redazione il torinese

Toni “Fuoribordo” e lo spaventapasseri

Quando ho conosciuto Toni “Fuoribordo”? Sapete che non saprei cosa rispondervi? Praticamente lo conosco da sempre, fin dai tempi di quando eravamo ragazzini ma poi ci siamo persi di vista. Ricordo quando si andava alle elementari, a Strambino. Era il più alto di tutti. Magro, allampanato, sempre con i pantaloni corti, d’estate come in inverno. Il suo vero nome era Antonio. E di cognome faceva Brodino. Che ridere! Quante battute si sprecavano. Lui, a dire il vero, non se la prendeva più di tanto. Un’alzata di spalle, qualche smorfia e solo con quelli più insistenti muoveva la mano destra come per scacciar via quegli importuni che l’infastidivano, così come si fa con le mosche. Poi siamo cresciuti e le nostre vite presero strade diverse. Io a Ivrea e poi a Torino. Toni un po’ qua e un po’ là, tra canavese, biellese e i paesi del riso attorno a Vercelli. Ho saputo, un po’ di tempo fa, che si era messo con Marinetta e che non sono finiti bene. Sì, proprio la Marinetta, quella fuori di testa che stava nella cascina in contrada dei Pioppi. Un caratteraccio, quella! Già da ragazzina sembrava più un maschiaccio. Tirava la coda ai gatti, infilava le rane nella canonica di Don Germano, metteva le puntine da disegno sulle sedie della biblioteca comunale. Era tremenda. Crescendo, non era certo migliorata. Anzi, per quanto possibile, peggiorò. Per di più, quasi le mancasse un difetto per completare il quadro, aveva rubato i soldi raccolti per la fagiolata di carnevale dal pentolone della signora Paolini, la presidente del comitato dei festeggiamenti.

***

Con il malloppo – oltre trecento mila lire – era andata in Liguria, spendendoli tutti in pranzi, bevute e sale da ballo. Offriva a destra e sinistra, mostrandosi generosa con quel denaro che non era suo. Anche Toni, grazie anche ad un’adolescenza piuttosto turbolenta, mostrò tutta la sua originalità. Vestiva in modo eccentrico, prediligendo colori sgargianti e fogge a dir poco improbabili. Cappelli alla borsalino, scarpe con le ghette e una incontrollabile passione per le barche a motore. Incontrollabile perché, se da piccolo la manifestava a parole, crescendo era passato a dimostrazioni ben più concrete e “materiali”: era finito più volte in gattabuia per furto di motoscafi sui laghi di Viverone e di Candia. Si sospettava che fosse anche coinvolto nella misteriosa sparizione di una barca a motore dalle rive del Sirio ma non c’erano prove sufficienti per dimostrare un suo coinvolgimento. Così Antonio Brodino diventò, grazie ai “meriti” acquisiti sul campo, Toni “Fuoribondo”, compiacendosi di quel suo soprannome. Lui e Marinetta si conobbero in una serata di tanghi e mazurke all’Imperial, un dancing all’aperto della riviera di Viverone. Tra musica e zanzare, birre e coregoni alla griglia, scattò la scintilla tra i due e sbocciò l’amore. Come travolti da un temporale d’estate, unirono le vite e le abitudini, trasformandosi in breve tempo in una sorta di Bonnie & Clide a cavallo tra la Serra, le risaie e i monti. Lei si specializzò in piccole truffe, lui aggiunse alle imbarcazioni anche delle motoseghe e qualche calesse. Di questi ultimi ne rubò un paio tra Torre Balfredo e San Bernardo, abbandonandoli in aperta campagna dopo aver realizzato di non poterli  rivendere e nemmeno ottenere dai legittimi proprietari  un seppur minimo riscatto. Fu il maresciallo Caramboli a porre fine alle imprese truffaldine dei due. Le indagini furono piuttosto lunghe e meticolose ma, grazie a una soffiata, i due furono pizzicati nei campi tra Maglione e Moncrivello dove avevano alleggerito di una mezza dozzina di oche un contadino della zona. In realtà Toni e Marinetta una possibilità di fuggire l’avevano avuta ma non si fidarono a percorrerla per colpa di uno spaventapasseri.

