A cura di Laura Goria

L’isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria

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Gary Shteyngart “Destinazione America” – Guanda –   euro 20.00

 

Per gustare a fondo questo libro va considerata la biografia dell’autore. Gary Shteyngart è nato in una famiglia ebrea nel 1972 a San Pietroburgo (quando ancora era chiamata Leningrado) ed ha mosso i primi passi in una piazza in cui svettava un’imponente statua di Lenin alta 7 metri. Anche se dall’età di 7 anni si è trasferito negli Stati Uniti, la sua vena artistica risente a tratti del peso dell’oppressione del regime comunista e lui guarda all’America come approdo. Grande paese in cui regna la libertà, anche se ai suoi occhi attenti non sfuggono le derive del sogno americano, le sacche di ingiustizia, violenze ed esagerazioni. Shteyngart ha esordito nel 2002 con il romanzo “Il manuale del debuttante russo”; oggi vive a New York, nel Queens, e nel 2010 il “New Yorker” l’ha definito uno dei migliori scrittori americani under 40. In “Destinazione America” narra l’emblematica storia di Barry Cohen, principe newyorchese della finanza baciato dal successo, dai miliardi, e proprietario di un appartamento da sogno nel cuore di Manhattan. Ha una bella moglie, Seema, e un figlio, il piccolo Shiva, affetto da una grave forma di autismo. Un bambino che in 2 anni di vita non li ha mai guardati negli occhi e con il quale è impossibile comunicare, nonostante gli sforzi di medici e logopedisti. Barry finisce per soccombere alla pressione che schiaccia la sua vita: gli impegni e i rischi del lavoro, il nido familiare che assomiglia a un inferno mascherato dagli agi e dal lusso. Una terribile cena con conoscenti fa deflagrare la bomba. Barry abbandona tutto e tutti, sale su un pullman Greyhound, senza carte di credito, né cellulare; si porta dietro solo una valigetta con la sua preziosissima collezione di orologi. Attraversa gli Stati e va alla ricerca della sua ex fidanzatina. Ma il viaggio più vero è quello dentro se stesso, alle prese con le sue insicurezze, i falsi successi, un’immaturità latente. Intanto la moglie Seema, figlia di immigrati indiani, imbastisce una tresca amorosa con un inquilino del suo palazzo. E’ uno scrittore Guatemalteco di belle speranze, dotato di moglie (amica di Seema) e figlio…sanissimo (con cui Shiva riesce a intrattenersi). Siamo nell’America che sta per eleggere Donald Trump alla Casa Bianca e il quadro che emerge dalle pagine fissa alcuni punti fermi. E’ un paese decadente, ma pur sempre dalle infinite possibilità; e viene messo a nudo lo stereotipo del ricco infelice. In un’intervista Shteyngart ha dichiarato che il capitalismo buono esiste, anche se non l’abbiamo ancora trovato; comunque secondo lui gli altri sistemi sono peggio. Per scrivere questo romanzo ha frequentato il mondo di Barry e scoperto che grandi ricchezze, soprattutto se accumulate in modo veloce e dubbio, possono virare in maledizione, superficialità, solitudine e fallimentare ricerca di qualcosa che dia un senso alla vita.

 

 

 

Graziella Naurath “Torino fermo immagine” – Atene del Canavese – euro 15.00

 

Lei è una scrittrice torinese, delicatissima e con una memoria storica notevole. In questo libro ci regala tanti scorci di un mondo che ormai non c’è quasi più, e lo fa con tocco sapiente e lieve. Nelle sue pagine ritrovate una Torino d’antan, e potete fare un tuffo in quello che l’autrice definisce “giardino zoologico di un tempo”. Quando esistevano mestieri come la rimagliatrice di calze, la modista di cappelli o c’erano artigiani abilissimi in lavori minuti all’interno di botteghe polverose e grondanti fascino. Per ogni mese dell’anno dapprima c’è un racconto e poi pagine di vita ormai scomparse, memorie di mestieri, ricette, proverbi, luoghi di Torino di cui si sono perse le tracce. Che siate lettori giovanissimi, millenials o più maturi …questo libro tornerà utile a tutti perché racconta pagine di storia non solo cittadina, ma anche di un’Italia dai tratti che suscitano nostalgia. Si parte da gennaio con il primo racconto “Un amore di-vino” ambientato nella beauty farm di un hotel a 5 stelle dove l’erede di una colossale fortuna, Vera Disgrazia, alquanto bruttina e dal cognome sfortunato, conosce un giovane aitante. Lui sa di che ricchezze dispone lei ed è questo che lo attrae. Fissano un appuntamento al quale Vera si prepara prenotando tutto il pacchetto dei trattamenti di bellezza possibili. Ma galeotto sarà Bacco, perché per la vino terapia sceglie un brut pregiatissimo e dal costo stellare…..di più non vi dico, sarà una sorpresa, raccontata con ironia.

Nelle pagine seguenti ricompaiono poi guardarobiere in famiglie altolocate, bambini che una volta sapevano giocare di fantasia e con niente, ricette che della semplicità facevano virtù e sarebbero da recuperare, proverbi antichi di grande saggezza. E via di questo passo… mese per mese. Qualche anticipazione? Tra i rimedi di bellezza, quelli per i capelli che si domavano a colpi di spazzole calde, si nutrivano con olio d’oliva, mentre il bicarbonato di sodio ringiovaniva chiome bianche viranti al giallognolo. Oppure soluzioni casalinghe per rassodare il viso o preparare maschere di bellezza “fai da te”. Per chi è attento alla dieta ecco l’antico proverbio “fare colazione come un principe, pranzare come un borghese e cenare come un mendicante” e per i chili di troppo, tutte le sere, per un mese, un infuso di rosmarino e salvia. Tra i mestieri una volta in voga, quello della bustaia, professionale come un dottore, alla quale le clienti svelavano difetti segreti perché lei rimediasse stringendo o steccando. Poi tante ricette all’insegna del “non si butta via niente”. E ancora memoria di luoghi topici Torinesi, dalle piazze alle vie più famose, per arrivare alle rive del Po, che negli anni si sono trasformate. Insomma un piacevolissimo viaggio retrò….

 

 

Stuart Turton “Le sette morti di Evelyn Hardcastle”   -Neri Pozza- euro 18,00

 

Turton è uno scrittore e giornalista inglese, laureato in filosofia e, tra le varie esperienze, annovera anche un periodo come insegnante d’inglese a Shanghai. Con questo libro –dalla trama sorprendente- si è aggiudicato il Costa First Novel Award. E’ambientato nella meravigliosa residenza di campagna Blackeath House dove Lady Elena e Lord Peter Hardcastle sono pronti a ricevere gli invitati ad un sontuoso ballo in maschera. Sono tutti personaggi di spicco: nobili, ufficiali, banchieri, medici ed altri membri dell’high society. Sono gli stessi che 19 anni prima avevano partecipato ad un ricevimento nel corso del quale il figlio minore degli Hardcastle, Thomas, era stato ucciso. Tra gli ospiti questa volta c’è anche il protagonista del romanzo, Aiden Bishop, per il quale la festa, più che occasione di divertimento, finirà per rivelarsi una trappola. Alle 23 di sera la morte torna a colpire: questa volta tocca ad Evelyn Hardcastle, rampolla della famiglia, che scivola nel lago della tenuta, mortalmente ferita da un colpo d’arma al ventre. E fin qui niente di diverso dai classici gialli…Ma c’è ben di più nelle pagine del geniale autore. La sua trovata è vincente perché sguinzaglia il lettore in un mistero da capogiro, assolutamente originale. Evelyn non morirà una volta sola, la cosa si ripeterà ogni sera, allo scoccare della stessa ora…finché non verrà smascherato il colpevole. Però c’è ancora di più, e il mistero oscilla tra l’inquietante e l’alta tensione. Aiden deve risolvere l’intricato e inusuale caso…solo che le cose non saranno tanto semplici, dal momento che si trova a rivivere lo stesso giorno, ma in 8 corpi diversi (per un giorno è il dottor Sebastian Bell, poi si sveglia nei panni del maggiordomo, e via così). Davvero un bel rompicapo perché a sua disposizione ha solo quelle 8 “incarnazioni” per capire chi uccide-ucciderà (i tempi si mischiano) la giovane donna. L’unico modo per interrompere questo meccanismo di morte, ripetuto e perverso, è scoprire il colpevole, solo così Aiden potrà finalmente lasciare il castello. Peccato che qualcuno cerchi di ostacolarlo in tutti i modi.

L’isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria

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Jonas Jonasson  “ Il centenario che voleva salvare il mondo”  -La Nave di Teseo-  euro 22,00

 

Lo scrittore svedese che aveva scalato le classifiche nel 2009 con il suo primo romanzo  “Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve”  ripesca il suo protagonista Allan Karlsson che ora di anni ne ha 101(prodigi della letteratura) e lo sguinzaglia in un’altra surreale e divertentissima avventura. Fuggito dall’ospizio, lo troviamo in un lussuoso hotel di Bali dove sta godendosi gli ultimi spiccioli dei milioni della valigetta conquistata nel primo libro, insieme all’amico e complice Julius (diventato proprietario di una piantagione di asparagi). I due hanno la gran pensata di festeggiare il giro di boa del secolo di Allan con un bel volo in mongolfiera. Ed è l’inizio di una nuova rocambolesca vicenda, dal momento che finiscono a mollo nel mare e vengono salvati da una nave. Non un’imbarcazione qualunque, bensì di nazionalità nordcoreana, e che per di più trasporta una valigia di uranio di contrabbando destinata al leader megalomane Kim-Jong-un. Preparatevi a seguire Allan e Julius nelle spire di un intrigo internazionale di vasta portata, con coinvolgimento dei politici contemporanei alla guida del mondo. Colpi di scena uno via l’altro in cui mettono lo zampino personaggi del calibro di Angela Merkel, Donald Trump, Vladimir Putin e ministeri degli esteri vari e assortiti. Ironia e divertimento a partire da quando i due vecchietti vengono fermati con l’accusa di spionaggio, poi il geniale escamotage di Allan che si finge esperto di fusione nucleare e affini. Sarà la volta di una crisi diplomatica mondiale e dell’inseguimento di Allan e Julius che sulla via di fuga si imbattono in personaggi uno più divertente e sgangherato dell’altro. Un taxista masai, un truffatore indiano e…per non farsi mancare nulla…entrano anche in società con una venditrice di bare. Lei si chiama Sabine e insieme progettano per “L’ultimo viaggio” delle bare a tema, colorate (dal blu piccione al rosa e al verde oliva), personalizzate in funzione della vita e degli hobby del defunto. Idea brillante e concept che riscuote successo in una fiera internazionale. Peccato l’incauto scambio per cui il feretro con i coniglietti saltellanti in un prato verde sotto una coltre di nuvolette bianche finisca per sbaglio al funerale di un leader nazifascista svedese, mentre alla bambina che doveva passare nell’al di là accompagnata dai bucolici conigli tocchi, invece, la bara con tanto di svastica. Ecco questo per darvi un assaggio di quello in cui vi imbatterete divertendovi nelle 500 pagine che corrono via d’un fiato.

