ilTorinese

In scena al teatro Regio per l’Anteprima giovani “La fanciulla del West” di Puccini

 

 

Al via giovedì 7 marzo prossimo la vendita per l’Anteprima Giovani dell’opera di Giacomo Puccini, “La fanciulla del West”, che andrà in scena giovedì 21 marzo prossimo alle ore 20 al teatro Regio di Torino.

Mentre i primi film di ambientazione western, molto brevi e muti, facevano furore sul grande schermo, nel 1910 Giacomo Puccini pensò di trasferire una di quelle storie di pistoleri e di disperati sul palcoscenico prestigioso del Metropolitan Opera di New York, nella sua prima rappresentazione il 10 dicembre del 1910. Il risultato fu “La fanciulla del West”, un’opera del tutto originale sia per il soggetto sia per lo stile musicale.

La fanciulla protagonista dell’opera è Minnie, una giovane energica e generosa che gestisce il saloon di un villaggio di cercatori d’oro della California. Di lei è innamorato lo sceriffo Jack Race. La vita di Minnie è sconvolta dall’arrivo del bandito Dick Johnson, che ne conquista il cuore. Nel tentativo di salvarlo dalla forca, la giovane si giocherà la felicità in una partita a poker.

La musica segue il passo dell’azione in un continuo flusso sinfonico, dal quale emergono splendide isole di espansione lirica, come la struggente aria di Johnson “Ch’ella mi creda libero e lontano”. Tra orchestra e palcoscenico è necessaria una stretta collaborazione, che il maestro Francesco Ivan Ciampa è in grado di stabilire con precisione e il nerbo che lo contraddistinguono. Maestro del coro del teatro Regio Ulisse Trabacchin.

Tra il fiasco scaligero di Madama Butterfly e la sua riabilitazione a Brescia nel 1904 La fanciulla del West, andata in scena nel 1910 a New York con Enrico Caruso, Emmy Destinn, Pasquale Amato e Arturo Toscanini sul podio, corrono sei anni durante i quali Puccini, stufo di Bohéme e Butterfly, si pone alla ricerca di un libretto nuovo e originale. Il secolo è appena scaduto, Debussy e Strauss hanno inaugurato il Novecento con Pélleas et Mélisande e Puccini è ormai riconosciuto erede di Verdi, acclamato nei teatri di tutto il mondo, e avverte che è necessario “rinnovarsi o morire” perché l’armonia e l’orchestra non sono più le stesse.

Come già in Tosca, La fanciulla del West ripropone uno scontro all’interno di un triangolo amoroso, confermando un credo irrinunciabile della poetica pucciniana: “non si può sortire da un soggetto passionale, contornato pure da grandi avvenimenti, di folla, di moto, ma ciò che deve campeggiare è la grande passione, la vera, la sublime, la sensuale”.

Sul podio dell’orchestra e del coro del teatro Regio salirà il maestro Francesco Ivan Ciampia; al suo debutto al teatro Regio la regista argentina Valentina Carrasco, che prende spunto dalle suggestioni cinematografiche del libretto e della partitura proponendo un nuovo allestimento che rende omaggio al genere western.

Protagonisti saranno Jennifer Rowley, che debutta nel ruolo di Minnie, Roberto Aronica è il bandito Johnson e Gabriele Viviani lo sceriffo Jack Rance.

Alle 20 avrà inizio l’opera ma il teatro Regio aprirà i battenti prima alle 19.15, in attesa dello spettacolo sono aperti i bar dei foyer.

L’ingresso dell’Anteprima giovani è riservato agli under 30 e ai minori di 14 anni, che devono essere accompagnati da un maggiorenne under 30.

 

MaraMartellotta

La colomba salata più buona è di Davide Muro

Antica Pasticceria Castino di Pinerolo

Primo premio nel concorso di colombe artigianali Divina Colomba 2024 appena concluso a Bari

È di Davide Muro la migliore colomba salata 2024, primo premio conquistato in occasione del concorso Divina Colomba rivolto ai produttori di colombe artigianali di tutta Italia.

 

Con un impasto arricchito da funghi porcini, salame valsusino fresco di non più di 10 giorni e prezzemolo, Muro ha avuto la meglio sugli altri quattro finalisti, selezionati tra gli oltre 300 iscritti al contest provenienti da circa 200 botteghe artigiane di tutta Italia. La premiazione, avvenuta lunedì 4 marzo a Bari, lo ha visto trionfare insieme a Gianluca Cecere (Cecere Visionary Dessert di Napoli) per la colomba tradizionale e Camillo La Morgia (Crema e Cioccolato di Lanciano in provincia di Chieti) per quella al cioccolato.