***

Era notte inoltrata e una luna tonda e grossa illuminava la campagna, allungando le ombre degli alberi. I carabinieri – il maresciallo e gli appuntati Mastini e Castrovillari – li avevano quasi accerchiati e ai due malviventi era rimasta un’unica possibilità di farla franca, dileguandosi nel buio del sentiero dietro la cascina dove avevano “prelevato” i pennuti. Ma c’era quell’uomo grande e grosso, ritto come un palo e con le braccia larghe, che stava là davanti a loro, impedendone la fuga. Il passaggio era stretto e non potevano tornare indietro. Il riverbero della luna impediva loro di vederlo in volto ma intuivano che sotto quel cappellaccio calcato in testa quello li stava squadrando con un fare tutt’altro che benevolo. Toni gli gridò: “Facci passare, brutto demonio. Siamo armati e non sai cosa ti potrà accadere. Fatti da parte!”. Ma quello niente. Muto e ostinato se ne stava lì, con le braccia larghe, pronto a ghermirli. Marinetta era ammutolita dalla paura e Toni tentò un ultima volta di far spostare l’uomo, minacciandolo: “Ti sparo! Adesso ti scarico la pistola addosso!”. Ovviamente i due non avevano nessuna arma e mai ne avevano avute, essendo sì ladri e truffatori ma del tutto incapaci di far del male al prossimo. Di fronte all’immobilità caparbia e risoluta di quel tipo che non parlava, non si muoveva e stava lì davanti a loro, fuggirono in direzione opposta finendo così tra le braccia dei carabinieri. Processati e condannati per direttissima ad una pena nemmeno troppo severa, uscirono di galera un paio d’anni dopo. Marinetta mise la testa a posto, sposò Ubaldo Sgarroni, sacrestano di San Grato, e aiutò come perpetua il vecchio Don Germano, facendosi perdonare per gli scherzi delle rane di quand’era ragazzina. Toni trovò anch’esso un lavoro. Meccanico motorista all’imbarcadero di Viverone. Così poteva occuparsi dei fuoribordo senza per questo macchiarsi la fedina penale com’era accaduto nella sua vita precedente. In cuor suo rimase fedele a Marinetta e non ebbe altre storie. Anzi, a dire il vero, conobbe una signora, rimasta vedova. Abitava in una cascina di Borgomasino. Non se ne fece niente, però. Tra i campi  lì attorno c’erano diversi spaventapasseri. Troppi per Toni  che preferì abbandonare i possibili affetti, evitando nuovi e spiacevoli incontri.

 

 

L’isola del libro. Speciale Amos Oz

L’appuntamento di oggi è dedicato ad Amos Oz, un grande della letteratura che ci ha lasciati nel 2018 e di cui resteremo orfani nel futuro; unica consolazione leggere o rileggere i suoi capolavori

Il grande scrittore israeliano se n’è andato a 79 anni stroncato da un male bastardo ma ci ha lasciato migliaia di pagine da leggere, tra romanzi e saggi. Era nato a Gerusalemme il 4 maggio del 1939, figlio unico, segnato dal suicidio della madre quando aveva solo 12 anni. Poi la sua vita spesa a lavorare in un kibbutz, insegnare all’università e soprattutto… scrivere. Per la risoluzione del conflitto arabo-israeliano caldeggiava l’idea dei due Stati e il suo paese travagliato è lo sfondo dei suoi scritti.

Qualche suggerimento di lettura in ordine sparso tra i suoi libri, pubblicati in Italia da Feltrinelli:

 

“Una storia di amore e di tenebra” è il romanzo autobiografico in cui racconta la sua infanzia e giovinezza, la storia della sua famiglia, la nascita dello Stato di Israele, gli attacchi terroristici dei Feddayin e la vita nel kibbutz. Soprattutto, qui affronta la tragica morte della madre, che si tolse la vita proprio alla vigilia del suo bar mitzwah nel 1952, elabora il lutto e narra dei contrasti col padre che lo spingeranno fuori casa. Considerato il suo capolavoro, è davvero un grande affresco familiare e storico.

“Una pace perfetta” è ambientato alla vigilia della Guerra dei Sei Giorni, nel 1967, nel Kibbutz Granot, e ruota intorno alla coppia formata da Yoni e Ramona. Lei amareggiata dagli aborti e dall’insoddisfatto desiderio di maternità; lui lavora in officina dove ripara trattori, ma sogna l’ampio orizzonte del deserto e la fuga. Intorno alla loro malinconia un avvicendarsi di altri personaggi e la vita nel kibbutz, perfettamente incastonata nella storia israeliana.