 

 

 

Jonathan Franzen   “La fine della fine della terra”  -Einaudi-  euro 18,50

 

Riscaldamento globale ed estinzione degli animali selvatici sono alcune delle tematiche di questo libro in cui lo scrittore americano raccoglie una rosa di suoi saggi ad ampio spettro. Sono eterogenei e spaziano dai temi ambientali ai reportage esotici di birdwatching (di cui è sfrenatamente appassionato), dai ritratti di amici scrittori alle cartoline dall’Africa orientale (e la sua fauna) per arrivare alla ricerca di un uccello rarissimo nelle sperdute isole Chatham (a est della Nuova Zelanda). Molti gli argomenti, ma di fatto il focus centrale è il futuro drammatico della terra che… scrive Franzen: “ …come oggi la conosciamo assomiglia a una persona gravemente malata di cancro. Possiamo scegliere di curarla con deturpante aggressività, costruendo dighe su ogni fiume e rovinando ogni paesaggio con coltivazioni per biocarburanti, fattorie solari e turbine eoliche, per guadagnare qualche anno di riscaldamento moderato.” L’autore attacca i ciechi  negazionisti del riscaldamento globale, ma non risparmia veleno neanche per gli ottimisti di sinistra come Naomi Klein (attivista autrice di “Una rivoluzione ci salverà” del 2015), che prevedono in tempi ristretti una rivoluzione contro il capitalismo e il suo depredare le risorse del pianeta. La diagnosi dei mali è il cuore dei saggi di Franzen, che è soprattutto abilissimo nel portarci nel meraviglioso mondo degli uccelli. Lui è un birdwatching compulsivo ed elenca infinite specie (tra le 10.000 esistenti), la loro bellezza dal punto di vista estetico, i loro habitat, le loro abitudini e strategie di sopravvivenza. Insegue i pennuti fino al limite del globo in un costosissimo viaggio in Antartide. Ci delizia con descrizioni paesaggistiche da confini del mondo, raccontando i contrasti tra il blu indescrivibile del ghiaccio polare e la monocromia infinita di nero, bianco e grigio. E’ lì che intravede un esemplare del rarissimo pinguino imperatore, tra gli uccelli  più grandi del mondo, alto 1 metro e 20.Per sfuggire all’inutile logica che la colpa sia di tutti e dunque di nessuno, Franzen  suggerisce strategie dal basso: tanti progetti piccoli e sostenibili attuati da comunità locali, come fanno alcune Ong in Costarica e in Perù. Insomma una lettura adatta a chi si preoccupa del futuro del pianeta….

 

 

David Diop  “Fratelli d’anima”  -Neri Pozza-   euro 16,00

 

E’ un colpo al cuore questo libro che ha sbaragliato tutti i concorrenti e vinto il Prix Goncourt des Lycéens 2018 e il Premio Strega Europeo  2019.  L’autore 52enne, nato a Parigi ma cresciuto in Senegal – sospeso tra due civiltà- racconta una pagina drammatica della 1° guerra mondiale. Nelle trincee dell’esercito francese c’erano anche circa 130.000 ”tiratori senegalesi” – in una mano il fucile e nell’altra il machete- destinati a diventare carne da cannone. Sono loro “i cioccolatini dell’Africa nera” (come li chiama il comandante) protagonisti del libro, ma lo sono anche l’amicizia e il contagio dell’orrore. A raccontare è la voce narrante di Alfa Ndiaye, andato in guerra con il suo “più che fratello”, l’inseparabile amico Mademba Diop. Compagno d’ infanzia, fratello adottivo dal quale non si separa mai, neanche quando sbucano dalle trincee e vanno all’assalto. Però Mademba cade nell’imboscata tesa da un soldato nemico “dagli occhi azzurri” che si fingeva morto, ma cogliendolo di sorpresa, lo ha sventrato dal basso in alto con un fulmineo affondo di baionetta. Mademba ha le viscere fuori dal corpo, soffre terribilmente e supplica l’amico di dargli il colpo di grazia. Glielo chiede tre volte, ma Alfa non ci riesce e da allora sarà dilaniato dal senso di colpa per aver permesso la lunga agonia dell’amico. E’ la miccia che innesca il suo nuovo modo di combattere, con quella colpa nel cuore che non gli da pace e lo trasforma. D’ora in poi il suo obiettivo sarà rintracciare quegli occhi chiari e fargli quello che è stato fatto a Mademba. Cerca il corpo a corpo, striscia vicino alle linee nemiche, si finge morto e aspetta che qualcuno esca allo scoperto. Poi gli taglia il polpaccio, lo atterra, gli mette a nudo la pancia e lo sventra. Vede gli occhi azzurri spegnersi lentamente e alla seconda supplica sgozza il malcapitato moribondo, dandogli quel colpo di grazia che non aveva avuto cuore di dare a Mademba. “Quello che non ho fatto per il mio amico, lo farò per il mio nemico. Per umanità” . Ma va oltre: ai nemici che uccide così, taglia anche la mano che regge il fucile e la porta come macabro trofeo ai suoi commilitoni. Alla prima mano lo festeggiano, alla terza è diventato leggenda, ma alla 4° iniziano a diffidare. Per tutti, soldati neri e bianchi, è diventato la morte. Un pazzo sanguinario, tenuto a distanza e temuto come soldato stregone, furia selvaggia, una sorta di spirito dëmm che divora le interiora e le anime. Ma che fine faranno quelle mani monche e, soprattutto, Alfa come continuerà ad affrontare i suoi demoni? E’ quello che vorrete scoprire in questo romanzo pieno di ritmo  e di significati di cui la vicenda storica è il sottofondo.

L’isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria

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Olga Tukarczuk “I vagabondi” – Bompiani. Euro 20,oo

E’ un libro di viaggio, inteso però nel senso più ampio delle tante traiettorie di vita; non ci sono mete precise, piuttosto molteplici storie di viaggiatori anomali, uomini e donne particolari. Non c’è una trama, ma si procede a piccoli, medi e lunghi capitoli che sono tasselli di un magnifico affresco a spasso nei secoli. Difficile incasellare queste 374 pagine della scrittrice polacca, nata a Varsavia nel 1962, studi di psicologia, che con “I vagabondi” ha vinto l’International Man Booker Prize nel 2018.Fin da piccola, osservando lo scorrere del fiume Oder, sognava di essere una barca in eterno movimento: è proprio questa la parola chiave, muoversi nei meandri del mondo e della vita. Dunque stiamo parlando di romanzo, memoir, vagabondaggio messo nero su bianco o libro di eco Baudelairiana? Difficile dirlo, molto meglio leggerlo a piccoli sorsi, poi ognuno ne darà la versione che preferisce. Alcuni capitoli sono di struggente bellezza, altri di una profondità di pensiero che ci impone riflessioni. L’autrice rivela il lato che spesso ci sfugge dell’immenso mondo racchiuso negli aeroporti, crocevia di vita e tangenti infinite, emblema per eccellenza del viaggio. Li definisce “..categoria speciale di città-nazioni, con una posizione fissa mentre i loro abitanti cambiano sempre…”. E’ li che, tra un aereo e l’altro, ci si imbatte in una miriade di persone e nelle loro storie. Oppure nelle comode hall dei grandi hotel dove le reception sono il punto di approdo dell’umanità più eterogenea, un vortice di vite il cui centro è nelle porte girevoli. Poi ci sono pagine che arrivano dal passato, vi afferrano e catapultano in mondi e tempi lontani. Come la vicenda, raccontata dal suo assistente, dell’anatomista olandese Philiph Verheyen che nel 1600 usò il proprio corpo per scoprire il tendine d’Achille. Oppure la figlia di un cortigiano che scrive una lettera all’Imperatore d’Austria Francesco I chiedendo di restituirle il corpo del padre che è stato scorticato, impagliato ed esposto tra le meraviglie della natura alla corte di Sua Maestà; e disquisisce sul diritto a una dignitosa sepoltura anche per persone dalla pelle scura. C’è poi l’affascinante viaggio della sorella di Chopin che, per rispettare la volontà del musicista defunto, in gran segreto gli fa espiantare il cuore per andare a seppellirlo a casa, a Varsavia; lasciando il resto del corpo in un cimitero parigino dove è stato sepolto con tutti gli onori. Ecco, queste sono solo alcune tessere del puzzle di vita messo insieme dalla Tokarczuk…

 

