redazione il torinese

LAVORO: PIEMONTE APPROVA NORMA A TUTELA PROFESSIONISTI 

Il Consiglio regionale vieta autorizzazioni se i professionisti non sono  pagati 

Il Piemonte prende posizione a tutela dei professionisti, come richiesto dagli stessi Ordini professionali, sull’ormai diffuso problema del pagamento del lavoro svolto. Lo ha stabilito il Consiglio regionale del Piemonte, che nell’ambito dell’esame della legge Omnibus ha approvato un emendamento presentato dal Pd, primo firmatario il vice capogruppo Elvio Rostagno, che vuole garantire i pagamenti ai professionisti per il lavoro svolto e di conseguenza disincentivare l’evasione fiscale. “Il provvedimento – dichiara Rostagno – consentirà alla Pubblica amministrazione che al momento del rilascio di atti autorizzativi acquisirà dal professionista l’autocertificazione del pagamento da parte del committente. L’assenza di questo documento – sottolinea – comporterà la sospensione del procedimento. Si tratta di una pratica semplice, senza aggravio di tempo per il professionista, che consentirà però una forte tutela al lavoro svolto dai professionisti che troppo spesso subiscono gli effetti dei ritardi dei pagamenti o addirittura fino al contenzioso per vedere riconosciuto il giusto onorario. Ritengo – conclude – che attraverso una procedura semplice si possa garantire l’equo compenso e contrastare duramente l’evasione”. L’emendamento approvato è stato sottoscritto anche dal capogruppo dem. Domenico Ravetti, e dai consiglieri Daniele Valle e Andrea Appiano.

Dal dramma “elisabettiano” la lucidità di Donnellan nel guardare alla nostra epoca

Un lungo muro dal color rosso sangue (la scena è firmata da Nick Ormerod) corre attraverso il palcoscenico, ad un capo ed all’altro la porta d’entrata e d’uscita, al centro squarci illuminati che mostrano di volta in volta le immagini della Camera degli Sposi del Mantegna, i Montefeltro da Urbino con Piero della Francesca, Tiziano con la Venere o il ritratto di Ariosto (ma perché allora farci mancare di una caravaggesca Giuditta che taglia la testa di Oloferne, assai più epocamente vicino a quel 1606, anno in cui il dramma fu scritto?): questo a dirci immediatamente che per questa Tragedia del vendicatore – che ha inaugurato la stagione del Piccolo milanese con la regia dell’inglese Declan Donnellan, per la prima volta alle prese con un gruppo di attori italiani, e la traduzione dell’ormai lanciatissimo nell’universo dei grandi Stefano Massini, alle Fonderie Limone per la stagione dello Stabile di Torino sino a domenica 25 – Thomas Middleton, cui è stato riconosciuto il titolo sino a pochi decenni fa attribuito a Cyril Tourneur, si è rifatto sì ad un (largo) Rinascimento italiano, ricettacolo di ogni brutalità, ma per porsi altresì al riparo da ogni censura, in cui del resto per altre occasioni incappò, dell’Inghilterra di Elisabetta e di Giacomo I. È stampata la parola vendetta su quel muro e Vindice (il gioco allegorico dei nomi non coinvolge soltanto lui, faremo subito la conoscenza di Lussurioso, Spurio, Ambizioso, Castizia) è il protagonista che la compirà. Il vecchio Duca, perennemente infoiato, ha stuprato e ucciso la giovane moglie di Vindice e questi, con l’aiuto del fratello Ippolito, costruisce la strada della vendetta. Cambiando identità (quella parrucca bionda con cui si camuffa non lo fa assomigliare ad un nuovo principe Amleto?), si mostra prima amico all’erede al trono soffiandogli nelle orecchie di una tresca tra la matrigna e un altro pretendente, mette alla prova l’onore della sorella e l’onestà della madre, accarezza il teschio dell’amata che bellamente agghindato offrirà al Duca come trappola di morte mentre un altro, nello sguardo contemporaneo e dilagante di Donnellan, trova posto in una borsa frigo, trovata che nemmeno quel gran genio di Tarantino saprebbe meglio escogitare.

