redazione il torinese

Mangiati dalla crisi

La Nigoglia a Omegna è il simbolo del carattere di chi ci vive attorno. Se è vero, e lo è, che fa scorrere le sue acque verso nord, seguendo una rotta diametralmente opposta a quella che solitamente percorrono i torrenti alpini, gli omegnesi ( e i cusiani, in genere) si sono sempre dati da fare con caparbietà nella direzione del progresso, adattando e modellando il loro futuro

Gent con tri ball”, sentenzia Carlino, portando entrambe  le mani al cavallo dei pantaloni per dare un senso figurato alle sue parole. Se agli inizi dell’800 l’economia era prevalentemente agricola e pastorale, con qualche artigiano che s’arrangiava con il legno, il peltro e i metalli,la svolta industriale prese l’abbrivio attorno alla fine del secolo e s’affermò nei primi anni del ‘900. I piccoli coltivatori, gli allevatori di bestiame, gli artigiani diventarono in gran parte i primi operai delle grandi fabbriche. Già in valle Strona, da tempo, ci si dava da fare con il legno. Mulini ad acqua e piccole botteghe artigiane producevano cucchiai, mestoli, ciotole e piatti di legno diventando in breve tempo la “val di cazzoi”, la valle dei mestoli. Non solo li producevano ma li vendevano, guadagnandosi il pane come ambulanti nelle grandi città al pari degli ombrellai del Vergante. I peltrai , veri artisti, andarono oltre, valicando le alpi fino in Germania, Austria e in tutta la mitteleuropa. I loro prodotti erano resistenti, si potevano riparare o rifondere ed erano più a buon mercato della porcellana e dell’argento. Nelle case borghesi finirono boccali, posate, candelabri, lampade, bicchieri e signorili tabacchiere. Venne persino imposto un marchio di riconoscimento per i vari fabbricanti.

Poi s’affermarono l’industria tessile, cartaria,siderurgica e il casalingo di metallo,erede di quello in peltro e legno.Tra Omegna e Gravellona si misero in moto gli opifici della Guidotti e Pariani, Furter, Ackermann. A Crusinallo la cartiera Maffioretti ( in seguito Binda) nel 1880 dava lavoro a 725 persone. Nel 1857, la ferriera Vittorio Cobianchi cambiò l’economia di Omegna con il fragore dei magli e l’incandescenza delle colate d’acciaio. Nel Cusio nasceva l’industria del casalingo con la Calderoni, la Piazza e la Cane. Il fondatore di quest’ultima, Baldassarre Cane, originario della Valstrona, era tornato in città dopo una lunga permanenza a Parigi. Nella ville Lùmiere inventò il  sifone da selz e con i ricavati tornò in riva al lago d’Orta e investì i suoi averi nell’opificio per la lavorazione dei metalli.Con l’affacciarsi del nuovo secolo, nel 1901, vide la luce la Lagostina, seguita poi da tante altre come la Bialetti, con le sue caffettiere dell’omino coi baffi, e l’Alessi. “E adesso? Guarda che roba! Si son riempiti le tasche con il nostro sudore, hanno messo i soldi in Svizzera o in quelle isole dove non si pagano le tasse e a noi ci hanno dato un calcio nel sedere. La crisi ci ha mangiati e digeriti”. Carlino s’arrabbia, rosso in volto. Ha passato una vita davanti agli altiforni dell’acciaieria e poi a ribattere fondi di caffettiere.“So bene che più a sud e più a est ci sarà sempre qualcuno che produrrà a minor costo,cavolo. Ma la qualità?La nostra professionalità? E la dignità del lavoratore, eh? Dove le mettiamo? Nella tazza del bagno e poi tiriamo lo sciaquone? La verità è che quelli lì non sono industriali, a parte l’Alessi e pochi altri. Hanno il cuore e la testa da commercialisti senza scrupoli. Vengono, mangiano e se ne vanno senza salutare e senza pagare il conto. In più, razziano i marchi, la storia, l’immagine della nostra industria. Vuoi che ti dica cosa sono, quelli lì? Banditi. E non hanno nemmeno bisogno di nascondersi la faccia con una calza di nylon”. Hanno ridimensionato gli organici, chiuso tante fabbriche. La cassa integrazione non si conta più e chi ha avuto la fortuna di restare nei reparti si è visto aumentare i carichi di lavoro e, grazie alla crisi, alleggerire la busta paga. Non è bel momento, con questa recessione che sembra non finire mai, presentando in conto a quelli che stanno peggio mentre i più fortunati stanno meglio di prima. Lo prendo sottobraccio e ci avviamo verso via Manzoni, dove c’è il circolo “Ferraris” ma pure la sede del sindacato.Andiamo lì per dare una mano, per aiutare i nostri amici operai che sono in difficoltà. Una parola di conforto, la condivisione di un problema, qualche decina di euro fatti avere di nascosto a una famiglia che ha bisogno, senza offenderne la dignità. Al sindacato non è che riescano a fare un granché, ma almeno ci provano. Per di più , maledizione, si sono anche divisi. Uno di qua e gli altri di là, a discutere sulle strategie, se è meglio fare così o è più giusto fare cosà. Intanto, i padroni ci passano sopra come il rullo quando asfaltano le strade.Intendiamoci bene: il sindacato serve, eccome. Guai se non ci fosse e va tenuto in conto come un oracolo ma sono i sindacalisti che avrebbero bisogno di una raddrizzatina. Magari è sufficiente registrargli le valvole e, comunque, hanno un gran bisogno di togliersi la cravatta e vivere di più la realtà di chi lavora. “Te lo ricordi il Poldino? Quello sì che sapeva il fatto suo“. Come dare torto a Carlino. Era un sindacalista di fabbrica che aveva la tenacia e la saggezza degli operai che sapevano fare “i baffi alle mosche”. Diceva sempre che “ l’importante è continuare il rammendo e avere fiducia. Se non si avesse fiducia si starebbe qui a diventar matti tutti i giorni?”.Una grande lezione di vita di cui fare tesoro.