Michele Serra “Le cose che bruciano” – Feltrinelli –   euro 15,00

Lo scrittore romano ci regala un’altra storia e ci fa entrare nella testa di un personaggio che fugge in primis da se stesso, poi dalla politica, dai social e fondamentalmente dal mondo vorticante e superficiale. Desiderio che almeno una volta si sarà affacciato nella mente di molti di noi, nei momenti di crisi e collisione con l’affannosa rotta del mondo così com’è diventato. 171 pagine scritte con la sua solita bravura e condite da dosi massicce di ironia. Protagonista è il 48enne Attilio Campi che abbandona la carriera politica poco dopo essere stato nominato presidente della Commissione Educazione e Cultura. La sua prima ed ultima proposta di legge voleva reintrodurre l’uniforme obbligatoria nelle scuole di ogni ordine e grado, ma …apriti cielo…è stata bocciata sul nascere, senza neanche essere approdata e discussa in parlamento. Ad affondarla è stato fin da subito il suo partito politico. Diciamo che Attilio tanto bene non la prende: rassegna le dimissioni, si eclissa dall’agone politico e si rifugia in uno sperduto nugolo di case in montagna, a Roccapane, tra boschi, campi e vita agreste, dove provvede al suo sostentamento bucolico, ma di fatto facendosi mantenere dalla moglie sempre in viaggio per lavoro. Aria pulita e sana fatica fisica sono gli antidoti al suo male di esistere; ma anche in alta quota, ricordi, passato e ferite sono duri da metabolizzare. Così ripensa agli affetti irrisolti del suo passato, ma soprattutto si trova a dover smaltire la moltitudine di oggetti ereditati alla morte della madre e della zia. In teoria dovrebbe aiutarlo la bellissima sorella Lucrezia, troppo presa però dal suo terzo matrimonio e dalla scia di fascino che lascia dietro di sé. Subissato dall’accumulo di cose pensa bene di smaltirle con un gran bel falò: modo abbastanza drastico per viaggiare più leggeri e liberi da inutili orpelli che rallentano il cammino. Ovviamente la cosa non finisce qui….gustatevi ironia e intelligenza fino all’ultima pagina.

 

 

Louise Penny “Case di vetro. Le indagini del commissario Armand Gamache”    

– Einaudi – euro 15,00

Louise Penny, nata a Toronto nel 1958, è l’autrice di 14 romanzi della serie dell’ispettore Armand Gamache. Scrittrice prolifica e decisamente di successo, dal momento che ha collezionato una nutrita serie di premi letterari, tra i quali 7 Agatha Awards per il miglior crime dell’anno. Ha creato il personaggio vincente del commissario Armand Gamache, capo della Sȗreté du Québec: uomo distinto, mite, abbastanza anonimo, spalle larghe e completo di taglio raffinato, capelli brizzolati, viso rasato di fresco e una profonda cicatrice sulla tempia. C’è chi lo definisce il Maigret canadese, che non si scompone facilmente, e arriva sempre alla risoluzione del rebus criminale che si trova sulla strada. Lavora a Montreal, ma appena può si rifugia nella quiete di Three Pines (ad un passo dal Vermont, porta d’accesso agli Stati Uniti) dove lo attendono l’amata e placida moglie Reine-Marie, la quiete dei boschi, il suo bistrot preferito e gli amici più cari. Ma è proprio in questa sua oasi di pace che s’imbatte in un bel caso. Three Pines viene sconvolta dall’inquietante apparizione di un personaggio paludato in tunica nera, con cappuccio e maschera a coprirne il volto, evidente emblema della Morte. E fin qui sarebbe tutto spiegabile perché si presenta ad un party di Halloween, in cui mascherarsi è d’obbligo. Però l’estraneo, anche a festa finita, continua ad aggirarsi in paese, lo sguardo fisso sulle case, poi si ferma in pianta stabile nel bel mezzo del parco del paesino. E li resta immobile e silenzioso tutto il giorno, gran parte della notte e pure il giorno dopo. Tutti lo vedono, ma nessuno sa cosa fare, tanto più che quando Gamache gli si avvicina e gli parla… è come se fosse davanti ad un muro impenetrabile e muto. La trama si infittisce con la scoperta di cadaveri, traffici di droga, criminalità organizzata che si contende il confine a colpi di delinquenza serrata. Un’intrigante ragnatela e un’atmosfera che è chiave del successo dei gialli della Penny. Anticipo solo che intorno a Gamache si muovono anche i poliziotti della sua squadra, tra i quali l’ispettore capo della Omicidi, Isabelle Lacoste, (che Gamache ha designato come suo successore), che anziché torchiare e basta i sospetti, cerca di capirne a fondo la psicologia. Un interessante personaggio femminile che ha fatto una carriera lampo, e a fine giornata torna da marito e figli piccoli ma porta con sé anche il bagaglio del suo lavoro e non smette mai di pensare alle vittime e agli assassini ancora in agguato nella giungla.

 

 

 

 

L'isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria
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Jonathan Dee “I provinciali”   – Fazi –   euro 20,00
 
E’ uno spaccato della provincia americana, sospesa tra la tragedia dell’11 settembre e la crisi economica del 2008, l’ultimo romanzo di Jonathan Dee. Scrittore nato a New York nel 1962, laureato a Yale ed uno dei protagonisti del “New journalism”, collaboratore di testate prestigiose come il “New York Times Magazine”, “Harper’s”, editor della “Paris Review”, docente di scrittura alla Columbia University e alla New School. Al suo attivo ha 7 romanzi, tra i quali “I privilegiati” che è stato finalista al Premio Pulitzer 2011. “I provinciali” è lo spietato affresco di miserie e virtù degli abitanti di una cittadina, Howland nel Massachussets. Un lucido racconto dell’egoismo che ben si ricollega anche all’attuale clima politico della società… non solo americana. Inizia con il giovane Mark Firth, imprenditore edile di belle speranze, ma scarso senso degli affari. Ingenuamente ha affidato tutti i suoi risparmi ad un oscuro consulente finanziario che ha aggirato anche altri sprovveduti, poi si è volatilizzato col cospicuo malloppo. Altro che investimento vincente a più zeri! Mark è stato praticamente mandato in rovina. Cerca di risollevarsi ristrutturando la casa di Philip Hadi, broker miliardario arricchitosi con gli hedge funds (fondi speculativi), che dopo l’11 settembre è convinto che New York non sia più sicura. Decide così di trasferirsi con la famiglia nella tranquilla cittadina di provincia, e rimette a nuovo la sua tenuta a poca distanza da quella di Mark. Hadi ha velleità politiche e si candida alla carica di sindaco. In campagna elettorale promette di proteggere i cittadini dall’aumento delle tasse e si professa incorruttibile perché già ricco di suo. Ma le cose non saranno così semplici: la cittadinanza resterà divisa tra i sostenitori che lo adorano e i detrattori che invece lo odiano. Una carrellata di personaggi alle prese con la confusione della vita. Dal fratello di Mark, Gerry, immobiliarista dal cuore arido, alla sorella insegnante che imbastisce una relazione amorosa col padre di una sua allieva…e poi altri abitanti sospettosi nei confronti dei turisti e di chi viene da fuori…  Jonathan Dee, cresciuto tra New York e una cittadina simile a quella del romanzo, sa di cosa parla e soprattutto ne scrive benissimo. Ci si appassiona alle vicende dei singoli personaggi, spesso di classi diverse e in rotta di collisione, con tensioni che rischiano di degenerare in modo incontrollabile. E’ un po’ anche il disincantato ritratto dell’odierna società, in cui il divario sociale ed economico tra ricchi, ceto medio e poveri si è allargato in modo preoccupante, generando sentimenti rancorosi pronti ad esplodere. Una lettura appassionante.
 
 
Rita dalla Chiesa “Mi salvo da sola”   – Mondadori – euro 18,00
 
Non ha bisogno di presentazioni Rita dalla Chiesa, giornalista, conduttrice e volto noto della Tv, figlia del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa trucidato dalla Mafia a Palermo nel 1982, ex moglie del conduttore più amato del piccolo schermo, Fabrizio Frizzi, scomparso l’anno scorso.
Però per capire più a fondo il suo carattere, imparare come ha affrontato i grandi dolori della sua vita, gestito gli affetti, la carriera ed il tempo che passa, vale la pena leggere il suo libro “Mi salvo da sola”. Una sorta di memoir di poco più di 200 pagine scritte magnificamente in cui condensa e ripercorre la sua storia: tra lutti, successo, affetti, popolarità, ma anche tradimenti pesanti da metabolizzare. Invece della solita dedica ha scritto: “Dedicato alle onde della mia vita, che mi hanno sempre aiutata a tornare a riva”. Un inizio bellissimo che apre il libro a una data ben precisa: quel maledetto 3 settembre 1982 a Palermo in cui la mafia tese un agguato a suo padre e lo crivellò di colpi insieme alla giovanissima 2° moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo. Momenti allucinanti che fanno parte della storia più buia del nostro paese, in cui emersero chiaramente ambiguità e connivenze della classe politica, ma anche la forza di un popolo fatto di persone per bene. Momenti in cui i tre fratelli dalla Chiesa (Rita, Nando e Simona) dimostrarono dignità, coraggio e coerenza nel non stringere le mani dei politici che avevano lasciato solo il Generale e sancito così la sua condanna a morte. Poi nel libro ci sono gli anni successivi e la resilienza dell’autrice nell’affrontare il divorzio, crescere sua figlia Giulia praticamente da sola, i primi successi televisivi, la corte serrata che le fece Fabrizio Frizzi più giovane di 10 anni, ma con una maturità che oltrepassava i dati anagrafici. Poi Rita dalla Chiesa racconta anche lo strappo dalla trasmissione Mediaset di grande successo “Forum”, la fine del suo matrimonio con Frizzi e il loro legame comunque inossidabile, anche quando il conduttore sposerà la giovane concorrente di Miss Italia, Carlotta Padovan. Frangente in cui l’autrice dimostra tutta la sua sensibilità e intelligenza nel fare un passo indietro e lasciare spazio alla nuova coppia. Poi ci sono altri capitoli di vita, altri dolori e momenti invece di serenità in riva al mare, e tanto altro ancora che lascio a voi scoprire….,
 
