redazione il torinese

Peperò è in arrivo

 69^ edizione dal 31 agosto al 9 settembre 2018 a Carmagnola (TO). Tutti gli eventi sono gratuiti tranne le cene e le degustazioni a tema nel Salone Antichi Bastioni www.fieradelpeperone.it

La Fiera Nazionale del Peperone di Carmagnola è la più grande manifestazione fieristica italiana dedicata a un prodotto agricolo, con 10 giorni di eventi gastronomici, culturali ed artistici per tutti i sensi e per tutte le età, che nel 2017 ha creato un impatto economico sul territorio di oltre 10 milioni di euro.  Ci saranno i concerti di LUCA BARBAROSSA e PLATINETTE,  cabaret tutte le sere in collaborazione con il Cab41 e tanti altri spettacoli, l’Accademia San Filippo con talk food, un eccezionale percorso sensorialecaffè letterariseminari d’assaggio e show-cooking con i giornalisti Paolo Massobrio e Renata Cantamessasfide tra decine di food-blogger italiani e stranieriarea bimbi, la grande Piazza dei Saporicene e degustazioni a temainiziative solidali e di alta sostenibilità sociale, punti pet-service per cani e gatti, spazio ed eventi dedicati alla canapa, ecc…. Un importante evento collaterale di questa edizione è “Il Foro Festival” che allestisce una nuova grande area spettacoli nella quale vengono proposti un evento per i giovanissimi con la Silent Disco il 2 settembre il concerto di ERMAL META il 3 settembre.


Dal 31 agosto al 9 settembre 2018 si svolge la 69^ edizione della “Fiera Nazionale del Peperone di Carmagnola”, una delle più grandi e qualificate manifestazioni italiane nel settore dell’enogastronomia, la più grande dedicata a un prodotto agricolo, che ogni anno propone 10 giorni di eventi gastronomici, culturali, artistici, sportivi ed esperienze creative e coinvolgenti per tutti i sensi e per tutte le fasce di età. In una immensa area espositiva di circa 18.000 mq i visitatori troveranno concerti con ospiti principali LUCA BARBAROSSA e PLATINETTEcabaret tutte le sere con gli artisti del Cab41, la grande Piazza dei Sapori ed altre aree enogastronomiche, la rassegna commerciale con 250 espositori, la novità dell’Accademia San Filippo con un eccezionale percorso sensoriale sul Peperone, talk food, seminari d’assaggio, caffè letterari, show-cooking e altri eventi condotti dai giornalisti Paolo Massobrio Renata Cantamessa, contest per decine di food-blogger italiani e stranieri, la tradizionale Festa di Re Peperone e la Bela Povronera con sfilata di centinaia di personaggi in costumi d’epoca e ancora il raduno di auto storichearea bimbi con attività e spettacolicene e degustazioni a tema nel Salone Antichi Bastioni, spazio ed eventi dedicati alla canapainiziative solidali e di alta sostenibilità, punti pet-service per cani e gatti, mostre, convegni, esibizioni sportive, ecc… Un importante evento collaterale di questa edizione è “Il Foro Festival” che allestisce una nuova grande area spettacoli nella quale vengono proposti un evento per i giovanissimi con la Silent Disco il 2 settembre il concerto di ERMAL META il 3 settembre.
Il Foro Festival viene organizzato da Comune, Pro Loco e Consulta Giovanile di Carmagnola ed il concerto del vincitore dell’ultimo Festival di Sanremo e a pagamento con biglietti acquistabili su ticketone.it  

Da otto anni la kermesse viene riconosciuta ufficialmente come Manifestazione Fieristica di Livello Nazionale e nelle ultime edizioni ha registrato un crescente successo con oltre 250.000 visitatori ogni anno e una grande e crescente ricaduta economica sul territorio, stimata in oltre 10 milioni di euro nel 2017 da una qualificata ricerca universitaria. È anche una delle più grandi manifestazioni urbane in Italia, con vie e piazze che vengono trasformate nell’aspetto e nel nome e con una attenta ricerca sulla qualità e sul legame coi territori che permette di proporre le migliori eccellenze nazionali ed accontentare tutti i gusti. Tutti gli eventi sono gratuiti tranne le cene a tema nel Salone Antichi Bastioni e gli eventi del “Il Foro Festival”

