redazione il torinese

A Torino “Un fiore per la ricerca”: torna la Margherita per Airc

AICG sostiene AIRC e  la ricerca sul cancro con la margherita solidale italiana 100%

 

 

Dal 6 marzo al 25 aprile torna la «MARGHERITA per AIRC». Per il quinto anno consecutivo AICG (Associazione Italiana Centri Giardinaggio) e i suoi associati, da sempre sensibili alle tematiche sociali e alle iniziative benefiche, rinnovano il supporto ad AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro) a sostegno della ricerca oncologica. E lo fanno ancora una volta scegliendo la margherita, fiore della purezza per eccellenza e prodotto made in Italy al 100%. In provincia di Torino partecipano all’iniziativa Daveli Garden Center a Carmagnola, Garden Center La Serre di Piobesi Torinese, Peraga (Mercenasco), Viridea a Collegno e Settimo Torinese. L’elenco completo dei luoghi in cui è possibile trovare la MARGHERITA per AIRC è sul sito www.aicg.it)

 

RISULTATI 2017

Lo scorso anno la “MARGHERITA per AIRC” è stata presente in più di 70 centri di giardinaggio AICG e nesono stati venduti 28mila esemplari, grazie ai quali sono stati raccolti 30.000 euroFondi che hanno consentito di finanziare la seconda annualità di una borsa di studio triennale assegnata alla dottoressa Olga Tanaskovic (Istituto Europeo di Oncologia), impegnata in un progetto di ricerca sui meccanismi biologici alla base della leucemia.

 

MADE IN ITALY

La «MARGHERITA per AIRC», l’eccellenza interamente italiana – proviene dalla Riviera Ligure, in particolare dalla piana di Albenga, dove ogni anno ne vengono prodotti circa 10 milioni di vasi e garantita da FDAI – Filiera Agricola Italiana Spa, sarà contrassegnata da un’etichetta firmata FDAI e AICG. Si conferma quindi la grande attenzione di AICG per la produzione italiana e il made in Italy.

 

TESTIMONIAL

La Margherita solidale avrà anche quest’anno il supporto di un’altra Margherita: la campionessa mondiale di scherma Margherita Granbassi, da anni al fianco dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro nella doppia veste di ambasciatrice e volontaria.

 

COME E DOVE

Saranno quest’anno più di 70 i centri giardinaggio associati ad AICG (l’elenco completo è sul sitowww.aicg.it) dove si potranno acquistare le piante di MARGHERITA solidale al prezzo di 4.50 euro: per ogni margherita venduta, 1.50 euro sarà devoluto ad AIRC per sostenere la terza e conclusiva annualità della borsa di studio istituita grazie all’impegno di AICG.

 

Per informazioni:

AICG Associazione Italiana Centri Giardinaggio

www.aicg.it – segreteria@aicg.it – Tel. +39.031.301037 (Elena Ghielmetti)

 

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AIRC: Dal 1965 con coraggio, contro il cancro

Da oltre cinquant’anni l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro sostiene progetti scientifici innovativi grazie a una raccolta fondi trasparente e costante, diffonde l’informazione scientifica, promuove la cultura della prevenzione nelle case, nelle piazze e nelle scuole. Oggi conta su 4 milioni e mezzo di sostenitori, 20mila volontari e 17 comitati regionali che garantiscono a circa 5.000 ricercatori – 63% donne e 54% ‘under 40’ – le risorse necessarie per portare nel più breve tempo possibile i risultati dal laboratorio al paziente. Dalla fondazione a oggi AIRC ha distribuito oltre 1 miliardo e trecento milioni di euro per il finanziamento della ricerca oncologica (dati attualizzati e aggiornati al 1 gennaio 2018).  Informazioni e approfondimenti su airc.it

 

AICG

È un ente senza scopo di lucro – con sede a Verona – costituito nel 2012 per sviluppare una identità professionale e un processo virtuoso di sviluppo delle aziende che operano nel settore specializzato del giardinaggio e florovivaismo (centri di giardinaggio o Garden Center). L’Associazione ha lo scopo di tutelare, qualificare, promuovere e sviluppare la cultura del verde all’interno dei centri giardinaggio. Ad oggi i Centri di Giardinaggio aderenti ad AICG sono 114.

 

 

Una tavola metà Ottocento

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Come si presentava una tavola signorile del Piemonte della metà dell’Ottocento? Possiamo anche immaginarcelo, ma per sentirsene pienamente e consapevolmente partecipi si può assistere all’allestimento programmato per giovedì 8 marzo, a partire dalle 17,30, nella Sala da pranzo del Museo Accorsi-Ometto di via Po 55, a Torino. Curatori dell’evento saranno Piero Gondolo della Riva e Marco Albera, che per apparecchiare la tavola del Museo, secondo i canoni imposti alle famiglie benestanti del tempo, hanno attentamente scelto, dalle loro collezioni, la serie completa della Reale Manifattura Dortu (con immagini stampate sotto smalto di palazzi, chiese, regge, residenze sabaude e piazze piemontesi) e utilizzato argenterie mauriziane e bicchieri della Regia Fabbrica di vetri e cristalli di Chiusa Pesio, della stessa epoca del servizio. La Reale Manifattura torinese Dortu fu fondata dal francese Frédéric Dortu che, trasferitosi in Piemonte dalla Svizzera, ottenne nel 1824 le regie patenti per la fabbricazione della ceramica detta “terra di pippa”, materiale a metà via fra la costosa porcellana e la maiolica comune, che conobbe un notevole successo commerciale. La produzione durò una ventina d’anni, esaurendosi verso la metà del secolo. L’allestimento rappresenta, quindi, un’occasione unica per ammirare nella sua interezza un rarissimo servizio di porcellane Dortu. L’appuntamento di giovedì 8 marzo, ore 17,30, è a ingresso libero, fino ad esaurimento posti. Ma resterà visibile, solo con la visita guidata del Museo, dal 9 marzo al 3 giugno.

