ilTorinese

Spettatore alle Atp, un’esperienza coinvolgente

Arrivo all’Inalpi Arena verso sera. Torino é avvolta in una leggera foschia e pioviggina. La sensazione di spaesamento e di non luogo, così efficacemente descritta da Marc Augé, mi avvolge l’animo.
Ho quattro ore davanti a me e mi dicono che la partita in programma é Auger-Aliassime contro Zeverev, quarto di finale delle Atp Finals. Passo quattro filtri di controllo all’entrata per la sicurezza, di questi tempi non si sa mai. Gente da ogni parte del mondo. Un via vai continuo e dopo una gimcana tra la folla, riesco a trovare il mio posto a sedere. Tribuna laterale lato corto del campo. Si vedono bene i colpi e i giocatori.Inizia il programma con il doppio.
.
I britannici Joe Salisbury e Neal Skupski hanno vinto contro Evan King e Christian Harrison statunitensi, e accedono quindi alle semifinali dei primi del mondo.
Il doppio diverte, servizi angolati e pieni di kick, volée e passanti veloci e fulminei. I giocatori si toccano le mani ripetutamente tra un colpo e l’ altro, in segno di intesa, come nella pallavolo. Il record Atp di vittorie nel doppio, mi dice un mega tabellone in entrata è ancora saldamente in mano al duo Fleming-McEnroe, sette vittorie consecutive dal 1978 al 1984. Inarrivabili.
Ho vicino un anziano appassionato, che commenta saltuariamente, ma capisco che se ne intende. Salvo il campo tutta l’arena é avvolta dall’ombra, per creare  un contrasto di illuminazione favorevole alle telecamere. Ma che aliena la chiara percezione del pubblico. Esco vado al bar per una birra e incontro il mio maestro di tennis Roberto Bellotti valenzano, con la figlia Alessia campionessa giovanile plurititolata, all’Inalpi Arena per uno stage di formazione professionale di una settimana, che la avvierà all’insegnamento del tennis. Ritorno al mio posto stanno entrando Zeverev e Aliassime, il primo ex sovietico naturalizzato tedesco, il secondo rivelazione canadese dell’anno.
.
Palleggi di riscaldamento e via. La partita viene vinta dal canadese di colore (6-4/7-6) sul russo-tedesco dopo un primo e secondo set giocati alla pari, dove piú che i colpi vincenti a segnare il punteggio tra i due, sono stati gli errori non forzati e i punti determinanti regalati all’avversario. Applausi, fischi, cartelli innalzati con frasi di tifosi indirizzati ai propri beniamini. Qualcuno richiamato dal giudice di sedia, per uso del flash, qualcun altro per mancanza di rispetto al silenzio di gioco. Ritorno a osservare il match.
.
Non dico siano dei ‘cinghiali professori di matematica’ come avrebbe detto Fabrizio De Andrè, ma sicuramente due coniugazioni di calcolo razionale e soluzione estemporanea, con pregiate soluzioni tecnico tattiche da primi dieci del mondo. Niente a che vedere con Sinner e Alcaraz, probabili finalisti domenica. Confidando che classifiche avulse dalla sua, l’astro di San Candido possa rimanere sul tetto del mondo. Vai pel di carota! Finisce la partita si chiudono le luci il pubblico fluisce verso le uscite e io con loro.Tra me e me mi dico:
“Speriamo che questa struttura non divenga dopo le Finals di Torino la solita cattedrale nel deserto”.Se ne sappia fare buon uso.
.
Aldo Colonna

Borgo Vittoria: arrestato mentre ruba in pasticceria

Nei giorni scorsi, agenti dell’UPGSP della Questura di Torino ha arrestato un uomo per tentato furto aggravato all’interno di una pasticceria nell’area nord della città.

Alle cinque del mattino circa, è giunta in Sala Operativa una segnalazione da parte dei titolari di un’attività commerciale del quartiere Borgo Vittoria, i quali riferivano dell’attivazione dell’allarme nella propria attività.

Le Volanti in pochi minuti hanno raggiunto il luogo interessato, udendo dei rumori metallici in lontananza. Facendo una bonifica nel retro dell’attività, hanno notato un soggetto che si allontanava con, in mano, ancora un pezzo di una cassa automatica.

L’uomo è stato immediatamente fermato e trovato in possesso di un migliaio di euro circa, in totale.