A decretare i vincitori dell’edizione 2024 del concorso la giuria tecnica composta da Claudio Gatti, Maurizio Cossu, Daniele Scarpa, Alessandro Bertuzzi, Claudio Colombo e Paolo Caridi, che hanno degustato alla cieca i lievitati finalisti, scegliendo i vincitori per ogni categoria.

 

Negli anni ho sempre voluto mantenere uno stretto legame con gli ingredienti della tradizione – commenta Davide Muro – Questa colomba è figlia della mia storia e del percorso fatto. Siamo partiti dal pesto per poi arrivare, successivamente, al panettone peperoni e acciughe, che esprime in pieno il carattere del Piemonte. Questa nuova preparazione nasce da una fase di equilibrio ritrovato e da una sfida con me stesso in cui ho coinvolto la mia famiglia e i miei collaboratori. Ho cercato di trovare qualcosa che sul territorio nazionale non fosse ancora stato proposto. All’assaggio l’impronta del salame è quella immediata, ma subito dopo arriva la nota dei funghi, in un connubio perfetto. Ci tengo a sottolineare che oltre al premio ho ricevuto il golden buzz da parte di Claudio Gatti: il giudizio di un Maestro della pasticceria italiana è un riconoscimento prestigioso che mi rende davvero orgoglioso. La prossima sfida? Lasciamo spazio alla creatività!

 

Claudio Gatti, Presidente della giuria e autorevole Maestro di pasticceria e lievitati, ha motivato l’assegnazione del golden buzz in diretta “Quel profumo e quel sapore delicato di funghi porcini, il gusto pulito, una colomba molto morbida e delicata. Tutto questo mi ha fatto dire WOW, questa è la migliore colomba salata”.

 

Con questo nuovo riconoscimento la pasticceria pinerolese torna ancora una volta protagonista del panorama nazionale. Per Davide Muro, classe 1981, si tratta di un nuovo titolo che va ad aggiungersi ai numerosi conseguiti dall’Antica Pasticceria Castino in questi ultimi anni, come l’ingresso tra i Maestri del Gusto di Torino e Provincia nel 2021: terzo premio come miglior Panettone tradizionale di scuola piemontese nel 2020 in occasione della IX edizione di Una Mole di Panettoni, dedicato ai migliori grandi lievitati provenienti da tutta Italia; primo premio per il miglior Panettone salato nello stesso concorso, vinto con un lievitato salato con pesto e pomodori secchi, olive taggiasche e parmigiano; finalista nel 2020 nel prestigioso concorso I Maestri del panettone nella categoria Miglior panettone al cioccolato; riconoscimento per la colomba creativa (realizzata con carota e marzapane) a Una mole di Colombe nel 2021; semifinale del Campionato mondiale Panettone World Championship per il panettone classico sempre nel 2021.

 

L’Antica Pasticceria Castino nasce quando Giuseppe Castino insieme alla consorte Margherita Cleretti, discendente di una celebre famiglia di pasticceri, acquista nel 1925 l’antica confetteria Fabbre sorta nel 1845 sotto la parte più antica dei portici di Piazza Duomo, a Pinerolo.

In un clima internazionale, tra giovani ed eleganti ufficiali e nobili famiglie che popolano Pinerolo, la Città della cavalleria, Castino, cresciuto alla scuola di Stratta, Moriondo e Baratti, gode di un’ampia fama che va ben al di là di Pinerolo. In molti lo conoscono come il “Michelangelo del cioccolato”. Abile nella decorazione e innovativo nel preparare una vastissima gamma di leccornie dolci e salate.

Verso gli anni ’30 Castino dà vita a una sua creazione che è diventata insieme al panettone il dolce simbolo di Pinerolo: la Torta Zurigo-Castino.

Dopo un periodo di chiusura la pasticceria riapre il 24 dicembre 2014 su iniziativa della famiglia pinerolese Cosso-Eynard e con la gentile concessione del marchio da parte di Gemma Castino, figlia del Pasticcere fondatore dello storico locale. Boiserie in legno, poltroncine di velluto ed eleganti vetrine ricreano un’atmosfera d’altri tempi.

 

Antica Pasticceria Castino

Piazza San Donato, 42

Pinerolo (TO)

https://anticapasticceriacastino.it

Quando l’ambiente fa male

La maggior parte di noi è solita attribuire le cause di una patologia, o di una sindrome, ad un batterio o un virus, al cibo indigesto, al freddo o a cause “tradizionali”; pochi pensano che l’ambiente in cui vivono possa in qualche modo essere responsabile o co-responsabile di quanto ci stia accadendo.