 

g. m.

 

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“UNA TAVOLA PIEMONTESE DELLA META’ DELL’OTTOCENTO”
Per info: tel. 011/837688 int. 3; www.fondazioneaccorsi-ometto.it

BASKET: TORINO – CAPO D’ORLANDO, UNA PAGINA NUOVA

Per chiunque segua da sempre le “avventure” della Torino cestistica è possibile identificare nella partita di domenica una splendida novità: Torino, quando “bisogna” vincere con una cornice di pubblico importante e in un momento decisivo, ora c’è! In altre occasioni, in anni passati e in momenti anche felici, qualche volta non è successo. Sembra finalmente essere composta da un gruppo di giocatori che non molla davvero mai e che, a turno, si dedicano al servizio della squadra facendo quello che serve.

Torino è una splendida realtà che a volte si tinge di colori floreali e “balla” con movenze da Etoile di primo livello e che come tutte le star talvolta si richiude un po’ in se’ stessa, ma adesso ha aggiunto, fin già dalla partita di Pesaro, ancora più visibile nelle partite della vittoriosa Coppa Italia, la disponibilità reciproca a “non perdere” e soprattutto a voler vincere! L’anima è indiscutibilmente il nuovo allenatore Paolo Galbiati, un tifoso accalorato, un amico dei giocatori, un tecnico di alto livello, e anche un buon giocatore di basket (per chi lo ha visto nel pre-partita, dove in tuta si è messo a tirare a canestro: splendido! Quando mai avete visto un altro allenatore che prima della partita va a tirare?). La vera svolta è soprattutto lui, e sicuramente anche il buon Stefano Comazzi, anche se predilige da sempre un ruolo d’ombra, ma visti i risultati, la sua ombra è sicuramente importante.

“L’emozione immensa, l’adrenalina al massimo e il fiato sospeso fino all’ultimo decimo di secondo, cosa chiedere di più… tre ore passate insieme a tutti i tifosi della Fiat Torino mi hanno regalato un momento speciale ed unico… che dire, tornare al Palaruffini è praticamente d’obbligo”, queste le parole di Alessandra che si è recata al palasport per la prima volta con tutta la famiglia, marito e due figli per una gara che ha avuto il merito di entusiasmare tutti i presenti, esperti e “novizi”.

“In un tripudio di giallo la Fiat vince soffrendo contro la sua bestia nera. Oggi la coppa ha prevalso sulla partita; la festa, la gioia per quell’evento storico era nell’aria. Della partita mi ha impressionato Sasha Vujacich, finalmente sereno e determinante (ma allora era veramente Patterson il problema dello spogliatoio?) e Colo (meno male che aveva la mano “freddina” da tre). Bella rimonta e un super e sempre più idolo Paolo Galbiati!!! Go Aux!” , queste le parole di Simone dei Rude Boys che hanno seguito in maniera “eroica” durante la partita in ogni momento la squadra e assistita nel momento di difficoltà.

Torino ha giocatori di effetto quali Vander Blue e Pelle che sicuramente una volta integrati ulteriormente daranno un ulteriore forza a questa squadra, ma tutti i presenti rappresentano la Fiat Torino, e chi questa volta rispetto alla Coppa Italia si è “sentito” meno come presenza in realtà ha comunque contribuito lo stesso alla forza d’urto della rimonta della squadra quando si è trovata a -8 nel quarto periodo. La compattezza del gruppo non è solo nella vittoria, ma nel modo in cui si vince. E tutti, al momento, si vede e si sente che sono orientati in un solo verso.

Abbiamo qualche volta dovuto dubitare da queste pagine di alcuni aspetti della gestione di Torino, ma sarebbe ora anche dare il giusto merito anche a chi, pur se ha commesso qualche errore di “passione” ha comunque anche dei notevoli meriti: alzi la mano chi si aspettava un Boungou Colo così determinante in queste sue prime apparizioni? Direi che la scoperta sua e di Garrett, valgono da solo un premio di fiducia affinché il prossimo futuro, con un pochino di esperienza maturata attraverso varie vicissitudini, non possa altro che essere roseo e probabilmente ricco di soddisfazioni.

“L’emozione per la finale di coppa Italia è stata indicibile e poter fare la foto con la coppa è stata un’emozione enorme così come veder girare la squadra con la coppa in mano nel palazzetto. Una sensazione bellissima per chiunque segua il basket da decenni! La partita vera per me è stata nel primo quarto, e se Torino giocasse sempre così, i traguardi sono tutti raggiungibili!”, il commento di Sabrina dalla curva Guerrieri entusiasta anche della splendida iniziativa di regalare ai tifosi che hanno avuto la voglia di fare la lunga fila per raggiungere la coppa una foto con loro stessi con in mano la Coppa Italia appena conquistata da Torino.

