redazione il torinese

Primo anno di mandato a Cavagnolo

Andrea Gavazza è dall’11 giugno 2017 sindaco di Cavagnolo, dopo essere
stato per gran parte della precedente consiliatura vice sindaco nella giunta
di Mario Corsato
Con lui abbiamo fatto un punto al superamento del primo anno di mandato.
“Sono soddisfatto perché abbiamo portato avanti un nuovo modo di fare
amministrazione, una condivisione della responsabilità amministrativa che
ha permesso di ottenere risultati in diversi ambiti. Sono stati così raggiunti
obiettivi   strategici   importanti   tra   cui   la   fase   di   avvio   del   cantiere   Rsa,
l’acquisizione dell’area ex Rocca, il completamento dei lavori del refettorio
scolastico, l’impianto di videosorveglianza, la nuova rotatoria, le luminarie
natalizie,   la   manutenzione   straordinaria   degli   impianti   sportivi   e   tante
piccole e opere. Naturalmente questo risultato con tutti gli amministratori e
dipendenti   che   mi   hanno   affiancato   nell’azione   per   raggiungere   tali
traguardi”.
Che rapporto ha Cavagnolo con la Città Metropolitana di Torino ed altri
enti territoriali ?
Con la Città Metropolitana riguardo ai temi in cui ha voce, c’è confronto
soprattutto per la viabilità. Ad esempio su questo la manutenzione delle
asfaltature è carente. E stiamo anche lavorando per ottenere la riattivazione
della linea ferroviaria da Chivasso a Brozolo. Con altri enti si lavora per
arrivare alla realizzazione di un eco – centro a Cavagnolo per raccolta e
smaltimento dei rifiuti indifferenziati del nostro comune e dintorni
Cavagnolo ha conosciuto la drammatica problematica dell’amianto, più di
altri comuni del Torinese.
Avete qualche iniziativa a tal proposito ?
Il 27 aprile è stato organizzato qui in convegno “Amianto Zero” di valenza
reginale, in collaborazione con Arpa Piemonte. Abbiamo riaperto il bando
comunale   per   la   bonifica   che   prevede   contributi   per   la   rimozione   e   lo
smaltimento   di   amianto   da   parte   dei   privati   e   abbiamo   avuto   diverse
richieste.
Cavagnolo e Brusasco: oggi quanto è forte il senso del campanile ?
C’è un senso di appartenenza quasi goliardico che contrasta un poco con
l’evidente   constatazione   che   siamo   un’unica   comunità   insediata   sul
medesimo territorio
Massimo Iaretti

Due giovani motociclisti muoiono nello scontro con una Panda

Sono due ragazzi i motociclisti  morti in un incidente avvenuto ieri verso le 23  Erano insieme su una Honda quando si sono scontrati con una Fiat Panda in corso Bramante, all’incrocio con corso Lepanto.  Le vittime sono Mattia Visconti, 25 anni, alla guida della moto e Rossano Boccaforno di 22 anni. Il semaforo era acceso, quindi uno dei due mezzi è passato  con il rosso. In corso gli accertamenti della polizia municipale.

Come la Cina

Penso che in questi anni il Vice  Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro dello Sviluppo Economico abbia avuto come riferimento, per un motivo di provenienza geografica ,da eguagliare e superare , San Gennaro ed il suo miracolo che si ripete ogni anno, della liquefazione del sangue. Il passo successivo non poteva che essere eguagliare San Francesco, santo patrono della nostra Italia . San Francesco , nella speranza  che in questi giorni difficili vegli su di noi, ha fatto dell’attenzione verso i poveri il centro della sua opera. . Questi pensieri li ho avuti chiari  giovedì sera , 27 settembre, quando ho visto le immagini televisive dei ministri e del “nostro ” Vice Primo Ministro che si sbracciavano ,dal balcone di Palazzo Chigi, con scarso senso del ruolo istituzionale ,  più che per i pochi parlamentari e militanti cinque stelle presenti in piazza  , per i giornali, le televisioni e soprattutto per i social media. Con una gioia tanto sguaiata quanto esagerata . Il motivo, avere approvato in Consiglio dei ministri il DEF ( documento economico finanziario ). Il provvedimento, che dovrà essere votato dal Parlamento , porta per i prossimi tre anni un aumento  del 2,4% del deficit italiano. Provvedimento scellerato che porterà l’Europa a bocciare la manovra, con tutte l conseguenze, ed ha già determinato un primo aumento dello “spread ” ed un netto calo della borsa italiana. Si sono bruciati in un giorno solo ventiquattro miliardi di euro , cioè più della metà della manovra finanziaria di 40 miliardi di euro. Così un paese già indebitato decide di indebitarsi ulteriormente . Ho ascoltato incredulo il Vice Primo ministro annunciare esaltato, non tanto e non solo il reddito di cittadinanza e  la “flat tax” , ma che è stata abolita la povertà. L’esaltazione penso fosse dovuta al fatto di avere raggiunto e superato i due grandi santi italiani . Così mentre tutti i commentatori parlavano e parlano di sfida all’Europa , di un azzardo che può portare al disastro e che rende evidente l’intenzione , paventata all’inizio e poi messa da parte dalla Lega e dal M5S , di forzare per uscire dall’Europa., il famoso ” Piano B”, a me ha fatto ricordare due fatti distanti e diversi tra di loro ma allo stesso tempo molto simili. Il primo nazionale ed il secondo internazionale. Quello nostrano , successo diversi anni fa , quando per decreto si innalzarono i parametri dell’atrazina  e così miracolosamente l’acqua continuò  ed essere potabile. Il fatto internazionale  riguarda invece quel grande paese che è la Cina dove, per legge, se la temperatura supera i 42 gradi centigradi i lavoratori ricevono un aumento della paga oraria. Il controllo della temperatura , però, è rigidamente in mano governative e quindi , tranne casi rarissimi,  la temperatura rimane sempre sotto i quarantadue gradi centigradi. Così per volere del governo in Cina stanno ” freschi” ed  in Italia non ci saranno più poveri. Il prossimo che mi chiede l’elemosina chiamo la polizia e chiedo che venga denunciato per azione antigovernativa

