redazione il torinese

Denunciato: non ha consegnato 400 chili di posta

Con la giustificazione che lo stipendio era troppo basso,  per tre anni un corriere non ha consegnato la posta. Si tratta di un trentatreenne della provincia di Torino,  denunciato dai carabinieri, che hanno scoperto ben 400 chili di lettere di banche, estratti conto e bollette del telefono nel suo appartamento. Era stato fermato nei giorni scorsi a Santena durante un controllo stradale. I militari gli  hanno trovato in tasca un coltello a serramanico lungo 20 centimetri e sul sedile posteriore della sua auto c’erano 70 lettere, per diversi privati ed enti, di un corriere, di cui  ha detto di essere stato  dipendente ma di essersi licenziato per il basso stipendio.

 

(foto: il Torinese)

LA CHIESA DI SCIENTOLOGY DI TORINO CELEBRA IL QUINTO ANNO

Riceviamo e pubblichiamo
La Chiesa di Scientology di Torino celebra il suo quinto anno in Borgo Vittoria. Il 6 aprile 2013 veniva infatti inaugurata la sede di via Villar, 2 in quello che è stato per molti anni l’edificio di un noto quotidiano sportivo torinese. 
A partire dai primissimi anni ’80 la religione fondata da L. Ron Hubbard è rappresentata a Torino da una comunità di fedeli molto attiva nel sociale. “Anche in questo quartiere – spiega la responsabile Gloria Perotto – i nostri volontari hanno dato vita a numerose iniziative di pubblica utilità, perché quella di mettersi a disposizione della comunità è una responsabilità che sentiamo profondamente.”  
La Chiesa di Scientology è aperta tutti i giorni: in qualsiasi momento è possibile partecipare a iniziative ed incontri informativi sul credo, le pratiche religiose o i programmi di volontariato indipendentemente dal credo di provenienza. 

Genesi. La bellezza sconosciuta e fragile del pianeta Terra

Genesi rappresenta l’ultimo straordinario lavoro di Sebastião Salgado, fotoreporter documentario tra i più sensibili alle tematiche sociali ed ecologiche del nostro tempo. Nato in Brasile nel 1944, intraprende studi di Economia e soltanto agli inizi degli anni Settanta, ottenuto un incarico di lavoro nell’Africa equatoriale, inizia ad interessarsi alla fotografia. La vocazione amatoriale si trasforma rapidamente in progetto di vita. L’amore per l’Africa lo spinge a dedicare i primi grandi reportage al Sahel devastato dalla carestia e, negli anni Novanta, alle atrocità del genocidio in Ruanda. La pubblicazione La mano dell’uomo (1993) affronta con piglio critico, ma sempre empatico, le condizioni dei lavoratori impegnati nei lavori manuali che la meccanizzazione tecnologica sta sostituendo. In cammino (2000) illustra la tragedia dei lavoratori delle miniere d’oro in Serra Pelada nel Nord del Brasile i quali, espulsi dal processo di industrializzazione, finiscono per ingrossare la massa dei poveri nelle città. Documentando i grandi processi di trasformazione economica, sociale e ambientale in corso nel mondo, senza l’affanno di inseguire la stretta attualità, Salgado ha trovato una propria dimensione, unica nel panorama internazionale. Genesi costituisce un progetto di lungo respiro che Salgado inizia nel 2003 per concluderlo dieci anni dopo. Il lavoro è frutto di un lungo viaggio per il pianeta alla ricerca di luoghi non ancora offesi dall’uomo, dove è possibile catturare immagini che rivelino la magnificenza ancestrale e la potenza incontaminata della natura. L’opera finale si compone di duecento eccezionali fotografie che ritraggono regioni dove flora e fauna proliferano tuttora intatte ed in cui l’uomo vive in condizioni pressoché primitive. Lo sguardo consapevole ed amorevole di Salgado si posa sulle foreste tropicali dell’Amazzonia, del Congo, dell’Indonesia e della Nuova Guinea. Si leva in volo sui ghiacciai dell’Antartide e sulla taiga dell’Alaska. Ridiscende nuovamente verso i deserti dell’America e dell’Africa fino ad arrivare alle montagne del Cile, del Canada e della Siberia. Le sue fotografie, rese in un lucido bianco e nero, vanno a comporre un commovente itinerario fotografico, capace di catturare l’osservatore passo dopo passo, restituendo immutato l’incanto dei paesaggi come dei ritratti individuali o di gruppo.