A seguito di accertamenti, è emerso che il soggetto era riuscito a forzare la serranda posta sul retro, utilizzando un paletto prelevato da una fioriera, e ad aprire la porta per poi accedere all’interno del negozio. Qui si era impossessato di quanto contenuto nelle casse automatiche e della somma di denaro all’interno di un raccoglitore dedicato alle mance.

Per quanto accertato, il soggetto è stato arrestato per tentato furto aggravato e la refurtiva restituita al legittimo proprietario.

Tecnico accusato di molestie a scuola

Un tecnico di una scuola torinese è finito a processo per violenza sessuale. È stato denunciato da dieci studentesse, tra i 15 e i 17 anni, che sarebbero state molestate durante le lezioni di chimica. La preside e la reggente dell’istituto sono rinviate a giudizio per omessa denuncia.Le ragazze avevano provato a segnalare i comportamenti ai vertici della scuola, senza ottenere risposta. Poi si sono rivolte  ai carabinieri. La prima udienza è fissata per il 26 novembre.

“Verso una chiesa sinodale” alla Casa della Madia

 

La giornata di riflessione che si è tenuta a Casa della Madia domenica 9 novembre ha avuto come ospite il teologo Dario Vitali, professore ordinario di Ecclesiologia alla Pontificia Università Gregoriana. Fr. Enzo Bianchi lo introduce all’incontro presentandolo come uno dei maggiori esperti di sinodalità e membro del gruppo di lavoro che accompagna il cammino sinodale voluto da Papa Francesco.

Il professor Vitali ci illustra, con una riflessione profonda, come la Chiesa cattolica stia vivendo un periodo decisivo di trasformazione: con la chiarezza che lo contraddistingue, spiega che la sfida di oggi non sia tanto costruire una nuova struttura ecclesiale, quanto rinnovare il modo in cui la comunità cristiana comprende sé stessa e il proprio modo di vivere la fede.

Secondo il teologo, infatti, la Chiesa ha assunto per lungo tempo un’immagine “monarchica”, con un assetto verticale e centralizzato, in cui il potere decisionale era concentrato nei vertici. Tuttavia, l’orizzonte verso cui tendeva Papa Francesco era quello di una Chiesa comunitaria, in cui il dialogo, l’ascolto e la partecipazione non rappresentavano delle eccezioni, ma delle vere e proprie regole di vita.

Vitali precisa che questo passaggio non caratterizza una rottura con la tradizione, bensì una sua evoluzione coerente: il Concilio Vaticano II, infatti, aveva già delineato una Chiesa intesa come Popolo di Dio e come un unico corpo, dove ogni battezzato ha una responsabilità ed una voce.

Uno dei punti centrali del discorso riguarda la relazione tra primato e collegialità. Dario Vitali affronta questo tema spiegando che il primato petrino, cioè il ruolo del Papa come segno di unità e guida spirituale, non deve essere visto come una forma di potere solitario. Anzi, al contrario, trova il suo senso più autentico proprio quando si inserisce in un contesto di partecipazione e discernimento condiviso. La collegialità e la sinodalità, in questa prospettiva, non tolgono autorevolezza al Papa o ai vescovi, ma completano il loro servizio, rendendolo più radicato nella realtà del popolo cristiano.

La vera sfida, sottolinea il teologo, consiste nel saper integrare autorità e ascolto, guida e corresponsabilità, in modo tale che la Chiesa non rappresenti un sistema chiuso, ma una comunità viva che cresce insieme.

Vitali invita ad evitare le scorciatoie: la sinodalità non è un semplice esperimento organizzativo, ma uno stile di Chiesa che richiede formazione, umiltà e disponibilità ad ascoltare davvero. È un cammino in cui ogni credente è chiamato a contribuire, non come spettatore ma come protagonista della vita comunitaria.

Nel suo sguardo conclusivo, il professore parla di una Chiesa in cammino, consapevole delle sue fatiche, ma anche delle sue enormi potenzialità. Il processo sinodale, spiega, non è una riforma amministrativa, ma un percorso spirituale che mira a ricucire il legame tra fede e vita.