La “natura delicata” di Enrico Reycend

FINO AL 20 GENNAIO 2019

Una mostra-omaggio, assolutamente “dovuta”. A trent’anni dall’ultima importante “rievocativa” allestita nell’estate del 1989 al Palazzo – Liceo Saracco di Acqui Terme e curata da Angelo Dragone, si torna finalmente ad omaggiare con un’altra importante retrospettiva la figura di Enrico Reycend (Torino, 1855 – Torino, 1928), fra i più sensibili ed originali interpreti del Figurativismo piemontese, a cavallo fra Otto e Novecento, e artista troppo a lungo dimenticato dalla critica e dalla storia dell’arte novecentesche. Il plauso va, ancora una volta, alla Fondazione Accorsi-Ometto che nell’omonimo Museo di Arte Decorative (in via Po 55, a Torino) prosegue nel suo lodevole intento di riscoperta dei pittori piemontesi dell’Ottocento, dedicando proprio a Reycend una significativa antologica, curata da Giuseppe Luigi Marini in collaborazione con lo Studio Berman di Giuliana Godio, e che con oltre settanta opere in esposizione traccia una panoramica decisamente esaustiva dell’attività del pittore, dagli esordi agli anni tardi della sua produzione. Torinese di nascita (ma la famiglia era originaria di Monestier de Briançon, nel Delfinato), Reycend fu allievo di Fontanesi e di Delleani all’Accademia Albertina, che lasciò nel 1872 senza diplomarsi. Primo esordio alla Promotrice con due paesaggi della periferia torinese: correva l’anno 1873. Dal 1874 al 1920 espose pure nelle sale del Circolo degli Artisti e in diverse città italiane, prendendo parte anche alle prime tre Biennali di Venezia e diventando un’alternativa, in chiave più intimistica e poetica (d’impronta fontanesiana quindi) al verismo di Delleani. Fondamentale fu nel 1878 la partecipazione all’Esposizione Universale di Parigi – dove anche in seguito compirà vari soggiorni – e l’incontro ravvicinato con la pittura di Jean-Baptiste Camille Corot, per lui, insieme a Fontanesi e ai paesisti di Rivara, la voce in allora più innovativa in campo pittorico. E su questa linea, Reycend manterrà nel tempo una propria originale cifra stilistica, con i suoi suggestivi scorci torinesi, i limpidi paesaggi canavesani, la lirica “pace montanina” e le assolate marine del Ponente ligure; fedele sempre ai richiami di una natura “delicata”, raccontata attraverso rapide essenziali impressioni di segno e colore, mai barattabili con le nuove (per lui incomprensibili) sperimentazioni avanguardistiche, diventate sirene ammalianti di molta arte del primo Novecento. Doti preziose di un pittore-galantuomo, ma pecche inaccettabili per la critica militante d’allora. Pecche che, oltre a provocarne il tracollo economico, crearono il vuoto intorno a lui e portarono all’oblio la sua pittura, “condannata, come in generale l’Ottocento italiano, a espressione di una cultura attardata e sostanzialmente provinciale”. Dalla sua morte, 21 febbraio 1928, trascorreranno più di vent’anni per arrivare alla “riscoperta” dell’artista e delle caratteristiche “uniche” del suo personalissimo linguaggio poetico. Solo nel 1952, infatti, in occasione della Biennale di Venezia, il grande storico dell’arte Roberto Longhi, occupandosi dei “paesisti piemontesi”, volle autorevolmente aggiungere alla triade Fontanesi – Avondo – Delleani il nome e le opere di Reycend. Non solo. Sulle pagine di “Paragone”, Longhi rivelò anche il proprio interesse di collezionista per le opere dell’artista torinese, riconoscendolo come “il più informato pittore del proprio tempo per l’originale linguaggio di tangenza impressionista”; al punto che lo stesso storico mise insieme una piccola ma selezionata collezione di sue opere che, sempre nel 1952, generosamente donò alla Galleria d’Arte Moderna di Torino. Un autentico imprimatur piovuto dal cielo, che servì a sdoganare presso la critica in generale e, in particolare, presso quella piemontese la figura di Enrico Reycend, che da allora venne ricordato in numerose rassegne e, nel 1955, con una grande retrospettiva di oltre cento dipinti organizzata alla subalpina Galleria “Fogliato”, con un ampio testo critico di Michele Biancale e un acuto saggio introduttivo di Marziano Bernardi. Tante e interessanti rassegne. Piccole luci. Fino all’antologica, di cui s’è inizialmente detto, realizzata nell’’89 ad Acqui Terme. E oggi, dopo trent’anni (trent’anni!), eccoci qui con la bella retrospettiva ospitata, fino al prossimo 20 gennaio, al Museo Accorsi– Ometto. Ohibò, non sarà mica il caso di aspettarne altri trenta, di anni, perché si torni a parlare di Reycend? Sotto la Mole. Ma anche altrove. Purché se ne parli. E in tempi ragionevoli.