“Museiamo” a Ferragosto

DAL 13 AL 15 AGOSTO

L’iniziativa è singolare e allettante. Rivivere la storia dell’unificazione italiana, percorrendo in lungo e in largo le austere sale, con i tanti reperti e le collezioni (oltre 2.500 pezzi databili fra il 1706, anno dell’assedio di Torino, e il 1946, anno di nascita della Repubblica italiana) del Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino, accompagnati da guide eccezionali e francamente impensabili ma altamente verosimili, quali i più celebri personaggi risorgimentali – quelli che fecero l’Italia, per intenderci – guidati niente meno che da Giuseppe Garibaldi. Che potrà anche permettervi di accedere, con indubbia – da parte sua – cognizione di causa, a quella prestigiosa Camera dei Deputati del Parlamento Subalpino, attiva dal 1848 al 1860, ancora oggi intatta e con tanto d’arredamento d’epoca, compresi gli scranni dove sedettero parlamentari del calibro di un Cavour, di un Massimo D’Azeglio o di un Cesare Balbo, così come di un Vincenzo Gioberti o dello stesso leggendario “eroe dei due mondi”, sicuramente fra i personaggi storici italiani più celebri al mondo. E, del resto,quale migliore “cicerone” per visitare il più antico e importante Museo dedicato al periodo risorgimentale italiano e l’unico che possa ufficialmente fregiarsi del titolo di “Nazionale”? L’occasione è da prendere al volo per quanti – turisti e torinesi – trascorreranno questo Ferragosto all’ombra, mai tanto gradita come in questi giorni, della Mole. A Palazzo Carignano, l’edificio barocco del Guarini sede del Museo, queste speciali visite guidate (realizzate in collaborazione con Artò e Oikos Teatro) le hanno giustamente definite “teatrali”, con tanto di abiti e costumi d’epoca indossati da riconoscibilissimi personaggi altrettanto d’epoca, interpretati da attori-guida scelti a raccontare il Museo e la grande storia in esso custodita attraverso atmosfere, percorsi, suggestioni, aneddoti e curiosità assolutamente inconsuete e – perché no? – divertenti. L’appuntamento è per le giornate del 13, 14 e 15 agosto, alle ore 14,30 e 16. Il costo della visita teatrale è di 5 euro, da aggiungere al prezzo del biglietto di ingresso; è possibile prenotare allo 011/5621147. Da segnalare che il Museo resterà sempre comunque aperto durante il ponte di Ferragosto, dalle ore 10 alle 18. Anche per permettere ai visitatori di non perdersi gli ultimi giorni della mostra fotografica “Arma il prossimo tuo. Storie di uomini, conflitti, religioni” allestita negli spazi museali fino al prossimo 9 settembre. In esposizione troviamo centodieci scatti realizzati dai fotoreporter Roberto Travan e Paolo Siccardi in alcuni dei luoghi del mondo devastati negli anni più recenti e ancor oggi da guerre. Un percorso di grande emozione che ricerca e racconta, come forse mai si sia fatto finora, un aspetto poco rivelato: la fede in un Dio e il dovere inspiegabile di combattere uccidere e morire in nome di quella stessa fede.