Costruire una Chiesa di comunione significa, quindi, imparare a pensarsi come parte di un corpo più grande, in cui la diversità diventa una ricchezza e la corresponsabilità un segno di maturità. Come afferma Vitali, non si tratta di cambiare per seguire una moda, ma di cambiare per tornare al cuore del Vangelo, creando una comunità che cammina insieme, si ascolta e si ritrova unita nel perseguire la stessa missione.

Nel pomeriggio il prof. Vitali ha interagito con le domande e le riflessioni proposte dai partecipanti, dando vita a un fecondo e intenso scambio sulla natura della chiesa, sulla sua vita, le attese e le speranze legate alla conversione sinodale.

IRENE CANE

Vol.To ETS, meno risorse dal Fondo Unico Nazionale

Nel 2026 Vol.To potrà contare su circa due milioni e mezzo di euro, composti da 1 milione 742 mila euro di Assegnazione annuale del Fondo Unico Nazionale, 285 mila euro come Fondo Unico  Economie e 431mila euro provenienti da fondi diversi dal Fondo Unico Nazionale. Nonostante la riduzione del Fondo Unico Nazionale rispetto al 2025 (–135.561,27 euro), l’offerta non diminuirà: Vol.To non solo garantirà gli stessi servizi del 2025, ma aumenterà le proprie attività grazie alla crescita delle risorse provenienti da fondi diversi dal Fondo Unico Nazionale (+188.453,64 euro). Un risultato possibile grazie a una gestione più efficiente delle disponibilità e a un lavoro mirato per individuare e attivare nuove linee di finanziamento, così da rafforzare la sostenibilità economica del Centro Servizi e garantire continuità al supporto per gli ETS.
La Programmazione 2026 conferma e rafforza le sei aree strategiche attraverso cui Vol.To struttura il proprio intervento: la promozione e l’orientamento al volontariato, con attività rivolte ai cittadini e ai giovani; la formazione, intesa come sviluppo continuo delle competenze dei volontari; la consulenza e l’accompagnamento, che supportano gli ETS negli aspetti gestionali, normativi e organizzativi; l’area dedicata a informazione e comunicazione, che comprende strumenti digitali, ufficio stampa, servizi per raccontare le attività del Terzo Settore; la ricerca e documentazione, finalizzata alla raccolta e alla sistematizzazione dei dati sugli ETS; e infine il supporto tecnico-logistico, che mette a disposizione spazi, attrezzature e strumenti digitali per agevolare il lavoro delle associazioni.

Attraverso queste aree, Vol.To intende garantire agli Enti del Terzo Settore della Città Metropolitana di Torino servizi gratuiti, accessibili e progettati in modo da rispondere alle esigenze del territorio, accompagnandoli nell’affrontare le trasformazioni sociali, economiche e normative che caratterizzano il contesto attuale. L’obiettivo è fornire un sostegno stabile e qualificato, capace di rafforzare la capacità operativa degli ETS e di valorizzare il ruolo del volontariato come componente essenziale della vita comunitaria.

Tra gli aspetti più significativi della Programmazione 2026, ai Soci è stato presentato il progetto dedicato al rapporto tra volontariato e scuole, parte integrante del percorso triennale 2025–2027 sul ricambio generazionale. Durante l’assemblea è stato illustrato come questa iniziativa punti a consolidare in modo stabile la collaborazione tra il mondo educativo e gli Enti del Terzo Settore, prevedendo la mappatura delle realtà già attive, l’ampliamento della rete a nuovi soggetti e la realizzazione di un database e di un catalogo condiviso delle proposte rivolte agli istituti scolastici di Torino e della Città Metropolitana. Il progetto prevede anche il rafforzamento delle collaborazioni con i principali soggetti del sistema formativo, dall’Ufficio Scolastico Regionale all’Università di Torino, passando per gli istituti superiori e le realtà studentesche. L’obiettivo, illustrato ai Soci, è costruire un canale stabile che permetta a ragazze e ragazzi di avvicinarsi al volontariato, conoscere le associazioni del territorio e vivere esperienze civiche che possano contribuire alla loro crescita personale e alla vitalità futura del Terzo Settore.