Gianni Milani

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“La ‘natura delicata’ di Enrico Reycend”

Museo di Arti Decorative “Accorsi-Ometto”, via Po 55, Torino; tel. 011/837688-

www.fondazioneaccorsi-ometto.it

Fino al 20 gennaio 2019 –Orari: mart. – ven. 10/13 e 14/18; sab. dom. e festivi 10/13 e 14/19; lun. chiuso

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Foto

– “Dalle alture torinesi”, olio su tela, 1906
– “Cortile a Salassa”, olio su cartone, 1885-’86
– “L’ombrellino”, matita su carta, 1900
– “Meriggio al mare”, olio su cartone, Collezione Alessandro Fogliato-
– “Il porto di Genova”, olio su tela, 1886

Blocco traffico rinviato di una settimana

I divieti anti smog che sarebbero dovuti partire lunedì 1 ottobre a Torino,  in Piemonte e in tutta la Pianura Padana slittano probabilmente al lunedì successivo, ma si dovrà attendere l’esito del tavolo di lavoro di giovedì. La scelta è avvenuta dopo la decisione della Regione di inserire  deroghe per esentare dal divieto alcune categorie come gli ambulanti, gli artigiani e chi vive o lavora in una zona non servita dai mezzi pubblici. Questo lunedì potranno girare liberamente i veicoli euro 3 diesel.

LA JUVE VINCE E STAVOLTA SCAPPA DAVVERO

di Claudio Benedetto        www.fotoegrafico.net

 

La Juve vince e convince, batte il Napoli 3-1 con doppietta di Mandzukic e gol di Bonucci, e se ne va: è la prima vera fuga di questo campionato. CR7 non segna però decide e incide su tutti i gol, senza dubbio il migliore in campo. Il Napoli parte molto meglio, gioca largo, fa girare bene la palla e soprattutto va quasi subito in vantaggio con Mertens. Dopo il gol sembra controllare una juve sbiadita e svogliata, senza dominare, ma sicuramente neanche con grandi difficoltà. I bianconeri sembrano proprio soffrire e fino alla mezz’ora danno proprio l’impressione di non essere ancora uscita dagli spogliatoi. Ed è qui che si vede CR7… lotta, corre, soffre e soprattutto suona la carica: due tiri pericolosi nel giro di pochi minuti e poi un gran cross per il primo gol di Mandzukic, Juve-Napoli 1 a 1 e partita che cambia! All’inizio del secondo tempo ancora Ronaldo che giganteggia, dà continuità ad una bella ripartenza di Dybala, tira da lontano, Ospina devia sul palo e Mandzukic non può proprio sbagliare spingendo la palla in rete da due passi, sorpasso completato! Il Napoli, comunque sempre molto lucido, prova a reagire, ricomincia a far girare la palla ma rimane in 10 per l’espulsione di Mario Rui. Pur in inferiorità numerica i partenopei vanno vicino (molto) al pareggio ma poi, ancora lui…sempre lui Cristiano Ronaldo: gran colpo di testa in mezzo all’area, palla che probabilmente andrebbe comunque in rete, e Bonucci che si trova il pallone proprio lì e fa 3 a 1, partita finita, Stadium che esulta e Juve che vola a +6 in classifica Siamo a settembre, la strada è ancora molto lunga ma mai come quest’anno c’è la sensazione che la fuga dei campioni d’Italia sia già molto ben impostata. Soprattutto colpisce la capacità dei bianconeri di gestire facilmente le partite dando davvero l’impressione di accelerare o rallentare il ritmo in qualsiasi momento, sempre dal ponte di comando, sempre secondo la propria volontà. Martedì si torna in Champion’s, allo Stadium arrivano gli svizzeri dello Young Boys per provare la fuga anche nel girone di coppa, non ci sarà Cristiano Ronaldo, squalificato, ma le alternative e i campioni sicuramente non mancano.