Marco Travaglini

Il treno dei desideri che saliva sul Mottarone

MOTTARONE LAGODalla sommità del Mottarone  si può spaziare a 360° dalla catena dell’Appennino Ligure e delle Alpi Marittime al massiccio del Monte Rosa , fino alle imponenti cime elvetiche, passando attraverso la Pianura Padana 

Il Mottarone (1491 m. s.l.m.) è  sempre stato una montagna speciale, dolce nella fisionomia ( come un grande panettone) e maestosa nel posizionamento. Pur essendo tra le cime meno alte della catena alpina, dalla sua vetta lo sguardo si perde su di un panorama a dir poco unico, da molte parti indicato come pari, se non superiore in fascino, a quello della ben più alta vetta del Righi, la montagna svizzera resa famosa proprio dal suo straordinario scenario panoramico. Dalla sommità del Mottarone  si può spaziare a 360° dalla catena dell’Appennino Ligure e delle Alpi Marittime al massiccio del Monte Rosa , fino alle imponenti cime elvetiche, passando attraverso la Pianura Padana e la zona dei “sette laghi” (Orta, Maggiore, Mergozzo, Biandronno, Varese, Monate, Comabbio). Un tempo, in vetta, ci si poteva salire anche in treno. Infatti, la Società Ferrovia Stresa-Mottarone, svolse la sua funzione di pubblico collegamento tra il 12 luglio del 1911 – giorno della sua inaugurazione –  e la fine del 1962. Il tracciato della linea, lunga circa 10 km, partiva da Stresa con un doppio capolinea: dal piazzale dell’imbarcadero della navigazione  e dall’area antistante la stazione ferroviaria. I due rami si riunivano, appena fuori l’abitato, per continuare la loro salita sui fianchi della montagna, con un dislivello superiore ai mille metri. La ferrovia s’inarcava con un doppio sistema (da qui la denominazione della ferrovia, “ad aderenza mista”), ad aderenza naturale ed a cremagliera del tipo Strub.

L’alimentazione era a corrente continua a 750 Volt. Lungo la linea c’erano tre stazioni (Alpino – Gignese – Levo) e due fermate: cosicché l’interoMOTTARONE 2 percorso s’effettuava in 1 ora e 15 minuti. Il materiale rotabile veniva ricoverato a Stresa ed era composto da 5 elettromotrici e 3 rimorchiate “a giardiniera”; 4 carri di servizio completavano la flotta. Nel 1920 venne costruito un carro speciale porta sci che veniva agganciato in coda. Le motrici, in livrea gialla, erano di costruzione svizzera; i loro carrelli erano prodotti dalla SLM di Winthertur, azienda specializzata nella costruzione di materiale ferroviario ad aderenza artificiale. Le elettromotrici accoglievano fino a 110 persone cadauna, tra posti a sedere e posti in piedi. Il servizio si basava su tre coppie di treni in bassa stagione e sei coppie in alta. Era altresì prevista la possibilità di organizzare corse straordinarie su richiesta. La partenza della ferrovia fu un po’ rallentata a causa dello scoppio della Prima Guerra Mondiale ma, successivamente a questa, l’esercizio riuscì a mantenersi positiva: quindi,una gestione accorta sia relativamente al traffico locale sia dal punto di vista turistico. Incredibilmente e paradossalmente le cose andarono meglio durante la Seconda Guerra Mondiale: infatti, non avendo subito danni rilevanti dagli eventi bellici, fornì un comodo collegamento per i milanesi sfollati e rifugiati sulle pendici del monte; si pensi che l’anno 1945 fu toccato il record di 100 mila biglietti staccati!Con l’arrivo degli anni ‘50 e ‘60 iniziarono a farsi sentire lamentele, provenienti da più parti, sul fatto che la ferrovia era antiquata, improduttiva e che un servizio automobilistico o funiviario avrebbero potuto sostituirla. Con un po’ di lungimiranza, magari guardando all’esempio della vicina Svizzera,  si sarebbe potuto investire  sul rilancio e su di una moderna gestione di quella ferrovia turistica. Purtroppo la storia andò diversamente e così, nel giugno 1963, fu posta la parola “fine” alla Ferrovia “Stresa – Mottarone”.

