szabò-Székely è una felicissima quanto intelligente parabola che non poggia tanto sul mantenimento dei nomi originali, Buckingham, Clarence, Rivers, Hastings, ma piuttosto su precisi “paradigmi della tragedia”, universali. Che allargano i limiti di un palazzo e di un regno per raggiungere tempi e spazi ben più ampi. E allora ogni tassello si ricompone con efficacia nel proprio spazio. Ma quel sovrano, no, per luinon c’è più posto. Fermo restando, in onor di onestà, che in locandina è correttamente stampato “da Shakespeare”: e con quel cambio di preposizione abbiamo il preteso per muoverci come vogliamo. Székely è inaspettata: “Non sarò mica io Riccardo III?” Quel capitano d’industria, quel cinico signore, quel politico, quell’io, Paolo Pierobon li rende con la perfezione che gli conosciamo da tempo, cranio rasato e pizzetto e mano sinistra guantata sempre in tasca in esterno, malvagità e calcolo, ferocia e finzione in petto, tratteggiati con grande bravura. Si replica sino a domenica 26 marzo.

Elio Rabbione

Le foto di scena sono di Luigi De Palma

Iniziative a Torino il 21 marzo, Giornata per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale

La Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale si celebra ogni anno a partire dal 21 marzo 1960, quando, durante una manifestazione pacifica contro le leggi dell’apartheid, la polizia sudafricana aprì il fuoco uccidendo 69 persone.

Proclamando questa giornata internazionale nel 1966, con la Risoluzione 2142 (XXI), l’Assemblea Generale dell’ONU ha sottolineato la necessità di un maggiore impegno per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale.

Per l’occasione sono numerose le iniziative organizzate in Città: è disponibile il programma in formato (.Pdf )

Appuntamenti e iniziative a Nichelino

 

Fino al 31 marzo 2023

 

Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie

Mercoledì 22 marzo 2023, per celebrare la Giornata, fiaccolata con partenza alle 20.30 dal Centro Polifunzionale Don Pier Giorgio Ferrero in via Santa Maria, 27 a Moncalieri e arrivo in piazza Di Vittorio a Nichelino.

 

“In fuga da Nazareth. Profughi di ieri e di oggi”

La mostra di Massimiliano Ungarelli è allestita nel foyer del Teatro Superga (via Superga, 44 Nichelino) dal 17 gennaio 2023.

Venerdì 31 marzo alle 21.00, al Teatro Superga, serata di spettacolo/presentazione del progetto. Sarà lo stesso autore a raccontare la genesi delle opere. Accanto a Massimiliano Ungarelli video, musica, letture di poesie e il corpo di ballo Adonai della maestra Cristina Viotti.

Nata dal sogno di due fratelli della periferia di Torino: un artista e un frate cappuccino. “In fuga da Nazareth. Profughi di ieri e di oggi” è la mostra pittorica che raccoglie l’urlo di denuncia sul dramma umanitario dei profughi chiamato a diventare grido di preghiera in un appello alla giustizia e alla speranza. 20 quadri frutto di un anno di lavoro. Opere tratte da foto di veri profughi che prestano il volto alla Sacra Famiglia di Nazareth.

La tecnica utilizza materiali semplici e poveri: terre, carboncini, acrilico, e pannelli in legno di recupero capaci di conferire alle opere un particolare tratto materico e una “ferita aperta” sui volti rappresentati. Quadri-non-quadri che partendo da un materiale di scarto, raccontano di una fuga per la vita e di un Dio che non fa scarti!

Il progetto è anche aiuto concreto: metà dei ricavati della vendita dei quadri e delle ristampe in scala degli stessi, contribuiranno alla raccolta di fondi da destinarsi a famiglie che stanno vivendo questo dramma. Attualmente si sta sostenendo una famiglia siriana, che la Parrocchia Maria Regina Mundi di Nichelino (TO) grazie alla comunità Sant’Egidio si è adoperata a far entrare nel nostro Paese attraverso l’apertura di un corridoio umanitario.

In fuga da Nazareth. Profughi di ieri e di oggi” è realizzata con l’Associazione Culturale Midrash dei frati francescani cappuccini.