Tutte le foto su www.fotoegrafico.net

 

 

Oggi al cinema

LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione

 

Blakkklansman – Azione. Regia di Spike Lee, con John David Washington e Adam Driver. Gran Premio della Giuria a Cannes lo scorso maggio, una storia vera dal protagonista Ron Stallworth nel libro “Black Klansman”. Come costui, poliziotto afroamericano, all’inizio degli anni Settanta riuscì a stabilire un contatto con il Ku Klux Klan, mantenne i contatti con il gruppo telefonicamente e inviò un agente della narcotici, ebreo, a infiltrarsi tra le file degli incappucciati. Lee compone il film non rifacendosi soltanto alla realtà ma integra con filmati d’epoca veri o ricostruiti, chiama il vecchio Harry Belafonte a raccontare di violenze del passato, traccia parellelismi con il presente terminando con i fatti di Charlottesville dello scorso anno, ad un raduno di suprematisti bianchi, alle parole di Trump. Durata 128 minuti. (Ambrosio sala 1 e 2, Eliseo Grande, Massimo sala 1 V.O.,The Space, Uci anche V.O.)

 

La casa dei libri – Drammatico. Regia di Isabelle Coixet, con Emily Mortimer e Bill Nighy. Nella provincia inglese degli anni Cinquanta, una giovane vedova di guerra, Florence, decide di aprire una libreria (come la Binoche apriva la sua profumatissima pasticceria in “Chocolat”) ma qualcuno è contrario, per nulla desideroso di avere sotto casa chi voglia spingere alla lettura. Dovrà usare ogni mezzo per dare vita alla sua iniziativa. Durata 103 minuti. (Classico, Due Giardini sala Ombrerosse, GreenwichVillage V.O.)

 

Girl – Drammatico. Regia di Lukas Dhont, con Victor Polster. Opera prima premiata a Cannes, ispirato a una storia vera. Il quindicenne Victor sogna di entrare a far parte dell’accademia di danza di Anversa ma il suo desiderio più grande è quello di affermare fisicamente e non soltanto quella ragazza – Lara – che egli sente in se stesso. L’appoggio completo del padre, le cure ormonali, le prove alla sbarra, in sala, davanti allo specchio, che portano ad avanzare sulle altre, le sofferenze e la crescita del corpo che non ama, le ossessioni. Durata 105 minuti. (Nazionale 2)

 

Gotti – Il primo padrino – Drammatico. Regia di Kevin Connolly, con John Travolta e Stacy Keach. Presentato a Cannes fuori concorso, fortemente voluto da Travolta, occasione per Al Pacino e Joe Pesci per darsela a gambe a lavorazione iniziata, questo è il classico esempio di film schiacciato dalla critica, in special modo quella statunitense, che ha visto una buona dose di ambiguità in quell’alternarsi di scene pronte a tratteggiare con amore un buon padre come il benefattore per cui i questuanti della grande città stravedono e il lato buio delle sparatorie, delle successioni a sangue freddo, dei processi in tribunale. Vedere e ricalibrare. Come l’interpretazione del divo: applaudita per le tante sfaccettature del personaggio o accusata di portare per tutto il film la stessa maschera, immobile e incartapecorita. Durata 112 minuti. (Reposi, The Space, Uci)

 

Hotel Transilvania 3 – Animazione. Regia di Genndy Tartakovski. Terzo capitolo, doveroso considerando il successo dei due che lo hanno preceduto, per l’occasione il conte Dracula si regala un periodo di vacanza con i suoi fedelissimi. Durata 97 minuti. (Massaua, The Space, Uci)

 

Gli incredibili 2 – Animazione. Regia di Brad Bird. La famiglia di supereroi, accresciuta del piccolo Jack Jack, ha aspettato 14 anni per riapparire sugli schermi ma ha fatto letteralmente il botto se soltanto si pensa agli incassi da capogiro raccolti nei soli States. Sarà il disegno o la storia pronta a dare una bella spolverata agli ideali americani, sarà il mestiere collaudato del medesimo sceneggiatore/regista, la puntata numero 2 ha incrociato un largo pubblico e gli effetti benefici si dovrebbero risentire anche qui da noi. Questa volta è mamma Helen a salire in solitaria agli onori della cronaca, chiamata a imprese piuttosto ardue che dovrebbero rivalutare i veri valori dei supereroi caduti per qualche guaio commesso in disgrazia. Per cui papà Bob è obbligato a restarsene in casa, a badare ai primi batticuori dell’adolescente Violet, ai primi exploit di Jack Jack che subito rivela poteri inaspettati: ma il cattivo di turno ricomporrà la famiglia nuovamente pronta a nuove avventure. Durata 118 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Mamma mia! Ci risiamo – Commedia musicale. Regia di Ol Parker, con Amanda Seyfried, Meryl Streep, Colin Firth, Andy Garcia e Cher. La stessa isola greca, per fortuna ancora le musiche e le canzoni degli Abba, passato e presente si rincorrono intorno alla vita di Donna, Cher chiamata a travestirsi da nonna, qualche vistosa forzatura per ripetere il successo del precedente appuntamento. Durata 114 minuti. (Massaua, GreenwichVillage, Reposi, Uci)