Da anni si è capito che lo stress, quello cattivo o distress, è in grado di indebolire il nostro sistema immunitario spianando la strada ad alcune patologie, promuovendo l’ipercloridria (produzione eccessiva di acido cloridrico nello stomaco), l’insonnia, la dispepsia (cattiva digestione) e così via.

Solo in tempi più recenti, invece, si è cominciato ad attribuire una enorme importanza alla relazione tra ambiente e genesi delle patologie; non arriveremo a parlare di epigenetica perché dovremmo parlare di DNA, istoni e mRna, ma tratterò l’aspetto sociale ed ambientale nell’insorgenza delle patologie.

Per ambiente si intendono numerosi fattori: non soltanto acqua e aria ma anche rumore, stress, relazioni con il prossimo, rapporto fra ore di luce e di buio, clima, meteo, attività fisica e altro ancora.

Sicuramente vivere in una latitudine dove per 6 mesi ogni anno vivi al buio crea enormi disfunzioni nella sintesi della vitamina D, con gravi problemi di accrescimento osseo e, per le donne in menopausa, di osteoporosi; se vivo in una metropoli dove non si hanno mai ore di totale silenzio i problemi saranno di altro genere e così via per ogni situazione che possa minare l’organismo umano; ovviamente non siamo tutti uguali, e ciò che può danneggiare una persona può risultare totalmente innocuo per un’altra.

Come sostengo spesso, l’individuo va visto nella sua totalità ma considerando la sua unicità: qualcuno necessita di almeno 8 ore di sonno, qualcun altro con 5 ore si sveglia riposato, qualcuno ha il risveglio tragico mentre altri appena svegli potrebbero correre la maratona ma dopo cena si spengono velocemente.

Come evitare, o almeno attenuare, quindi i danni? Evitando coraggiosamente tutti gli ambienti in cui non ci sentiamo a nostro agio, che provocano in noi reazioni di qualsiasi natura (cambio di abitudini intestinali piuttosto che sessuali, intolleranza ad alcuni cibi piuttosto che esantemi diffusi, irascibilità, tic nervosi) e controllo periodico almeno dei valori ematici.

Scherzando, dico che “Tutti siamo immortali fino a prova contraria”: il problema è che spesso la prova si preannunciavelatamente ma non la riconosciamo; quanti di voi, in assenza di sintomi palesi, effettua esami del sangue o dell’urina periodicamente?  E mammografia/PapTest per le donne? PSA per gli uomini? Saltuariamente controllate la pressione arteriosa ed il peso? Considerate che, escludendo alcune zone della penisola, viviamo in un Paese ricco di industrie e centrali termoelettriche, dove l’agricoltura e la zootecnia ricorrono sempre più a fertilizzanti e mangimi chimici, dove i ritmi di vita (per lavoro e per svago) sono lontani da quelli ideali e dove molti medici prescrivono farmaci per curare i danni prodotti da altri farmaci, limitandosi a curare i sintomi anziché rimuovere la causa.

Le soluzioni possibili sono tre: la prima è cambiare totalmente ambiente ma pochissimi sono in grado, economicamente e culturalmente, di farlo; le altre due soluzioni, che viaggiano affiancate, sono da un lato la prevenzione, adottando uno stile ed una filosofia di vita più adatto a noi, eliminando ogni possibile situazione o abitudine che possano nuocerci e, al tempo stesso, monitorando periodicamente la nostra salute.  Chi non abbia nozioni anche elementari di medicina sarà portato a non riconoscere in alcuni cambiamenti del nostro organismo il campanello d’allarme verso il nostro stile di vita, inclusi lavoro, relazione affettiva, situazione economica, liti condominiali, ecc.

Sun Tsu, stratega cinese del V sec. a.C., sosteneva che bisogna combattere soltanto le battaglie che siamo sicuri di vincere; con ciò è implicito che bisogna avere l’umiltà di ammettere che in alcuni casi potremmo riportare sconfitte clamorose. Se noi pensiamo di combattere contro i mulini a vento rappresentati dal condominio o dalla politica attuale, dall’ordinamento scolastico o dalla malasanità e ci limitiamo a lamentarci o incamerare astio, siamo i candidati giusti ad un’infinità di patologie psicosomatiche causate proprio dall’ambiente in cui viviamo.

Se le accettiamo o, ancor meglio, ce le facciamo scivolare addosso limitandoci a fare ciò che è realmente in nostro potere cercando di incanalare le energie verso qualcosa di realmente modificabile, ecco che il nostro organismo, come per miracolo, vivrà meglio in quello stesso ambiente che prima poteva esserci ostile.