 

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Anche i raffinati metodi di tortura lo farebbero impallidire: in un’epoca in cui tutto è divenuto immagine più o meno fredda e visualizzazione, ecco chiamate in campo le cineprese, che possono cinematograficamente essere utili a reclamizzare un’uscita dal carcere, ma pure a mostrarci in un netto primo piano il taglio di una lingua o la sezione di due palpebre, in un miscuglio sanguinolento di piacere e di forza. Ma la cifra che il regista impone a questa danza macabra, in questa allegoria senza tempo del potere e dei suoi ingranaggi, dove in ogni angolo spuntano pugnali e veleni mentre nella camera accanto si dà il via a frettolosi e ansimanti amplessi, è tutta all’insegna del divertimento e del grottesco (il capolavoro della serata è la visita del figlio alla madre, a saggiarne lo stato di irreprensibilità, tra tazze di tè e false timidezze e spudorate decisioni, un attimo di teatro che ha sullo sfondo l’assolato giardino inglese di una sontuosa dimora e che Pia Lanciotti, per altri versi anche focosa Duchessa in abito verde, soprattutto – ronconiana doc – e Fausto Cabra si giocano con una attenta ed esattissima vitalità, intelligenza, immedesimazione come di rado se ne vedono sui nostri palcoscenici. Si buttano a capofitto dentro questo sanguinoso minuetto, immerlettato oltre misura e ti fanno davvero godere l’intera scena, ponendosi sul tetto dell’intera compagnia. Che conta ancora benissimo sul Duca di Massimiliano Speziani, sul Lussurioso di Ivan Alovisio o sul brutale Ippolito di Raffaele Esposito, ma che lascia intravedere talune debolezze nei più giovani attori che ricoprono gli altri ruoli: di un dramma, condotto da Donnellan lucidamente, con il sorriso sulle labbra, attento alla nostra epoca, che indaga il potere e il suo imbarbarimento, che mostra mazzette e tradimenti, la corruzione dilagare, la necessità dell’apparire, la ferocia come lasciapassare da esibire ormai platealmente, i patti e la loro negazione. Un dramma che non può essere soltanto “elisabettiano”, tanto pare passare sul palcoscenico l’Italia di oggi dentro al massacro finale (vedendolo, mi veniva in mente Suburra di Sollima dove tutti ammazzano tutti) e a quel balletto che lo chiude: e allora ti viene da chiederti, ma quale Rinascimento?

 

Elio Rabbione

 

Le foto dello spettacolo sono di Masiar Pasquali

“L’uomo che piantava gli alberi” con Assemblea Teatro a Collegno

Assemblea Teatro inaugura alle 21 di sabato 24 novembre la stagione de ‘Lo svago e il Pensiero’, la rassegna teatrale che da sette anni va in scena all’Auditorium “G. Arpino” di Collegno con “L’uomo che piantava gli alberi” di Jean Giono. La riproposizione del famoso testo dello scrittore italo francese sarà affidata alla voce recitante di Gisella Bein e ai disegni realizzati dal vivo da Monica Calvi. L’uomo che piantava gli alberi” narra la storia, semplice ma esemplare, di Elzèard Bouffier, un pastore della Provenza che nella tranquillità della sua solitudine seminò centinaia di migliaia di semi di alberi ripopolando la zona. Una efficace metafora del rapporto tra uomo e natura, un racconto di “come gli uomini potrebbero essere altrettanto efficaci di Dio in altri campi oltre la distruzione“. Qualsiasi stupido infatti è in grado di distruggere gli alberi.Troppo pochi hanno cuore e dedizione e intelligenza necessaria a salvarli custodirli e, se necessario, piantarli. La storia del pastore  Bouffier insegna a tutti che è necessario un tempo in cui agire con affetto e generosità.

M.Tr.