 

Michelangelo – Infinito – Documentario. Regia di Emanuele Imbucci, Con Enrico Lo Verso e Ivano Marescotti. Un ritratto avvincente e di forte impatto emotivo e visivo dell’uomo e dell’artista, da un lato schivo e inquieto, capace di forti contrasti e passioni, ma anche di grande coraggio nel sostenere le proprie convinzioni e ideologie, di pari passo con il racconto cinematografico della sua vasta produzione artistica, tra scultura, pittura e disegni, con spettacolari riprese in ultra definizione e da punti vista indediti ed esclusivi, cui si aggiungono ricostruzioni sorprendenti attraverso evoluti e sofisticati effetti digitali. Durata 144 minuti. (Massaua, GreenwichVillage, Ideal, Reposi, Romano sala 1, The Space, Uci)

 

Mission Impossible – Fallout – Azione. Regia di Chrisopher McQuarrie, con Tom Cruise, Henry Cavill, Simon Pegg e Rebecca Fergusson. Si inizia a Belfast per il ritrovamento di una valigetta che contiene tre bombe al plutonio: ma ahimè soltanto una finirà nelle mani di Ethan Hunt e dei suoi amici eroi. Poi s’aggiunge al gruppo il personaggio ben solido che ha i tratti di Cavill (non per nulla Superman: qui da tenere parecchio d’occhio), un atterraggio sui tetti vetrati del Grand Palais parigino in notturna, la ricerca di John Lark colpevole d’aver rapito il barbuto scienziato terrorista Solomon Lane, già conoscenza nostra in Rogue Nation, una Vedova Bianca che pare Veronica Lake, epidemie scongiurate, voli in elicottero mozzafiato, lotte all’ultimo sangue sul ciglio del burrone, eccetera eccetera. Una gran bella materia, uscita dalla mente e dalla gran voglia di stupire del regista qui anche in scoppiettante veste di sceneggiatore, un’invenzione dall’inizio alla fine di trovate del tutto inattese, di sbandate intelligenti della storia, di personalità e facce che sono ben lontane dall’essere in realtà quelle che sino a quel momento abbiamo visto sullo schermo. In successone. In cui chiaramente si calano le acrobazie di Cruise che, non più verdissimo all’anagrafe, senza nessuna controfigura si lancia da altezze non indifferenti, guida mezzi nel cielo, corre a perdifiato tra i tetti londinesi sino a rimetterci una caviglia, si scazzotta in modo vertiginoso senza fare una grinza. Sempiterno. Da vedere per la gioia dei fan, per il ritmo che questa volta – più di ogni altro episodio – fa faville. Durata 147 minuti. (GreenwichVillage, The Space, Uci)

 

La profezia dell’armadillo – Drammatico. Regia di Emanuele Scaringi, con Simone Liberati, Valerio Aprea, Pietro Castellitto e Laura Morante. Zero è un disegnatore ma non avendo un lavoro fisso si arrabatta con ripetizioni di francese, cronometrando le file dei check-in all’aeroporto e creando illustrazioni per gruppi musicali punk indipendenti. La sua vita scorre sempre eguale, tra giornate spese a bordo dei mezzi pubblici attraversando mezza Roma per raggiungere i vari posti di lavoro: quando torna a casa, lo aspetta la sua coscienza critica, un Armadillo in carne e ossa, o meglio in placche tessuti molli, che con conversazioni al limite del paradossale lo aggiorna su cosa succede nel mondo. Alla notizia della morte di Camille, una compagnadi scuola e suo amore di adolescente mai dichiarato, lo costringe a fare i conti con la vita e ad affrontare, con il suo spirito dissacrante, l’incomunicabilità, i dubbi e la mancanza di certezze della sua generazione di “tagliati fuori”. Durata 99 minuti. (Massimo sala 1, Nazionale sala 2, Uci)

 

Ricchi di fantasia – Commedia. Regia di Francesco Miccichè, con Sergio Castellitto e Sabrina Ferilli. Sergio è un carpentiere romano, Sabrina una cantante dal passato glorioso, una coppia di amanti che non ce la fa a lasciare i rispettivi compagni. Lui è sempre stato prodigo di scherzi ai compagni di lavoro e quelli decidono un giorno di rendergli il favore: facendogli credere con l’inganno di aver vinto con un biglietto della lotteria un premio da 3 milioni di euro. Convinto della vincita, l’uomo decide di cambiare vita, portandosi pure dietro mamma, figli e parentela varia: fino a che non scopre dello scherzo. Si dirigeranno tutti verso i trulli della Puglia. Durata 102 minuti. (Massaua, Due Giardini sala Nirvana, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