Con questo non sto dicendo di praticare l’atarassia, che è tipica della schizofrenia, ma piuttosto di concentrarci su ciò che è davvero importante e il nostro organismo, non subito, non all’improvviso ma sicuramente, non ci invierà più quei segnali di SOS generati dalla nostra interazione con l’ambiente. E’ assodato che le patologie psicosomatiche, ovvero quelle che, generate dalla psiche, si manifestano con sintomi fisici sono in aumento e non certo per l’evoluzione della specie quanto, piuttosto, per il diffondersi di uno stile di vita sempre meno a misura di uomo e per l’incapacità di questo di fronteggiare gli attacchi di ogni genere che quotidianamente lo colpiscono.

L’organismo umano ha la capacità di adattarsi, ma solo nel lungo tempo; nel giro di pochi decenni abbiamo creato un ambiente ostile senza dare il tempo all’organismo di adattarsi: onde elettromagnetiche, stimoli visivi e mentali continui, aumento della sedentarietà sono solo alcuni esempi.

Nei miei seminari insegno (anche) proprio a gestire le emozioni, ad avere consapevolezza di quali messaggi ci stia inviando il corpo e, ancora più importante, cambiare l’approccio ai problemi.

Cosa vi costa provare, anziché demordere subito con mille scuse? E, soprattutto, ricordate: non c’è limite al peggio.

Sergio Motta

sergiomotta.net

“Slavika”. Torna a Torino il Festival delle culture slave

Da mercoledì 13 a domenica 17 marzo

Organizzato dall’Associazione Culturale italo-polacca (con sede a Torino) “Polski Kot”, torna in città (alla sua settima edizione) “Slavika Festival”, il primo Festival italiano dedicato alle culture slave. L’appuntamento è articolato in cinque giornate, da mercoledì 13 a domenica 17 marzo, rese possibili grazie al sostegno di “Fondazione CRT”, del “Consolato della Repubblica di Polonia” in Milano, dell’“Istituto Polacco di Roma” e al contributo di “Arci Torino”.

Nato nel 2015 da un’iniziativa di Alessandro Ajres, presidente del “Circolo Polacco Torinese” fino al 2021, dopo una breve pausa dovuta alla pandemia, dal 2023 il Festival è tornato con la consueta generosa “carrellata” di laboratori, ospiti internazionali, musica e reading. E, fresca novità, con un nuovo simbolo, quello della “Rusałka”, figura mitologica riconducibile al folklore slavo, un essere magico associato a fiumi e laghi che assume la forma femminile accompagnata all’ “ombrello nero”, invitante a distogliere lo sguardo dal suo corpo nudo individuale, che a una lettura pubblica si tramuta nel corpo collettivo di tutte le donne vittime di violazioni dei propri diritti in Polonia e altrove.

“Per questa nuova edizione – spiega Daria Anna Sitek di ‘Polski Kot’ – abbiamo ampliato il programma con un cospicuo numero di workshop artistici e letterari con professionisti e artisti internazionali. L’obiettivo è far conoscere le nuove personalità di spicco della cultura dei Paesi slavi, alcune già acclamate a livello internazionale, altre ancora poco conosciute al pubblico italiano, con l’intento di suscitare interesse e curiosità verso l’universo dei linguaggi, scenari e racconti delle culture slave”.

“Arci Torino – dichiara Luca Bosonetto, responsabile ‘Cultura’ del Comitato territoriale- è felice di sostenere nuovamente ‘Slavika”, ospitando quest’anno in due circoli la parte più consistente delle attività, sempre più in linea con il nostro impegno nella realizzazione di eventi, format e attività transculturali capaci di promuovere, attraverso l’aggregazione, l’arte e lo spettacolo, i valori della pace e la cultura dei diritti”.

Il programma di quest’anno prevede l’arrivo a Torino di ospiti internazionali, provenienti principalmente dall’area balcanica, dalla Russia e dalla Polonia, ma anche dall’Italia. Non mancheranno, come sempre, interessanti workshop artistici e letterari per permettere una partecipazione e un coinvolgimento attivo da parte del pubblico, nonché talk con autori e autrici, presentazioni, proiezioni e concerti. Il tutto, coinvolgendo diverse zone di Torino, la maggior parte all’interno della rete “Arci”. La sede principale del Festival sarà il “Kontiki” di via Cigliano 7B, nuovo circolo (dove iniziano, il 13 marzo, gli incontri festivalieri) nato nel cuore di Vanchiglietta, prima sede di “Fridays for Future Italia”. Le perfomance saranno, invece, ospitate al “Magazzino sul Po”(Murazzi del Po Ferdinando Buscaglione, 18). Il Festival trova casa anche allo “Studio Abra” di via Carlo Goldoni 5, nuovo spazio che è contemporaneamente laboratorio e residenza per gli artisti che transitano a Torino, e al “Circolo dei Lettori” di via Bogino, 9. E proprio qui, giovedì 14 marzo, alle 21, è atteso lo scrittore e reporter polacco di fama internazionale Witold Szabłowski che presenterà il suo ultimo libro “Come sfamare un dittatore” (Keller, 2023), in cui si racconta dei grandi tiranni del ‘900 attraverso lo sguardo (curioso!) dei loro cuochi.  A dialogare con l’autore ci sarà Monica Perosino, giornalista de “La Stampa”.

