L’isola del libro. Speciale Amos Oz

L’appuntamento di oggi è dedicato ad Amos Oz, un grande della letteratura che ci ha lasciati nel 2018 e di cui resteremo orfani nel futuro; unica consolazione leggere o rileggere i suoi capolavori

Il grande scrittore israeliano se n’è andato a 79 anni stroncato da un male bastardo ma ci ha lasciato migliaia di pagine da leggere, tra romanzi e saggi. Era nato a Gerusalemme il 4 maggio del 1939, figlio unico, segnato dal suicidio della madre quando aveva solo 12 anni. Poi la sua vita spesa a lavorare in un kibbutz, insegnare all’università e soprattutto… scrivere. Per la risoluzione del conflitto arabo-israeliano caldeggiava l’idea dei due Stati e il suo paese travagliato è lo sfondo dei suoi scritti.

Qualche suggerimento di lettura in ordine sparso tra i suoi libri, pubblicati in Italia da Feltrinelli:

 

“Una storia di amore e di tenebra” è il romanzo autobiografico in cui racconta la sua infanzia e giovinezza, la storia della sua famiglia, la nascita dello Stato di Israele, gli attacchi terroristici dei Feddayin e la vita nel kibbutz. Soprattutto, qui affronta la tragica morte della madre, che si tolse la vita proprio alla vigilia del suo bar mitzwah nel 1952, elabora il lutto e narra dei contrasti col padre che lo spingeranno fuori casa. Considerato il suo capolavoro, è davvero un grande affresco familiare e storico.

“Una pace perfetta” è ambientato alla vigilia della Guerra dei Sei Giorni, nel 1967, nel Kibbutz Granot, e ruota intorno alla coppia formata da Yoni e Ramona. Lei amareggiata dagli aborti e dall’insoddisfatto desiderio di maternità; lui lavora in officina dove ripara trattori, ma sogna l’ampio orizzonte del deserto e la fuga. Intorno alla loro malinconia un avvicendarsi di altri personaggi e la vita nel kibbutz, perfettamente incastonata nella storia israeliana.

 

“Michael mio” è il secondo romanzo scritto da Oz nel 1968, quando non era ancora famoso, e pubblicato in Italia nel 1975. Ambientato nella Gerusalemme degli anni 50 è il racconto in prima persona del matrimonio di Hannah e del suo fallimento. Una narrazione al femminile, dolce-amara, in cui lo scrittore sonda e svela emozioni, sentimenti e passioni della protagonista con delicatezza e sensibilità fuori dal comune.

 

“Conoscere una donna” è uno dei capolavori della letteratura israeliana e racconta una storia d’amore sorprendente. Yoel, uomo dei servizi segreti israeliani deve affrontare la morte della moglie fulminata in un incredibile incidente. Ripercorrendo a ritroso il suo matrimonio si trova a fare i conti non solo con l’assenza di Ivria, ma anche con piccoli dettagli che svelano ombre nel loro rapporto. Chi era la donna che aveva sposato e quale mistero racchiudeva? Poi c’è anche il complicato rapporto con la loro figlia Neta.

 

“Tocca l’acqua, tocca il vento” racconta la fuga degli ebrei dallo sterminio nazista. In Polonia nel 1939, mentre i tedeschi avanzano inesorabilmente, Elisha Pomerantz, piccolo orologiaio ebreo, appassionato di matematica e musica, fugge nella foresta per mettersi in salvo. Invece sua moglie Stefa, insegnante di filosofia in un liceo, sottovaluta il pericolo e resta nel suo appartamento. Anche lei finirà per essere travolta dalla guerra, deportata in Unione Sovietica e trasformata in spia al servizio di Stalin. Intanto c’è il vagare di Elisha tra boschi, Grecia e infine l’approdo in un kibbutz in Israele dove si mette a riparare orologi. Il romanzo è la storia della separazione dei due personaggi e il loro sogno di potersi ritrovare.

 

“Scene dalla vita di un villaggio” ovvero misteri, segreti, amori e sparizione nel pittoresco villaggio israeliano Tel Ilan. Amos Oz -a cui piacevano le storie che restavano irrisolte come la vita stessa- ci conduce nei meandri dell’anima in questo romanzo inquietante, suddiviso in otto capitoli o “scene” indipendenti tra loro, ma accomunate dal senso di solitudine che avvolge il villaggio.

 

“Non dire notte” è ambientato a Tel Kedar, piccola cittadina nel deserto del Negev. Vi abitano Theo, urbanista 60enne di successo, e sua moglie Noa, professoressa di lettere che ha15 anni meno di lui, ed è un’idealista sempre pronta a buttarsi con entusiasmo in nuove sfide. Dopo 7 anni di matrimonio il loro è un rapporto che si sta sfilacciando. La storia viene narrata in prima persona dai due protagonisti, che raccontano gli stessi fatti ma decodificati con occhi diversi. E sullo sfondo vite, tragedie e speranze degli altri abitanti della piccola città.

 

“La scatola nera” romanzo epistolare con cui Oz racconta di nuovo un matrimonio, questa volta finito. E’quello di Alec e Ilana che non si parlano da 7 anni. Lui è un apprezzato studioso di fanatismo religioso trasferitosi in America; lei è rimasta in Israele e si è risposata. Hanno avuto un figlio che ora in piena adolescenza mette a dura prova la madre. Non sapendo più cosa fare, Ilana ricontatta l’ex marito chiedendogli aiuto. Il titolo richiama la scatola nera che racchiude le cause degli incidenti aerei, allo stesso modo nelle lettere scambiate dai personaggi il lettore troverà le cause di questa catastrofe familiare.

 

“La vita fa rima con la morte” scritto da Oz quando aveva 69 anni, non rientra nel suo collaudato filone del racconto familiare sullo sfondo della storia israeliana, ma affronta una serie di domande sulla scrittura. Siamo a Tel Aviv in un’afosa serata estiva in cui l’autore è ospite d’onore di un incontro letterario. Annoiato e distante dalle voci dei relatori, punta invece il pubblico e mette a fuoco facce e piccoli dettagli che gli ispirano curiosità. Diventano gli spunti per nuove storie che si diverte ad imbastire e raccontare, dando libero sfogo alla sua immaginazione.

“Finché morte non sopraggiunga” da poco tradotto in Italia, risale al 1971. Narra due storie molto diverse e distanti tra loro. Dapprima i pensieri, i rimpianti e i ricordi di un anziano conferenziere malato che, di fronte all’inesorabile declino, constata le occasioni perdute di una vita. Nella seconda parte invece l’autore ripercorre le avventure di una sgangherata banda di crociati che non arriveranno mai in Terra Santa. Trait d’union dei due capitoli è l’incessante ricerca di un senso da dare alla vita.

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