Le vetture furono rottamate o vendute. Fino a qualche mese fa il collegamento tra Stresa e il Mottarone è stato svolto da una funivia, la cuiMOTTARONE TRENINO stazione è peraltro piuttosto distante dal centro cittadino, in località Carciano. Fino a qualche mese fa perché ora anche la funivia ha chiuso i battenti. Alle 17,40 del 30 ottobre scorso , dalla vetta del  Mottarone è partita  l’ultima corsa di ritorno della funivia, che ha poi cessato l’attività  per la scadenza del termine dei 40 anni vita, entro il quale è necessario provvedere alla revisione generale dell’impianto. Ad oggi la situazione si presenta tutt’altro che rosea, dopo l’esito negativo della gara d’appalto, andata deserta. Troppi oneri, troppe difficoltà. Dopo la chiusura del trenino ( prima ferrovia col sistema a cremagliera in Italia),  straordinaria occasione mancata di cinquant’anni fa, ora anche la funivia rischia di essere un ricordo. Il Mottarone , straordinaria vetta panoramica, è un po’ più solo e più lontano da Stresa, la  perla del lago Maggiore che lo guarda da sotto in su  intristita.

 

Marco Travaglini

Saitta condanna campagna contro 112 e 118

L’assessore regionale alla sanità, Antonio Saitta, parla di “campagna di strumentalizzazione  in atto nei confronti del 118 e del centralino unico di emergenza 112” che  rischia di “squalificare un servizio che in Piemonte svolge ottimamente il proprio compito da molti anni. Il risultato è quello  di creare sfiducia nei cittadini e di danneggiare il servizio stesso”. Il commento dell’assessore giunge dopo le polemiche apparse sui giornali (ultima quella di due donne che sostengono di non essere state soccorse dopo aver chiamato per un’aggressione). “Devo rilevare come si preferisca cavalcare la polemica invece di tutelare l’interesse del sistema sanitario e dei piemontesi”, osserva Saitta.

A “Un mare di libri” si parla di ricette di guerra

Venerdì 10 agosto alle ore 21,15 presso il Chiostro Ester Siccardi di Albenga nuovo appuntamento con gli eventi di “Un Mare di cultura “ organizzati dal Centro Pannunzio e dal DLF. Il Prof. Pier Franco Quaglieni e il Dott. Nino Boeti, Presidente del Consiglio regionale del Piemonte, presenteranno il libro “Donne e cucina in tempo di guerra. Dal ’39 al ’45: il conflitto raccontato attraverso le ricette “della fame” (ed. Susalibri) di Bruna Bertolo. Il libro, corredato da un ampio apparato fotografico, è una vera e propria immersione nel quotidiano degli italiani durante la Seconda Guerra Mondiale; accanto alle ricette ritrovate nei giornali o raccolte attraverso preziose testimonianze orali, è presente il racconto dei costumi di quegli anni, la narrazione di storie personali di coraggio e di sacrificio di un’Italia sofferente, devastata dai bombardamenti e obbligata a trasformare radicalmente le proprie abitudinialimentari. Nella prefazione, il Prof. Quaglieni spiega che questo libro «serve ai giovani per conoscere ed a chi ha un’età diversa per ricordare un passato che tanti italiani hanno dovuto affrontare». Sottolinea che le donne nutrivano i famigliari con le ricette del “poco e del senza”; le massaie italiane infatti, con molta fantasia e inventiva, riuscivano a rendere meno intollerabile la cucina “della fame”, fatta di pochissimi ingredienti, di scarti e avanzi. Questo libro dunque non solo propone spunti di riflessione riguardo alla sofferenza patita dai nostri avi e alla capacità tutta femminile di ricavare il meglio possibile da ogni situazione, ma invita anche a fare un confronto tra quelle condizioni di vita e le nostre, di generazione “privilegiata” che vive in pace e in una condizione di benessere. Al termine della presentazione saranno offerti degli assaggi tratti da alcune ricette del libro.