 

Altri (fra i tanti) appuntamenti da segnalare: sabato 16 marzo, al “Kontiki”,dalle 10, il laboratorio di traduzione letteraria dal polacco all’italiano tenuto dallo slavista Riccardo Campion e dedicato alla traduzione di alcune poesie di Joanna Oparek, (con la quale sarà possibile avere un confronto diretto durante il laboratorio), seguito nel pomeriggio (ore 17,30) dalla proiezione degli ultimi due cortometraggi realizzati da Zulfikar Filandra, regista di “Minotaur” (2020), e membro della commissione di selezione del “Sarajevo Film Festival”. In chiusura, domenica 17 (ore 17,30), sempre al “Kontiki”, la premiazione del vincitore del “Premio Polski Kot”, il primo premio in ambito editoriale dedicato alla traduzione dalle lingue slave all’italiano e le note della chitarra di Liuzzi, cantautore pugliese che, per l’occasione, si esibirà con alcune canzoni italiane tradotte in russo, e viceversa.

Per info: slavika.fest@gmail.com; programma completo: https://linktr.ee/polskikot

g.m.

Nelle foto:

–       “Rusalka”, logo del Festival

–       Witold Szablowski

–       Joanna Oparek

–       Zulfikar Filandra, ph. Nemanja Knezevic

 

8 Marzo “contro la violenza patriarcale” all’Universita’ di Torino

Picchetto delle transfemministe dell’associazione Non una di meno  con i militanti dei collettivi universitari, oggi  davanti a Palazzo Nuovo , “contro la violenza partriarcale”. 8 marzo di sciopero anche al Campus universitario Einaudi. Qui  le femministe e i collettivi studenteschi come Cambiare Rotta interrompono le lezioni invitando gli studenti e i docenti a partecipare alla mobilitazione. Nelle scorse settimane  all’Università i movimenti femministi hanno protestato contro le molestie sessuali all’interno dei dipartimenti denunciate dalle studentesse.

Pantanella (FSP): “Plauso a Cirio e Giunta Regionale, Askatasuna tornata su binari corretti”

Le parole del sindacalista a favore dello stop alla regolarizzazione del centro sociale.
“Bene ha fatto il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio con la propria giunta a fermare la regolarizzazione di Askatasuna”.
Lo afferma Luca Pantanella, segretario generale provinciale torinese della sigla ‘FSP Polizia di Stato’. “Un provvedimento che finalmente riporta la questione nei giusti binari di legalità e rispetto per istituzioni, cittadini, commercianti offesi e forze dell’ordine”, prosegue il sindacalista.
“E’ ora di dire basta a questa farsa ignominiosa per cui si continua a prendere in giro l’opinione pubblica raccontando la barzelletta dei locali liberi: che risultano, invece, ancora nella disponibilità dei soliti noti, pronti puntualmente a infiltrarsi illecitamente ovunque vi sia occasione di disordine e scontri”.
Per poi concludere: “Persino il Direttore Mario Giordano ieri sera ha mandato in onda su Retequattro a ‘Fuori dal coro’ un servizio che presenta oggettivamente e con dovizia di fondate argomentazioni Torino come capitale italiana degli anarchici, in barba al glorioso passato di questa città che ha dato i natali all’Italia, ai motori, alla moda, al cinema, alla radio e alla televisione. Domando dunque al sindaco Stefano Lorusso e alla sua giunta se è davvero questa l’immagine che vogliamo continuare a dare del capoluogo piemontese”.

Assoluti Nuoto UnipolSai: Miressi titolo italiano

Si chiude la terza giornata di gare allo Stadio del Nuoto di Riccione: i piemontesi in gara conquistano altre tre medaglie e un record!

La prima medaglia piemontese della giornata è targata Anita Gastaldi (CS Carabinieri/Vo2 Nuoto) che conquista l’argento nei 200 Misti con una prestazione da 2’11’’87.