“Non ho visto granché della partita, ma ho visto un gran pubblico a Torino” questo il commento di Mirko del “settore 208” che ha ornato il palasport di una splendida coreografia e di sostegno per tutta la partita. Torino ha molte anime ma una volontà sola: che la squadra lotti fino alla fine, vincere o perdere non importa (anche se vincere è sempre meglio…ndr…) purché si sia dato tutto sul campo.

Ed ora sembra proprio che, in attesa del ritorno di Okeke, del miglior Mbakwe, che sembra comunque a tratti essere di nuovo quasi quello di prima dell’infortunio, e del contributo di tutti coloro che oggi non sono stati nominati, compresi Mazzola e Poeta che hanno recitato in tono minore in questa partita ma splendidi e assoluti protagonisti indelebili nella storia della Torino cestistica per il contributo strepitoso nella conquista della Coppa Italia, la strada verso qualcosa di grande non sia proprio un sogno irrealizzabile. Difficile, sì, ma come per noi, anche per gli altri. E noi siamo noi: questa è Torino!

Paolo Michieletto

 

Bombe sulla Siria

FOCUS INTERNAZIONALE  di Filippo Re

Le bombe continuano ad uccidere in Siria nonostante la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu per una tregua immediata. Prova a far tacere le armi anche il presidente russo Putin che ha chiesto al suo alleato Assad di aprire “varchi umanitari” per evacuare civili, feriti e malati da Ghouta est, enclave ribelle alle porte di Damasco, colpita duramente dai raid aerei dell’aviazione siriana, forse con l’uso di bombe al cloro. Sono già centinaia i civili uccisi finora, compresi quelli investiti dai razzi lanciati dai miliziani jihadisti nei quartieri centrali della capitale. Papa Francesco ha chiesto la fine immediata delle violenze nell’ “amata e martoriata” Siria ma il mese di febbraio è stato terribile per questa nazione in guerra da sette anni con centinaia di migliaia di vittime, ospedali distrutti e mancanza di cibo. Nell’area contesa, controllata dai gruppi islamici estremisti Jaysh al-Islam e Hayat Tahrir al-Sham, vivono oltre 400.000 civili in condizioni disperate. Ghouta est, circondata e attaccata dalle truppe del regime siriano, non è ancora sotto il completo controllo degli uomini del presidente Bashar al-Assad. Non molla neanche la Turchia che a nord continua la sua offensiva nel cantone di Afrin contro i curdi. A peggiorare la situazione sono giunte le notizie, ancora da verificare, relative all’uso di armi chimiche sugli insorti da parte dell’esercito siriano. Al di là della tragedia levantina, la lotta contro il terrorismo jihadista è destinata a continuare come guerra su scala globale, dall’Africa al Medio Oriente, dal Caucaso all’Estremo Oriente. Sconfitti nel Levante, i jihadisti cercano riscatto in terre più lontane da dove proseguire la lotta all’Occidente e ai governi locali. Come in Afghanistan, dove la situazione precipita di giorno in giorno e Kabul è sempre più assediata dagli estremisti islamici. Tra i capi della nuova generazione di combattenti c’è Hamza, il figlio più giovane di Osama Bin Laden che nelle foto d’archivio si vede seduto su un tappeto accanto al padre con il kalashnikov sulle ginocchia. Il suo compito è quello di portare avanti il progetto di espansione del terrorismo islamico nel mondo e, per questo motivo, è già stato inserito dagli americani nella lista dei terroristi più ricercati.

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L’ultimogenito di Osama, ucciso da un commando di Navy Seals il 2 maggio 2011 ad Abbottabad in Pakistan, figura come l’erede designato al vertice di al-Qaeda, l’organizzazione terroristica che, pur messa in secondo piano dall’Isis di Al Baghdadi, continua a pianificare attentati sanguinosi in ogni parte del mondo. Cristiani, ebrei, americani, russi e sciiti sono i nemici da combattere ed eliminare. In un recente messaggio diffuso sul web Hamza Bin Laden ha lanciato un appello a tutti i musulmani affinchè si uniscano per fronteggiare il complotto internazionale in atto in Siria che mette insieme “crociati, russi e sciiti”. Non ha mai censurato i piani dell’Isis e mira forse a creare un legame forte tra al-Qaeda e i tentacoli della piovra dell’ex “Stato islamico” che, dopo la sconfitta in Mesopotamia, ricrescono in altre parti del pianeta. Hamza ha quasi 30 anni, non conosciamo il suo volto attuale ma l’ex leader di al-Qaeda l’ha sempre considerato il rampollo prediletto e suo erede naturale per portare avanti la missione di terrore e ferocia del gruppo terroristico. Non sappiamo se sarà Hamza il nuovo leader di al -Qaeda, che risulta piuttosto divisa al suo interno, e se sarà lui a guidare la futura galassia jihadista ma nelle aree tribali al confine tra Pakistan e Afghanistan lavora per riunire i guerriglieri islamisti radicali. Nel 1997 Bin Laden spiegò con poche parole il suo folle progetto al giornalista e anchorman della Cnn Peter Arnett: “noi amiamo la morte, voi amate la vita”. L’anno successivo il terrorista saudita annunciò dalle grotte dell’Afghanistan la nascita del “Fronte islamico per il jihad contro i crociati e gli ebrei” per diffondere il terrore in tutto il mondo. Nonostante la forte concorrenza dei combattenti di Al Baghdadi e di altri gruppi jihadisti la strategia del conflitto globale di al-Qaeda prosegue il suo cammino come dimostra anche la rete terroristica creata da Bin Laden durante la guerra nella Bosnia musulmana ancora oggi attiva per colpire l’Occidente dai Balcani. Malgrado tutti gli sforzi fatti sul piano militare e finanziario il terrorismo continua a tenere sotto assedio l’Afghanistan dove è in corso un’offensiva islamista senza precedenti con Kabul colpita ripetutamente dai Talebani e dai miliziani del Wilaya Khorasan, il ramo centro-asiatico del Califfato. Secondo il Pentagono, i Talebani, che governarono il Paese dal 1996 al 2001, controllano quasi la metà dell’Afghanistan e l’Isis ha messo radici sul territorio reclutando ceceni, uzbeki e uiguri cinesi. Anche se entrambi i movimenti tentano di presentarsi come il gruppo più forte, gli studenti coranici sono molto più diffusi nel Paese e ben armati a tal punto da non temere neppure l’esercito afghano mentre i seguaci del Califfo, dopo aver perduto le roccaforti in Medio Oriente, concentrano le forze, almeno 6.000 miliziani provenienti da Siria e Iraq, nella parte orientale del Paese e attaccano Kabul per togliere la guida del jihad agli stessi qaedisti.