Il “mondo sommerso” del garage rock americano anni ‘60

Si farà riferimento (anche con esempi musicali) soprattutto alle realtà ingiustamente cadute nell’oblìo, alle venues che furono terreno fertile per la nascita di miriadi di bands

Lunedì 26 novembre alle ore 16.30 presso la Biblioteca Civica Musicale “A. Della Corte” in corso Francia 186, il musicologo Giancarlo Marchisio terrà un incontro-conferenza dal titolo Il “mondo sommerso” del garage rock americano anni ‘60.L’incontro intende focalizzare l’attenzione sulla realtà musicale americana che venne a formarsi con l’impetuosa ondata della British Invasion e sulle bands “meteora” nell’ambito del genere garage rock americano tra il 1965 ed il 1970. Si farà riferimento (anche con esempi musicali) soprattutto alle realtà ingiustamente cadute nell’oblìo, alle venues che furono terreno fertile per la nascita di miriadi di bands, in particolar modo nei generi garage/proto-punk; inoltre si farà luce sul contesto americano anni ‘60 delle “Battles of the bands”, sulla funzione dei managers musicali di quei tempi, sull’attività di intermediarii e talent scouts e sulle differenziazioni dei sottogeneri musicali in relazione alle aree geografiche (atlantic, pacific, middle-west etc.).

I carabinieri recuperano antico codice liturgico rubato

Il Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale (Tpc) di Torino ha recuperato un antico codice liturgico del XV secolo, rubato alla diocesi di Acqui Terme. La restituzione è avvenuta al Santuario di Incisa Scapaccino (At) durante le  celebrazioni della Virgo Fidelis, patrona dell’Arma, presenti il  vicecomandante , generale Riccardo Amato, il Comandante della Legione Piemonte e Valle d’Aosta, generale Mariano Mossa, e il Comandante Provinciale di Asti, tenente colonnello Pierantonio Breda. La Procura di Alessandria ha coordinato le indagini che avevano preso il via  dalla segnalazione di un canonico della Cattedrale acquese, che aveva scoperto il volume messo all’incanto da una  casa d’aste romana. L’opera  era stata acquistata regolarmente da un insegnante di Lettere della provincia di Ancona, inconsapevole della provenienza illegale. Il docente ha detto che lo avrebbe immediatamente restituito. 

 

(foto: il Torinese)

NATALE CON VALENTINA

E’ il personaggio più noto nel mondo della letteratura per l’infanzia, ha conquistato milioni di lettrici, soprattutto, e i suoi libri sono letti non solo dai piccoli ma anche dai grandi, adottati nelle scuole e tradotti in varie lingue europee

 

Angelo Petrosino scrive libri per bambini e ragazzi da trent’anni. Il personaggio più noto da lui creato è VALENTINA. Il primo libro a lei dedicato uscì nel 1995. Valentina è una bambina-adolescente torinese che si racconta attraverso varie serie di libri che la vedono crescere progressivamente: alcuni quando è alla scuola elementare, altri alla scuola media, altri al liceo. Su di lei l’autore ha scritto più di 150 libri, tutti di grande successo. Oggi il personaggio di Valentina è il più noto nel mondo della letteratura per l’infanzia, ha conquistato milioni di lettrici, soprattutto, e i suoi libri sono letti non solo dai piccoli ma anche dai grandi, adottati nelle scuole e tradotti in varie lingue europee. La città nella quale si svolgono le sue avventure è naturalmente Torino, descritta puntualmente in decine di storie. Ma nei suoi libri Valentina viaggia tanto, perciò spesso la troviamo aggirarsi non solo in diverse città italiane, ma anche europee: Londra, Parigi, Zurigo, Madrid e così via. Tutte città conosciute personalmente dall’autore, che ha potuto ambientare così le sue storie in contesti   ben definiti. Nei suoi libri Valentina parla di sé, della sua crescita personale, dei rapporti che intrattiene in famiglia, a scuola, con i suoi amici, delle sue prime relazioni sentimentali. Spesso finisce col trovarsi in situazioni intriganti e intricate, per venire fuori dalle quali deve ricorrere alla sua intelligenza e alla sua forza interiore. Dunque nei libri non mancano misteri da svelare e gialli da risolvere. Alcuni collocati in contesti torinesi ben riconoscibili.