Salgado si è messo alla ricerca del mondo a partire dalle origini, rivelando il percorso evolutivo svoltosi per milioni di anni prima dell’avvento dell’uomo. Il suo è un itinerario che si stende a perdita d’occhio per paesaggi terrestri e marini, laddove si fatica persino a distinguerne la linea di confine. Un itinerario alla scoperta di specie animali e popolazioni finora scampate all’abbraccio letale della vita moderna. La sua opera ci fornisce la prova che il nostro pianeta accoglie regioni immense e remote in cui la natura regna indiscussa, possente e silenziosa. La teoria di fotografie esposte ci suggerisce che i ghiacci dei poli, le foreste pluviali, le savane inospitali e le sabbie roventi costituiscono la superficie non solo più estesa ma soprattutto più ragguardevole della Terra. Sono queste regioni a proteggere con la loro vastità quasi inesplorata forme di vita la cui sopravvivenza si fonda proprio sull’isolamento. In queste lande il tempo scorre in modo circolare, le stagioni si succedono e ritornano seguendo un ritmo primigenio, lento, costante, che l’essere umano civilizzato ha finito per dimenticare.

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“Le fotografie di Genesi“, ha dichiarato la curatrice Lélia Wanick Salgado, “sono il tributo visivo a un pianeta fragile che tutti abbiamo il dovere di proteggere”. Oltre a esporre queste meraviglie misconosciute, appagando l’indubbio piacere estetico che ne deriva, Genesi rappresenta un monito severo che invita a una presa di coscienza. L’umanità non può continuare ad inquinare impunemente la terra che abita, occorre assumere un atteggiamento responsabile fondato sul rispetto per l’ambiente che ci circonda. È necessario agire per preservarlo, proteggendo le specie animali e i popoli che vivono ancora in simbiosi con la natura. Ci si può spingere persino oltre, provvedendo a riparare i danni che la modernizzazione più spinta ha provocato. Sebastião e Lélia Salgado hanno per primi dato l’esempio, contribuendo a riforestare una proprietà situata nel Sudest del Brasile. L’organizzazione no-profit che hanno creato per questo scopo, Instituto Terra, ha provveduto a piantare in quindici anni circa due milioni di alberi di oltre trecento specie diverse. Pianure e colline un tempo aride sono ora occupate dalla Mata Atlântica, la foresta pluviale subtropicale presente sulla costa intorno al Rio Grande. La ricostituzione di questo microclima ha richiamato uccelli e altri animali che erano scomparsi da decenni, permettendo il recupero della naturale biodiversità. Gli alberi sono inoltre in grado di assorbire il diossido di carbonio e, utilizzandolo per la fotosintesi, di liberare ossigeno. La riforestazione contribuisce quindi a limitare i danni prodotti dalle emissioni nell’atmosfera di questo gas serra responsabile del riscaldamento globale nonché dei cambiamenti climatici ad esso conseguenti Questo immenso e paziente lavoro di ripristino dell’ecosistema è stato descritto nell’ottimo documentario Il sale della terra, girato da Wim Wenders nel 2014. “Con gli alberi piantati”, hanno detto Sebastião e Lélia Salgado, “possiamo respirare meglio e nutrire speranze per il futuro del nostro pianeta”. Salgado non è mosso dall’idea di scattare fotografie belle o di inseguire la celebrità, ma da un senso di responsabilità che rappresenta anche la sua missione dichiarata: rendere visibile la rotta che l’umanità deve ripercorrere per salvaguardare il pianeta che abbiamo ereditato.