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Alcuni analisti sostengono che la partita decisiva non si giocherà nei deserti mediorientali ma tra l’Afghanistan e il Caucaso, un’area dove i potenziali kamikaze sono decine di migliaia, pronti a immolarsi per la fede. È di pochi giorni fa l’attentato, rivendicato dall’Isis, contro una chiesa ortodossa nella Repubblica caucasica del Daghestan confinante con la Cecenia. Una regione dove da tempo è attivo l’ “Emirato del Caucaso”, un’organizzazione jihadista che vuole cacciare i russi dal Caucaso e instaurare un Califfato. Sconfiggere il fenomeno jihadista è molto più complesso di quanto possa sembrare. Ne è la prova ciò che accade non solo in Asia ma anche nella regione del Sahel, come nel Mali, nel Niger e nel Burkina Faso dove i militari francesi (5000 soldati) non riescono ad aver ragione dei ribelli islamisti. Oppure in Nigeria in cui sembra impossibile prevalere sulla ferocia dei terroristi islamici di Boko Haram a caccia di cristiani e donne, rapite, ridotte in schiavitù, costrette a convertirsi all’islam se sono cristiane e obbligate a sposare i miliziani. È allarme per un nuovo sequestro di massa di studentesse nigeriane compiuto il 19 febbraio dai jihadisti di Boko Haram in un collegio femminile nello Stato di Yobe. La fotocopia di quello che avvenne nella città di Chibok nel 2014 dove quasi 300 ragazze furono sequestrate in una scuola. Molte di queste donne non sono ancora tornate a casa mentre adesso sono 110 le studentesse prigioniere dei fanatici islamisti. Boko Haram, affiliato all’Isis dal 2015, è ritenuto responsabile della morte di 20.000 persone e di 2,5 milioni di sfollati nel nordest della Nigeria, in Camerun, Ciad e Niger. Non accennano a diminuire neanche gli attentati dei kamikaze islamisti di Al-Shabaab in Somalia. L’ultimo attacco avvenuto nei giorni scorsi presso il palazzo presidenziale a Mogadiscio ha causato una cinquantina di morti e ha posto fine alla pausa negli assalti terroristici che durava da dicembre.

 

(dal settimanale “La Voce e il Tempo”)

 

 

 

La cultura non ha confini, l’amore del mostro di del Toro supera la rabbia della McDormand

I giochi sono fatti e tutto quanto è chiaro, senza errori (“quando sentirete il vostro nome – ha detto ad inizio serata il presentatore Jimmy Kimmel rivolto ai futuri premiati – aspettate qualche minuto prima di muovervi”, ricordando la gaffe delle buste scambiate lo scorso anno, colpevoli senza colpa Faye Dunaway e Warren Beatty, “perdonati” e tornati l’altra sera in palcoscenico). La 90ma edizione degli Oscar sarà ricordata come l’affermazione – pur passando dalle tre nomination alle quattro statuette vinte, miglior film e regia, musica e scenografia, e questo nel reparto ridimensionamento ha parecchio spazio – del mostro della Forma dell’acqua e della vittoria dell’amore senza confini, dell’inno alla diversità e all’accoglienza, in chiara lettura anti Trump. “Sono un immigrato come molti di voi”, ha esordito Guillermo del Toro brandendo la prima delle sue due statuette, cancellando in un attimo muri e

Frances McDormand, Sam Rockwell, Allison Janney e Gary Oldman con i loro premi
(ROBYN BECK/AFP/Getty Images)

palizzate e sottolineando ancora una volta come la cultura non debba avere confini. Giustamente. E spalancando ancora di più quella porta che da qualche anno (sia detto a gran voce, con una più che precisa indicazione che ci arriva dalla Mostra di Venezia, ben solida sulla laguna settembrina) si apre sul cinema di origini messicane: nel 2013 con Gravity Alfonso Cuaròn aveva portato a casa 7 statuette, nel 2015 e nel ’16 Alejandro Inàrritu tre con Birdman e altrettante con The revenant. Senza dimenticare, e scendendo giù giù verso l’imbuto dell’America latina, che oggi il miglior film straniero è il cileno Una donna fantastica, interprete Daniela Vega, fiera transgender.