 
Susie Orman Schnell “Le ragazze di New York”   – Feltrinelli – euro 15,00
 
Scorre con leggerezza questo romanzo della scrittrice americana, cresciuta a Los Angeles, laureata alla University di Pennsylvania, collaboratrice di grandi testate (tra le quali “The New York Times” e “The Huffington Post”), che oggi vive con il marito e i tre figli vicino a New York. Nel libro racconta la storia di due donne che a 70 anni di distanza lottano per costruirsi una carriera e conquistare l’indipendenza, senza però dover necessariamente rinunciare agli affetti più cari. Ci si appassiona alle vicende che coinvolgono la giovane Charlotte Friedman che aspira a diventare pubblicitaria negli anni 40, quando al massimo le donne arrivavano alla scrivania di segretarie. E’ combattuta tra le aspettative del rigido padre che la vorrebbe nel negozio di famiglia (che tra l’altro sta soccombendo alla concorrenza), gli studi, e il concorso da Miss Subway che in quegli anni eleggeva mensilmente una giovane bellezza come testimonial pubblicitaria dell’azienda dei trasporti di New York. L’altra protagonista è invece dei giorni nostri, si chiama Olivia e anche lei cerca di farsi strada nel mondo estremamente competitivo della pubblicità, segretamente attratta dal suo capo. L’agenzia per cui lavora concorre ad una gara per aggiudicarsi come cliente nientemeno che la metropolitana della Big Apple. Olivia avrà la brillante idea di ripescare le bellezze di Miss Subway e, senza saperlo, finisce per intersecare con la sua traiettoria di vita quelle di alcune protagoniste del celebre concorso del 1949. Scoprirà che, in un certo senso, anche se in un contesto più moderno, la sua battaglia per il successo nel lavoro e la realizzazione nel privato, non è poi tanto diversa da quella delle ragazze dei tempi andati. E in mezzo, a capitoli alternati, la Schnell racconta tante pagine di vita di Charlotte e Olivia, tra delusioni e tradimenti, coraggio e determinazione, resilienza e capacità di superare ostacoli e disfatte… e tanto altro ancora. Due belle lezioni di autostima e tenacia.

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Rubrica settimanale sulle novità in libreria

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Jonathan Dee “I provinciali”   – Fazi –   euro 20,00

 

E’ uno spaccato della provincia americana, sospesa tra la tragedia dell’11 settembre e la crisi economica del 2008, l’ultimo romanzo di Jonathan Dee. Scrittore nato a New York nel 1962, laureato a Yale ed uno dei protagonisti del “New journalism”, collaboratore di testate prestigiose come il “New York Times Magazine”, “Harper’s”, editor della “Paris Review”, docente di scrittura alla Columbia University e alla New School. Al suo attivo ha 7 romanzi, tra i quali “I privilegiati” che è stato finalista al Premio Pulitzer 2011. “I provinciali” è lo spietato affresco di miserie e virtù degli abitanti di una cittadina, Howland nel Massachussets. Un lucido racconto dell’egoismo che ben si ricollega anche all’attuale clima politico della società… non solo americana. Inizia con il giovane Mark Firth, imprenditore edile di belle speranze, ma scarso senso degli affari. Ingenuamente ha affidato tutti i suoi risparmi ad un oscuro consulente finanziario che ha aggirato anche altri sprovveduti, poi si è volatilizzato col cospicuo malloppo. Altro che investimento vincente a più zeri! Mark è stato praticamente mandato in rovina. Cerca di risollevarsi ristrutturando la casa di Philip Hadi, broker miliardario arricchitosi con gli hedge funds (fondi speculativi), che dopo l’11 settembre è convinto che New York non sia più sicura. Decide così di trasferirsi con la famiglia nella tranquilla cittadina di provincia, e rimette a nuovo la sua tenuta a poca distanza da quella di Mark. Hadi ha velleità politiche e si candida alla carica di sindaco. In campagna elettorale promette di proteggere i cittadini dall’aumento delle tasse e si professa incorruttibile perché già ricco di suo. Ma le cose non saranno così semplici: la cittadinanza resterà divisa tra i sostenitori che lo adorano e i detrattori che invece lo odiano. Una carrellata di personaggi alle prese con la confusione della vita. Dal fratello di Mark, Gerry, immobiliarista dal cuore arido, alla sorella insegnante che imbastisce una relazione amorosa col padre di una sua allieva…e poi altri abitanti sospettosi nei confronti dei turisti e di chi viene da fuori…  Jonathan Dee, cresciuto tra New York e una cittadina simile a quella del romanzo, sa di cosa parla e soprattutto ne scrive benissimo. Ci si appassiona alle vicende dei singoli personaggi, spesso di classi diverse e in rotta di collisione, con tensioni che rischiano di degenerare in modo incontrollabile. E’ un po’ anche il disincantato ritratto dell’odierna società, in cui il divario sociale ed economico tra ricchi, ceto medio e poveri si è allargato in modo preoccupante, generando sentimenti rancorosi pronti ad esplodere. Una lettura appassionante.

 

 

Rita dalla Chiesa “Mi salvo da sola”   – Mondadori – euro 18,00

 

Non ha bisogno di presentazioni Rita dalla Chiesa, giornalista, conduttrice e volto noto della Tv, figlia del Generale Carlo Alberto dalla Chiesa trucidato dalla Mafia a Palermo nel 1982, ex moglie del conduttore più amato del piccolo schermo, Fabrizio Frizzi, scomparso l’anno scorso.

Però per capire più a fondo il suo carattere, imparare come ha affrontato i grandi dolori della sua vita, gestito gli affetti, la carriera ed il tempo che passa, vale la pena leggere il suo libro “Mi salvo da sola”. Una sorta di memoir di poco più di 200 pagine scritte magnificamente in cui condensa e ripercorre la sua storia: tra lutti, successo, affetti, popolarità, ma anche tradimenti pesanti da metabolizzare. Invece della solita dedica ha scritto: “Dedicato alle onde della mia vita, che mi hanno sempre aiutata a tornare a riva”. Un inizio bellissimo che apre il libro a una data ben precisa: quel maledetto 3 settembre 1982 a Palermo in cui la mafia tese un agguato a suo padre e lo crivellò di colpi insieme alla giovanissima 2° moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo. Momenti allucinanti che fanno parte della storia più buia del nostro paese, in cui emersero chiaramente ambiguità e connivenze della classe politica, ma anche la forza di un popolo fatto di persone per bene. Momenti in cui i tre fratelli dalla Chiesa (Rita, Nando e Simona) dimostrarono dignità, coraggio e coerenza nel non stringere le mani dei politici che avevano lasciato solo il Generale e sancito così la sua condanna a morte. Poi nel libro ci sono gli anni successivi e la resilienza dell’autrice nell’affrontare il divorzio, crescere sua figlia Giulia praticamente da sola, i primi successi televisivi, la corte serrata che le fece Fabrizio Frizzi più giovane di 10 anni, ma con una maturità che oltrepassava i dati anagrafici. Poi Rita dalla Chiesa racconta anche lo strappo dalla trasmissione Mediaset di grande successo “Forum”, la fine del suo matrimonio con Frizzi e il loro legame comunque inossidabile, anche quando il conduttore sposerà la giovane concorrente di Miss Italia, Carlotta Padovan. Frangente in cui l’autrice dimostra tutta la sua sensibilità e intelligenza nel fare un passo indietro e lasciare spazio alla nuova coppia. Poi ci sono altri capitoli di vita, altri dolori e momenti invece di serenità in riva al mare, e tanto altro ancora che lascio a voi scoprire….,

 

 

Susie Orman Schnell “Le ragazze di New York”   – Feltrinelli – euro 15,00

 

Scorre con leggerezza questo romanzo della scrittrice americana, cresciuta a Los Angeles, laureata alla University di Pennsylvania, collaboratrice di grandi testate (tra le quali “The New York Times” e “The Huffington Post”), che oggi vive con il marito e i tre figli vicino a New York. Nel libro racconta la storia di due donne che a 70 anni di distanza lottano per costruirsi una carriera e conquistare l’indipendenza, senza però dover necessariamente rinunciare agli affetti più cari. Ci si appassiona alle vicende che coinvolgono la giovane Charlotte Friedman che aspira a diventare pubblicitaria negli anni 40, quando al massimo le donne arrivavano alla scrivania di segretarie. E’ combattuta tra le aspettative del rigido padre che la vorrebbe nel negozio di famiglia (che tra l’altro sta soccombendo alla concorrenza), gli studi, e il concorso da Miss Subway che in quegli anni eleggeva mensilmente una giovane bellezza come testimonial pubblicitaria dell’azienda dei trasporti di New York. L’altra protagonista è invece dei giorni nostri, si chiama Olivia e anche lei cerca di farsi strada nel mondo estremamente competitivo della pubblicità, segretamente attratta dal suo capo. L’agenzia per cui lavora concorre ad una gara per aggiudicarsi come cliente nientemeno che la metropolitana della Big Apple. Olivia avrà la brillante idea di ripescare le bellezze di Miss Subway e, senza saperlo, finisce per intersecare con la sua traiettoria di vita quelle di alcune protagoniste del celebre concorso del 1949. Scoprirà che, in un certo senso, anche se in un contesto più moderno, la sua battaglia per il successo nel lavoro e la realizzazione nel privato, non è poi tanto diversa da quella delle ragazze dei tempi andati. E in mezzo, a capitoli alternati, la Schnell racconta tante pagine di vita di Charlotte e Olivia, tra delusioni e tradimenti, coraggio e determinazione, resilienza e capacità di superare ostacoli e disfatte… e tanto altro ancora. Due belle lezioni di autostima e tenacia.