Gianni Milani

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Museo Nazionale del Risorgimento Italiano – Palazzo Carignano, via Accademia delle Scienze 5, Torino; tel. 011/5621147 – www.museorisorgimentotorino.it

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Nelle foto
– “Museiamo”
– Il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino
– Paolo Siccardi: “Siria”
Siria – Aleppo; 2012.; Giovani combattenti dell’esercito siriano di liberazione si lanciano in battaglia; al grido di “Allah Akbar”: “Allah è grande”.; (foto P. Siccardi)

 

Alghe e non solo: controlli dei civich sul Po

In questi giorni gli agenti del Comando della VIII Sezione Circoscrizionale San Salvario/Borgo Po della Polizia Municipale, con i colleghi della VII Sezione Circoscrizione Aurora/Valdocco/Madonna del Pilone e i tecnici di Enea ed Arpa, stanno effettuando controlli sul fiume Po, nel tratto torinese. A bordo degli equipaggi fluviali della Polizia Municipale viene monitorata la situazione delle acque, con  particolare attenzione alla presenza di alghe infestanti che, al momento, non sembrano esserci. Gli agenti sono poi impegnati a controllare che non vi siano “residenze” non autorizzate sui margini del fiume e scarichi vietati.

 

(foto: Mario Alesina)

“Il piccolo almanacco di Radetzky”

A galleggiare  su tutto, come un velo di nebbia,  l’assurdità assoluta e palpabile della guerra. Un “catalogo poetico” di straordinario fascino

radetzky austria

C’è un piccolo libro ( ma solo per le sue dimensioni)  che nel 1982 suscitò curiosità e interesse. Lo aveva pubblicato Adelphi e s’ intitolava “Il piccolo almanacco di Radetzky”. L’autore, Gilberto Forti, raccontava le cronache – in versi –  sui grandi scrittori e artisti dell’Impero asburgico, nell’ora del suo tramonto, e su sei vittime della seconda guerra mondiale. Un libro decisamente bello e originale che apriva uno sguardo sulla Grande Guerra attraverso gli occhi di grandi personaggi passati poi alla storia per altri motivi (Freud, Musil, Kraus e tanti altri) che si trovavano, in quelle pagine,  messi a confronto con eventi piccoli ,  quotidiani, a volte assurdi.

radetzky fortiEd a galleggiare  su tutto, come un velo di nebbia,  l’assurdità assoluta e palpabile della guerra. Un “catalogo poetico” di straordinario fascino,in cui si trova Hofmannsthal che presagisce la fine della “nostra vecchia Austria, assediata da ombre nere, da torbidi presagi”, il tenente Musil che vede in faccia la morte sul campo di battaglia, Kafka che in sogno immagina le future camice brune naziste, Edith Stein che si fa suora cattolica ma muore in un lager come martire ebrea, Freud che spiega ai suoi alunni la connessione tra coraggio soldatesco e viltà scientifica. “Non abbiate timore. A prima vista / può sembrare poesia, ma sono storie / di due guerre, raccolte da un cronista / che si è perduto fra vecchie memorie. / Il testo, anche se ha righe disuguali, / non differisce in nulla da una prosa, / con nomi, date e luoghi ben reali – / sia documento o cronaca o altra cosa”.

radetzky cecco beppeCon questa chiave di lettura, Forti apre il suo racconto per poi sfogliare, pagina dopo pagina,  gli “annali dispersi” dell’Impero asburgico, cogliendone le voci e riproducendole, trascritte in versi discorsivi su persone e vicende. Così s’incontrano la famiglia Canetti al concerto, l’ultima ora dell’Imperatore,  il Golem  che appare a Gustav Meyrink, il suo “biografo”. E ancora: Ettore Schmitz tra i naufraghi del Wien,  Wittgenstein in viaggio da Asiago a Cassino, Oskar Kokoschka  che è dato per disperso o  l’epidemia che uccide Egon Schiele.  “Esistono incantevoli libri segreti che raddoppiano, anche per questa loro qualità, il piacere della lettura. Il radetzky forti2piccolo almanacco di Radetzky appartiene a quel genere”, scrisse Corrado Augias. Aggiungendo come “in un periodo così affollato di cronache, romanzi, storie, Forti è stato capace di mettere insieme avvenimenti ed episodi che mai nessuno prima aveva accostato con tanta appassionata perizia e finezza d’evocazione. Così facendo ci dà di quegli anni di guerra un volto inaspettato e più d’una sorpresa”. Quelle narrate da Forti ( eccellente traduttore, morto nel 199 a 77 anni)  sono storie familiari e remote, trascritte come fogli di un “lunario” che racconta, dal 1914 al 1918, anno per anno, mese per mese, il tramonto dell’Impero e le vicende personali dei suoi scrittori e dei suoi artisti, fino alla sconfitta che distruggerà la vecchia compagine e libererà nuovi demoni. In pratica, la fine di un mondo e di un modo d’intendere la vita e i rapporti tra gli uomini che non avrebbe più avuto eguale.