 

Paolo Maria Iraldi

 

Genesi, di Sebastião Salgado

Mostra organizzata da Civita Mostre

A cura di Lélia Wanick Salgado su progetto di Contrasto e Amazonas Images

Reggia di Venaria (To), Sale dei Paggi, dal 22 marzo al 16 settembre

Padre Claudio e il dialogo islamo-cristiano

FOCUS INTERNAZIONALE

di Filippo Re

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Lasciata Piasco, sulle colline della bassa Val Varaita, piccolo paese di 3000 abitanti che negli anni della Grande Guerra diede i natali a Luigi Pareyson, uno dei maggiori filosofi italiani del Novecento, si trasferisce a Torino dove studia teologia delle religioni, con particolare attenzione alla religione islamica ed entra nell’Ordine dei frati domenicani. Padre Claudio Monge diventa ben presto uno dei più autorevoli esperti italiani di dialogo islamo-cristiano e viene inviato in missione a Istanbul per portare avanti le sue ricerche sul mondo arabo-musulmano. Di recente Papa Francesco lo ha nominato Consultore del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso. Il missionario domenicano vive da 15 anni nella città sul Bosforo ed è parroco della chiesa dei Santi Pietro e Paolo, una delle pochissime chiese cattoliche ancora presenti in una metropoli in profonda trasformazione sotto diversi punti di vista. Oggi infatti possiamo definire Istanbul una città quasi “araba” e molto più “velata” di prima. Non cambia per fortuna il suo splendore, intatto e indistruttibile, come le sue possenti e celebri mura, il fulgore di una millenaria capitale imperiale, nelle cui pietre cerchiamo ancora oggi le tracce di un passato molto lontano ma che ci appartiene strettamente. Ma dietro la città incantata e al di là del commovente nazionalismo kemalista che il 10 novembre, giorno dell’anniversario della morte di Ataturk, fa suonare le sirene, alle 9,05 del mattino, fermando simbolicamente per un paio di minuti i traghetti sul Bosforo e sul Mar di Marmara e pietrificando all’improvviso il traffico assordante di una città di quindici milioni di abitanti (esclusi i 500.000 profughi siriani che vivono per strada), spuntano i cambiamenti che avanzano lentamente da qualche anno.

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Il turismo europeo e americano è sparito quasi del tutto dopo gli ultimi gravi attentati terroristici che hanno colpito la metropoli europea e dopo il fallito golpe del 15 luglio 2015, sostituito dal turismo del Golfo Persico e del Medio Oriente che salva dalla crisi il settore turistico turco. Dove sono finiti i francesi, gli inglesi, i tedeschi, gli americani e gli italiani che si trovano ovunque? A Istanbul non si vedono quasi più, come dissolti nelle nuvole della paura e del terrore che da qualche tempo tengono lontani i turisti da questa citttà. Ci sono però russi, cinesi e giapponesi, questi sì che si vedono ma c’è soprattutto una folla di arabi che mai nei secoli passati erano riusciti a conquistare Costantinopoli e adesso invece ci sono riusciti, con trolley zeppi di denaro. A Istanbul non si sono mai visti così tanti turisti mediorientali. Ed ecco allora sauditi, qatarioti, kuwaitiani, iraniani, iracheni, emiratini, c’è tutto il Golfo, sia arabo che persico. “Il turismo è in forte crisi, spiega Claudio Monge, un crollo verticale, da due anni a questa parte. È crollato soprattutto il turismo organizzato delle agenzie, sostituito in gran parte dal turismo arabo. È in corso una forte arabizzazione e in certi quartieri ci sono scritte bilinque, come nei negozi e negli hotel, li hanno favoriti togliendo i visti ai turisti arabi che sono gli unici che possono investire e pagare ingenti somme con denaro liquido. Qui il turismo classico, fatto di arte, storia e pellegrinaggi, è stato sostituito dal turismo dello shopping.