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Rubrica settimanale sulle novità in libreria

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Ed Sanders “La famiglia” – Feltrinelli – euro 25,00
 
Fu una notte maledetta quella tra 8-9 agosto 1969 in cui la moglie di Roman Polanski, l’attrice Sharon Tate, incinta di oltre 8 mesi, ed altre 4 persone furono massacrate dai seguaci della setta satanica di Charles Manson, in una villa di Cielo Drive, a Bel Air (Olimpo delle star hollywoodiane). La carneficina è ricordata non solo nel film “Once upon a time in Hollywood” (“C’era una volta a Hollywood”) che Quentin Trantino ha portato al Festival di Cannes, ma è anche al centro del libro di Ed Sanders “La famiglia”, pubblicato un anno fa ed ora più attuale che mai. Se volete saperne di più è nelle oltre 600 pagine del volume che trovate la ricostruzione perfetta e particolareggiata della vita e degli orrori di Charles Manson, di come stregò e manipolò i suoi seguaci. Avvertenza per l’uso: maneggiare con cura perché è decisamente crudo, diretto e non tralascia nulla. Ma è forse il modo migliore per sapere come andarono le cose. Sanders per anni ha fatto approfondite ricerche, intervistato persone e consultato monumentali documenti giudiziari per ricostruire i drammatici fatti che gettarono nel panico la California. Il clima è quello di fine anni 60, con “figli dei fiori”, droghe, freedom, peace and love; ma cosa ha trasformato una banda di hippie squinternati in un’orda di assassini assatanati e privi di rimorsi? Dietro a tutto c’è’ il mefistofelico Charles Manson: criminale perverso e fuori di testa che si credeva un grande cantautore, viveva di espedienti, rapine, razzie dei patrimoni dei suoi discepoli, e si autoproclamava “l’incarnazione di Gesù e Satana”. In realtà, era il male allo stato puro. Occhi demoniaci e strafatto di droghe iniziò quasi adolescente ad entrare ed uscire di prigione: è proprio dietro le sbarre che inizia ad interessarsi di magia, Scientology, negromanzia e tutto quanto di più nero, oscuro e buio può annidarsi nella mente di un uomo. Sanders ricostruisce le modalità con cui Manson adescava e irretiva i suoi seguaci, e li manovrava all’interno della cosiddetta “famiglia” nel Topanga Canyon. Erano per lo più giovani vagabondi, uno più sbandato dell’altro, molto più che borderline, che si dilettavano tra orge, festini e sette sataniche. Il peggio del peggio. Ricostruisce anche passo per passo i loro più efferati omicidi, soffermandosi sulla mattanza di Bel Air, compiuta da 4 seguaci di Manson; lui non partecipò ma fu l’ispiratore e il perverso mandante. Rimase in attesa che gli assassini tornassero grondanti di sangue e poi andò a fare il sopralluogo del macello. Il piano prevedeva che le vittime venissero appese alle travi, poi sventrate e squartate, però nella fretta non tutto andò secondo i piani. Sanders ricompone frammento per frammento l’orrore. Il commando degli spietati carnefici inseguì, braccò e dilaniò le 5 vittime con un totale di 102 coltellate in 30 minuti: una ogni 20 secondi. Una delle fantasie di Manson era uccidere qualcuno sotto gli occhi di qualcun altro e toccò a Sharon Tate morire per ultima, dopo aver implorato inutilmente pietà per la creatura che portava in grembo. I membri della famiglia furono arrestati dopo tre mesi di indagini serrate e condannati per la strage Tate e altri 2 delitti commessi in seguito. Nel 1971 furono condannati a morte, pena poi commutata in ergastolo dopo che la Corte Suprema della California abolì la legge sulla pena di morte. Il mostro Charles Manson è morto in prigione nel 2017.La bellissima Sharon Tate, interprete di “Per favore non mordermi sul collo” e “La valle delle bambole”, aveva solo 26 anni quando fu uccisa; oggi ne avrebbe 76. Non ha fatto in tempo a sapere che aspettava un maschietto, ma ora riposa con lui tra le braccia, nella Holy Cross Cemetery. A Culver City, in California.
 
 
Ivy Compton Barnett   “Più donne che uomini” – Fazi Editore – euro 19,00
 
Bravissimo l’editore Fazi che ripubblica questo romanzo di una delle voci più interessanti della letteratura degli anni 30 del 900. La scrittrice inglese Ivy Compton Barnett, nata a Londra nel 1884 e morta nel 1969, sesta di dodici figli di un medico omeopata -2 sorelle si suicidarono, un fratello morì giovane-, ebbe trascorsi familiari infelici che diventarono spunti per i suoi libri. 20 romanzi, tutti di matrice autobiografica, nei quali mette a nudo i complicati legami tra uomini e donne, le dinamiche complesse e il dispotismo familiare, prendendo chiaramente posizione a favore del mondo femminile. Molto apprezzata da Virginia Woolf, anche la Barnett era lesbica: non lo sbandierò, ma visse 32 anni con una donna e si divertì non poco a “scioccare” i benpensanti dell’epoca attraverso i suoi romanzi. Le sue pagine sono piene di sense of humour, di lucida e a tratti spietata analisi dei rapporti umani. “Più donne che uomini” è ambientato in una scuola femminile dove la sproporzione tra allieve e insegnanti in gonnella da un lato e presenze maschili dall’altro è lampante, come annunciato dal titolo. E’ stata fondata in una ricca cittadina inglese, a inizi 900 dall’austera Josephine Napier che ne è la direttrice. Ha 54 anni “…qualche ciocca grigia tra i capelli ramati, un viso regale, alta e con le mani sorprendentemente ingioiellate, vestita e pettinata in modo da esibire i suoi anni, anziché nasconderli…” E’ sposata con Simon, uomo dimesso e silenzioso che lavora nella scuola: non hanno avuto figli, ma hanno cresciuto il nipote Gabriel, figlio del fratello di Josephine, Jonathan, indolente omosessuale rimasto vedovo ed ora innamorato del giovane sfaccendato Felix. Poi ci sono altri personaggi femminili di rilievo: a partire da Elisabeth Giffard (in gioventù è stata con Simon ed ora è amica di Josephine) che viene assunta come governante ed arriva con la figlia Ruth. Sullo sfondo di un apparentemente tranquillo tran tran quotidiano, scandito da rituali tipici dell’epoca, meticolosamente organizzati, si scatenano antichi rancori, amori contrastati, gelosia possessiva, morte e malattia. Irrompono e sono tanti colpi di scena, perché dietro la patina perbenista di epoca vittoriana …nessuno è davvero chi dice di essere e i segreti sono tanti ….tra pettegolezzi, silenzi e sospetti.
 
 
Maurizio De Giovanni “Le parole di Sara” – Nero Rizzoli – euro 19,00
 
E’ destinata a diventare una fiction televisiva la seconda avventura della poliziotta “invisibile” (ha lavorato per i Servizi Segreti) Sara Morozzi, uscita dalla penna e dalla dirompente fantasia dello scrittore napoletano Maurizio De Giovanni. Lui è uno dei più quotati giallisti del momento, autore delle serie best seller del commissario Ricciardi e dei Bastardi di Pizzofalcone, che ha riscosso successo anche nella fiction tv con Alessandro Gassman. Dopo la precedente avventura in “Sara al tramonto”, ora ritroviamo la protagonista alle prese con una trama noir che le impone anche di fare i conti col suo passato difficile. Sara era stata un abilissimo elemento di un’unità segretissima dei Servizi segreti, esperta in linguaggio non verbale, un talento prodigioso. Aveva lavorato insieme a Teresa Pandolfi, detta la bionda, e le due erano state più che colleghe: avversarie leali che avevano condiviso giorni e notti alle prese con le indagini sotto traccia. Se mai poteva esserci amicizia nella sezione, loro due erano amiche, anzi Teresa era l’unica amica che Sara aveva avuto nella sua vita. Due donne diverse, entrambe affascinanti, per certi aspetti complementari, bravissime nel loro lavoro. Sara è la mora, con i capelli precocemente striati di grigio, corpo morbido ed occhi profondi, decisamente refrattaria a gioielli e trucco. Ha abbandonato tutto per amore – lavoro, un marito e un figlio- per vivere insieme al capo della sezione Massimiliano e curarlo durante la malattia che lo porterà nella tomba. Teresa è la bionda stupenda, capelli d’oro, occhi azzurri segnati da qualche ruga, figura snella; zero mariti e zero figli, in compenso sesso a volontà, ma sempre rigorosamente occasionale. Ha messo la carriera innanzi a tutto ed ora è la prima donna a capo di un’unità per la sicurezza dello Stato. Però ha commesso un errore: si è innamorata di Sergio, un giovane ricercatore che è improvvisamente scomparso. La vicenda inizia quando in gran segreto ricontatta l’ex collega Sara per farsi aiutare a ritrovare il ragazzo. Senza raccontarvi troppo …..preparatevi a colpi di scena, ritrovamenti di cadaveri, e un corollario di altri personaggi, a partire dalla giovane Viola che cresce da sola il suo piccolo bimbo e in qualche modo è collegata al passato di Sara che scoprirete leggendo a suon di flash back.
 