“Il quadro economico che accompagna la Programmazione 2026 presenta elementi di complessità, ma questo non ci ha impedito di rafforzare il nostro impegno. Abbiamo scelto di investire energie e competenze per garantire agli ETS un sostegno ancora più strutturato, ottimizzando le risorse disponibili e individuando nuove opportunità di finanziamento. È un lavoro che richiede pianificazione, ascolto e una capacità costante di adattamento, ma che riteniamo essenziale per mantenere saldo il nostro ruolo di riferimento per il Terzo Settore della Città Metropolitana di Torino – ha dichiarato Stefano Meneghello, Presidente di Vol.To ETS – proseguiamo così nel nostro accompagnamento quotidiano agli enti, dalla gestione amministrativa alla digitalizzazione, dai percorsi di crescita organizzativa alla costruzione di reti collaborative che rendano più forte l’intero sistema. Il volontariato si fonda su valori chiari di gratuità, fiducia, responsabilità e partecipazione. Continuare a sostenerli significa contribuire in modo concreto alla coesione sociale e alla vitalità civica del territorio”.

Mara Martellotta

La rubrica della domenica di Pier Franco Quaglieni

/

SOMMARIO: Sandro Pertini  e gli abiti rivoltati – La querelle del Garante – I liberali – Lettere

Sandro Pertini  e gli abiti rivoltati
Sono stato a Savona a parlare in anteprima  di Sandro Pertini che il prossimo anno verrà ricordato a 35 anni dalla sua morte. Avevo davanti a me un pubblico che immaginavo, data l’età, di vecchi pertiniani. Mi sbagliavo perché un novantenne avvocato di Savona ha raccontato aspetti poco conosciuti di Sandro anche per ciò che riguarda la sua vita famigliare. Ebbe, ad esempio, un fratello fascista e non onorò con il matrimonio una ragazza che lo aiutò, rischiando la vita portandogli aiuti nell’ esilio francese di Nizza. Ho replicato che le questioni personali e famigliari non possono inficiare la sua figura di politico e di statista. Pertini ebbe un carattere difficile dovuto anche al carcere e al confino e non ebbe doti politiche particolari. Fu un militante più che un dirigente socialista, seppe evitare la maledizione del movimento socialista fatto di scissioni continue.

Come presidente della Camera e poi della Repubblica cercò di porsi come uomo delle istituzioni anche se la sua passione politica ebbe il sopravvento. Un signore del pubblico se ne è uscito con un giudizio infelice:<< Neppure le Brigate Rosse avrebbero toccato Pertini>>. Così dicendo si sono avvalorati discorsi su un Pertini non abbastanza fermo sul brigatismo, cosa non vera, anche se graziò un brigatista parente di Emanuele Macaluso che costò il posto al Segretario generale del Quirinale Maccanico che si prese la responsabilità della grazia. Maccanico ebbe quasi subito dopo la presidenza della Banca commerciale e poi poté iniziare la sua carriera politica. Come si può vedere, nella storia occorre sempre una certa dose di relatività. Un’altra signora del pubblico ha ricordato che suo padre regalò un abito rivoltato che era appartenuto al maresciallo Caviglia eroe della Grande Guerra  – come usava nel dopoguerra quando scarseggiava tutto – a Pertini perché potesse presentarsi all’Assemblea Costituente  con un abito adatto. Gli abiti rivoltati noi non li abbiamo conosciuti, quei politici con quegli abiti di recupero sono stati parte della migliore classe dirigente italiana. Anche gli operai comunisti – come imponeva loro Togliatti – vestivano il doppio petto blu per entrare in Parlamento, come atto di rispetto delle istituzioni.

.

La querelle del Garante

Ho conosciuto Agostino Ghiglia tanti anni fa quando ambedue ricordavamo foibe ed esodo giuliano – dalmata nel quasi assoluto silenzio. Lo stimo come una persona seria e coerente. Farebbe assai meglio il ministro di tanti suoi colleghi di Fdi. Il tentativo di Ranucci di attaccarlo con futili motivazioni  è privo di fondamento.

Su di lui non cambio il parere maturato negli anni. E’ un uomo di partito che ha dimostrato di saper diventare uomo delle istituzioni. Non si può vietargli di entrare nella sede del suo partito come vorrebbe Ranucci che non nasconde mai le sue origini e simpatie, anzi le manifesta nella Tv pubblica che lui usa come se fosse sua.
.
I liberali
C’è un ministro sicuramente liberale ed è Paolo Zangrillo che conobbi di sfuggita quando il Treno del Ricordo del Milite Ignoto fece tappa a Torino. Non ho più avuto altre occasioni di incontro  Ma l’idea di non sottoporre gli over 70 ai disagi e al malfunzionamento delle anagrafi, liberandoli dell’obbligo del rinnovo della carta d’identità, è un’idea giusta e a costo zero.