 

“Michael mio” è il secondo romanzo scritto da Oz nel 1968, quando non era ancora famoso, e pubblicato in Italia nel 1975. Ambientato nella Gerusalemme degli anni 50 è il racconto in prima persona del matrimonio di Hannah e del suo fallimento. Una narrazione al femminile, dolce-amara, in cui lo scrittore sonda e svela emozioni, sentimenti e passioni della protagonista con delicatezza e sensibilità fuori dal comune.

 

“Conoscere una donna” è uno dei capolavori della letteratura israeliana e racconta una storia d’amore sorprendente. Yoel, uomo dei servizi segreti israeliani deve affrontare la morte della moglie fulminata in un incredibile incidente. Ripercorrendo a ritroso il suo matrimonio si trova a fare i conti non solo con l’assenza di Ivria, ma anche con piccoli dettagli che svelano ombre nel loro rapporto. Chi era la donna che aveva sposato e quale mistero racchiudeva? Poi c’è anche il complicato rapporto con la loro figlia Neta.

 

“Tocca l’acqua, tocca il vento” racconta la fuga degli ebrei dallo sterminio nazista. In Polonia nel 1939, mentre i tedeschi avanzano inesorabilmente, Elisha Pomerantz, piccolo orologiaio ebreo, appassionato di matematica e musica, fugge nella foresta per mettersi in salvo. Invece sua moglie Stefa, insegnante di filosofia in un liceo, sottovaluta il pericolo e resta nel suo appartamento. Anche lei finirà per essere travolta dalla guerra, deportata in Unione Sovietica e trasformata in spia al servizio di Stalin. Intanto c’è il vagare di Elisha tra boschi, Grecia e infine l’approdo in un kibbutz in Israele dove si mette a riparare orologi. Il romanzo è la storia della separazione dei due personaggi e il loro sogno di potersi ritrovare.

 

“Scene dalla vita di un villaggio” ovvero misteri, segreti, amori e sparizione nel pittoresco villaggio israeliano Tel Ilan. Amos Oz -a cui piacevano le storie che restavano irrisolte come la vita stessa- ci conduce nei meandri dell’anima in questo romanzo inquietante, suddiviso in otto capitoli o “scene” indipendenti tra loro, ma accomunate dal senso di solitudine che avvolge il villaggio.

 

“Non dire notte” è ambientato a Tel Kedar, piccola cittadina nel deserto del Negev. Vi abitano Theo, urbanista 60enne di successo, e sua moglie Noa, professoressa di lettere che ha15 anni meno di lui, ed è un’idealista sempre pronta a buttarsi con entusiasmo in nuove sfide. Dopo 7 anni di matrimonio il loro è un rapporto che si sta sfilacciando. La storia viene narrata in prima persona dai due protagonisti, che raccontano gli stessi fatti ma decodificati con occhi diversi. E sullo sfondo vite, tragedie e speranze degli altri abitanti della piccola città.

 

“La scatola nera” romanzo epistolare con cui Oz racconta di nuovo un matrimonio, questa volta finito. E’quello di Alec e Ilana che non si parlano da 7 anni. Lui è un apprezzato studioso di fanatismo religioso trasferitosi in America; lei è rimasta in Israele e si è risposata. Hanno avuto un figlio che ora in piena adolescenza mette a dura prova la madre. Non sapendo più cosa fare, Ilana ricontatta l’ex marito chiedendogli aiuto. Il titolo richiama la scatola nera che racchiude le cause degli incidenti aerei, allo stesso modo nelle lettere scambiate dai personaggi il lettore troverà le cause di questa catastrofe familiare.

 

“La vita fa rima con la morte” scritto da Oz quando aveva 69 anni, non rientra nel suo collaudato filone del racconto familiare sullo sfondo della storia israeliana, ma affronta una serie di domande sulla scrittura. Siamo a Tel Aviv in un’afosa serata estiva in cui l’autore è ospite d’onore di un incontro letterario. Annoiato e distante dalle voci dei relatori, punta invece il pubblico e mette a fuoco facce e piccoli dettagli che gli ispirano curiosità. Diventano gli spunti per nuove storie che si diverte ad imbastire e raccontare, dando libero sfogo alla sua immaginazione.