Quest’anno Valentina riserva alle sue lettrici e ai suoi lettori una strenna natalizia speciale. Si tratta di IL LIBRO CUORE DI VALENTINA

 Un libro interamente ambientato a Torino. La novità è rappresentata da una Valentina diventata adulta e docente di lettere in una scuola media secondaria di primo grado a Torino. Valentina tiene un diario del suo lavoro di insegnante, racconta le storie varie e complesse dei suoi alunni e, alla fine di ogni mese scolastico, regala loro un racconto. Dieci mesi di scuola, dieci racconti. Ogni racconto è la storia di un bambino o di un adulto, o di un rapporto significativo tra un adulto e un bambino. Sono racconti attraverso i quali Petrosino(Valentina) racconta tutti gli aspetti della nostra società e del nostro Paese in questi anni. Perciò il libro è, nello stesso tempo, un ritratto della scuola oggi, quello di una città(Torino), di un Paese, della condizione dell’infanzia che abbiamo intorno a noi. Il libro, volutamente, si ispira alla cornice del Cuore di De Amicis, specchio di una Torino e di una Italia oggi totalmente mutate.

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www.angelopetrosino.com

 

 

 

 

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Informazione promozionale

 

Via Germagnano, demolite baracche al campo nomadi

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Ieri e oggi, martedì 20 e mercoledì 21 novembre, gli Agenti del Reparto Minoranze Etniche con l’ausilio degli Agenti del Reparto Operativo Speciale della Polizia Municipale hanno provveduto all’abbattimento dei rifugi di fortuna e a rimuovere le roulotte nell’insediamento non autorizzato del Campo nomadi di via Germagnano. Tutto è avvenuto nella più ordinata modalità, senza particolare opposizione dei nomadi presenti. Durante l’operazione sono stati denunciati 4 cittadini di nazionalità slava per violazione dei sigilli e occupazione del suolo.  L’operazione è ancora in corso e porterà alla geolocalizzazione delle porzioni di territorio poste sotto sequestro.Il sequestro di aree all’interno dei campi abusivi di via Germagnano è cominciato giovedì 15 novembre. Nelle aree denominate “Amiat”, “Ponte”, “Slavi” c’erano 28 rifugi di fortuna e roulotte abbandonate, sempre utilizzate come abitazione.

 

(foto archivio)

“Io la ricordo”, le poesie di Graziella Minotti

“Io la ricordo” è la nona silloge poetica di Graziella Minotti Beretta. Si dice spesso che la poesia è lo specchio della vita e quella di Graziella Minotti  parla un linguaggio semplice e diretto, descrive emozioni e sentimenti importanti. Anche in questa raccolta non smentisce se stessa e con le parole  spinge chi legge a soffermarsi un attimo a pensare, a non lasciarsi trascinare dall’affanno a cui ci obbliga la vita di ogni giorno. I versi della Minotti, di solito ironici, delicati e, al tempo stesso, profondi, si velano, in quest’ultima opera di malinconia, quasi di tristezza, come se una preoccupazione, un senso di precarietà la spingessero a rivelarsi, attraverso allusioni sottili, ma persistenti. Queste poesie non raccontano solo il bello, l’amore felice, i giorni gioiosi. A volte narrano sentimenti più oscuri, velati, avvolti in quella bruma che ovatta le giornate d’inverno. Anche per questo sono importanti, forse anche più delle altre. Cardarelli sosteneva che la poesia poteva essere definita come espressione della fiducia di parlare a sé stessi. E in fondo, in tutte le poesie della raccolta, Graziella parla proprio a se stessa, rammenta i suoi ricordi, le gioie e le amarezze, svela i suoi intimi pensieri, gli affetti e le paure e lo fa pubblicamente, esponendosi con coraggio. Ritroviamo gli abbandoni forzati di “Addio miei monti”, il ricordo delle “madri” (quella biologica e quella adottiva), della famiglia e degli amici, l’amore prorompente per la natura in tutte le sue espressioni, stagioni e colori e, infine, il dolore. Come racconta Roberto Vecchioni in una delle sue più belle canzoni anche Graziella ha “conosciuto il dolore”, quello che cerca di disarmagli la vita, che passa accanto “come un’ombra sottile sfiorente”. Armata dei suoi versi lo affronta e lo sfida in tutte le poesie, una dopo l’altra. Per questo le dobbiamo una doppia gratitudine: per i sentimenti che esprime e per l’amicizia che generosamente ci accorda. Roberto Benigni scrive che “la poesia ci aiuta a compiere un’esperienza irripetibile di libertà, è finzione e ritmo, ma ci aiuta a intraprendere un grande viaggio alla ricerca di uno sguardo. Quello sguardo che solo le donne posseggono e che ci introduce nel punto più segreto del mondo”. Sono convinto che chi conosce Graziella Minotti Beretta non faticherà a immaginare in lei lo stesso sguardo con il quale accompagna la forza delle sue parole.