Guillermo del Toro, La forma dell’acqua
(Chris Pizzello/Invision/AP)

Nella ri-distribuzione dei premi ha contribuito certo, tra gli 8500 votanti, l’apporto nuovissimo delle donne e degli afroamericani, delle tante nuove leve chiamate a giudicare, apporto che la dice lunga ad esempio sullo zio Oscar arrivato per la miglior sceneggiatura originale all’horror, sotto cui si camuffanoesplicite implicazioni politiche, Get out, sul vistoso omaggio a Coco come miglior film d’animazione, sulla scelta stessa che ha premiato l’opera di del Toro, che sotto la coperta calda e protettrice del vecchio cinema, sotto i sentimenti spalancati e a tratti imbarazzanti di un tempo, sotto un intreccio che facilmente ti riporta a esempi non più frequentati, ti offre occasioni e spunti e rapporti che affidi senza fatica all’oggi. Ovvero l’Oscar è cambiato, non ha più quelle vittorie grandiose dove trovavano posto in uno stesso titolo una decina di riconoscimenti, l’industria di Hollywood e dei suoi studios è meno forte, forse più autentica, sa guardarsi intorno e dentro: forse è stato detronizzato e cancellato chi per anni ha spadroneggiato, per il primo anno l’onnipotente Weinstein non si è aggirato sul red carpet e nei corridoi prima a decretare vincitori e vinti, forse anche in questa ri-distribuzione le donne come Ashley Judd e Annabella Sciorra e Salma Hayek (ma perché non ha chiesto i danni a chi l’ha vestita come un lampadario della nonna, quasi fastidiosa all’interno delle parole di liberazione pronunciate?), le prime e più implacabili denunciatrici di molestie hanno avuto il loro peso.

I premi per i migliori attore e attrice, e non poteva che essere così, sono andati al potente Churchill tratteggiato da Gary Oldman nell’Ora più buia (nella eccellente performance s’è portato dietro anche gli artefici del trucco e parrucco) e alla superlativa, carica di rabbia e di tentennamento finale, Frances McDormand per Tre manifesti, come è stato premiato miglior attore non protagonista il poliziotto della stessa opera firmata da Martin McDonagh, Sam Rockwell, mammone e violento come nessuno mai. La migliore attrice non protagonista ha i tratti duri di Allison Janney, la madre tutta oppressione e rancore di Tonya: il film uscirà da noi nelle prossime settimane quindi un giudizio ancora non lo possiamo esprimere, ma i giurati avranno pensato molto seriamente a Lesley Manville, sorella di ferro e perfidamente accattivante del protagonista Daniel Day-Lewis nel Filo nascosto, film perfetto, angoscioso e algido che nessuno al di là delle sei nomination ha voluto prendere in considerazione, se non per i costumi – ma s’imponevano – premiati con la statuetta a Mark Bridges? Con la soddisfazione per i riconoscimenti agli aspetti tecnici di Dunkirk, resta una consolazione per il cinema italiano, ma quello “alto”, costruito su un ampio respiro: l’Oscar al novantenne (tanto quanto l’Academy) James Ivory per la miglior sceneggiatura non originale costruita per Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino: un lavoro prezioso, non certo soltanto per la trasposizione dei luoghi diversi da quelli che occupano il romanzo di André Aciman, ma per l’esattezza dei sentimenti, per gli scorci narrativi, per la maestria nel prosciugare anche gli aspetti più duri della vicenda, per la negazione del buco della serratura, per l’eleganza e la continua e profonda schiettezza, per gli sguardi, per i silenzi, per i furori del corpo, per il grande ritratto del giovanissimo protagonista Timothée Chalamet (avrà tempo a portarsi a casa anche lui un futuro Oscar), per il modernissimo messaggio del padre, un ispirato quanto modernissimo Michael Stuhlbarg, che ritroviamo come sensibile spia tra il cast della Forma dell’acqua. E il cerchio degli Oscar per questa edizione si chiude qui.

 

Elio Rabbione

 

Con le elezioni politiche del 4 marzo è nata la III Repubblica? Sarà, ma è molto provvisoria

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

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Con le elezioni politiche del 4 marzo è nata la III Repubblica? C’è chi lo ha sostenuto, ma il suo argomentare non appare convincente.  Se è nata ,è una Repubblica molto “provvisoria”, per dirla con Guareschi, perché nasce  dalla netta spaccatura tra il Nord produttivo e un Sud parassitario senza lavoro e soprattutto nasce  senza basi di un consenso parlamentare che è alla base di ogni Repubblica . In Francia  la storia delle diverse repubbliche hanno rappresentato svolte importanti o hanno segnato crisi altrettanto decisive ,come quella della IV  Repubblica, da cui il genio politico di De Gaulle fece uscire la Francia. In Italia noi scontiamo il fatto di non aver avuto nessun de Gaulle, ma sono delle sue  modeste e misere controfigure. Il sistema gaullista regge la Francia dalla fine degli anni Cinquanta senza scossoni, pur passando da maggioranze politiche alternative una rispetto alle altre.   Se non è nata o è nata malissimo la III Repubblica italiana, ciò è dovuto, in primis, ad una legge elettorale creata ad hoc per rendere ingovernabile il paese. Sembra incredibile che una classe politica avveduta abbia potuto partorire una legge come l’attuale. Nella instabilità politica in cui si dibattono i maggiori paesi europei scegliere infatti  una legge maggioritaria per il solo al 25 % per cento si è rivelato un errore grossolano perché con i collegi proporzionali  al 75 %( decisi in tutto e per tutto dai partiti)si sono messe per le basi per l’ingovernabilità e per una classe politica non selezionata dal voto dei cittadini se non in minima parte.   Oggi i processi politici richiedono rapidità di decisione,l’Italia si è messa invece nelle condizioni di arretrare rispetto al suo già non esaltante passato. Ci aspettano giorni di confusione politica,conflittualità,trasformismo o ci attendono  nuove elezioni, previo una nuova legge elettorale che con il nuovo parlamento sarà ancora più difficile approvare.