Anche le iniziative di rafforzare i compiti delle farmacie nel campo sanitario è un’idea giusta. E’ l’esatto contrario delle lenzuolate di Bersani che cercarono di mandare all’aria le farmacie, creando le parafarmacie che per altro non ebbero successo. La mia farmacia, la Solferino, è un prezioso presidio sanitario, di cui non potrei fare a  meno.

.

LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com

.

Le panchine di via Roma
Lei è stato il primo a scrivere che le panchine in pietra senza schienale in via Roma non erano funzionali . Adesso c’è chi si accorge del disagio per gli anziani . Correggeranno gli altri tratti?   Giusy Sandali
Non credo che  correggeranno per mantenere l’uniformità. Ad Albenga ,come ricordai, ci sono panchine senza schienale, ma il caso di Albenga sembrava unico. Aggiungerei che Torino non è Palermo. Le panchine all’aperto forse non sono così necessarie perché il clima non lo consente.
.
La ferrovia da Genova a Ventimiglia
Sono totalmente contrario allo spostamento a monte della ferrovia da Genova a Ventimiglia. Un errore grossolano quelle di fare le stazioni distanti dalle città come dimostra il pezzo già costruito da Andora a Ventimiglia con un calo vertiginoso di utenza. In compenso hanno favorito una lunga pista ciclabile lungo il mare. Non ha senso. Eppure i sindaci tacciono.
Raffaele Delfino Pietra L.
Concordo. L’ idea di una ferrovia costiera  fu un’intuizione di Cavour che nel 1857 volle la nascita della “Ferrovia delle Riviere Liguri“ che doveva correre lungo il mare dal fiume Varo fino al Magra. Il tratto Savona – Ventimiglia venne realizzato compiutamente nel 1872 . Non sarà più così, per risparmiare pochi minuti di viaggio. Un errore che va ascritto in via definitiva a Salvini. Speriamo che qualche magistrato contabile riesca a fermare il progetto. In certi casi la Corte dei Conti è preziosa.
.
Si torna alle Frattocchie?
Ho appena letto la recensione al nuovo libro di Angelo d’Orsi, il perseguitato del Polo del ‘900, che affronta la catastrofe del liberismo da Reagan ad oggi. Un libro fazioso in cui ritorna la solita vulgata marxista di stretta ortodossia, senza neppure un tentativo di aggiornamento analitico. D’Orsi in compenso non ha mai scritto della catastrofe comunista perché lui è e si ritiene ancora un comunista. Stando alla recensione, sembra che il libro riscuota successo. Lei cosa ne pensa?  Piero Astuti
Lei forse non mi legge, ma da anni io ho sempre espresso giudizi negativi su d’Orsi e ritengo  la sua faziosità incompatibile con il lavoro di uno storico. Del suo ultimo volume, che non leggerò, ho letto che sarebbe  stato un ottimo  libro di testo per gli attivisti comunisti della scuola di partito delle Frattocchie dove sono cresciuti i più perniciosi settari. Per l’autore questo giudizio suona sicuramente  come un complimento. Per fortuna della cultura italiana le Frattocchie sono state chiuse da molto tempo.

Natale a Torino. La città del fantastico

Il libro di Natale che offre uno sguardo inedito su Torino, tra luci e nebbia, tra caffè e vecchie leggende

Partecipare alle presentazioni al Circolo dei lettori è sempre una esperienza piacevole e arricchente, se poi l’incontro avviene nella Sala Biblioteca, la più piccola ma anche la più suggestiva, il tutto assume una connotazione ancora più affascinante. Per un libro come Natale a Torino. La città del fantastico non c’è niente di meglio che vedersi catapultati in uno scenario degno del film Harry Potter, una sala colma di edizioni meravigliose che riempiono le mensole di librerie d’altri tempi, in un’atmosfera tra il magico e il sogno. Il 12 novembre scorso, proprio nel magnifico luogo sopracitato, si è respirato uno stato d’animo più luminoso del suo inverno con la presentazione del bel libro natalizio, edito da Neos Edizioni e curato da Teodora Trevisan.