Marco Travaglini

A proposito di fascia tricolore

di Pier Franco Quaglieni

Il vice sindaco di Torino Guido Montanari, guru della decrescita felice, parteciperà alla manifestazione no-tav dell’8 dicembre indossando la fascia tricolore. Una scelta sbagliata che rivela poco senso delle istituzioni perché il vicesindaco , facente le  funzioni del sindaco , quando indossa la fascia tricolore, rappresenta tutta la Città, non solo la maggioranza. Montanari è in buona compagnia perché molti sindaci valsusini indossano la fascia per manifestare contro l’alta velocità ferroviaria, ormai da anni. A mio modo di vedere un abuso che andrebbe sanzionato. Forse questi sindaci dovrebbero rileggere  le norme che regolano l’uso della fascia che riguarda esclusivamente le occasioni ufficiali, istituzionali. In una parola , le iniziative promosse dal Comune o altre manifestazioni  di carattere istituzionale a cui partecipano in rappresentanza della loro città. Una circolare del Ministero degli interni ai prefetti richiama  il dovere di indossarla “con consapevolezza  e decoro” il che toccherebbe anche l’abito indossato da chi porta la fascia. Certi abbigliamenti casual  non appaiono infatti consoni. Chi ricopre una carica pubblica  , dice l’articolo 54 della Costituzione , deve ispirarsi a “disciplina e onore”. È in quel contesto che va considerato anche l’uso della fascia  che ,dopo la infausta riforma del titolo V della Costituzione, consente di aggiungere al simbolo della Repubblica, quello del Comune. Ma i sindaci non devono mai dimenticare la loro funzione di  capi dell’amministrazione e di ufficiali di governo. Quest’ultima  funzione e’ caduta nel dimenticatoio. 

Quella sciarpa rappresenta l’unità giuridica dello Stato. Aver sottratto i sindaci al giuramento prestato davanti al prefetto, che ha rappresentato un’affermazione delle autonomie locali, ha forse fatto perdere di vista che il Sindaco deve saper esercitare una funzione pubblica senza appiattirsi nel settarismo di parte e nel localismo tanto amato dai leghisti. Altrimenti  quella fascia tricolore  possiamo utilizzarla anche per avvolgere  gli asparagi di Santena, durante la fiera, spesso cinti da un nastro tricolore. In cinque anni di mandato solo due volte ho indossato la fascia: il matrimonio di un amico che sposò la donna sbagliata e ricordò quel giorno con fastidio fino a che non riuscì a divorziare. Un’altra volta, quando andai ad una manifestazione del IV novembre che allora non veniva di norma  celebrato perché considerato festa della Vittoria e quindi da rifiutare  in quanto militarista e nazionalista. Ma allora, anche negli anni terribili del nascente terrorismo e della contestazione violenta, i sindaci, anche quelli comunisti, avevano il senso delle istituzioni barcollanti che oggi mi pare ci sia molto meno.