Marco Travaglini

Nagasaki, 9 agosto 1945: il giorno in cui il sole cadde nuovamente sulla terra

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L’obiettivo primario era la città di Kokura, non distante da Fukuoka, nella parte settentrionale dell’isola di Kyushu, sede di un grande deposito di munizioni dell’esercito giapponese.  Ma il cielo era coperto di nubi e la visuale pessima. Così  si optò per l’alternativa e questa portava il nome di Nagasaki

Nagasaki si estende al centro di una lunga baia, che rappresenta il miglior porto naturale dell’isola di Kyūshū, nel sud del Giappone. Il suo nome, letteralmente, significa  “lunga penisola”. Il 9 agosto del 1945 diventò il secondo obiettivo su cui sganciare una bomba atomica. Il bombardiere B-29 Superfortress  dell’aviazione americana (esemplare numero 44-27297, ribattezzato “Bockscar”) portava in pancia “Fat Man” (in italiano “ciccione“). Quel nomignolo era stato assegnato alla Model 1561 (Mk.2), la terza bomba atomica approntata nell’ambito del Progetto Manhattan, il secondo e ultimo ordigno nucleare mai adoperato in combattimento. In origine non era previsto che la città di Nagasaki finisse nel mirino dell’aereo pilotato dal  maggiore Charles W. Sweeney.

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Era, come si usa dire, “la seconda scelta”. L’obiettivo primario era la città di Kokura, non distante da Fukuoka, nella parte settentrionale dell’isola di Kyushu, sede di un grande deposito di munizioni dell’esercito giapponese.  Ma il cielo era coperto di nubi e la visuale pessima. Così  si optò per l’alternativa e questa portava il nome di Nagasaki. Così la bomba finì  sulle acciaierie Mitsubishi situate poco fuori quella città. “Fat Man” esplose a un’altezza di mezzo chilometro sulla città e sviluppò una potenza di 25 chilotoni, quasi il doppio di “Little Boy” , l’ordigno sganciato dal bombardiere “Enola Gay” che esplose tre giorni prima su Hiroshima. Ma, dato che Nagasaki era costruita su un terreno collinoso, il numero di morti fu inferiore a quelli prodotti dalla prima bomba. A Hiroshima morirono istantaneamente per l’esplosione nucleare tra le 66.000 e le 78.000 persone e una cifra simile rimase ferita. Per due volte, in tre giorni, il sole cadde sulla terra. Un numero elevato di persone persero la vita nei mesi e negli anni successivi a causa delle radiazioni e molte donne incinte persero i loro figli o diedero alla luce bambini deformi. Il numero totale degli abitanti uccisi a Nagasaki venne valutato attorno alle 80.000 persone, incluse quelle esposte alle radiazioni nei mesi seguenti.

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La sorte volle che tra le persone presenti a Nagasaki quel 9 agosto di settant’anni fa  vi fossero anche un ristretto numero di sopravvissuti di HiroshimaEntrambe città furono rase al suolo. Un disastro che costrinse, meno di una settimana dopo, il 15 agosto 1945, l’imperatore del Giappone Hirohito a presentare agli alleati la resa incondizionata. Con la firma dell’armistizio, il 2 settembre del 1945, si concluse di fatto il secondo conflitto mondiale. Settant’anni dopo i bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki, due ospedali della Croce Rossa giapponese stanno curando migliaia di persone che continuano a patire le conseguenze di questi attacchi. Secondo fonti ufficiali della Federazione internazionale della Croce Rossa e della Mezza Luna Rossa questi ospedali – nel 2014 – si sono presi cura di 4657 vittime dell’esplosione a Hiroshima e 6030 di quella di Nagasaki.