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Rubrica settimanale sulle novità in libreria
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Camilla Läckberg “La gabbia dorata” -Marsilio Farfalle- euro 19,00
 
Cambia decisamente registro la regina del thriller svedese Camilla Läckberg, autrice dal successo planetario, tradotta in 42 lingue e pubblicata in 66 paesi. Bellissima come una top model, arriva dai fiordi con un noir dai connotati femministi in cui racconta un inferno coniugale, ma anche la capacità di riscatto e vendetta delle donne. Questa volta non ci narra le avventure della sua coppia vincente -la scrittrice Erica Falk ed il marito ispettore Patrick Hedström- ambientate a Fjällabacka, l’(apparentemente) idilliaco borgo di pescatori in cui l’autrice è nata. Però state tranquilli perché questo libro non delude le aspettative. Protagonista de “La gabbia dorata” è Faye che ha messo al primo posto il suo affascinante marito Jack. Ha interrotto gli studi per lavorare e mantenerlo, l’ha aiutato a costruirsi un patrimonio. Poi si è adagiata nell’idillio di una famiglia perfetta, una figlia splendida, casa lussuosa e stile di vita glamour, un marito di successo e lei che si è lasciata dietro talento e ambizioni. Peccato che il castello di carte venga improvvisamente spazzato via dal tradimento di Jack. Ed ecco venire a galla la sua vera natura di traditore seriale. Peggio ancora: si rivela uomo spietato che ama sottomettere e sminuire le sue donne, sottoponendole a violenze verbali e a perversioni che sono costrette a subire, sempre alla ricerca di quello che non ha, arrogante e abilissimo nel girare a suo favore gli eventi. Non solo tradisce Faye con una sua versione più giovane e più magra, ma la lascia senza nulla: la butta fuori di casa, la umilia e la tratta come se la colpevole del disastro fosse lei. Dapprima annientata e depressa, Faye, si rivela poi piena di risorse. Ha un passato oscuro e turbolento di violenza domestica che l’ha temprata, due amiche che tutte vorremmo avere, e una figlia da proteggere. Soprattutto è intelligente e machiavellica. Il suo è un piano geniale per risollevarsi; è stata lei la vera artefice del successo della società miliardaria di Jack e certo non ha dimenticato come si costruisce un impero dal nulla. Di più non va svelato, vi basti sapere che Faye ha ormai un solo obiettivo: la vendetta. Che va consumata con calma e pazienza, inducendo Jack ad abbassare la guardia per meglio intrappolarlo in una ragnatela di mosse che non gli lascino scampo. E preparatevi alle sorprese…
 
 
 
Lidia Ravera   “L’amore che dura” -Bompiani-   euro 18,00
 
La scrittrice torinese che aveva raggiunto uno strepitoso successo nel 1976 con “Porci con le ali”, (storia diventata manifesto della ribellione di un’intera generazione) da allora ha lavorato per cinema, televisione e teatro, e scritto una 30ina di romanzi. Cosa tiene legati due giovani innamorati che il tempo e le scelte hanno geograficamente diviso? Qual è e cos’è l’amore che dura tutta una vita? Per rispondere anche ad altre domande difficili sui massimi sistemi dell’esistenza, l’amore in primis, l’autrice usa come strumento d’indagine la scrittura e lo fa con un magnifico montaggio cinematografico. Imbastisce la storia di Emma e Carlo (ricordano un po’ i protagonisti di “Porci con le ali”, Rocco e Antonia) che s’innamorano giovanissimi, a 16 anni, quando sono ancora in quell’età terra di nessuno in cui si è informi fisicamente e ancor più interiormente. Sono attratti l’uno dall’altra come ferro e calamita, però le loro vite prendono tangenti diverse man mano che caratteri e ambizioni si delineano meglio. Lei è nata per aiutare i più deboli, diventa insegnante di borgata, e vorrebbe risolvere tutte le vite disgraziate in cui s’imbatte. Carlo invece sogna in grande: cinema, gloria e carriera lo attendono oltreoceano, a New York. Si amano fin dall’adolescenza, si sposano, ma nessuno dei due è disposto ad accantonare il suo progetto di vita per quello dell’altro. Finiranno per divorziare e rifarsi ognuno una nuova vita. Lei, che non ha voluto annullarsi per lui, resta in Italia; avrà una figlia e un nuovo compagno che di lavoro fa il sindacalista. Ormai Carlo è newyorkese da 20 anni, ha avuto un certo successo ed ha un’altra compagna. Viene invitato al Festival del cinema di Roma per presentare il suo ultimo film ispirato proprio alla love story adolescenziale tra lui ed Emma. Peccato che lei l’abbia stroncato su una rivista online. Si crea così l’occasione per un loro incontro anche chiarificatore, in cui lei progetta di rivelargli un segreto che lo riguarda e che si è tenuta dentro in tutti quegli anni. Ma quando stanno per rivedersi, il destino spariglia le carte ed Emma viene coinvolta in un incidente che la farà scivolare tra la vita e la morte. E’ la scheggia impazzita con cui Carlo, il nuovo compagno di Emma e la figlia Franny dovranno fare i conti, ricomponendo le tessere del passato e affrontando la portata dei loro sentimenti.
 
 
Shifra Horn    “Quattro madri”    -Fazi Editore- euro17,50
 
E’ un affresco tutto al femminile quello tratteggiato dalla scrittrice israeliana Shifra Horn nel romanzo “Quattro madri”, storia di 4 generazioni di donne nel corso dell’ultimo secolo a Gerusalemme. La scrittrice 68enne, nata a Tel Aviv nel 1951, da madre sefardita e padre russo, infanzia trascorsa a Gerusalemme, Laureata in Studi biblici e Archeologia, è stata anche corrispondente dal Giappone per 5 anni. Ma il suo cuore e i suoi libri sono per lo più ambientati in Israele, terra travagliata e divisa, di cui lei narra e assembla vicende storiche e drammi privati. Il romanzo è una saga in cui le donne sono protagoniste sullo sfondo delle vicende storico-politiche del paese. Un affresco epico e appassionante che s’intreccia con la tormentata storia della Palestina e dello Stato di Israele. E si percepiscono un affascinante realismo magico da fiaba, la forza delle tradizioni e dei riti che si perpetuano da tempi antichi; ma anche una buona dose di mistero e fantastico. E’ la storia di 4 madri sulle quali pesa una maledizione: crescere le figlie senza l’aiuto di un marito. Le loro vite sono ricostruite da Amal (5° generazione), che viene al mondo nel 1948, nella morbidezza del letto di ottone della bisnonna Sarah. E’ l’ultima delle madri, quella che dando alla luce un figlio maschio spezza la catena maledetta che aveva pesato sulle antenate. Anche suo marito si dilegua dopo il parto, ma a diluire la disperazione c’è la gioia delle anziane di casa perché finalmente non ci sarà un’altra femmina ad ereditare la sventura. La prima della stirpe di cui si racconta la vita è Mazal, poi c’è sua figlia Sarah dalla travolgente bellezza che incantava tutta Gerusalemme. Lunghi capelli biondi e tempra da guerriera; da sola, senza il suo grande amore, ha cresciuto i suoi figli tra mille difficoltà. E’ lei la bisnonna di Amal, ed è un’ anziana longeva, pilastro della famiglia, che lascia col sorriso sulle labbra questa vita, dopo aver visto il neonato. Figlia di Sarah è Pnina Mazal, il cui marito David è morto in guerra; a sua volta dà alla luce Gheula, che non si sposerà mai, cova un odio profondo per gli uomini e non vuol sentirsi chiedere notizie dell’uomo con cui ha concepito Amal. Una carrellata di donne molto diverse tra loro, ognuna con il suo personalissimo modo di affrontare la vita e le sfide durissime che impone, soprattutto a certe latitudini del mondo.
 

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Rubrica settimanale sulle novità in libreria
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Piersandro Pallavicini “Nel giardino delle scrittrici nude” -Feltrinelli- euro   16,00
 
Cosa fareste se a 60 anni, improvvisamente, ereditaste inaspettatamente una vagonata di miliardi, tanto per capirci, una rendita sicura di due milioni di euro al mese? Se, come la protagonista Sara Brivio, aveste velleità letterarie e qualche sassolino da togliere dalla scarpa, magari fareste come lei. Ed ecco che in questo divertente romanzo di Pallavicini gronda l’ironia sul mondo letterario. La protagonista, infatti, come eredita la montagna di soldi che l’odiato padre si era fatto a sua insaputa inventando il Viagra e il Cialis, si toglie subito un paio di sfizi. Compra una rombante jaguar color “verdone”; ma soprattutto una magnifica casa nel centro di Milano, dove va a vivere con le sue due amiche più care, Elena e Fanny, scrittrici di nicchia e scarso successo. La villa vanta un magnifico giardino in cui le tre si godono il sole nude, leggendo, al riparo dagli sguardi del mondo esterno. Però la soddisfazione più grande per Sara è aver creato un premio letterario col suo nome che mette in palio la bellezza di 500.000 euro; concepito anche per ridicolizzare i soliti noti del jet set editoriale e far vincere, invece, gli eterni esclusi che, come lei e le sue amiche, hanno ottenuto scarsa fama e niente pecunia. Le vicende del premio si intersecano con il lussuoso stile di vita di Sara, che ora può permettersi qualsiasi capriccio. Per esempio, prenotare 3 posti in business (così sta più comoda e tranquilla) per Vienna, alloggiare nella suite deluxe (da 2100 euro a notte) dell’hotel più lussuoso, tutto per gustarsi la migliore Sacher al cioccolato della città. Dietro a questo ci sono però anche le ferite che la vita le ha inferto. Il padre scappato tanti anni prima, mentre lei era incinta e accudiva da sola la madre devastata dal cancro. Poi il disastroso matrimonio con Giorgio -velleità da scrittore ed omosessualità latente- finito con un divorzio, e il sommo dispiacere dell’unica figlia che non la vuole più vedere. Hai voglia a trovare consolazione nei soldi…. Ma nel romanzo scoppiettante, intriso di continui rimandi e citazioni c’è molto di più: personaggi curiosi, a volte estremi, meschinità e pochezza di un certo milieu letterario, e vedrete anche come andrà a finire la seconda edizione del Premio Brivio che fa concorrenza nientemeno che allo Strega. Preparatevi a divertirvi e sorridere.
 