“Ospitare la mostra di Massimiliano Ungarelli è stato un grande onore – raccontano il Sindaco 𝐆𝐢𝐚𝐦𝐩𝐢𝐞𝐫𝐨 𝐓𝐨𝐥𝐚𝐫𝐝𝐨 e gli Assessori Fiodor Verzola e 𝐏𝐚𝐨𝐥𝐚 𝐑𝐚𝐬𝐞𝐭𝐭𝐨 -. Immagini che sanno toccare corde profonde dell’animo umano e scuotono le coscienze assopite. La serata del 31 marzo sarà un’occasione imperdibile per vedere ancora una volta questi magnifici dipinti, ascoltare la genesi del progetto dalla voce dell’autore e offrire il proprio contributo alla raccolta fondi”.

Città di Nichelino online:

Web www.comune.nichelino.to.it

Facebook https://www.facebook.com/Cittanichelino

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Alice Helliot Dark “Fellowship Point” -NNE- euro 22,00

Questo splendido libro della scrittrice americana (nata a Filadelfia nel 1955) prende il titolo da un promontorio panoramico sulla costa del Maine. Un paradiso che è il buen retiro in cui sorgono le case di campagna delle famiglie discendenti dai primi coloni quaccheri.

La storia è ambientata a inizio anni Duemila e Fellowship è dove trascorrono da sempre le vacanze le due agiate protagoniste della Philadelphia bene: vispe ottantenni, vicine di cottage, amiche da una vita, nonostante le differenze caratteriali e le scelte esistenziali.

Agnes Lee è convintamente single ed eremitica, battagliera, intellettualmente brillante, scrittrice di successo di libri per bambini. Ma sotto pseudonimo è anche autrice di fortunati romanzi che, tra l’ironico e il trasgressivo, raccontano la vita delle ricche ragazze di Filadelfia. E’ insofferente verso gli stereotipi, si veste come le pare e combatte un tumore al seno facendosi forza con il suo cinismo.

La sua amica del cuore è Polly Wister, moglie e madre sottomessa ai doveri familiari, molto più affettiva che cerebrale. Dopo 60 anni di matrimonio e tre figli, all’inizio del romanzo è praticamente sprofondata nel ruolo di badante dell’anziano marito, un pomposo ex professore universitario. Poi le cose cambieranno, anche in modo drastico.

Pur essendo diverse la loro amicizia è di quelle che hanno retto tutta la vita ed ora si alleano per combattere le proposte di speculatori edilizi che vogliono comprare le loro proprietà e costruire un porticciolo turistico che stravolgerebbe del tutto Fellowship Point. Purtroppo non tutti gli altri residenti la pensano come loro, e persino i figli di Polly si schierano contro la madre, attratti dalla prospettiva del guadagno.

La trama alterna capitoli del passato a quelli del presente, ripercorre episodi importanti relativi al passato delle protagoniste.

Ma il romanzo va ben oltre. Perché quando Agnes in biblioteca trova dei documenti sul bisnonno William Lee, di fatto si trasforma in una saga che attraversa due secoli di storia del luogo. All’epoca del suo arrivo come colono si rivelò uomo illuminato e rispettoso degli indiani che vivevano lì dalla notte dei tempi; intendeva includerli nei nuovi insediamenti pacificamente e con pari diritti.

Gli antenati di Agnese e Polly e gli altri primi colonizzatori di questa parte di costa del Maine avevano creato un’Associazione che era un vincolo d’onore per impedire la vendita dei loro insediamenti ai forestieri. Patto che aveva resistito per oltre 150 anni….

Ora quell’accordo sta per saltare di fronte all’avanzare degli speculatori e questo finisce per creare dissapori nella comunità e persino tra Agnes e Polly.

Ma il romanzo abbraccia un orizzonte ben più ampio in cui si amalgamano altri personaggi, come l’editor Maud di cui scopriamo la vita, poi in ordine sparso: affetti, amicizia, editoria, affari, vantaggi ma anche magagne della terza età, e qualche mistero dei tempi passati.