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Ci sono voli charter che portano i cittadini dei Paesi del Golfo che si fanno un weekend nei centri commerciali e nei negozi di lusso e poi ripartono senza fare neanche un giro in città. E poi gli arabi sono gli unici possibili acquirenti nel settore immobiliare. C’è stata un’esplosione edilizia incontrollata ma le case sono rimaste invendute per il 70%. In Turchia c’è poco denaro oggi e i prezzi sono troppo alti”. Padre Claudio guida come parroco la piccola chiesa di San Pietro e Paolo, all’ombra della possente Torre di Galata, che sopravvive insieme ad altre due chiese cattoliche, incuneata tra moschee, case ottomane e grandi edifici. Una biblioteca con 30.000 volumi per la formazione dei frati ma aperta a tutti, agli studenti turchi e agli stranieri allo scopo di aiutarli nella ricerca universitaria, nello studio della teologia delle religioni e del rapporto tra islam e cristianesimo. Un centro culturale nato per far incontrare gente diversa, seguendo un disegno tipico della cultura domenicana. Un progetto che procede con alti e bassi. “Qui vengono anche ricercatori che lavorano nel campo della storia per riscoprire le vicende di questi quartieri multietnici che un tempo erano abitati da molti cristiani, cercano documenti sulle radici cristiane di Costantinopoli e sui siti cristiani diventati poi moschee. Ci sono stati sicuramente periodi più facili di quello attuale, ammette fra Claudio, ma le tensioni politiche in questo Paese hanno fatto sì che molte persone, un tempo ben collocate nei gangli del potere, e che erano i nostri referenti diretti, sono spariti e abbiamo dovuto cambiarli con la conseguenza che certi contatti costruiti in passato sono finiti e hanno dovuto essere cambiati. Da anni stiamo cercando di ristrutturare una parte del vecchio convento per trasferire la biblioteca ma ci sono molti impedimenti e procedure burocratiche interminabili che ci stanno sfiancando. La nostra condizione di cristiani e di stranieri non aiuta, è un ostacolo in più, che riguarda non solo noi italiani ma tutti i cittadini dell’Ue”. Sempre più donne con il velo nelle strade di Istanbul, scuole religiose in aumento, Ataturk in naftalina? Per il momento il padre fondatore della Turchia moderna e laica resiste, le immagini di Mustafa Kemal abbondano in città e la sua statua di cera nel Museo navale, sulla sponda europea del Bosforo, non è ancora stata rimossa. Ma qualcosa è già cambiato.

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“Da tre-quattro anni, osserva il frate domenicano, c’è un aumento notevole del velo tradizionale, alla turca, almeno del 40%, e si vedono anche molte donne arabe e iraniane con un lungo velo nero o donne turche provenienti dai piccoli villaggi anatolici con il tradizionale velo. Le vie dello shopping restano abbastanza “occidentali” ma nel resto della città la situazione è mutata. E’ stato tolto il divieto di portare il velo negli uffici pubblici e quindi c’è un ritorno del velo che ora è ammesso, il cambiamento di panorama è innegabile anche se penso che la Turchia non potrà tornare troppo indietro. Come il Kemalismo aveva comportato l’occupazione della scena pubblica con simboli e cultura laica imposta dall’alto, oggi assistiamo a un’occupazione della scena pubblica con i simboli islamici”. Nel Paese della Mezzaluna cambia anche la scuola per avere musulmani più ortodossi e Istanbul si è già adeguata con il potenziamento degli istituti religiosi. “Più che di medrese si tratta di scuole “imam-hatip”, scuole di formazione religiosa per coloro che in futuro potrebbero diventare imam di moschea, insegnanti di religione o dipendenti del Diyanet, il Ministero degli Affari Religiosi. Tuttavia queste scuole che dovevano limitarsi a formare i quadri di questo Ministero stanno rimpiazzando di fatto l’educazione tradizionale. Sono aumentate con la chiusura di diverse scuole pubbliche e con il risultato di fare abbassare drasticamente il livello medio dell’istruzione. È certo però che lo studio scolastico dei decenni di potere di Kemal sarà ridimensionato nella nuova Turchia del sultano Recep Tayyip Erdogan. A cominciare dai simboli del kemalismo, come il “Centro culturale Ataturk” che domina piazza Taksim, il cuore di Istanbul, e ora è in fase di smantellamento (al suo posto sorgerà un teatro dell’Opera) mentre dalla parte opposta della piazza è in costruzione una grande moschea. Il vicino Gezi Park, punto di ritrovo per le manifestazioni anti-Erdogan rischia di scomparire e lasciare il posto a una caserma ottomana.

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“C’è chiaramente la tendenza a voltare pagina, aggiunge il missionario piemontese, il discorso è che si sta rimpiazzando quella che è stata una sorta di identità laica imposta dall’alto, il progetto autoritario di Ataturk con un altro progetto autoritario, si sta imponendo ora un’identità che fa riferimento molto di più alle radici culturali islamiche. E ciò implica anche una presa di possesso dei luoghi simbolici degli anni della Repubblica kemalista che adesso sono ripresi e reinventati a immagine e somiglianza del nuovo progetto. Taksim, che era per eccellenza la piazza della laicità repubblicana kemalista, sta cambiando faccia. Assistiamo a uno scontro tra ideologie diverse. A una vecchia ideologia si risponde con una nuova ideologia”. Decine di ragazze affollano il vecchio caffè turco a ridosso di Santa Sofia, nella grande piazza Sultanahmet, a poche decine di metri dalla Moschea Blu. Sono appena uscite da scuola, ancora più allegre perchè domani è domenica, giorno festivo per tutti nella Istanbul europea, capelli al vento, musica nelle orecchie, cellulare in mano. L’Oriente, per loro, sembra lontano, l’Europa più vicina.