Monumenti in azzurro contro il tumore alla prostata

 Arriva a Torino la campagna nazionale di informazione . In Piemonte si stimano 2.900 nuovi casi nel 2018. Alla tavola rotonda del 21 novembre sarà presente anche l’ex calciatore Roberto Bettega

I Musei Reali, la Statua di Atleta e la cupola del Guarini si illuminano di azzurro fino al 25 novembre   per la sensibilizzazione sul tumore alla prostata. Fa tappa a Torino “Novembre Azzurro”, la prima campagna nazionale, organica e coordinata sul tumore alla prostata promossa da Europa Uomo, l’associazione italiana che da oltre 15 anni è impegnata nel campo dell’informazione sulle patologie prostatiche. “Fai luce su di te” è il claim della campagna – patrocinata dal Ministero della Salute, dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero ei Beni e delle Attività Culturali – che punta a promuovere maggior consapevolezza della malattia nell’universo maschile, e a fornire strumenti per affrontarla. Per una settimana nel capoluogo piemontese sarà distribuito materiale informativo nelle piazze, presso le farmacie e gli studi dei medici di famiglia delle città. Sono inoltre in programma iniziative di sensibilizzazione con le scuole: tra gli obiettivi della campagna, infatti, c’è quello di far partire il cambiamento culturale di consapevolezza e conoscenza del proprio corpo sin dalla giovane età. Il 21 novembre alle ore 18.00, i Musei Reali ospiteranno inoltre la tavola rotonda a ingresso libero “L’uomo e la prostata: falsi miti e reale informazione”. L’evento (a ingresso gratuito) sarà presieduto dal Prof. Paolo Gontero, Direttore della Clinica Urologica dell’Ospedale Molinette e membro del Comitato Scientifico Europa Uomo Italia Onlus, al quale prenderanno parte: Silvio Falco, Direttore generale dell’A.O. Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, Umberto Ricardi, Direttore Dipartimento di Oncologia dell’A.O. Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino, Oscar Bertetto, Direttore Dipartimento Rete Oncologica Piemonte e Valle d’Aosta,Roberto Bettega, ex calciatore e dirigente della Juventus e l’avvocato Maria Laura De Cristofaro, presidente di Europa Uomo Italia Onlus. Il 21 novembre l’ingresso al museo sarà gratuito per tutti gli uomini a partire dalle 17.00. In Italia si stimano 458.000 persone con pregressa diagnosi di carcinoma prostatico, circa il 30% dei maschi con tumore; oltre 14 milioni di uomini sono a rischio per fascia d’età, familiarità o altri fattori. Solo per il 2018 sono stimate circa 35.000 nuove diagnosi, 2.900 dei quali in Piemonte (Fonte: Rapporto Aiom-Airtum 2018). Il carcinoma prostatico è divenuto, nell’ultimo decennio, la neoplasia più frequente nella popolazione maschile nei Paesi occidentali, e rappresenta oltre il 20% di tutti i tumori diagnosticati a partire dai 50 anni di età. Dopo il Lazio, la Calabria, la Campania, e il Piemonte, la prossima tappa sarà in Lombardia dove, grazie al patrocinio del Ministero per i beni e le attività culturali, si illuminerà di azzurro il Napoleone Bonaparte a Milano. “Abbiamo deciso – sottolinea De Cristofaro – di parlare a tutti gli uomini attraverso il linguaggio dell’arte, scegliendo delle statue simbolo di virilità maschile. Il tumore alla prostata è una patologia che incide moltissimo sul vissuto, come il tumore al seno: ma se le donne sono più abituate ad occuparsi della propria salute e a parlare con i medici, gli uomini sono meno inclini alla prevenzione. La prostata non deve essere più un tabù e nell’uomo deve aumentare la consapevolezza che le buone abitudini sono alla base della conoscenza del proprio corpo. Con Novembre Azzurro, per la prima volta in Italia si organizza una campagna organica in 5 regioni, con particolare attenzione a quelle meridionali; il nostro obiettivo è di estenderla, entro il 2022, a tutto il Paese”.