La Juve si allena alla Continassa

Cristiano Ronaldo e i bianconeri hanno ripreso la preparazione estiva alla Continassa. Il profilo Twitter della Juventus scrive: “Buongiorno…di corsa!”, pubblicando le immagini dell’allenamento mattutino, proseguito poi nel pomeriggio. Da domani la ripresa completa con i giocatori di ritorno dagli Stati Uniti con Mario Mandzukic . Al Training Center della Juventus, ad assistere all’allenamento c’era il vicepresidente Pavel Nedved.

Caccia al ladro: spariti gioielli per 150 mila euro nell’hotel dei vip

DALLA SARDEGNA Un colpo da maestro, con bottino da circa 150 mila euro, all’hotel Pitrizza di Porto Cervo, uno degli alberghi più esclusivi della Costa Smeralda, appartenente alla catena Marriott International di proprietà del fondo sovrano del Qatar. Un ricco cliente ha denunciato il furto delle cassaforte della villetta dell’hotel dove sarebbero stati custoditi dei gioielli di grande valore. Le indagini sono affidate ai carabinieri.

 

Quel che resta di Italia ’61

Nelle immagini scattate da Mario Alesina tutto il degrado dell’area di Italia ’61, da Palazzo del Lavoro alla monorotaia. Un brutto biglietto da visita per la città di Torino che si vuole candidare nuovamente ai Giochi olimpici invernali.

112, il commento dei sindacati

“PRIMA DI TUTTO LA SICUREZZA DEI CITTADINI. L’ALLUNGAMENTO DEI TEMPI È UN FAVORE AI CRIMINALI”

RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO L’aggressione avvenuta ai danni di due donne nel centro di Torino è l’ennesimo disservizio legato al funzionamento del NUE 112 italiano, un fatto di gravità inaudita che avrebbe potuto avere conseguenze irreparabili. Questo episodio conferma quanto abbiamo denunciato da tempo, l’allungamento dei tempi porta inevitabili problemi ed in questo caso è un favore alla criminalità. Non abbiamo dimenticato i toni trionfalistici proferiti dai vertici istituzionali delle Forze dell’Ordine, dei Vigili del Fuoco e della Sanità in un convegno tenutosi a Roma su questo scandaloso modello organizzativo, costoro dovrebbero chiedere scusa, tutti senza eccezione. La santificazione del 112 così com’è strutturato è già di per sé irresponsabile ma la colpevolizzazione delle vittime (autrici secondo il responsabile del NUE piemontese, di scarsa collaborazione durante la chiamata), è davvero intollerabile. Nell’esprimere la nostra piena e incondizionata solidarietà alle due vittime di questo atto criminale chiediamo le dimissioni immediate del responsabile del NUE Danilo BONO, tra i maggiori artefici di questo disastro.

 

Professioni Infermieristiche Vigili del Fuoco Polizia di Stato

NURSIND: COPPOLELLA

CONAPO: CAMBURSANO

SIULP: BRAVO

UIL PA VVF: DE NIGRIS

SIAP: DI LORENZO

CONFSAL: ASTRELLA

FNS CISL: MAZZITELLI

Sindone: “Il sangue appartiene a una persona torturata”

Ora, a smentire un recente studio che aveva valutato come “tarocche” la maggior parte delle macchie di sangue sul sacro lino, una nuova ricerca italiana sostiene  che il sangue presente sulla Sindone  è vero e appartiene a una persona torturata. Sangue che è rosso e non marrone, così  come dovrebbe essere un sangue antico, in quanto il telo sarebbe stato esposto alla luce ultravioletta,  che ne ha alterato il colore originale. La ricerca è stata  pubblicata su Applied Optics, ed è coordinata da Paolo Di Lazzaro, dell’Enea, vicedirettore del Centro Internazionale di Sindonologia. Dallo studio emerge che nel sangue del telo è presente la metaemoglobina, sostanza frutto della degradazione dell’emoglobina fortemente ossidata e invecchiata. Ciò confermerebbe che si tratta di sangue antico e ricco di bilirubina, presente nelle persone percosse violentemente.

Alpinisti dispersi, proseguono le ricerche

Sono riprese le ricerche dei tre alpinisti italiani dispersi sul versante francese del Monte Bianco. Si tratta di  un militare del soccorso alpino delle fiamme gialle di Bardonecchia, Alessandro Lombardini,  del fratello Luca e della sua ragazza Elisa Berton. I tre giovani sono stati visti l’ultima volta a Chamonix. La gendarmeria francese, dopo l’allarme lanciato dall’Italia, al momento non li ha trovati.

 

(foto archivio)