 

 

Rebecca Kauffman “La famiglia Shaw” .BigSur- euro 17,50

L’ultimo romanzo della brillante scrittrice americana Rebecca Kauffman è ambientato nella Virginia rurale tra inizi Novecento e fine anni Cinquanta, e racconta la storia della famiglia Shaw. In scena c’è la complessa rete di rapporti affettivi di 7 tra fratelli e sorelle, cresciuti in una fattoria e accomunati dalla tragedia della morte precoce della madre.

In un alternarsi tra passato e presente la Kaufmann penetra nell’animo dei vari personaggi e porta a galla tutta una serie di incomprensioni, parole dette o taciute, ricordi, nostalgie, incomprensioni, segreti, diverbi e partenze.

Gli Shaw sono la coppia formata da Jim e Marie e i loro figli: Wendy, Sam, Jack, Maeve, Lane, Henry e Bette. Il capofamiglia Jim è profondamento legato alla sua fattoria, contadino gran lavoratore che non si sottrae alla fatica.

Marie combatte da tempo contro la depressione e nel 1933 viene trovata morta nel suo letto; forse suicida, oppure stroncata senza volere da un dosaggio sbagliato dei farmaci. All’epoca i figli sono ancora tutti troppo giovani, e a trovarla esangue è la maggiore Wendy; quella che poi resterà ancorata alla casa, alla famiglia e al padre, senza mai desiderare un futuro diverso e altrove.

Intorno al trauma di questa perdita la Kauffmann orchestra il romanzo che, sullo sfondo della Grande Depressione e della Seconda Guerra Mondiale, ripercorre i differenti modi dei fratelli di far fronte al dolore.

Racconta il loro sentire, i loro rapporti, le motivazioni delle loro scelte future, il loro diventare adulti dopo la morte anche del padre; la crescita e l’evoluzione verso l’età adulta, tra chi resta e chi invece spicca il volo verso altri lidi….tutti in qualche modo scandagliati a fondo nell’anima.

 

Andrea De Carlo “Io, Jack e Dio” -La nave di Teseo” -euro 20,00

E’ una storia di affetto, amicizia, fede, un legame che resiste alla lontananza e allo scivolare del tempo, per cui i due protagonisti non possono fare a meno l’uno dell’altra. Il romanzo è orchestrato intorno a un uomo e una donna che da giovani condividevano le estati dai nonni sulla costa adriatica a Lungamira. Un legame che alternava periodi di frequentazione a quelli della lontananza, durante i quali mantenevano una fitta corrispondenza; lei dall’Italia e lui dall’Inghilterra. Poi si erano allontanati, persi, ed ora si sono ritrovati.

A raccontare in prima persona è Mila, che dopo un black –out di 7 anni rivede Jack. Lei è smarrita, la vita l’ha ferita e si ritrova sola; Jack invece le sue piaghe le ha lenite incontrando la fede.

Ora vive in una comunità di frati che hanno fondato un ordine minore; 8 spiriti puri e radicali che vogliono instaurare un rapporto migliore con Dio.

Jack si era allontanato quando una profonda crisi esistenziale l’aveva portato a rompere i ponti con il resto del mondo, e una ricerca interiore l’aveva condotto su un cammino di fede al seguito di un frate. E quell’affetto per Mila, che poteva diventare storia di passione e amore, resta invece sospeso un passo prima.

Quando i due si rivedono -tra recriminazioni, riconciliazioni e dissertazioni religiose- tra loro ora c’è Dio, con tutto quello che ne consegue.

Ancora una volta De Carlo ci conduce nelle spire dei sentimenti complicati e contraddittori tra un uomo e una donna. Questa volta nelle sue pagine compare anche una ricerca spirituale con infinite riflessioni sulla Bibbia e i Vangeli, alla scoperta di come l’umanità cerchi da sempre di spiegarsi l’universo. Dunque un romanzo tra grande storia di amicizia e d’amore e fede.

 

 

Kavita Bedford “Amici e ombre” -Edizioni e/o- euro 18,00

Questo è il libro di esordio della giornalista e scrittrice indoaustraliana Kavita Bedford che vive e insegna a Sydney, ed è proprio in questa città che ambienta la storia di un gruppo di amici trentenni.

Sono coinquilini e dividono un appartamento a Sydney, ma anche una solida e quasi indefinibile alleanza nell’affrontare quanto la vita riserva loro, e quello che sognano. Sono un gruppo di amici assai diversi tra loro, che decidono di trasferirsi e affittare insieme un appartamento nel centro di Sydney, poi ognuno di loro si avventura all’esterno.