Sulla mia pelle – Drammatico. Regia di Alessio Cremonini, con Alessandro Borghi, Jasmine Trinca, Max Tortora e Milvia Marigliano. Una tragedia dell’Italia recente, la tragedia della morte di Stefano Cucchi a soli 31 anni in un carcere italiano. L’arresto, il susseguirsi dei giorni di prigionia, il passato e il presente, il grande coinvolgimento della famiglia, soprattutto della sorella Ilaria. La prova di Borghi che si è ricreato appieno nel fisico (perdendo 18 chili) e nel calvario del ragazzo, come nella sua psicologia, la stagione dei premi cinematografici dovrà guardarlo con un occhio di riguardo. Da vedere per discutere. Durata 100 minuti. (Ambrosio sala 3)

 

The Equalizer 2 – Senza Perdono – Azione. Regia di Antoine Fuqua, con Denzel Washington e Melissa Leo. Agente della CIA ora in pensione, vive a Boston, porta avanti la sua vita in modo tranquillo dopo che s’è inventato un impiego di taxista, impensabile ma legge anche Proust, dà una mano ad un ragazzino che la solita giovane gang vorrebbe portare dalla sua. I guai ci sono, gli aleggiano attorno, ma cerca di restarne fuori. Ma se una vecchia amica viene uccisa tra le strade di Bruxelles, Robert sa che deve pareggiare il conto. Regista e interprete di Training day nuovamente insieme per il divertimento degli spettatori amanti degli eroi raddrizzatori di ogni torto. Durata 121 minuti. (Ideal, Reposi, The Space)

 

The Nun – Horror. Regia di Corin Hardy, con Demian Bichir e Taissa Farmiga. Altro successo inaspettato negli Stati Uniti questo film girato completamente in Romania, dove è ambientata la vicenda di un gruppo di suore, alla ricerca all’interno di un convento di una reliquia che dovrebbe portare serenità in un luogo dove sembrano al contrario governare forze malefiche. Dopo il suicidio di una monaca, il Vaticano invia là padre Burke e la novizia Irene. Dovranno combattere il Male con ogni loro forza. Durata 93 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Tutti in piedi – Commedia. Regia di Franck Dubosc, con Alexandra Lamy e Franck Dubosc. Jocelyn, uomo d’affari successo ma bugiardo e seduttore che vive sulle bugie, per un equivoco è creduto disabile dalla bionda Julie. Perché, per una immediata conquista, non procedere proprio in quell’equivoco? Le cose peggiorano quando Julie presenta a Jocelyn la sorella, costretta su di una sedia a rotelle in seguito a un incidente stradale. Durata 107 minuti. (F.lli Marx sala Chico, GreenwichVillage, Reposi)

 

Un affare di famiglia – Drammatico. Regia di Kore’eda Hirokazu. Palma d’oro a Cannes lo scorso maggio. Nella Tokio di oggi, una famiglia (ma la considereremo così fino alla fine?) sbarca il lunario facendo quotidiane visite ai supermercati: per rubare. Ruba il padre che si porta appresso il figlio (?), torna a casa da una moglie che ha accanto una ragazza che potrebbe essere la sorella minore e una vecchia dolcissima che tutti chiamano nonna. Sentimenti, aiuti reciproci, l’arte di arrangiarsi, il coraggio di tentare a vivere insieme. Finché un giorno il capofamiglia porta a casa togliendola al freddo e alla solitudine una ragazzina, abbandonata da una madre forse violenta che non si cura di lei. Il mattino si dovrebbe riconsegnarla, ma nessuno è d’accordo: la nuova presenza farà scattare nuovi meccanismi mentre un incidente imprevisto porta definitivamente alla luce segreti nascosti che mettono alla prova i legami che uniscono i vari componenti. Durata 121 minuti. (Eliseo Rosso, F.lli Marx sala Groucho, Nazionale sala 1)

 

Un figlio all’improvviso – Commedia. Regia di Vincent Lobelle e Sébastien Thiery, con Christian Clavier, Catherine Frot e Sebastien Thiery. Tornando a casa, i coniugi Prioux scoprono che un certo Patrick si è trasferito nella loro abitazione. Il ragazzo sostiene di essere loro figlio e di essere tornato per presentare la fidanzata: tutto bene se non per il fatto che i Prioux non hanno mai avuto figli. Allora chi è davvero Patrick? Un bugiardo? Un manipolatore? O forse i Prioux hanno dimenticato di avere un figlio? Durata85 minuti. (Romano sala 1, Uci)

 

L’uomo che uccise Don Chisciotte – Commedia. Regia di Terry Gilliam, con Jonathan Price e Adam Driver. C’era una volta un film… Gilliam ha lavorato per più di trent’anni sul progetto, Jean Rochefort e Johnny Depp come protagonisti, più scritture, intoppi, enormi guai con la produzione. Poi più nulla, mentre sempre qualcosa bolliva in pentola. Dalla lunga storia, è uscito fuori “questo” Don Chisciotte, dove Driver è un regista che ha strada nella pubblicità e si ritrova nei luoghi dove ha girato un vecchio film sul personaggio di Cervantes: scoprendo che chi un tempo ha ricoperto quel ruolo oggi si identifica con il personaggio. Durata 137 minuti. (F.lli Marx sala Harpo, Romano sala 2, The Space, Uci)

 