 

 

 

Il Brunitoio dalla A alla Z

Sabato 7 aprile 2018, alle 17.30, presso la Sala Esposizioni Panizza di Ghiffa ( Vb), l’Officina di Incisione e Stampa in Ghiffa “il Brunitoio”  inaugura la mostra “Il brunitoio dalla A alla Z, 15 anni. Tracce di una proposta grafica” a cura di Ubaldo Rodari. La mostra sarà visitabile  sino al 29 aprile 2018 presso la Sala Esposizioni inCorso Belvedere,114 a Ghiffa. Orari: da giovedì a domenica, 16.00 – 19.00.

Ogr, è tempo di “Spring Bang”

A sei mesi dal BIG BANG e in vista dell’apertura delle Officine Sud, hanno preso il via alle Officine Nord tre nuovi progetti con un unico focus tematico: il rapporto tra arte, tecnologia e innovazione

 

Dal 30 marzo scorso la programmazione delle Officine Nord delle OGR è entrata a pieno regime con il funzionamento simultaneo dei tre “Binari” dedicati alle Arti Visive. A sei mesi esatti dalla restituzione alla città di Torino della grande “cattedrale” industriale di corso Castelfidardo recuperata dalla Fondazione CRT, con lo “SPRING BANG” – il BIG BANG di primavera – le OGR definiscono completamente la mission della prima Manica, attraverso la realizzazione di tre nuovi eventi: la mostra “Social Facts” dell’americana, pioniera delle installazioni, Susan Hiller e i due progetti  “Learn & Play! teamLab Future Park” e “The NewsRoom”, tutti incentrati sull’unico focus tematico del rapporto tra arte, tecnologia e innovazione.“Si tratta di tre inediti e sperimentali progetti che mirano a riaffermare Torino come centro gravitazionale per i mondi del contemporaneo e dell’innovazione – sottolinea il direttore Artistico delle OGR Nicola Ricciardi – Nei primi sei mesi dall’opening abbiamo battezzato un nuovo ecosistema per lo sviluppo e la crescita del capitale culturale, sociale ed economico del territorio, in continuità con la propria storia. Questo nostro ‘SPRING BANG’ è un ulteriore passo in tale direzione, ovvero quella di fare delle OGR un luogo della città e per la città, dove contenuti unici e discipline a volte contrastanti trovino sede di produzione e contaminazione, e dove progettualità internazionali e pubblici diversi per formazione, estrazione, interessi convivano e interagiscano”. Ecco, dunque, nello specifico i contenuti dei tre progetti:

 

Il Binario 1 ospita fino al 24 giugno Social Facts”, mostra personale dell’artista americana ma inglese d’adozione Susan Hiller, a cura di Barbara Casavecchia: un percorso coinvolgente e spettacolare (il titolo è l’espressione che l’artista utilizza spesso per descrivere l’oggetto del proprio lavoro) incentrato su una nuova video- proiezione monumentale intitolata “Illuminazioni” (2018), cui ha contribuito, con le proprie voci, un gruppo di volontari torinesi. Sul grande schermo si rincorrono voci e suoni e volti e astratte composizioni cromatiche a mezza strada fra realtà e irrealtà. A tenere campo sono dunque situazioni misteriose e inspiegabili derivanti anche, nelle forme e nei contenuti, dalle precedenti esperienze operative della Hiller, che prima di dedicarsi all’attività artistica (lavorando soprattutto nell’ambito dell’arte concettuale e realizzando anche singolari opere sonore), ha studiato cinema, archeologia, linguistica e antropologia.

 

Fino al 27 maggio il Binario 2 è invece dedicato a The NewsRoom. Un’immersione sensoriale nelle notizie”, progetto realizzato da “La Stampa” creato per esplorare nuove forme di giornalismo, in collaborazione con il collettivo “Studio Azzurro” vincitore di numerosi riconoscimenti internazionali. Lo spazio prende in questa occasione la forma di una mostra e di uno show digitale, di un’esperienza di giornalismo narrativo e interattivo basato sull’approfondimento.