E’ il ritratto della vita urbana di un pool di millenial dall’altra parte del mondo, e alle prese con una realtà diversa da quelle che conosciamo. Si destreggiano tra ambizioni, ricerca di realizzazione e successo, ma anche con i limiti della precarietà in una realtà urbana dal futuro a tratti incerto e periglioso.

Voce narrante e protagonista è quella di una giovane donna che resta anonima, in lutto per la morte del padre, sospesa tra teneri e struggenti ricordi e il presente in cui si fa dolorosa la sua assenza.

Un romanzo breve in cui si racconta la battaglia di un pool di amici tra carriera, appuntamenti, famiglia e ricerca di una loro collocazione sullo scacchiere della vita. Anche un libro che ci apre un potente spiraglio sulla vita australiana che suscita sempre un notevole fascino su noi europei.

 

Merlo: Questione sociale, in politica è di nuovo necessaria una ‘sinistra sociale’

Non abbandonare la ‘lezione’ di Donat-Cattin

“Al di là della propaganda spicciola e del ricorso continuo alla ‘piazza’ usata come grimaldello
politico e del tutto strumentale, la ‘questione sociale’ continua ad essere una priorità e un grave
problema politico, come giustamente hanno sottolineato l’Arcivescovo di Torino Repole e la
stessa Caritas. Se c’è un compito specifico dei cattolici impegnati in politica – anche e soprattutto
in una realtà come Torino e il Piemonte – senza dilungarsi nell’elencazione astratta di principi e di
dogmi, è proprio quello di saper declinare nella concreta azione politica ed amministrativa quella
esperienza della ‘sinistra sociale’ che, nel passato, hanno saputo fare leader autorevoli e
qualificati come Carlo Donat-Cattin e Guido Bodrato.

È, questo, uno dei modi concreti e tangibili per affrontare di petto la ‘questione sociale’ a livello
torinese e piemontese senza inseguite le sirene assistenzialiste, demagogiche e qualunquiste dei
partiti populisti.

Senza una ‘sinistra sociale’ che si faccia carico delle esigenze e delle domande di settori
crescenti della pubblica opinione e dei tradizionali ceti popolari sapendo, al contempo, tradurli in
un progetto politico e di governo realmente percorribile, il rischio è che questa crisi si aggravi
sempre di più e con risposte approssimative e del tutto episodiche se non addirittura casuali.

Una ‘sinistra sociale’ di ispirazione cristiana che, laicamente, sia in grado di farsi carico di questi
drammatici problemi senza limitarsi ad appaltarli al solo volontariato – seppur importante e
sempre più decisivo – e alle sole forze del mondo cattolico e della società civile. È la politica che
deve scendere in campo e, soprattutto, la storica tradizione del cattolicesimo sociale torinese e
piemontese”.

Giorgio Merlo, Presidente Popolari-in rete Piemonte.

A Volpiano la Festa dei Camminatori


Con numerosi percorsi e attività per promuovere l’attività fisica e conoscere il territorio

Domenica 26 marzo Volpiano si svolge la Festa dei Camminatori, iniziativa inserita nell’ambito dei «Gruppi di Cammino» e che coinvolge il Comune, l’Asl TO4, il Cai (Club Alpino Italiano), Asd New Nordic WalkingAsd Nordic Walking Volpiano e Terra di Guglielmo, con numerosi percorsi e attività durante la giornata, con l’obiettivo di promuovere l’attività fisica, come strumento per la prevenzione di numerose malattie, e contemporaneamente far conoscere il territorio, le attività sportive e il patrimonio storico-culturale locale. Le iscrizioni si raccolgono sul sito del Comune di Volpiano, informazioni al numero 371.6397971.