Continuano i successi della cuneese Sara Curtis (CS Roero) che diventa vice campionessa italiana dei 100 Stile Libero con 54’’31, tempo che le vale come nuovo primato tricolore della categoria cadette. “Ho dato tutto quello che avevo e devo dire che sono felicissima. – racconta l’allieva di Thomas Maggiora – Sono molto fiduciosa per il futuro e adesso punto a far bene anche al Settecolli in estate”.

Un’altra medaglia arriva sui 100 Stile Libero maschili dove Alessandro Miressi (GS Fiamme Oro/CN Torino) conquista il titolo italiano stampando un 48’’77. “Non mi aspettavo molto da questi Assoluti onestamente – racconta Miressi – Sono però contento della vittoria di questa sera e di vedere tanti compagni andare così forte. Vuol dire che alle Olimpiadi presenteremo una staffetta molto forte e ambiziosa”.

Tra le migliori prestazioni della giornata troviamo il settimo posto di Eleonora Marra (RN Torino) con 2’22’’69 e l’ottavo posto di Sofia Pelisseri (RN Torino) con 2’23’’50 nella finale Junior dei 200 Misti. Quarta è invece Francesca Fresia (CC Carabinieri/Aquatica Torino) nella finale A di questa distanza con 2’13’’77.

Nella finale A dei 200 Misti maschili si classifica ottavo Lorenzo Altini (CN Torino) con il tempo di 2’03’’78.

In chiusura di giornata, nella staffetta 4×100 Misti conclude in settima posizione la formazione maschile del Centro Nuoto Torino (Ruggiero, Viberti, Francavilla, Febbraro) con il tempo di 3’43’’60. Ottavo posto invece per la formazione femminile della Rari Nantes Torino (Lasorsa, Venturi, Demasi e Marra) con il crono di 4’16’’03.

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Foto Deep Blue Media

Furto di bancomat a Just the woman I am

Gli agenti della Questura di Torino insieme al personale del Commissariato di P.S. Centro e dell’UPSGP, hanno tratto in arresto un uomo trentunenne di origini rumene.

Sono circa le ore 13:00 di domenica, quando durante la manifestazione “Just The Woman I am” in Piazza San Carlo, un’anziana signora riferisce agli operatori di essere stata appena derubata del suo portafoglio contenente alcune carte bancomat.

Nel frattempo alla signora arrivano sul cellulare messaggi trasmessi da diversi istituti bancari relativi a plurimi tentativi di prelievo effettuati con le sue carte.

Gli agenti si dirigono immediatamente all’ultima postazione bancomat segnalata nel messaggio, dove trovano 3 soggetti che alla loro vista tentano di allontanarsi. Uno di questi viene visto gettare a terra delle carte bancomat, che successivamente verranno recuperate dagli operatori e in seguito si dà alla fuga per le vie del centro.

Ne nasce un inseguimento appiedato che si conclude in via Palazzo di Città dove il 31enne viene definitivamente raggiunto e tratto in arresto.

La refurtiva consistente anche in un’agenda con riportati i diversi pin delle carte è stata recuperata e restituita alla vittima.

Eredità Agnelli: indagati anche Lapo e Ginevra Elkann

Sulla vicenda dell’eredità della famiglia Agnelli la procura di Torino ha indagato  anche Lapo e Ginevra Elkann. L’accusa ipotizzata è truffa ai danni dello Stato. Ginevra, Lapo e John Elkann avrebbero omesso di versare alle casse dell’erario  le tasse di successione di una parte  del patrimonio della nonna Marella Agnelli per circa 700 milioni di euro.

Laura Comolli: l’influencer torinese racconta il suo congelamento ovuli. E dà un messaggio importante alle donne

In occasione dell’8 marzo, giornata internazionale della donna e occasione dove più che mai si dà voce ai diritti di tutte le questioni riguardanti il sesso femminile, la redazione de Il Torinese ha intervistato una delle influencer torinesi più rinomate del panorama italiano: Laura Comolli.

Laura ha recentemente raccontato un percorso personale e un tema di grande importanza attraverso i social media: il congelamento degli ovuli. Questo argomento, ancora in parte tabù nel nostro paese, è stato portato alla ribalta grazie al coraggioso percorso di Laura. Il suo messaggio ha raggiunto milioni di donne e uomini, suscitando un interesse notevole che ha trovato riscontro su diverse testate giornalistiche e piattaforme online.

Durante l’intervista con Laura, è stato evidenziando quanto sia importante diffondere informazioni corrette su questa pratica. È fondamentale comprendere che, come molte altre questioni legate alla salute e alla scelta personale, il congelamento degli ovuli è un diritto delle donne e una forma di libertà nella gestione del proprio corpo e della propria vita.