 
Ulrich Alexander Boschwitz “Il viaggiatore” -Rizzoli-   euro 19,00
 
Questo è un romanzo sull’Olocausto, diverso da tutti gli altri, e arriva da molto lontano. Racconta, passo per passo il tentativo di fuga di Otto Silberman, un ricco ebreo che non ha saputo prevedere la catastrofe. Un po’ per ingenuità, un po’ perché non è sempre facile accorgersi delle atrocità intorno a noi, mascherate dapprima da tenui segnali, e poi deflagranti in tragedia di portata storica. La vicenda inizia dopo la drammatica Notte dei cristalli tra 9-10 novembre del 1938, in cui nel pogrom condotto dagli ufficiali del Partito Nazista e dalla Gioventù hitleriana, su ordine di Goebbels, bruciarono e vennero distrutte circa 1500 sinagoghe e case di preghiera ebraiche, migliaia di negozi, case private e cimiteri. Otto Silberman in una notte perde tutto. In casa irrompono teppisti fanatici che distruggono più possibile; la sua azienda gli viene praticamente espropriata in un attimo dall’avido socio ariano; la moglie fugge dal fratello, altro ariano che vigliaccamente negherà ospitalità a Otto. Il romanzo accenna a lager, treni della morte, filo spinato e sterminio; ma lo fa da lontano, inquadrandoli come eventualità remote a cui il protagonista un po’ crede e un po’ non ritiene umanamente possibile. Silberman ha messo in salvo e porta con sé solo una ventiquattrore con ciò che resta del suo patrimonio: 41.000 marchi che potrebbero tornargli utili se riuscisse a passare il confine. Dalla sua ha l’unica fortuna di avere i tratti somatici di un ariano, ma il passaporto denuncia la sua appartenenza alla razza ebraica, da sterminare. Non vi dico di più della sua odissea da un treno all’altro….fino all’epilogo. Ma chi era e che destino ha avuto l’autore? Ulrich Alexander Boschwitz aveva appena 23 anni quando scrisse in poche settimane “Il viaggiatore”. Ne aveva 27 quando morì in una traversata dell’Atlantico su una nave inglese che fu silurata dai tedeschi al largo delle Azzorre. Era nato a Berlino nel 1915, figlio di un commerciante ebreo convertitosi al cristianesimo e morto durante la 1° Guerra Mondiale; mentre la madre apparteneva ad una ricca famiglia di Lubecca. Scappato dalla Germania in seguito alla promulgazione delle leggi razziali nel 1935, ebbe vita breve e difficile. Fu esule in Svezia, Norvegia, Francia e Inghilterra, da dove fu espulso in quanto tedesco e nonostante le radici ebraiche, infine venne deportato in Australia. Nel 1942 si imbarcò su una nave di profughi che rientravano in Europa e lì la sua giovane vita finì negli abissi. Il suo libro rimase chiuso per 80 anni negli Archivi della Biblioteca Nazionale di Francoforte e dobbiamo la sua riesumazione alla lungimiranza di un editore tedesco. Durante il rientro in nave Boschwitz aveva con sé una versione perfezionata del manoscritto, quasi un amuleto, proprio come la valigia del protagonista del romanzo anch’esso in fuga dall’odio razziale.
 
 
Kevin Powers “Un grido nelle rovine” – La nave di Teseo-   euro 19,00
 
E’ un magnifico affresco della guerra civile americana ed uno spaccato di sapore Faulkneriano dello schiavismo di metà 800 quello che Powers ci regala in “Un grido nelle rovine”.
L’autore è nato e cresciuto a Richmond in Virginia nel 1980, si è arruolato nell’esercito a 17 anni ed è stato uno dei giovani soldati inviati in Iraq tra 2004/5. Quell’esperienza gli ispirò nel 2012 il suo romanzo di esordio “Yellow birds”: un caso editoriale internazionale che si è portato a casa premi prestigiosi ed è stato finalista al “National Book Award”. Dopo l’Iraq è tornato a casa nel sud degli Stati Uniti e si è Laureato in Letteratura inglese alla Virginia Commonwealth University.
In “Un grido nelle rovine” dimostra ancora una volta di saper maneggiare la scrittura in modo sublime.   E lo fa raccontando un’altra storia di guerra e violenza, ambientata nel posto in cui è cresciuto, la Contea di Chesterfield in Virginia, all’epoca della sanguinosa guerra civile e dello schiavismo più crudele. La vicenda inizia con le voci che nel 1870 darebbero ancora per viva Emily Reid Levallois, per’altro dichiarata morta dal cancelliere della contea. E chi sarebbe? La figlia del proprietario terriero Bob Reid, cresciuta in un’epoca in cui era dato per scontato che sfruttare, punire, picchiare ed ammazzare gli schiavi fosse cosa del tutto normale. Ed ecco uno spaccato della vita nelle piantagioni dov’era lecito mozzare le dita dei piedi agli schiavi che tentavano la fuga, come accade al giovane Rawls. O si poteva essere spediti, per qualunque inezia, nella terribile Lumpkin’s Jail, la prigione di Richmond in cui erano rinchiusi gli schiavi, ed è proprio lì che finisce anche la giovane Balia, di cui Rawls era innamorato. Bob Reid è tutto sommato un padrone che non vessa più di tanto i suoi subalterni. Di tutt’altra tempra è invece il suo vicino Antony Levallois, uomo spietato, senza scrupoli, pronto a torturare e uccidere per un nonnulla. Quando Reid parte per la guerra, Levallois approfitta della sua lontananza per portargli via tutto. E’ lungimirante e sa bene che le future ricchezze arriveranno, non tanto dalla coltivazione di tabacco e cotone, ma dal progresso, per esempio, dei mezzi di trasporto, supportato da grandi capitali e industria. Il suo disegno è chiaro: usurpa la proprietà di Reid e la rade al suolo per farci passare la futura ferrovia di cui è padrone, gli porta via gli schiavi, seduce e sposa la giovane Emily che appena 12enne si lascia incantare dal suo tono protettivo e paternalistico. E’ decisamente amaro il ritorno di Reid, mutilato di un braccio e zoppo, malato più ancora nell’anima per le brutture a cui ha assistito sui campi di battaglia. Arriva e la sua vita precedente è tabula rasa: Levallois gli ha portato via tutto, figlia compresa….e cosa rimane al reduce sfigurato? La vendetta…

 
 
 

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Claudia Durastanti   “La straniera”   -La nave di Teseo-   euro 18,00
 
E’ una sorta di romanzo-memoir l’ultimo libro della giovane scrittrice Claudia Durastanti, nata a Brooklyn nel 1984, scrittrice e traduttrice, che ha esordito nel 2010 con il romanzo “Un giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra”. Da allora la sua carriera nella patrie lettere è stata in continua ascesa. “La straniera” è la sua 4° opera, in gran parte autobiografica, perché anche lei come la protagonista è figlia di genitori non udenti, emigrata da Brooklyn in un paesino lucano. Figlia, nipote e pronipote di migranti, la Durastanti, narra un po’ la storia del suo albero genealogico in cui soprattutto le antenate italo-americane confluiscono nella figura della straniera. Una famiglia sui generis con forti dosi di fascino perché ingloba concetti come espatrio, viaggio, migrazione, ma anche vita ai margini, stranezze e comportamenti borderline. Diversità fisica e senso di estraneità attraversano le vite dei suoi genitori, entrambi sordi, che hanno imbastito un matrimonio tra il passionale e il rancoroso, finito con il divorzio nel 1990. Da allora non si parlano quasi più, ma entrambi raccontano il loro primo incontro sostenendo di aver salvato la vita all’altro. Chi dei due la racconti giusta è un rebus. Però parte proprio di lì l’indagine della scrittrice, che rimanda spesso al film di Jane Campion “Lezioni di piano”, pellicola che l’aveva particolarmente affascinata. Anche lei e la madre si erano trasferite in una nuova comunità, non proprio le spettacolari spiagge della Nuova Zelanda, ma un paesino sperduto della Basilicata. La protagonista del film era un’enigmatica e affascinante pianista muta, mentre la madre della Durastanti parlava fin troppo, non amava usare la lingua dei segni ed esprimeva il suo talento nella pittura. Una donna coraggiosa che a 34 anni, dopo la separazione, decide di lasciare l’America e Brooklyn, e con i due figli ancora piccoli percorre una rotta emigratoria al contrario. Figura complessa e irrequieta che difficilmente si integra nell’ideale femminile imperante nel meridione. Personaggio da scoprire a poco a poco attraverso la narrazione della figlia che ripercorre così anche la sua atipica educazione sentimentale poliglotta; tra ostacoli e perenne ruolo di straniera che però l’hanno resa più forte e addestrata a saper mettere radici ovunque nel mondo.
 
 
Gioconda Belli   “Le febbri   della memoria”   -Feltrinelli-   euro 18,00
 
Poetessa, scrittrice e giornalista, nata a Managua nel 1948, Gioconda Belli ha esordito nel 1988 con il best seller “La donna abitata” e da allora ha raccontato storie di stampo femminista. Ora per la prima volta si mette nei panni di un uomo, di più…in quelli di un suo misterioso antenato di cui ricostruisce l’avventurosa vita nell’800. Tutto ha inizio con la scoperta fortuita di un corposo manoscritto di 480 fogli di carta da pacchi, nascosto in un’antica scatola di latta, rinvenuta durante i lavori di demolizione della casa di sua nonna Graciela a Matagalpa. In quelle pagine c’è la storia del suo avo: il Duca francese Charles Choiseul de Praslin, Pari di Francia, accusato di aver ucciso la moglie e rocambolescamente scappato dalla Parigi post rivoluzionaria del 1847. Ha fatto credere a tutti di essersi ucciso ed ha lasciato per sempre dietro di sé 9 figli e un’ingente patrimonio. Nella sua precipitosa fuga sull’isola di Wight, accompagnato da un fedele servitore, trova rifugio per un po’, sotto mentite spoglie. Riparte da zero, cambia nome, diventa Georges Desmoulins e si reinventa un passato, apprende i rudimenti della medicina e stringe amicizia con il poeta Alfred Tennyson. Questo però è solo il suo primo temporaneo scalo. Lidi ben più lontani lo attendono e forse è questa la parte più affascinante della storia. Si imbarcherà per New York dove va alla ricerca di Henriette, l’istitutrice dei suoi figli con cui aveva imbastito una storia di adulterio che l’aveva danneggiato non poco. La scova, l’affronta e chiarisce una volta per tutte la dinamica dell’omicidio della moglie. Chiude un capitolo doloroso della sua vita e poi guarda altrove. Fra gli incontri che farà il più interessante e strategico è quello con un personaggio del calibro del Commodoro Cornelius Vanderbilt, magnate energico e geniale che trasformava in oro tutto ciò che sfiorava. (Curiosità. A Newport in America si può visitare “The Breakers”, l’imponente dimora estiva costruita dai Vanderbilt, in stile rinascimentale italiano. Sfarzo e ricchezza dell’età d’oro di fine 800 che lascia senza fiato). Ed ecco che Charles afferra al volo una seconda chance nel selvaggio Nicaragua, dove il governo dava concessioni sulle terre ai nuovi arrivati europei che guardavano al Nuovo Mondo come speranza di futuro. Nella zona di Matagalpa nascono così le nuove colonie e il protagonista trova finalmente il suo definitivo approdo, iniziando una nuova vita che vi appassionerete a scoprire. E’ da lì che arriva una delle nonne della scrittrice che ci ha regalato 300 pagine indimenticabili, tra rocambolesca saga familiare e romanzo storico.
 