Una storia senza nome – Drammatico. Regia di Roberto Andò, con Micaela Ramazzotti, Alessandro Gassmann, Renato Carpentieri e Laura Morante. Valeria, giovane segretaria di un produttore cinematografico, scrive in incognito per uno sceneggiatore di successo. Un giorno la ragazza riceve da uno sconosciuto, un poliziotto in pensione, la storia di un probabile film. Ma quel plot è pericoloso, la “storia senza nome” racconta infatti il misterioso furto, avvenuto a Palermo nell’ottobre del 1969, di un celebre quadro di Caravaggio, “La natività”. Da quel momento, la sceneggiatrice si ritroverà immersa in un meccanismo implacabile e rocambolesco. Una storia che avesse al centro quel furto avrebbe dovuto avere un’impalcatura più legata all’inchiesta: al contrario ne è stata ricostruita una sceneggiatura che sa troppo “di cinema”, di volutamente aggrovigliata, di un inverosimile che a tratti, tanto per alleggerire, scivola tranquilla sul lato della commedia se non del ridicolo (certi momenti dovuti a Gassmann, certi dialoghi tra Morante e Ramazzotti), sino ai momenti finali che addirittura coinvolgono il film nel film. La macchia maggiore dell’impianto è la prova opaca della protagonista femminile, altre volte lodatissima, la non credibilità del viso e del corpo, la sua unica espressione con o senza rossetto, la sua paura che risulta fredda e non sinceramente dovuta alla spirale di inganni e di violenza che si chiude intorno a lei. Durata 110 minuti. (Ambrosio, Eliseo Blu, Romano sala 3, The Space, Uci)

L’autunno, colori e profumi

Dal latino autumnus , arricchire, aumentare, l’autunno è la stagione dell’anno che nel nostro emisfero, quello boreale, arriva intorno al 23 settembre: equinozio d’autunno

Al principio le ore del giorno e quelle notturne sono le stesse, poi andando avanti e con il ritorno dell’ora solare il buio prende il sopravvento e ci accompagna per la maggior parte della giornata per tutto l’inverno.L’autunno ci riporta all’ordine, alla normalità, ricominciano le scuole, le attività si normalizzano, è una stagione dolce e temperata durante la quale come diceva Samuel Butler “quello che perdiamo in fiori lo guadagniamo in frutti”.

 

Ci lasciamo alle spalle il caldo, gli spasmi delle vacanze, la siccità, i viaggi, il cambio di abitudini e tutto torna a posto, le temperature diventano miti e accettabili, si riscoprono calma e serenità e la voglia di fare nuovi progetti, di pianificare un nuovo anno. La natura ci regala una esplosione di colori morbidi e vellutati: gialli, rossi, arancioni, uno spettacolo continuo, una magia che lascia senza fiato che si può ammirare passeggiando a qualsiasi ora senza il soffocante caldo estivo.

 

A Torino l’emozione dell’autunno è coinvolgente, il verde dei parchi si trasforma in oro, le strade alberate creano una cornice aurea e le strade diventano tappeti fruscianti. In città o poco lontano cominciano importantissimi eventi come Il Salone del Gusto, il Torino Film Festival e tantissime sagre dedicate ai profumatissimi prodotti di stagione come i funghi, le castagne, il tartufo.

 

Molti artisti hanno dedicato importanti opere all’autunno rappresentandolo come un momento di calma, di silenzio, di riflessione ma le sfumature cromatiche ci parlano anche di rinascita, di risveglio della terra e dei colori: Paul Gauguin con “By the Stream”, Monet con “Autumn Effect at Argenteuil”, Tintoretto e ancora Arciboldo che gli dedica una delle sue “Teste Composte” dove uva, zucche, spighe e altri prodotti di stagione compongono il ritratto di questa gradevole stagione.

 

L’autunno insomma non è solo il preludio alla stagione invernale, è un periodo dolce e mite durante il quale con i primi fuochi accesi nel camino, una tazza calda tra le mani e una romantica serata a casa mentre fuori piove, poeticamente e con saggia energia, ci lasciamo avvolgere da un benefico spirito catartico, lontani dalla frenesia dell’estate, forse un po’ nostalgici ma felici per una nuova primavera che verrà.

Maria La Barbera

 

 

 

 

30 settembre domenica ecologica

Torna il 30 settembre la domenica dedicata alla sostenibilità ambientale. La Città di Torino ha istituito questa iniziativa per stimolare un cambiamento nelle abitudini individuali e nel modo di vivere in città. Le “Domeniche per la Sostenibilità“ promuovono la cittadinanza attiva e intendono far crescere la coscienza ambientale. Il centro storico cittadino sarà chiuso al traffico veicolare dalle ore 10 alle ore 18 entro i confini della Ztl centrale. L’area sottoposta al blocco e le abituali esenzioni per particolari categorie di cittadini e di veicoli sono indicati dall’ordinanza n.44/AA. Nel Quadrilatero romano la Città di Torino e le associazioni di via propongono, sabato 29 e domenica 30 settembre, l’iniziativa 100 attività per i green days, mille metri quadrati di verde posato nelle vie del borgo più antico della città con performance, laboratori, musica e esposizioni artistiche.