Qui di seguito, vi presentiamo la nostra intervista completa, con l’inviata della redazione Cristina Taverniti e Laura Comolli. Lo scopo di questo incontro è quello di trasmettere informazioni, colmare domande, curiosità emerse e non solo, alle ragazze e alle donne di Torino e di chiunque ci legga.

  • Buongiorno Laura, grazie per averci concesso questa intervista e di condividere con noi la tua esperienza.

Buongiorno, grazie a voi per questa opportunità!

  • Noi sappiamo che sei stata già intervista da diverse fonti importanti, tra cui La Stampa, quando hai iniziato a parlare e condividere sui social il tuo importante percorso personale in merito al congelamento degli ovuli. Quest’oggi noi vorremo approfondire l’argomento, far conoscere in maniera più accurata l’esperienza e, soprattutto, dare qualche risposta a tutte le donne ( e non solo) interessate e curiose di ottenere informazioni, visto che, purtroppo, in Italia, circolano attualmente ancora poche informazioni riguardo il congelamento degli ovuli.”

“Volentieri, sarei lieta di raccontare la mia esperienza e perché no, magari potrebbe essere d’aiuto a qualche altra ragazza o donna che necessità di informazioni o si trova nella condizione di prendere una decisione!”

  • La prima domanda che avremmo piacere di farti è quella riguardante la scelta della clinica. Come l’hai trovata e c’è una ragione particolare per la quale alla fine l’hai scelta per il tuo percorso?

La mia scelta è caduta sul medico che mi ha dato la vita. Mia madre si è sottoposta alla PMA (Procreazione Medicalmente Assistita) ben 36 anni fa. È stata una delle prime donne in Italia ad intraprendere questo percorso.

Il primo bambino concepito in vitro è nato a Londra nel 1986. Io, invece, sono nata qui in Italia nel 1987. Il medico che ha seguito il percorso di mia madre ha un’esperienza straordinaria di 40 anni in questo campo. La clinica di questo professionista ha sede in Spagna, ma vi sono succursali anche nel nostro paese, inclusa Torino.

La clinica citata è stata la scelta più rassicurante per me poiché, avere dietro casa (possiamo dire cosi) un punto di riferimento rende le cose estremamente comode. Inoltre, se avessi bisogno di ulteriori procedure, potrei sempre farle nella sede principale in Spagna. In Italia, ci sono ancora alcune restrizioni in materia, ma devo dire che personalmente ho avuto un’esperienza migliore rispetto alle strutture spagnole. Il personale medico italiano si è dimostrato estremamente professionale e umano. Mi ha dato una sensazione di tranquillità mentale. Tuttavia, la possibilità di contare su entrambe le realtà, italiana e spagnola, mi offre una sicurezza extra.”

  • Laura quando parli di alcune restrizioni in Italia, in merito alla questione, cosa ti viene in mente subito?

“Mi viene in mente che purtroppo, nel nostro paese per intraprendere il percorso congelamento ovuli, devi dichiarare di essere sposata, oppure avere un partner di fatto e firmare. Tuttavia, essere solo fidanzati può non essere esattamente sufficiente.”

  • Quindi, se una ragazza o una donna single, decidesse di intraprendere questo percorso, le norme italiane potrebbero non concedere il consenso necessario?

“Esatto.”

Un’altra restrizione che mi viene in mente è relativa alla mobilità degli ovuli congelati. Nella mia clinica, posso trasferire i miei ovuli congelati in Spagna in caso di necessità, mentre in Italia questa pratica non è consentita. In alcuni casi, se si riscontrano problemi, lo Stato consente di utilizzare ovuli provenienti da donatrici. Tuttavia, poiché non esiste una banca del dono di ovuli in Italia, è comune importarli dalla Spagna, dove sono già congelati. Ho scelto di non volere limitazioni o dover spiegare perché devo fare certe azioni. Voglio spostarle quando lo dico io, come lo dico io, dove dico io, perché è qualcosa di mio, riguarda me sola e non voglio giustificarmi”.

  • Assolutamente. Infatti un’altra delle mie domande è appunto: Cosa pensi delle norme italiane riguardo a questo percorso?

“Sono molto stringenti in più questioni. In Italia, c’è un limite al numero di ovuli che è possibile impiantare, e questo limite è di tre. Può essere un problema. Ho sentito racconti di altre ragazze che, trovandosi in difficoltà, sono riuscite a ottenere l’impianto di sette ovuli, e fortunatamente uno di essi ha avuto successo. Ognuna di noi è diversa. Rivisitare la restrizione e dare maggiori possibilità, sarebbe davvero giusto.”