Nell’elegante cornice di via Bogino si è parlato di storie e di magia, di luci e di ombre, di quella particolare bellezza che la città sa esprimere nei mesi più freddi, quando la fantasia sembra scaldare anche l’aria più tersa. Il volume raccoglie diciassette racconti che offrono uno sguardo inedito su Torino, città che da sempre custodisce un’anima doppia: concreta e operosa, ma anche misteriosa e incantata. I protagonisti di queste pagine si muovono tra piazze illuminate, portici avvolti nella nebbia, caffè che profumano di cioccolato e vecchie leggende. Il Natale, qui, non è soltanto una cornice, ma una chiave per leggere la città con occhi diversi, come se dietro ogni angolo potesse nascondersi una storia capace di stupire. A dialogare con la curatrice, Silvia Maria Ramasso, che ha moderato l’incontro, e alcuni degli autori e delle autrici, tra cui Loredana Cella, Davide Monopoli e Silvia Cascinali, mentre le letture di Bruna Parodi hanno dato voce ai racconti, restituendo il ritmo e la suggestione della scrittura. Ne è nato un confronto vivo e appassionato su come la narrativa fantastica possa raccontare Torino meglio di tante cronache: una città che, pur restando sé stessa, sa ancora lasciarsi attraversare dal sogno.

Natale a Torino. La città del fantastico è un libro che invita a passeggiare con la mente e con il cuore, a scoprire nei luoghi familiari un riflesso di meraviglia. Un piccolo dono d’inverno per chi ama Torino e la sua capacità di trasformare la realtà in racconto, soprattutto quando le luci del Natale la rendono, davvero, una città del fantastico. Torino e il Natale, quale miglior connubio per creare una meravigliosa realtà onirica e incantata? Il volume è disponibile in libreria e online, pubblicato da Neos Edizioni.

Maria La Barbera

Torino e il suo patrimonio verde: tra ricchezza e sfide di gestione

Torino è una delle città italiane con la maggiore estensione di aree verdi: sul territorio comunale se ne contano circa 47 chilometri quadrati, dei quali quasi venti rientrano direttamente nella gestione pubblica. Le alberate stradali percorrono oltre 300 chilometri e il censimento comunale indica la presenza di circa 147 mila alberi, patrimonio che contribuisce in modo decisivo alla qualità ambientale e paesaggistica della città. I parchi sono numerosi e diffusi nei diversi quartieri: tra i più noti spiccano il Parco della Pellerina, con i suoi oltre ottanta ettari che lo rendono il polmone verde più ampio della città, il Parco del Valentino lungo il Po, il Colletta, il Ruffini e il Colonnetti, senza dimenticare la cornice collinare che arricchisce ulteriormente la dotazione naturale.Platano Tesoriera Alberi Monumentali

Questo patrimonio, però, comporta anche sfide significative. Una parte non trascurabile delle alberate è costituita da esemplari maturi o molto anziani, che richiedono cure costanti e monitoraggi regolari per ridurre i rischi legati alla stabilità. I tecnici del settore verde della Città effettuano sopralluoghi visivi e, quando serve, indagini più approfondite con strumenti come resistografi e tomografi, al fine di individuare eventuali criticità. In alcuni casi si procede con potature di contenimento, consolidamenti o abbattimenti mirati, sempre seguiti da nuove piantumazioni. Le interferenze con la rete stradale, i sottoservizi o l’illuminazione pubblica rappresentano un ulteriore fronte di gestione, così come la necessità di affrontare gli effetti di eventi meteorologici estremi, che negli ultimi anni si sono fatti più frequenti e intensi. In queste situazioni il Comune non di rado dispone la chiusura preventiva di giardini e parchi o interdizioni temporanee di alcune aree per garantire la sicurezza dei cittadini.

La regolamentazione delle attività di cura e manutenzione fa capo al Regolamento comunale del verde, che stabilisce principi e procedure di intervento sia per il patrimonio pubblico sia per il verde privato. Nel confronto con le altre grandi città italiane, Torino si colloca su valori medi di dotazione di verde pubblico pro capite, attorno ai venti-ventiquattro metri quadrati per abitante. Non raggiunge dunque i livelli di quei comuni che inglobano vaste aree naturali entro i propri confini, ma mantiene comunque un’offerta significativa e ben distribuita, che rappresenta un punto di forza in termini di vivibilità.