(mm – Torinoclick) Foto: il Torinese

Quante Dc?

di Giorgio Merlo

Dunque, per lunghi 50 anni abbiamo conosciuto la Democrazia Cristiana. Quella che è nata dopo la guerra di liberazione ed è finita nel 1994 con la nascita del Partito Popolare Italiano di Mino Martinazzoli

Ormai ne conosciamo vita, morte e miracoli anche se da qualche tempo aleggia uno
strano sentimento in chi ha trascorso una intera una vita a ridicolizzare se non a disprezzare quel partito, la sua classe dirigente, le sue scelte politiche e lo stesso ruolo che ha svolto nel nostro paese per un cinquantennio. Ovvero, serpeggia una sorta di rimpianto, e non solo nostalgico, di
quel partito e del suo modo di declinare la politica nella società, nelle istituzioni e nella concreta
azione di governo. Oltre a rimpiangere molta di quella classe dirigente, per la sua levatura culturale e per la sua autorevolezza politica. Di qui la tentazione di paragonare la Dc con qualsiasi partito che si affaccia sulla scena politica italiana quando riscuote un grande consenso popolare. Così è capitato con Forza Italia a cominciare dal 1994 e sino a quando questo partito ha dominato la scena politica italiana. Quintali di articoli per spiegarci che l’elettorato democristiano – e forse qui un pizzico di verità c’era – era traslocato quasi integralmente nel partito del Cavaliere perché la politica che declinava nel nuovo contesto dopo la fine della prima repubblica era pressoché simile. Archiviato il paragone con Forza Italia, adesso qualche buontempone, ritenuto intelligente e anche acuto nonche’ addirittura considerato autorevole, paragona la Dc al partito di Grillo e Casaleggio. E questo sia per il consenso elettorale che riscuote e sia, soprattutto, per la sua capacità di contenere al suo interno tanto le componenti di destra quanto quelle di sinistra o semplicemente di centro. Ora, come sempre capita, ogniqualvolta un partito di un certo peso politico ed elettorale svolge un’azione di governo il paragone con la Democrazia Cristiana e’ sempre dietro l’angolo. E debbo dire che è un paragone del tutto fuori luogo nonché volgare perché le diversità tra la storia, l’esperienza, il progetto politico, il ruolo e la funzione della Dc sono sideralmente lontani rispetto ai partiti succitati. È appena sufficiente ricordare alcuni aspetti essenziali del profilo politico della Dc per rendersi conto della diversità profonda sia rispetto all’esperienza di Forza Italia ieri e dei 5 stelle oggi. O addirittura della Lega, come sostiene disinvoltamente qualche osservatore interessato. La Dc era un partito di “centro che guarda a sinistra”, per dirla con De Gasperi; la Dc era un partito profondamente democratico al suo interno, articolato per correnti che ha sempre respinto la sua identificazione con un “capo”; la Dc aveva una chiara collocazione europea ed internazionale in materia di politica estera senza sbandamenti riconducibili all’approssimazione e alla superficialità politica; la Dc contava una classe dirigente con una statura politica, culturale e di governo neanche lontanamente paragonabili alle esperienze successive; la Dc ha sempre avuto nella sua lunga storia, una “visione” della società frutto della sua cultura di riferimento cattolico democratica, cattolico popolare e cattolico sociale; la Dc, infine, era un partito di ispirazione cristiana che non poteva tollerare alleanze disinvolte ed approssimative, anche quando per ragioni di Stato o per emergenza democratica ha dovuto privilegiare accordi con partiti che esulavano dalla sua prospettiva politica e di governo. Insomma, come dicevo poc’anzi, e’ appena sufficiente anche solo una fugace rilettura della storia e della azione concreta della Democrazia Cristiana per arrivare alla conclusione che gli attuali attori politici non hanno nulla in comune con il profilo di quel partito, salvo per il consenso significativo che raccolgono tra gli elettori italiani. Nulla di più. E questa è anche la ragione politica decisiva per cercare, oggi, di ridare cittadinanza ad una formazione politica che, pur senza ripetere quella nobile e gloriosa esperienza – com’è ovvio e risaputo si tratta di una stagione storica irripetibile perché ormai storicizzata – cerchi tuttavia di recuperare quella cultura e quella ispirazione per declinarle nella società contemporanea. E questo dopo il definitivo tramonto dei cosiddetti “partiti plurali’, cioè del Pd e di Forza Italia dopo il voto spartiacque del 4 marzo scorso, e con l’esaurimento definitivo e poco glorioso dell’Udc. Una riproposizione e un rilancio di una cultura politica e di un progetto politico che confermino, appunto, la lontananza, se non l’alternativa, tra la Dc e altri soggetti politici. Che siano Forza Italia di ieri o i 5 stelle oggi poco importa. Si tratta  sempre di esperimenti e di soggetti politici estranei, esterni e alternativi rispetto alla concreta esperienza politica, culturale, sociale e di governo della Democrazia Cristiana.