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Ma c’è stata anche superficialità da parte di una parte consistente dell’elettorato che , affidandosi ai grillini ha operato una scelta sconsiderata: è quasi il sonno della ragione che genera mostri. Gente impreparata non può pensare di governare il Paese senza gravi danni, ammesso che riesca a trovare una maggioranza parlamentare che non ha conquistato attraverso le urne, malgrado i voti raccolti.  Il vero pericolo per la democrazia sono i 5 Stelle che non riescono neppure a governare i comuni,r ealtà che, per quanto complesse, non sono paragonabili con il governo nazionale. A parte il duo Grillo -Casaleggio che rappresenta un punto oscuro  e assolutamente antidemocratico dei 5 Stelle, i deputati e senatori grillini eletti non danno certezze di sorta. Croce, riferendosi ai fascisti in ascesa, parlò della invasione degli  Hyksos che dominarono l’Egitto. Quest’idea mi è tornata alla mente, ascoltando Di Maio e i suoi. I grillini certamente non sono fascisti, ma, come diceva Pannella, sono “sfascisti”, con progetti improvvisati e demagogici
che hanno ottenuto consenso  in un elettorato esasperato dalla crisi economica, dalla mancanza di lavoro e da una immigrazione incontrollata che solo l’Italia ha avuto. Ma non si tratta solo di elettorato arrabbiato ,si tratta di elettorato immaturo,f rutto  anche di una scuola  degradata che non forma dei cittadini, ma gente senza arte né parte di cui i grillini stessi sono espressione. La scuola post sessantottina ha delle gravi colpe perché gli elettori odierni sono cresciuti alla scuola di professori sessantottini ignoranti e pressapochisti.

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IL NORD
Diversa è la situazione che si è registrata al Nord dove la netta vittoria del centro- destra  che comunque è maggioritario nell’intero Paese-cosa che i giornali hanno quasi sottaciuto, ma che il Presidente della Repubblica non potrà ignorare – ha spiegazioni diverse. Chi scrive non ama le sparate di Salvini, ma va dato atto che le ragioni che hanno mosso la protesta leghista, sono reali. In particolare l’immigrazione selvaggia ha realmente scombussolato la vita di milioni di persone soprattutto appartenenti ai ceti popolari. Basta girare per le vie delle città, senza neppure andare nelle periferie degradate, per rendersi conto della gravità della situazione.  L’inefficienza dello Stato rende inoltre  sempre più problematica la sopravvivenza del ceto produttivo che stenta ad andare avanti malgrado la crisi e la mancanza di adeguati interventi a sostegno della nostra economia. L’atteggiamento dell’Europa comunitaria verso l’Italia ha invelenito una situazione che, da Monti in poi, si è resa sempre più problematica. Gli Italiani hanno sentito l’Europa lontana e a volte nemica, anche per colpa dei nostri stessi governanti più attenti a Bruxelles che agli interessi vitali degli Italiani.  Il Centro-destra ha esperienza di governo e ha dimostrato in alcune  regioni di saper lavorare proficuamente. I governi Berlusconi non hanno dimostrato particolari eccellenze ,ma non sono neppure confrontabili con gli scenari inquietanti  aperti dalla vittoria dei 5 Stelle . Berlusconi ha ottenuto recenti e impensabili  riconoscimenti internazionali che dovrebbero far riflettere chi ho massacrato per anni ,rendendogli difficile governare.  Demonizzare a priori  l’ipotesi di un governo  di centro destra appare quindi un atto di irresponsabilità oltre che di scarsa democrazia.