Torino possiede una rete di parchi e giardini capace di qualificare il paesaggio urbano e di offrire spazi di svago e socialità diffusi in tutta la città. La vera sfida per il futuro è rendere questo patrimonio più resiliente di fronte ai cambiamenti climatici, rinnovando gradualmente le alberate più vetuste, migliorando la connessione ecologica tra le diverse aree e ampliando la quota di verde fruibile a distanza ravvicinata dalle abitazioni, così da rafforzare la funzione ambientale e sociale del verde urbano.

Il futuro del sindacato? La Cisl

LO SCENARIO POLITICO  di Giorgio Merlo

A fronte del concreto dibattito che caratterizza il sindacato italiano in questa precisa fase storica e politica, possiamo dire tranquillamente che c’è una grande opportunità per dimostrare, oggi, che cosa dev’essere concretamente il sindacato. E questa opportunità oggi ha un nome e cognome. Si chiama Cisl. E questo non lo dico per antica, nonchè convinta, appartenenza politica, culturale e valoriale allo storico “sindacato bianco”. Ma per la semplice ragione che, “allo stato dei fatti” – per dirla con una felice espressione di Carlo Donat-Cattin – una parte consistente del sindacato italiano ha assunto posizioni che sono, oggettivamente, persino imbarazzanti da commentare. Se ci fermiamo, ad esempio, alla principale organizzazione sindacale italiana, cioè la Cgil, non possiamo non sottolineare che quella sigla ha cambiato radicalmente la sua reale collocazione nella vita pubblica del nostro paese. Certo, tutti noi conosciamo lo storico profilo politico, culturale e sociale della Cgil, cioè di un sindacato che per moltissimi anni è stato la storica e strutturale “cinghia di trasmissione” con il partito di riferimento. Prima il Pci e poi i partiti che sono succeduti al Pci stesso. E cioè, il Pds, poi i Ds e infine il Pd. Ma mai si era arrivati alla radicale trasformazione del sindacato in un soggetto politico da un lato e, dall’altro, ad un’azione tutta e solo concentrata sui temi politici. E non è un caso che, se nel passato era il partito che dettava l’agenda politica al sindacato, adesso è l’esatto contrario. E cioè, è il sindacato che detta l’agenda politica e programmatica al partito di riferimento e, di conseguenza, all’intera coalizione di sinistra e progressista. Se, cioè, sui temi della giustizia è l’ANM, di fatto, che condiziona la politica del cosiddetto ‘campo largo’, sui temi economico/sociali e sulla stessa politica estera è il sindacato che fissa i paletti rispetto alla concreta azione politica dell’alleanza di sinistra e progressista. Una trasformazione radicale che ha portato alla rottura verticale con la Cisl e persino con la Uil e addirittura con gli estremisti dei sindacati di base. Che sono e restano i veri concorrenti politici della nuova Cgil di Landini.

Ed è proprio all’interno di questa concreta cornice, che può e deve emergere il ruolo e la stessa ‘mission’ di chi continua a declinare l’azione di un sindacato. E cioè, centralità della contrattazione a livello nazionale e locale; dialogo e confronto con le parti sociali; nessuna pregiudiziale ideologica o preclusione politica nei confronti del Governo di turno con cui si deve dialogare e, possibilmente, stringere accordi per migliorare la condizione di vita dei lavoratori, dei ceti popolari e dei meno abbienti; e, infine, avere una bussola riformista, concreta, pragmatica e non ideologica nell’affrontare i temi che sono sul tappeto. Per queste ragioni, semplici ma oggettive, è proprio la Cisl, e la sua storica cultura di riferimento, nonchè lo “stile” che hanno caratterizzato i suoi principali esponenti e leader nelle diverse fasi storiche, che oggi può svolgere e declinare concretamente un ruolo importante e decisivo per la credibilità e l’autorevolezza del sindacalismo italiano.

C’è, di conseguenza, una doppia responsabilità per la Cisl. Fare sino in fondo il sindacato e, al contempo, continuare a difendere le ragioni concrete dei lavoratori e dei ceti popolari. Non attraverso le pregiudiziali ideologiche e politiche ma affrontando i temi che sono concretamente sul tappeto. Tutti i giorni. Ecco perchè, oggi, ci aspettiamo ancora di più dalla Cisl e da chi la dirige.