“Finché morte non sopraggiunga” da poco tradotto in Italia, risale al 1971. Narra due storie molto diverse e distanti tra loro. Dapprima i pensieri, i rimpianti e i ricordi di un anziano conferenziere malato che, di fronte all’inesorabile declino, constata le occasioni perdute di una vita. Nella seconda parte invece l’autore ripercorre le avventure di una sgangherata banda di crociati che non arriveranno mai in Terra Santa. Trait d’union dei due capitoli è l’incessante ricerca di un senso da dare alla vita.

L'isola del libro. Speciale Amos Oz

L’appuntamento di oggi è dedicato ad Amos Oz, un grande della letteratura che ci ha lasciati nel 2018 e di cui resteremo orfani nel futuro; unica consolazione leggere o rileggere i suoi capolavori
Il grande scrittore israeliano se n’è andato a 79 anni stroncato da un male bastardo ma ci ha lasciato migliaia di pagine da leggere, tra romanzi e saggi. Era nato a Gerusalemme il 4 maggio del 1939, figlio unico, segnato dal suicidio della madre quando aveva solo 12 anni. Poi la sua vita spesa a lavorare in un kibbutz, insegnare all’università e soprattutto… scrivere. Per la risoluzione del conflitto arabo-israeliano caldeggiava l’idea dei due Stati e il suo paese travagliato è lo sfondo dei suoi scritti.
Qualche suggerimento di lettura in ordine sparso tra i suoi libri, pubblicati in Italia da Feltrinelli:
 
“Una storia di amore e di tenebra” è il romanzo autobiografico in cui racconta la sua infanzia e giovinezza, la storia della sua famiglia, la nascita dello Stato di Israele, gli attacchi terroristici dei Feddayin e la vita nel kibbutz. Soprattutto, qui affronta la tragica morte della madre, che si tolse la vita proprio alla vigilia del suo bar mitzwah nel 1952, elabora il lutto e narra dei contrasti col padre che lo spingeranno fuori casa. Considerato il suo capolavoro, è davvero un grande affresco familiare e storico.

“Una pace perfetta” è ambientato alla vigilia della Guerra dei Sei Giorni, nel 1967, nel Kibbutz Granot, e ruota intorno alla coppia formata da Yoni e Ramona. Lei amareggiata dagli aborti e dall’insoddisfatto desiderio di maternità; lui lavora in officina dove ripara trattori, ma sogna l’ampio orizzonte del deserto e la fuga. Intorno alla loro malinconia un avvicendarsi di altri personaggi e la vita nel kibbutz, perfettamente incastonata nella storia israeliana.
 
“Michael mio” è il secondo romanzo scritto da Oz nel 1968, quando non era ancora famoso, e pubblicato in Italia nel 1975. Ambientato nella Gerusalemme degli anni 50 è il racconto in prima persona del matrimonio di Hannah e del suo fallimento. Una narrazione al femminile, dolce-amara, in cui lo scrittore sonda e svela emozioni, sentimenti e passioni della protagonista con delicatezza e sensibilità fuori dal comune.
 
“Conoscere una donna” è uno dei capolavori della letteratura israeliana e racconta una storia d’amore sorprendente. Yoel, uomo dei servizi segreti israeliani deve affrontare la morte della moglie fulminata in un incredibile incidente. Ripercorrendo a ritroso il suo matrimonio si trova a fare i conti non solo con l’assenza di Ivria, ma anche con piccoli dettagli che svelano ombre nel loro rapporto. Chi era la donna che aveva sposato e quale mistero racchiudeva? Poi c’è anche il complicato rapporto con la loro figlia Neta.
 
“Tocca l’acqua, tocca il vento” racconta la fuga degli ebrei dallo sterminio nazista. In Polonia nel 1939, mentre i tedeschi avanzano inesorabilmente, Elisha Pomerantz, piccolo orologiaio ebreo, appassionato di matematica e musica, fugge nella foresta per mettersi in salvo. Invece sua moglie Stefa, insegnante di filosofia in un liceo, sottovaluta il pericolo e resta nel suo appartamento. Anche lei finirà per essere travolta dalla guerra, deportata in Unione Sovietica e trasformata in spia al servizio di Stalin. Intanto c’è il vagare di Elisha tra boschi, Grecia e infine l’approdo in un kibbutz in Israele dove si mette a riparare orologi. Il romanzo è la storia della separazione dei due personaggi e il loro sogno di potersi ritrovare.
 