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LA CRISI DELLA SINISTRA E LA FINE DEGLI ESTREMISTI DI DESTRA
La sinistra è in crisi in tutta Europa e Renzi aveva sicuramente colto questa crisi, facendo del PD una cosa diversa dai partiti della sinistra europea. Questa scelta non ha incontrato il favore degli elettori. Renzi è stato travolto da alcuni suoi errori e da una certa arroganza nel gestire il potere, ma egli paga anche le conseguenze di una crisi più ampia.  L’esperienza del PD renziano forse si può considerare conclusa. Ed è un peccato perché la democrazia italiana si sarebbe giovata in termini di stabilità di un partito come quello, finalmente affrancato da una remora post comunista che, staccatasi dal partito, ha fallito in modo clamoroso la prova elettorale, cadendo nel ridicolo. I partiti socialisti sono in crisi o sono addirittura scomparsi come in Francia. Bisognerà riflettere su questi accadimenti perché la socialdemocrazia europea era (e resta) un elemento fondante della politica nell’Occidente europeo. Le ideologie sono morte, ma insieme alle ideologie forse sono anche morte le idee che sono invece il sale della democrazia. La campagna elettorale ha registrato un dibattito fatto di promesse mirabolanti ,ma priva di idee. Un dibattito che ha sedotto un elettorale,ripeto,immaturo,penalizzando chi ha preferito la strada della responsabilità.  I giornali hanno contribuito a creare confusione senza informare in modo adeguato. Comprarli diventa una spesa inutile perché essi si fanno portavoce di interessi loro, senza adempiere al dovere di informare, specie in campagna elettorale. Oggi la confusione regna sovrana e pensare che il Presidente della Repubblica possa fare dei miracoli appare ingenuo e utopistico. Occorrerà un nuovo voto con nuove regole, se vogliamo far uscire il Paese dalla palude. Un’ultima piccola considerazione: si è urlato per mesi al pericolo fascista e qualche cretino ha anche proposto la chiusura coatta di CasaPound. A chiudere il discorso ci hanno pensato gli elettori che non si sono lasciati sedurre da quattro ragazzoni che esibiscono i loro muscoli poderosi  più che il prodotto dei loro piccoli cervelli. Non c’era bisogno di agitarsi tanto, facendo inutili e violenti cortei. Quel passato non può tornare perché gli elettori italiani sono in parte  immaturi e creduloni, ma non sono idioti ed autolesionisti. 

quaglieni@gmail.com

Iniziati in Piemonte i Campionati sciistici delle Truppe Alpine (CaSTA) 2018

Sestriere, 5 marzo 2018. E’ stato il campione di scialpinismo del Centro Sportivo Esercito, 1°Caporalmaggiore Robert Antonioli, ad accendere a Sestriere il braciere dei CaSTA 2018, la cui fiamma arderà in piazza “Brigata Alpina Taurinense” fino a sabato 10 marzo, quando calerà il sipario sulla 70^ edizione dei Campionati sciistici delle Truppe Alpine e verranno ammainate le Bandiere degli 11 Paesi in gara.

Rivolgendosi alle Autorità presenti in tribuna, al numeroso pubblico intervenuto ed agli atleti schierati davanti a lui il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano, ha ricordato come i CaSTA “ Questi Campionati, giunti alla loro 70° Edizione, rappresentano pertanto un momento di verifica del livello addestrativo raggiunto, combinando una perfetta sintesi tra sana competizione sportiva ed espressione di peculiari capacità militari.” “Questi Campionati esaltano i valori di fondo dell’“alpinità”, della capacità di vivere, muovere e combattere in un difficilissimo ambiente operativo. Una capacità che si basa su qualità morali e di carattere solide e incorruttibili, che hanno sempre contraddistinto le truppe alpine quando impiegate in Patria ed all’estero, al punto da meritare, oltre che il riconoscimento di Paesi alleati ed amici, anche l’apprezzamento e la stima della popolazione locale” ed ha poi aperto ufficialmente la manifestazione.

Un’edizione dei Campionati caratterizzata dal tema della “sicurezza in montagna”, con un meeting dedicato all’argomento (8 marzo al cinema di Sestriere) e la condotta di un’esercitazione (10 marzo con trasmissione in streaming sui siti www.ana.it e www.meteomont.org) in cui le Squadre Soccorso Alpino Militare delle Truppe Alpine opereranno congiuntamente a personale e velivoli dell’Aviazione dell’Esercito, del Corpo Nazionale del Soccorso Alpino e Speleologico e della Guardia di Finanza, evidenziando ancora una volta le spiccate capacità duali della Forza Armata in grado di intervenire tempestivamente con i propri assetti – addestrati e formati per l’impiego nei Teatri Operativi internazionali – anche in Patria in caso di necessità.

Al riguardo il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Salvatore Farina, ha sottolineato come “i CaSTA richiedono grande impegno, fatica, condivisione di valori quali l’umiltà, il coraggio, la lealtà ed il rispetto, valori universali che sono alla base dell’esistenza di ogni uomo ma che nel soldato sanciscono l’intima adesione spirituale alla propria condizione di militare”.

Nel suo intervento il Comandante delle Truppe Alpine, Generale di Corpo d’Armata Claudio Berto, ha ringraziato tutti coloro, militari e civili, che con il loro lavoro hanno consentito l’organizzazione della manifestazione di cui ha ricordato lo scopo principale di leale sfida e confronto tra soldati di Paesi diversi.

Le prime gare iniziano martedì con l’assegnazione del primo titolo di “Campione Italiano dell’Esercito” di Slalom Gigante ed i Plotoni impegnati nella prima giornata di gare.

Per informazioni sui CaSTA 2018: www.meteomont.org

I diversi modi di essere donna

Arte contemporanea ed architettura rappresentano un binomio inscindibile, che trova un interessante punto di incontro e confronto nel progetto culturale curato da Giulia Turati e Iole Pellion di Persano, realizzato in collaborazione con Holding 18 Immobiliare e Giaquinto Architetti Associati. Si inaugura nella centrale via Barbaroux 30, a Torino, nel convitto dei Santi Martiri, giovedì 8 marzo, la mostra dal titolo “Presenza/Assenza. Femminilità a confronto”, visitabile dal 9 all’ 11 marzo prossimi. Le artiste che partecipano, Anna Canale, Aurora Paolillo, Grazia Amendola, Lina Fuca’, Stefania Fersini e Susy Gomez, propongono figure femminili in ogni loro accezione. Il risultato dell’esposizione è rappresentato dall’intrecciarsi di nuove interpretazioni, in un luogo ricco di presenze e significati.