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Si calcola inoltre che diverse migliaia di queste persone continueranno ad avere necessità di cure, nei prossimi anni, per le problematiche legate alle radiazioni. In totale, tra i due centri sanitari sono stati ospedalizzati 2,6 milioni di persone per le conseguenze legate alle radiazioni. Il 63 % dei decessi registrati nell’ospedale di Hiroshima, in funzione dal 1956, sono stati causati da diversi tipi di cancro. Tra questi, il 20 % per cancro al polmone, il 18 % per cancro allo stomaco, il 14 % per neoplasie al fegato, il 7 % per cancro all’intestino e un altro 6 % dai linfomi maligni. Nell’ospedale di Nagasaki, che cominciò a funzionare nel 1969, i morti per cancro rappresentano, fino a marzo dell’anno scorso, il 56% del totale. Secondo la Croce Rossa, l’incidenza di leucemia tra i sopravvissuti dei bombardamenti fu di quattro o cinque volte superiore rispetto alle persone non esposte alle radiazioni durante la prima decade, e diminuì successivamente. Una contabilità tremenda, eredità diretta di quello che fu l’inizio dell’era del terrore nucleare. Settanta anni dopo, la memoria di ciò che è stato deve indurre a far sì che nessuno debba più scrivere, di fronte alle atrocità della guerra, quello che il copilota, capitano Robert A. Lewis , annotò sul diario di bordo del bombardiere “Enola Gay” dopo aver verificato con un binocolo gli effetti della bomba sganciata su Hiroshima: “My God what have we done?”, ““Dio mio, cosa abbiamo fatto?”.

Marco Travaglini

La notte della Sindone

La notte del 10 agosto la Cappella della Sindone a Torino sarà aperta per la venerazione straordinaria dei giovani delle diocesi di Piemonte e Valle d’Aosta che giungeranno al Duomo della capitale Sabauda per il pellegrinaggio in preparazione dell’incontro che i Millennials (i nati fra gli ’80 e il 2000) d’Italia avranno, a Ferragosto, a Roma, con Papa Francesco. Il Sacro Lenzuolo misura quattro metri e 40 di lunghezza per uno e 13 di larghezza. Nonostante sia ormai assodato scientificamente come un falso storico (non avvolgeva il corpo di Cristo), la Sindone ha da sempre suscitato l’interesse di studiosi e non e non solo dei credenti. Tuttavia, il Sacro Lino, va considerato non dal punto di vista storico e scientifico, ma bensì come rappresentazione religiosa di quello che esprime: la passione del Cristo secondo i Vangeli.

Ma oltre alla Sindone di Torino, c’è un altro mistero suggestivo in Abruzzo, molto meno conosciuto, quella di Manoppello, ma molto emblematico. Questa reliquia di origine ignota vi giunse nel 1506, portata da un no identificao pellegrino, scomparso,dopo aver consegnato il Velo al fisico Giacomo Antonio Leonelli. Anche qui, fede, leggenda si mischiano d è difficile separare l’una dall’altra ed è un’altra Via della Fede. Tuttora conservata nel Santuario abruzzese di Manoppello ha ricevuto il 1º settembre 2006, la visita, in forma privata, di papa Benedetto XVI che non si è mai espresso sul volto che rappresenta, ma ha elevato il Santuario a Basilica minore. Tre reperti sacri: Sindone, Manoppello e Oviedo che faranno sempre discutere perché ci sarà sempre chi cerca Fede e vuole Fede, a prescindere dagli scienziati.