“Scene dalla vita di un villaggio” ovvero misteri, segreti, amori e sparizione nel pittoresco villaggio israeliano Tel Ilan. Amos Oz -a cui piacevano le storie che restavano irrisolte come la vita stessa- ci conduce nei meandri dell’anima in questo romanzo inquietante, suddiviso in otto capitoli o “scene” indipendenti tra loro, ma accomunate dal senso di solitudine che avvolge il villaggio.
 
“Non dire notte” è ambientato a Tel Kedar, piccola cittadina nel deserto del Negev. Vi abitano Theo, urbanista 60enne di successo, e sua moglie Noa, professoressa di lettere che ha15 anni meno di lui, ed è un’idealista sempre pronta a buttarsi con entusiasmo in nuove sfide. Dopo 7 anni di matrimonio il loro è un rapporto che si sta sfilacciando. La storia viene narrata in prima persona dai due protagonisti, che raccontano gli stessi fatti ma decodificati con occhi diversi. E sullo sfondo vite, tragedie e speranze degli altri abitanti della piccola città.
 
“La scatola nera” romanzo epistolare con cui Oz racconta di nuovo un matrimonio, questa volta finito. E’quello di Alec e Ilana che non si parlano da 7 anni. Lui è un apprezzato studioso di fanatismo religioso trasferitosi in America; lei è rimasta in Israele e si è risposata. Hanno avuto un figlio che ora in piena adolescenza mette a dura prova la madre. Non sapendo più cosa fare, Ilana ricontatta l’ex marito chiedendogli aiuto. Il titolo richiama la scatola nera che racchiude le cause degli incidenti aerei, allo stesso modo nelle lettere scambiate dai personaggi il lettore troverà le cause di questa catastrofe familiare.
 
“La vita fa rima con la morte” scritto da Oz quando aveva 69 anni, non rientra nel suo collaudato filone del racconto familiare sullo sfondo della storia israeliana, ma affronta una serie di domande sulla scrittura. Siamo a Tel Aviv in un’afosa serata estiva in cui l’autore è ospite d’onore di un incontro letterario. Annoiato e distante dalle voci dei relatori, punta invece il pubblico e mette a fuoco facce e piccoli dettagli che gli ispirano curiosità. Diventano gli spunti per nuove storie che si diverte ad imbastire e raccontare, dando libero sfogo alla sua immaginazione.

“Finché morte non sopraggiunga” da poco tradotto in Italia, risale al 1971. Narra due storie molto diverse e distanti tra loro. Dapprima i pensieri, i rimpianti e i ricordi di un anziano conferenziere malato che, di fronte all’inesorabile declino, constata le occasioni perdute di una vita. Nella seconda parte invece l’autore ripercorre le avventure di una sgangherata banda di crociati che non arriveranno mai in Terra Santa. Trait d’union dei due capitoli è l’incessante ricerca di un senso da dare alla vita.

La Lega nell’angolo, Di Maio in difficoltà

di Ibis

Il referendum a questo punto si impone , ed è meglio di un accordo al ribasso fra Lega e 5 stelle che snaturi il progetto di alta velocità, con nuovi tagli agli investimenti

 