I muri del convitto dei Santi Martiri recano ancora i segni del passato e si trovano, per la prima volta, a dialogare con l’universo femminile. Estetica, moda, differenze culturali, violenza nascosta e maternità diventano lenti per osservare universi inesplorati, mostrando la femminilità nei suoi limiti ma anche nella sua grandezza. Anna Canale, artista torinese, con esperienze tra grafica e teatro, presenta un’arte in cui il rigore estetico si affianca all’interazione con il pubblico. La presenza immateriale dei sentimenti compone l’installazione dal titolo “A lei” (2018), in cui le donne protagoniste vengono fotografate con il volto degli altri. Le carte ideate da Lina Fuca’ narrano i segni invisibili della violenza sulle donne. L’artista, scoperta dalla galleria Persanoe, è anche presente in mostra con due video capaci di catturare i piccolo gesti, l’amore materno e l’incontro tra culture diverse. L’ Opera di Susy Gomez, artista spagnola dalla carriera già avviata, comprende gigantografie contraddistinte da intense macchie di colore, che denunciano la smaterializzazione della donna in oggetto. La Gomez si confronta con la bellezza e le sue contraddizioni nei suoi vestiti- sculture pesanti come armature. La scultura è anche il tema ricorrente dell’opera di Stefania Fersini, che sperimenta l’arteIttiri iperealista, realizzando dipinti inconsci, esposti nell’originaria cappella, capaci di amplificare la superficialità dell’immagine femminile nella pubblicità. Il rapporto con il contesto architettonico compare nell’opera di Grazia Amendola che, partendo dai volumi ritrovati nelle librerie dei gesuiti, sviluppa due progetti, di cui il primo presenta una serie di calchi di seni diversi, quali unica testimonianza di una conversazione avvenuta tra l’artista ed alcune donne. Il secondo vede incisi messaggi sulle saponette recuperate nei bagni del convitto. Le opera di Aurora Paolillo, infine, sono dense di metafora, di fiducia e rispetto nella relazione con l’altro.La mostra ” Presenza assenza. Femminilità a confronto” vuole essere una riflessione sui diversi aspetti dell’essere donna. Ricordando le parole di una grande artista, Marlene Dietrich, in fondo la femminilità “è il bene più prezioso di una donna, il campo magnetico nel quale l’uomo viene attratto”. E questa mostra riesce in pieno a dimostrarlo.

 

Mara Martellotta

Il ministro Calenda all’assemblea Embraco : “Se può servire io ci sono”

Il ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda parteciperà alle assemblee dei lavoratori dell’Embraco, in programma oggi presso lo stabilimento  di Riva di Chieri. All’ordine del giorno l’accordo raggiunto a Roma venerdì scorso. Il ministro ha dato la disponibilità ai sindacati di essere presente. “Se vi serve io ci sono”, così ha scritto Calenda  su Twitter a un lavoratore che gli chiedeva di potergli stringere la mano. Come è noto per i 500 lavoratori che stavano per essere licenziati, pochi giorni fa si è raggiunta un’intesa secondo la quale, in attesa di conoscere le nuove politiche industriali del gruppo Whirlpool di cui l’azienda fa parte, i dipendenti potranno ricevere lo stipendio e continuare l’attività ancora per un anno. Poi si vedrà.

Uomini, donne, salute

GiovedìScienza – Università di Torino Aula Magna Campus Einaudi , Lungo Dora Siena 100


SCIENZA 2018: NOTIZIE (VERE E FALSE)

 

Le donne conquistano sempre più spazio nella ricerca: una buona notizia per festeggiare con soddisfazione l’8 marzo 2018. Ma sono ancora troppo poche, rispetto ai colleghi, le ricercatrici che occupano posti direttivi, e rimangono disparità nel trattamento economico. In Europa abbiamo dati sorprendenti: le donne in Lituania sono il 56% dei docenti universitari; seguono Lettonia, Finlandia, Romania, Estonia, Belgio. In Italia sono invece il 37%, sotto la media europea che è del 40% e al penultimo posto tra i 28 paesi (dati 2015).

 

Partirà di qui l’analisi dei curatori dell’«Annuario Scienza Tecnologia e Società» prodotto da Observa Science in Society, che da 14 anni fotografa l’Italia della ricerca – protagonisti giovedì 8 marzo della seconda trasferta di GiovedìScienza al Campus Luigi Einaudi dell’Università di Torino (alle 17:45 in Aula Magna – Lungo Dora Siena 100, Torino)

 

E poi vaccini, omeopatia, testamento biologico ed eutanasia. Giuseppe Pellegrini (Università di Padova, Presidente di Observa Science in Society) e Barbara Saracino (Università di Napoli Federico II) con “Uomini, donne, salute, notizie (vere e false)” presentano un’analisi del rapporto tra scienza, tecnologia e opinione pubblica in Italia, con particolare attenzione alla salute e alle fonti di informazione.
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Ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili.

Programma completo e diretta streaming su: www.giovediscienza.it

Segreteria organizzativa tel. 011 8394913