Tommaso Lo Russo

 

Bilancio, da Roma schiaffo alla Regione

Per il Governo le risorse dovevano essere finalizzate  a ridurre il disavanzo regionale. Si tratta dei  200 milioni di euro che il governo regionale ha invece  messo a disposizione del sistema economico piemontese. Ora il Ministero dell’economia e delle finanze attraverso il Consiglio dei Ministri ha impugnato l’articolo 22 della legge piemontese di variazione di bilancio. La Regione Piemonte aveva dirottato quei fondi dalla mancata ricapitalizzazione di FinPiemonte, e secondo il presidente Chiamparino la decisione di Roma “mette a  rischio il sistema economico piemontese che di quelle risorse ha immediata necessità”. Il governatore, con il suo  vicepresidente Aldo Reschigna, ha pertanto chiesto un incontro urgente nella Capitale per definire un percorso che punti alla  rimessa in circolo delle risorse. A difesa della Regione Chiamparino e Reschigna sottolineano che il Piemonte è in anticipo rispetto al piano di rientro e che la Corte costituzionale ha ribadito la necessità di equilibrio nelle politiche di bilancio.

NUE 112, BATZELLA (MLI): I PROBLEMI SONO REALI, NESSUNA STRUMENTALIZZAZIONE

“SAITTA IMPARI AD ASCOLTARE I PROFESSIONISTI DEL SOCCORSO”

“E’ inaccettabile che l’assessore Saitta continui a ripetere che le polemiche sul malfunzionamento del Nue 112 (Numero unico di emergenza) siano solo il frutto di una campagna di strumentalizzazione. Dovrebbe imparare a dialogare e ad ascoltare di più i professionisti che da tempo gli segnalano le tante criticità del servizio”. Lo afferma la consigliera di Movimento Libero Indipendente, Stefania Batzella, che fin dall’introduzione del Nue 112 in Piemonte continua a chiedere a Saitta che si attivi per risolvere i disservizi. “Tutte le volte che ho sottoposto la questione all’assessore alla Sanità – spiega Batzella – non ha mai risposto nel merito, ma si è sempre limitato a snocciolare dati e numeri pensando così di convincere tutti del perfetto funzionamento del servizio. Salvo, poi, ammettere, contraddicendosi, che ci sono degli aspetti da migliorare”. A marzo di quest’anno, in commissione Sanità – prosegue la consigliera di Mli – Saitta ha ascoltato i rappresentanti sindacali dei vigili del fuoco, della polizia e delle professioni infermieristiche Nursind, che gli hanno sottoposto i problemi del servizio, proponendo, anche, l’istituzione in via sperimentale di una centrale operativa interforze. Sono passati mesi e, nonostante la promessa dell’assessore di verificare i problemi ed eventuali soluzioni, nulla è stato fatto”. “Nessuno vuole squalificare un servizio così importante per la popolazione – prosegue Batzella – tantomeno accusare di incompetenza e inefficienza i professionisti del soccorso che ogni giorno lavorano per la sicurezza e l’incolumità dei cittadini. E’ proprio il modello del Nue 112 che non funziona come dovrebbe: è lacunoso dal punto di vista tecnico e a dirlo sono gli stessi operatori che vorrebbero essere messi nelle condizioni di offrire il miglior servizio possibile”.

Con il lancio del disco Daisy riscatta il lancio dell’uovo

Daisy Osakue, della nazionale italiana di atletica, vittima nei giorni scorsi di un lancio di uova che le aveva procurato una ferita a un occhio,  si è qualificata per la finale del lancio del disco ai Campionati Europei di atletica di Berlino. La 22enne torinese di Moncalieri ha effettuato un primo tentativo nullo, poi ha ottenuto il pass con la misura di 58,73. La finale si terrà sabato.

Popolari e Pd, una storia del passato

Di Giorgio Merlo
Forse è giunto il momento per dirlo con chiarezza e senza tanti equivoci. Il voto del 4 marzo, e il dibattito che l’ha seguito, ha rappresentato un vero e proprio spartiacque nella politica italiana.
Almeno su un altro punto, al di là dell’ormai noto rovesciamento politico alla guida del paese, non ci dovrebbero essere più dubbi. E cioè, l’esaurimento dei cosiddetti “partiti plurali”. E, nello specifico, il tramonto definitivo del Pd come “partito plurale”. Del resto, il Partito democratico da almeno 4 anni – cioè dall’irrompere di Renzi al comando di quel partito – e’ diventato a tutti gli effetti un “partito personale”, al punto che molti politologi e autorevoli commentatori, a cominciare dal bravo Ilvo Diamanti, lo avevano unanimemente definito come il “Pdr”, ovvero come il partito di Renzi. E il decollo del “partito del capo”, a prescindere dalla bontà o meno di quel nuovo modello politico ed organizzativo, aveva già di fatto archiviato e messo in soffitta l’intuizione dei fondatori di