La nuova grande manifestazione Sì Tav ( forse addirittura più partecipata della prima) è stato un segnale definitivo alle forze politiche: Ora non si può più far finta di nulla. La novità è che sono scesi in campo direttamente sindaci e amministratori locali e si sa che questi contano molto elettoralmente. Il referendum a questo punto si impone , ed è meglio di un accordo al ribasso fra Lega e 5 stelle che snaturi il progetto di alta velocità, con nuovi tagli agli investimenti. Questi sì sarebbero soldi buttati senza un significativo miglioramento dei collegamenti internazionali, e darebbero all’opinione pubblica l’impressione di essere spesi per salvare le poltrone di chi sta governando. E’ significativo , in questo senso, che il direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio si lasci andare ad insulti e sarcasmo contro la manifestazione torinese e i suoi promotori: l’ultimo baluardo del ” radicalismo ” a 5 stelle, perdendo le staffe , conferma le paure dei puri e duri , cioè che Di Maio sia costretto a scendere a patti se non vuole perdere il governo. Poi si sa che chi non ha più argomenti ricorre agli insulti. Anche Salvini sa che La Tav, molto più dei problemi degli ormai pochi disperati che tentano di raggiungere le nostre coste e dietro i quali si nasconde per parlar d’altro , è la vera pietra di inciampo del governo. Il Nord produttivo vuole una linea vera ad alta velocità-capacità e sa ,per esperienza diretta, quanto possa servire: questo dicono le 33 associazioni di imprenditori, cooperative, artigiani commercianti , gli ordini professionali , le categorie sindacali scesi di nuovo in piazza ( quelli che Travaglio chiama i ” poteri marci”). E vogliono investimenti che possano far ripartire l’economia. Il messaggio è chiaro anche alla Lega: non si devono sprecare soldi in assistenzialismi vari, dice il mondo del lavoro, perchè mancheranno per le infrastrutture, come mancano nella legge di bilancio appena varata. Perchè si dovranno aumentare inevitabilmente le tasse che invece andrebbero ridotte, tagliare le pensioni in varie forme ( come già si è deciso). Intanto aumenterà la disoccupazione. A meno che quota 100 e il reddito di cittadinanza siano avviluppati in tali cavilli burocratici e norme da diventare solo fumo negli occhi degli elettori in vista delle europee. Così pensano le categorie produttive e gli amministratori delle più importanti regioni d’Italia ( dal punto di vista economico, naturalmente). Lo squadrismo giornalistico del Fatto quotidiano, il richiamo alla radicalizzazione da parte di Grillo e Di Battista deriva dal rendersi conto di essere ormai minoranza: basta che la Lega stacchi la spina e si vada a votare. Visto che tutti citano i sondaggi, allora i sondaggi ci dicono che il Movimento 5 Stelle sarebbe al 26%, a questo si aggiungerebbe un 2-3% della sinistra radicale e poco altro. Tutti i sondaggi, da sempre, sono univoci nell’assegnare al centro-destra la maggioranza in una ipotetica elezione anticipata. Persino Forza Italia e il Pd danno timidi segnali di ripresa. Anche Travaglio lo sa, e allora pensa che è meglio ritornare all’estremismo dell’opposizione. Salvini corre sul filo del rasoio: ma fino a quando tutti i suoi lo seguiranno dopo che viene abbandonato dalle categorie di riferimento al Nord e avanza la crisi economica?

(foto: il Torinese)

 

La Lega nell'angolo, Di Maio in difficoltà

di Ibis
Il referendum a questo punto si impone , ed è meglio di un accordo al ribasso fra Lega e 5 stelle che snaturi il progetto di alta velocità, con nuovi tagli agli investimenti
 
La nuova grande manifestazione Sì Tav ( forse addirittura più partecipata della prima) è stato un segnale definitivo alle forze politiche: Ora non si può più far finta di nulla. La novità è che sono scesi in campo direttamente sindaci e amministratori locali e si sa che questi contano molto elettoralmente. Il referendum a questo punto si impone , ed è meglio di un accordo al ribasso fra Lega e 5 stelle che snaturi il progetto di alta velocità, con nuovi tagli agli investimenti. Questi sì sarebbero soldi buttati senza un significativo miglioramento dei collegamenti internazionali, e darebbero all’opinione pubblica l’impressione di essere spesi per salvare le poltrone di chi sta governando. E’ significativo , in questo senso, che il direttore del Fatto quotidiano Marco Travaglio si lasci andare ad insulti e sarcasmo contro la manifestazione torinese e i suoi promotori: l’ultimo baluardo del ” radicalismo ” a 5 stelle, perdendo le staffe , conferma le paure dei puri e duri , cioè che Di Maio sia costretto a scendere a patti se non vuole perdere il governo. Poi si sa che chi non ha più argomenti ricorre agli insulti. Anche Salvini sa che La Tav, molto più dei problemi degli ormai pochi disperati che tentano di raggiungere le nostre coste e dietro i quali si nasconde per parlar d’altro , è la vera pietra di inciampo del governo. Il Nord produttivo vuole una linea vera ad alta velocità-capacità e sa ,per esperienza diretta, quanto possa servire: questo dicono le 33 associazioni di imprenditori, cooperative, artigiani commercianti , gli ordini professionali , le categorie sindacali scesi di nuovo in piazza ( quelli che Travaglio chiama i ” poteri marci”). E vogliono investimenti che possano far ripartire l’economia. Il messaggio è chiaro anche alla Lega: non si devono sprecare soldi in assistenzialismi vari, dice il mondo del lavoro, perchè mancheranno per le infrastrutture, come mancano nella legge di bilancio appena varata. Perchè si dovranno aumentare inevitabilmente le tasse che invece andrebbero ridotte, tagliare le pensioni in varie forme ( come già si è deciso). Intanto aumenterà la disoccupazione. A meno che quota 100 e il reddito di cittadinanza siano avviluppati in tali cavilli burocratici e norme da diventare solo fumo negli occhi degli elettori in vista delle europee. Così pensano le categorie produttive e gli amministratori delle più importanti regioni d’Italia ( dal punto di vista economico, naturalmente). Lo squadrismo giornalistico del Fatto quotidiano, il richiamo alla radicalizzazione da parte di Grillo e Di Battista deriva dal rendersi conto di essere ormai minoranza: basta che la Lega stacchi la spina e si vada a votare. Visto che tutti citano i sondaggi, allora i sondaggi ci dicono che il Movimento 5 Stelle sarebbe al 26%, a questo si aggiungerebbe un 2-3% della sinistra radicale e poco altro. Tutti i sondaggi, da sempre, sono univoci nell’assegnare al centro-destra la maggioranza in una ipotetica elezione anticipata. Persino Forza Italia e il Pd danno timidi segnali di ripresa. Anche Travaglio lo sa, e allora pensa che è meglio ritornare all’estremismo dell’opposizione. Salvini corre sul filo del rasoio: ma fino a quando tutti i suoi lo seguiranno dopo che viene abbandonato dalle categorie di riferimento al Nord e avanza la crisi economica?