  • Discutiamo dell’importanza delle opportunità legate alla conservazione degli ovuli. Piuttosto che considerare questo argomento come un tabù o un tema secondario rispetto a quello della maternità, dovremmo vederlo come un’opportunità preziosa. In particolare, se l’obiettivo nazionale è promuovere l’aumento delle nascite, dovremmo dare maggiore enfasi alla possibilità di congelare gli ovuli.

Certamente, la conservazione degli ovuli rappresenta una strada aggiuntiva per incentivare le nascite, un’opportunità di notevole importanza. Consideriamo il percorso comune delle donne da più o meno i vent’anni in poi: spesso devono dedicare anni agli studi, affermarsi professionalmente parlando, ottenere una posizione sicura, diventare indipendenti e raggiungere una stabilità economica. Tutto ciò mentre cercano anche il partner giusto, non solo qualcuno con cui avere una relazione, ma qualcuno con cui costruire una vita significativa. Questo processo può portare rapidamente ai trent’anni o poco più. Supponiamo che si possa raggiungere tutto questo entro i trent’anni o trentacinque anni , non è detto vi siano le condizioni o lo stato mentale ideale per avere un figlio.”

  • Laura, quando hai pubblicato sui social il tuo percorso sul congelamento degli ovuli, hai notato che c’era ancora un certo pensiero tabù sull’argomento tra gli utenti? (considerando, come già detto, che è ancora un tema poco discusso e forse mal compreso dalla maggior parte delle persone)

Si, da parte degli uomini soprattutto. Almeno nel mio caso personale.

Tra i miei ricordi più brutti in merito, ricordo di aver ricevuto tanti insulti molto offensivi e spiacevoli da parte degli uomini. Ad esempio, uno di loro mi scrisse – il bonus psicologo c’è ancora nel 2024, usalo!– come se io avessi dei gravi problemi psicologici perché sto facendo questa cosa.

Non tutti certo, ma a volte un uomo potrebbe non capire fino in fondo questa scelta, perché loro possono fare figli finché vogliono tendenzialmente. Tuttavia, alla fine ho scelto di non dare troppo peso agli insulti. Quelli purtroppo ci saranno sempre quando ti esponi pubblicamente. Non siamo tutti uguali, in questo caso culturalmente parlando.

Concludo però, dicendo che si, bisognerebbe parlarne maggiormente e abbattere le barriere del tabù !”

  • Ultime domande. Se a 38 anni o a 40 anni si decidesse di fare il congelamento ovuli, si potrebbe fare?

” Tecnicamente è un po’ tardino. Si consiglia di farlo entro i 36 anni. Tuttavia è davvero un discorso soggettivo. Dipende quanto si è fertili. Facendo dei test ed esami in merito nell’arco degli anni si può monitorare la propria situazione. Questo perché, cosi facendo, non si rischia di arrivare ad un punto in cui vi sono scarse o nulle possibilità. Questa considerazione è importante, non lo si dice spesso, ma oltre agli esami del sangue annuali e quant’altro, anche un esame dell’ ormone antimulleriano è essenziale”

  • Ultima domanda: hai avuto delle pressioni sociali o meno parlando di maternità? Oppure pensi che c’è ne siano nei confronti delle donne soprattutto verso i trent’anni?

“Ogni tanto qualche battutina la ricevo. Ma non da parte della mia famiglia. Anzi, da parte dei miei cari ricevo solo sostegno, mi sono stati vicinissimi in questa mia nuova fase della vita e in questa mia scelta del congelamento ovuli. Loro e anche il mio compagno.

Devo dire che le battute degli altri non mi toccano. So che in alcune persone (ma non tutte) c’è l’idea assoluta che una donna debba necessariamente avere figli, e questo può tradursi in commenti o domande dirette sull’argomento non gradevoli. È anche possibile che, a volte, una donna si senta sminuita vedendo gli amici o le persone intorno a lei che iniziano ad avere famiglia e ad affrontare la gravidanza o la maternità.

Tuttavia, sono fermamente convinta che ognuno di noi sia il padrone della propria vita. Nessuno ha il diritto di influenzare le nostre scelte o farci sentire inadeguate. Ognuno ha la propria storia e va bene così. 

La decisione di congelare gli ovuli è stata presa unicamente da me, senza lasciarmi influenzare dalla pressione sociale.”

 

Ringraziamo Laura Comolli per il tempo dedicato al Il Torinese,

Grazie per questa importante discussione. Nella speranza che possa aver dato delle risposte interessanti a molte donne, auguro Buona Festa della Donna,

Oggi e Tutti i Giorni.

 

Cristina Taverniti