Il programma prevede il punto di ritrovo in piazza Cavour, alle 9.30 la partenza di «Viva il dì in Vauda» a cura del Cai (5 km), alle 9.45 «Linea verde», organizzato da Asd Nordic Walking Volpiano (12 km), alle 10 «In cammino tra le cascine» a cura del «Gruppo di Cammino» (7 km), alle 10.15 «Neurocamminata» a cura di Asd New Nordic Walking (5 km, massimo 30 partecipanti), alle 10.30 «Fate nel bosco» a cura del «Gruppo di Cammino» (5 km, massimo 30 partecipanti), dalle 15 «Scoprire Volpiano» organizzato dal «Terra di Guglielmo» (con cadenza ogni 20 minuti, su prenotazione e con gruppi da 20 persone), e alle 15.30 «Il sentiero degli Gnomi» a cura di Asd New Nordic Walking (3 km). I bambini e le maestre dell’Istituto comprensivo di Volpiano raccontano in una mostra il progetto «Un miglio al giorno intorno alla scuola»; è presente la Lilt (Lega italiana per la lotta contro i tumori) per la «Settimana della Prevenzione».

Così Marco Sciretti, assessore alla Promozione del territorio del Comune di Volpiano: «Con questa iniziativa vogliamo far avvicinare i cittadini, volpianesi e non, a quelle che sono le attività che le nostre associazioni svolgono sul territorio, creando una bella sinergia. Altro obiettivo che vogliamo perseguire è promuovere il progetto Mab Unesco, marchio di eccellenza di cui possiamo vantarci e di cui siamo parte integrante. Con questa iniziativa vorremmo creare l’inizio di un percorso sulla conoscenza del territorio nelle sue sfaccettature e sulla sostenibilità ma soprattutto nel rispetto dell’ambiente che ci circonda e che è la nostra casa».

Commenta Barbara Sapino, assessora alle Associazioni del Comune di Volpiano: «Una domenica per stare insieme all’aperto e godere dei numerosi percorsi in Vauda; un momento di incontro e condivisione grazie alla disponibilità delle associazioni del territorio che presentano passeggiate raccontate e animate».

 Sant’Agostino ricorda l’architetto Giorgio De Ferrari e il suo genio

Giovedì 23 marzo prossimo, alle 18, la Casa d’Aste Sant’Agostino ospiterà gli architetti Agostino De Ferrari, Paolo Maccarone e Massimo Rasero in occasione di un incontro che intende indagare la multiforme attività dell’architetto Giorgio De Ferrari, recentemente scomparso all’età di novantun anni.

Si parlerà dell’arredo urbano, del design, dell’architettura e dell’attività curatoriale di Giorgio De Ferrari. L’incontro sarà moderato da Vanessa Carioggia.

Il figlio Agostino ci racconterà da una prospettiva personale questo grande protagonista dell’architettura piemontese, di cui ha condiviso parte del cammino e la passione per l’architettura per ben 25 anni. Descriverà le tappe iniziali della carriera di De Ferrari, a partire dalla sua formazione con Carlo Mollino e Roberto Gabetti fino al pop design degli anni Sessanta.

Interverranno gli architetti Paolo Maccarone, che ha condiviso con Giorgio D Ferrari la Fondazione della Blu Italia, azienda di produzione di design e ha con lui progettato il mitico posacenere 4633 per Kartell, e poi Massimo Rasero, che ha approfondito insieme a De Ferrari il tema del design del mobile montano.

È previsto un focus sull’attività professionale svolta nel corso degli anni dallo studio De Ferrari Architetti, che si snoda incrociando discipline diverse, a partire dall’arredo urbano inteso come progetto per la città fino al design di componenti specifici, come il ben noto “cestino sabaudo”. Nel campo più particolare dell’architettura ricordiamo la ristrutturazione del collegio Einaudi, i progetti per le piste di ghiaccio per Torino 2006 e l’allestimento museale Scopriminiera in val Germanasca. Non mancano progetti di infrastrutture quali il ponte collegabile Domenico Carpanini sulla Dora a Torino.

L’incontro si concluderà con la mostra “Torino Design”, ideata nel 1995 da De Ferrari, allora presidente della SIAT ( Società degli Ingegneri e degli Architetti di Torino). Una mostra di cultura tecnologica, nata con l’obiettivo di raccontare al mondo il design regionale, che riscosse un notevole successo, con ben diciotto edizioni itineranti in tutto il mondo.

L’evento sarà trasmesso in diretta streaming sul sito https://www.santagostinoaste.it/

Mara Martellotta