 

Il Binario 3, infine, diventa la casa di Learn & Play! teamLab Future Park”, primo progetto permanente in Europa di “teamLab”, collettivo di sviluppatori giapponesi il cui successo è stato consacrato dal pubblico di Expo 2015. Il progetto accoglierà in un ambiente digitale interattivo i bambini dai 3 ai 10 anni, invitandoli a esplorare il confine tra arte e tecnologia attraverso un insieme di installazioni e postazioni immersive.

 

L’arte in tutte le sue declinazioni trova quindi   definitivamente casa nelle Officine Nord, con un forte attenzione ai linguaggi sperimentali delle arti visive e performative – presenti negli spazi dei Binari 1, 2 e 3 – e della musica – ospitata all’interno della Sala Fucine – mentre la suggestiva architettura del Duomo diventa punto di raccordo e di divulgazione del complesso programma delle OGR, ospitando conferenze, dibattiti e appuntamenti legati al Public Program.

 

“Spring Bang”

OGR – Officine Grandi Riparazioni, corso Castelfidardo 22, Torino; tel. 011/2764708 – www.ogrtorino.it

 g.m.

Nelle foto
– Susan Hiller: “Illuminazioni”, 2018
– “The NewsRoom”
– “Learn & Play”

 

Giornata sull’autismo: chi è Blue Boy?

SABATO 7 APRILE

“Chi è Blue Boy?”: è il titolo dell’incontro in programma sabato 7 aprile, alle 16, nelle sale del Castello di Miradolo, a San Secondo di Pinerolo (Torino). L’evento, inserito all’interno del progetto XSONE 5.0 a cura del Coordinamento Opere Valli della Diaconia Valdese, é organizzato dal BUM – Centro Autismo di Pinerolo (responsabile, Loretta Costantino) e dalla Fondazione Cosso (presidente, Maria Luisa Cosso) ed è stato pensato in concomitanza con la Giornata Mondiale della Consapevolezza sull’Autismo. Rivolto a tutti, intende essere un momento di condivisione e riflessione sulle problematiche connesse all’Autismo attraverso la presentazione del fumetto dal titolo “Blue Boy. Guida all’infinito chiuso in una stanza” realizzato da Anonima Fumetti e disegnato da Alex Caligaris. A dialogare con l’autore, saranno il dottor Marco Rolando (Direttore di Struttura Complessa di Neuropsichiatria Infantile e dell’Adolescenza dell’ASL TO3) e Giusi Burgio (Coordinatrice del BUM – Centro Autismo di Pinerolo). Nato nel 2017, il progetto grafico “Blue Boy” è frutto del lavoro, condotto dall’autore, fumettista ed operatore sociale, all’interno di laboratori di arteterapia presso l’Accademia Albertina di Torino, dedicati anche a persone con disturbi dello spettro autistico. L’incontro pomeridiano prevede un momento di approfondimento del tema riservato agli adulti, ma anche una proposta didattica con specifici laboratori gratuiti per i bambini dai 6 ai 12 anni, nonché un “Viaggio nel Parco del Castello”, alla scoperta del giardino storico per imparare a riconoscere i grandi alberi e la natura del luogo. Alle 17,30 proseguiranno i laboratori condotti da Caligaris e attività creative guidate dalle operatrici della Fondazione Cosso. Per tutti i laboratori è richiesta la prenotazione, entro le ore 17 di venerdì 6 aprile, essendo i posti limitati. Per info e prenotazioni: tel. 0121/376545. Per l’occasione, nelle sale del Castello è anche allestita un’esposizione con le tavole originali di Caligaris e con alcuni dei lavori prodotti dagli utenti di arte terapia da lui seguiti in questi anni.

Fondazione Cosso – Castello di Miradolo, via Cardonata 2, San Secondo di Pinerolo (To), tel. 0121/376545 – www.fondazionecosso.cominfo@fondazionecosso.it

g.m.