 
 
Rachel Cusk   “Transiti”   -Einaudi-   euro 17,00
 
Questo è il secondo libro (dopo “Resoconto”) della trilogia della scrittrice Rachel Cusk , nata in Canada nel 1967, ma inglese di adozione, che vive tra Londra e la contea di Norfolk. Dopo gli studi a Oxford ha esordito a soli 26 anni con “Saving Agnes” con cui ha vinto il Whitbread Awards, poi tra i suoi romanzi tradotti in italiano “Arlington Park” e   “Le variazioni Bradshaw”. In “Transiti”, secondo tassello della sua trilogia, mette a punto la narrazione “aperta” in cui più personaggi che “transitano” nella vita della protagonista si raccontano mettendo a nudo le loro vite. Il filo che lega il tutto è la voce narrante di una scrittrice separata da poco, che compra una disastrata casa londinese e la ristruttura. L’appartamento è la porzione di un’antica dimora vittoriana divisa in due, e lei si trova a dover fare i conti con gli altri inquilini. Una coppia di anziani coniugi incattiviti nei confronti del mondo, che la odiano, la insultano, lasciano cadere a pezzi la casa e il giardino ..e soprattutto non sopportano il minimo rumore. Il racconto inizia con i lavori di insonorizzazione dei pavimenti…ed è l’inizio di un collage di personaggi vari e diversissimi tra loro che magari compaiono una volta sola. Ecco allora un mosaico fatto di tanti frammenti, una sequenza di dialoghi tendenti al monologo in cui le persone incontrate dalla protagonista raccontano le loro vite e stigmate. Dalla storia del muratore polacco avvolto dalla nostalgia per il suo paese a quella del cugino Lawrence che ha lasciato la moglie per un’altra. Spesso dietro alle traiettorie di vita si annidano traumi infantili, rotture   in famiglia e tanti altri spaccati di vita che la Cusk racconta in modo magnifico.
 
 

 
 
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L'isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria
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Chiara Gamberale “L’isola dell’abbandono” – Feltrinelli – euro 16,00
 
La giovane scrittrice romana fa centro un’altra volta con questo romanzo intimo, che parla di sentimenti, paure, persone in fuga, e celebra chi sa restare. Racconta le grandi trasformazioni di una vita, 3 punti strategici e nevralgici che ci fanno crescere: l’innamoramento, la perdita –con la morte o l’abbandono- di chi amiamo, la nascita di un figlio. Lo fa con dialoghi serrati che sviscerano i meandri dell’amore e l’intrico dei rapporti umani, scandaglia l’animo umano, in particolare quello femminile. E’ la storia della 40enne disegnatrice di fumetti Arianna che, diventata da poco mamma, torna sull’isola greca di Naxos –dove era stata abbandonata dal suo grande amore- per chiudere i conti col passato e mettere ordine nel suo presente e nel futuro che l’aspetta. Tre sono stati i suoi uomini determinanti. 10 anni prima era andata in Grecia con il suo primo e disperato amore, Stefano, che proprio lì l’aveva piantata per l’ennesima volta fuggendo a Londra con un’altra. Arianna aveva cercato di sopire dolore e delusione buttandosi sulla creatività e nel lavoro: aveva inventato il coniglietto bipolare Pilù, personaggio i cui sbalzi di umore sono misurati con l’umorometro. Rimasta a leccarsi le ferite a Naxos aveva poi incontrato Di, un giovane del luogo con cui vive una passione travolgente, fatta di sensi ed istinto, sognando figli e nido; ma poi lei torna a casa e le loro vite prendono tangenti diverse. Rientrata a Roma cerca aiuto da Damiano, che era lo psichiatra di Stefano ed ora è il suo. Un rapporto professionale che si trasforma: i due diventeranno amanti e da loro nascerà Emanuele. Ma anche qui le cose non saranno semplici….c’è già una moglie e il senso di abbandono finirà per riafferrare Arianna. La maternità sarà la chiave di volta con cui passa “…dall’assoluta libertà di un’eterna adolescente all’assoluta devozione”. Ed è allora che si sente forte abbastanza per tornare a Naxos, rivedere Di e riprendere le fila della sua vita.
 
 
Wallace Stegner “Verso un sicuro approdo”   – Bompiani – euro 22,00
 
Stegner, nato nell’Iowa nel 1909 e morto in New Mexico nel 1993, è considerato il cantore del West Americano. Autore di racconti, romanzi, saggi ed opere storiche, nel 1972 ha vinto il Premio Pulitzer per la narrativa con “Angolo di riposo”, e nel 1977 il National Book Award. Per 44 anni ha insegnato scrittura creativa in svariate università americane. Scrittore eclettico, è morto a 84 anni dopo una vita di successi e riconoscimenti, ma ancora troppo poco conosciuto da noi. Ha scritto 13 romanzi e questo è il suo ultimo, pubblicato negli Stati Uniti nel 1987, appena 5 anni prima della sua dipartita. Un po’ la sua opera di addio in cui, come il protagonista, tira le somme della propria vicenda umana. Voce narrante del romanzo è Larry Morgan, professore universitario, diventato scrittore di successo, che racconta la storia del legame e dell’amicizia tra lui e sua moglie Sally, con Sid e Charity Lang. La location è un prestigioso college del Wisconsin negli anni della Depressione. I Morgan all’epoca sono una giovane coppia squattrinata arrivata dal New Mexico, spinta da grandi speranze di carriera e futuro; i Lang invece sono ricchi, affascinanti, travolgenti e mondani. La loro sarà un’amicizia decisamente impari in cui la parte del leone la farà Charity Lang. Donna imperiosa e a tratti prepotente, organizzatrice sfrenata di eventi mondani e della vita quotidiana di tutti quelli che la circondano. Conosce Sally nel corso delle loro gravidanze parallele e la circonda subito di simpatia e affetto, introducendo lei e il marito nel suo mondo brillante e glamour. Poi si perderanno di vista per anni e si ritroveranno ormai ultra60enni. Quando il duplice menage si ricompone le cose saranno un po’ cambiate, i destini dei personaggi ormai definiti, e non secondo i pronostici. Larry è diventato uno scrittore affermato, Sally vive fiaccata dalla polio, Sid da fascinoso ex poeta senza gloria è ormai del tutto assoggettato al fallimento e accetta di buon grado gli ordini di Charity. E’ proprio lei che chiama i Lang, perché sta morendo di cancro e vuole essere la regista del suo commiato e della sua fine. 400 pagine che scorrono velocissime raccontando un mondo che non mancherà di ammaliarvi.
 
 
Antonio Monda “Nei territori del diavolo” – Mondadori –   euro 18,00
 
Antonio Monda è un’istituzione culturale nella Grande Mela. Autore di saggi e romanzi, direttore artistico del Festival cinematografico di Roma, (dove non c’è gara, ma incontri con i grandi personaggi del cinema che si raccontano) insegnante alla New York University. Da anni vive nella Big Apple e con la moglie giamaicana apre costantemente le porte del suo salotto ai maggiori scrittori, attori, registi, artisti ed intellettuali americani… e non solo. Ha ideato l’ambizioso progetto di 10 libri ambientati a New York nel 20simo secol, “Nei territori del diavolo” è il settimo tassello della saga. Siamo negli anni 80, quelli della strage per Aids di cui ancora si sa poco, e che la politica si ostina a non considerare. L’io narrante è quello del 30enne di origini greche Alexander Sarris, gay che fatica a dichiararsi pubblicamente, perché in qualche modo si sente in colpa per quella che suo padre definisce “condizione” e anche perché è un sopravvissuto all’HIV. Lavora per Boogie Man, come viene soprannominato l’orco Lee Atwater, uno dei più spietati e temuti strateghi dell’agone politico a stelle e strisce. La storia raccontata da Monda è vera, quasi una cronaca dei colpi bassi, personali e devastanti con cui Atwater abbatteva regolarmente i nemici. E’ stato lo spietato stratega che ha confezionato la vittoria di George Bush Senior alla Casa Bianca. Questo, dopo aver stracciato il governatore del Massachusetts Michael Dukakis, seminando un bel po’ di zizzania e notizie fasulle o gonfiate su di lui. Poi ad Atwater, appena 39enne, viene diagnosticato un cancro al cervello che non dà speranze (morirà a 40 anni nel 1991). E’ di fronte alla prospettiva della morte che Boogie Man sfronda il suo cinismo e sembra avviarsi ad una sorta di redenzione. Negli ultimi mesi che gli rimangono, sempre più indebolito dalle cure molto aggressive, scrive lettere alle persone che ha distrutto, incluso Dukakis. Ma c’è chi sostiene che anche in “articulo mortis” abbia giocato sporco…