(foto: il Torinese)
 

Appello del Centro Pannunzio in difesa della democrazia liberale

La riforma che introduce nel nostro ordinamento il referendum propositivo senza quorum è molto rischiosa

C’ è infatti il pericolo reale di una dittatura mascherata delle minoranzeIl Costituente aveva previsto prudentemente il solo referendum abrogativo con quorum e raccolta di firme per la sua realizzazione.  Il rendere semplice il referendum propositivo senza un quorum che ne garantisca la validità circa l’affluenza di un numero adeguato di cittadini al voto, significa un infliggere un corpo mortale alla democrazia parlamentare rappresentativa, annullando la centralità del Parlamento, sancita dalla Costituzione.  Le cosiddette “democrazie dirette” non sono democrazie, come dimostra l’esperienza della storia. Il Centro “Pannunzio”, libero, indipendente, apartitico, sente il dovere di lanciare un allarme a tutti i cittadini sui pericoli verso cui andiamo incontro.


Il Centro “Pannunzio” 

Foto Daniele Solavaggione CONCERTO DEL PIANISTA SANDRETTO PER I 50 ANNI DEL CENTRO PANNUNZIO NELL’AULA MAGNA DEL RETTORATO

“Venduti ai Minori”

Perchè i nostri figli entrano in contatto con prodotti vietati dalla legge o non adatti come alcol, tabacco, cannabis, azzardo, ma anche pornografia e videogiochi inadatti?

Quanti sono a conoscenza del divieto di vendita ai minori? Chi glieli vende?

Questi divieti sono segnalati e, soprattutto, rispettati?

Evento di presentazione dell’indagine inedita “Venduti ai Minori” sull’accesso dei minori ai prodotti vietati o inadatti.

Ore 10 – 12

Senato della Repubblica

Palazzo Giustiniani – Sala Zuccari

Via della Dogana Vecchia, 29 – Roma

NDIRIZZO DI SALUTO

Licia Ronzulli, Presidente della Commissione parlamentare per

l’infanzia e l’adolescenza

Lorenzo Fontana, Ministro per la famiglia

INTERVENGONO

Tonino Cantelmi, Università Europea di Roma

Antonio Affinita, Direttore generale Moige

Saverio Sgroi, Educatore e  scrittore

Paolo Messa, Consigliere Centro Studi Americani

Emanuele Scafato, Direttore dell’Osservatorio Nazionale ALCOL-ISS

Antonio Nicita, Commissario AGCOM

Mario Antonelli, Vicepresidente Federazione Italiana Tabaccai – FIT

Ottavio Cagiano de Azevedo, Direttore generale Federvini

Corrado Luca Bianca, Coordinatore nazionale FIEPET-Confesercenti

Modera: Federica De Sanctis, giornalista