Missione soccorso: da Fondazione Crt fondi per le ambulanze

Fondazione CRT stanzia contributi fino a 50.000 euro per l’acquisto di ogni nuova ambulanza in Piemonte e Valle d’Aosta. Il bando per il rinnovo dei mezzi di primo soccorso delle organizzazioni di volontariato che fanno capo al sistema del 118 è aperto fino al 27 aprile sul sito www.fondazionecrt.it.

Il progetto “Missione Soccorso” garantisce il ricambio delle autoambulanze non più convenzionabili – circa un quinto del totale – operanti sul territorio, 24 ore su 24, e costituisce un “polmone” fondamentale per il mantenimento dell’efficienza del servizio di emergenza sanitario. Dal 2002 a oggi, “Missione Soccorso” ha permesso l’acquisto di 482 ambulanze, con un investimento di oltre 24 milioni di euro della Fondazione CRT.

 

“Non c’è fragilità maggiore dell’avere bisogno di un’ambulanza, e non c’è mission più meritoria del prestare soccorso – dichiara il Presidente della Fondazione CRTGiovanni Quaglia –. L’acquisto di nuovi mezzi di emergenza sanitaria, che anche quest’anno Fondazione CRT sostiene, risponde alle esigenze delle persone nei momenti della vita di maggiore difficoltà, e sostiene in modo concreto il sistema del 118 in Piemonte e Valle d’Aosta, realtà molto efficiente ed elemento significativo di welfare responsabile”.

 

“Oltre a garantire il ricambio capillare delle ambulanze, Missione Soccorso ha attivato negli anni un processo di community building – afferma il Segretario Generale della Fondazione CRT Massimo Lapucci –: la collaborazione virtuosa tra pubblico e privato, assieme alla straordinaria forza del volontariato, ha dato vita a un modello organizzativo e gestionale sul territorio che oggi è una rete solida e all’avanguardia a livello nazionale”.

Dante in esclusiva alla Biblioteca Nazionale Universitaria

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Visita guidata Sala Manoscritti e Rari 11 aprile 2018 ore 17
La fortuna della Commedia di Dante nella tradizione libraria della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino ha radice antiche; già nei fondi ducali, infatti, la Commedia era presente sia in versione manoscritta che a stampa. La Biblioteca del Regio Ateneo torinese, istituita da Vittorio Amedeo II nel 1723, che ereditò la maggior parte del patrimonio librario della biblioteca ducale, incrementò, nel corso del tempo, tale fortuna con acquisizioni di vario genere. La visita, dedicata ad un ristretto numero di persone, offrirà l’opportunità, estremamente rara, di prendere visione diretta di una ventina di versioni manoscritte della Commedia,  con codici prodotti tra il XIV ed il XVI secolo, e di edizioni a stampa, a partire da un esemplare dell’edizione fiorentina del 1481 con il commento di Cristoforo Landino sino alla fine del XVIII secolo, custodite nella Biblioteca torinese.

Appetitoso strudel di verdure

La versione salata del classico dolce, si prepara con ortaggi di stagione saltati in padella e pochi altri ingredienti. Un involucro di pasta sfoglia che racchiude una cremosa e gustosissima farcia. Una preparazione perfetta per il picnic di Pasquetta.

 

Ingredienti

 

1 Rotolo di pasta sfoglia rettangolare

50gr. di speck

1 piccolo porro

1 peperone rosso

1 melanzana piccola

1 zucchina

1 pomodoro

100gr. di ricotta

Latte per spennellare

Pangrattato q.b.

Sale, pepe, olio evo, curcuma, origano q.b.

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Rosolare in poco olio il porro affettato sottilmente, aggiungere tutte le verdure lavate e ridotte a dadini, salare, pepare, portare a cottura e lasciar raffreddare. In una ciotola mescolare le verdure con la ricotta e l’origano, aggiustare eventualmente di sale. Stendere la pasta sfoglia, bucherellarla con i rebbi di una forchetta, cospargerla con poco pangrattato. Stendere sulla pasta le fette di speck e sopra spalmare la crema di verdure, lasciando un bordo di circa cinque centimetri. Arrotolare lo strudel dal lato piu’lungo aiutandovi con la carta forno, chiudere bene le due estremita’, praticare delle piccole incisioni con la lama di un coltello, spennellare la superficie con il latte e spolverizzare con la curcuma. Cuocere in forno a 200 gradi per circa 30 minuti. Servire affettato tiepido o freddo.

 

Paperita Patty