quel partito. Cioè di un soggetto politico che riunificava al suo interno culture e filoni ideali diversi
che sino a qualche tempo prima erano alternativi e seriamente competitivi per la guida del paese.
Quell’intuizione originaria e’ stata archiviata per un motivo molto semplice. Nei partiti personali,
come tutta l’esperienza italiana e non solo italiana insegna, il pluralismo culturale e’ tollerato ad
una sola condizione: e cioè, questa pluralità deve coincidere con le posizioni delineate dal “capo”.
Altrimenti, come abbiamo sentito mille volte nel dibattito interno al Pd, ma non solo del Pd, il tutto
viene liquidato come “gufi”, “rosiconi”, “perditempo” e via discorrendo. Ora, la fine prematura del renzismo e la caduta politica di Renzi potrebbe far pensare a qualche simpaticone che l’orologio della storia torna indietro e, come se nulla fosse, si riparte da zero. Ma, come tutti sappiamo molto bene, la storia non si ripete mai come prima. E se adesso il partito


personale – ammesso che Renzi non comandi più in quel partito, cosa alquanto incerta e dibattuta
visti i concreti risultati politici che emergono – potrebbe essere giunto al capolinea, nel Pd emerge
un’altra valutazione politica, del tutto comprensibile e forse anche fondata. Ovvero, dopo la
debacle storica della sinistra italiana, in tutte le elezioni amministrative dal 2015 in poi culminata
con il tracollo del 4 marzo scorso, l’imperativo di larga parte di quel partito e’ uno solo: ricostruire il
pensiero e la cultura della sinistra. Ovvero trasformare il Pd in un nuovo, rinnovato e moderno
partito della sinistra italiana. Per capirci, un Pds rinnovato e moderno. E chi, ingenuamente,
continua a blaterare che dopo il 4 marzo il Pd resta un partito plurale come se nulla fosse capitato
o è un ingenuo, appunto o, nella migliore delle ipotesi, e’ semplicemente un iipocrita. Perché nega
cio’ che è, ormai, sotto gli occhi di tutti. Ora, in un contesto del genere – e cioè, il ritorno legittimo e fondato delle identità politico e culturali, e quindi la trasformazione del Pd in un novello Pds – l’apporto del pensiero popolare o di ispirazione cristiana, della cultura cattolico democratico e del cattolicesimo sociale sarebbe destinato ad essere più un esercizio accademico o retorico che non un fatto politico. Credo che sia, questa, una osservazione altrettanto nota e scontata che non merita neanche di essere


particolarmente approfondita se non per motivi protocollari e burocratici. Perché il ritorno delle
identità nello scenario politico italiano vale per la destra come la Lega correttamente persegue,
vale per il populismo dei 5 stelle, vale per la sinistra con il Pd ma deve valere, a maggior ragione,
anche per la tradizione e la storia del cattolicesimo politico italiano. Del resto, non si capirebbe il
perche’ questa operazione politica e culturale e’ consentita e giustificata per tutti tranne che per un
filone ideale, culturale e politico che è stato decisivo in tutti i tornanti cruciali della storia
democratica del nostro paese. Ecco perché, al di là della buona fede e della bontà delle intenzioni dei singoli, quel che rimane di questa cultura politica nel futuro del Pd non potrà che avere un ruolo del tutto ornamentale e periferico ai fini del progetto e del profilo politico di quel partito. Perché la ricostruzione della sinistra italiana non potrà che avvenire con coloro che rappresentano coerentemente e correttamente la sinistra italiana. E’ una inflessione talmente semplice e banale che non merita ulteriori commenti.