redazione il torinese

In bici sulla pista ciclabile viene investita e muore

DALLA LIGURIA

E’ morta dopo esser stata investita da un’automobile sull’Aurelia a Savona. La donna, di 77 anni,  era in bici  e stava pedalando sulla corsia dedicata ai mezzi a due ruote quando è stata travolta da una  utilitaria. E’ stata sbalzata e ha sfondato il parabrezza della vettura rotolando a terra. Trasportata in codice rosso al pronto soccorso dell’ospedale è morta dopo alcune ore per le gravi ferite riportate.

Cinquantadue anni senza Luigi Tenco. Ma le sue “poesie in musica” sono sempre con noi

tenco3Il 26 gennaio 1967  cadeva di venerdì. Nello stesso giorno in cui tanto tempo prima era nato Mozart e all’inizio del primo anno del “secolo breve” era morto Giuseppe Verdi, la musica italiana conosceva uno dei suoi giorni più tristi. Nella camera 219 dell’Hotel Savoy di Sanremo, Luigi Tenco si  suicidò dopo esser stato eliminato dalla diciassettesima edizione dell’omonimo Festival , alla quale concorreva in coppia con Dalida, con la canzone “Ciao amore ciao“. Il brano fu escluso dalla finale dalla commissione di ripescaggio, che alla canzone di Tenco e Dalida preferì “La rivoluzione” interpretata da Gianni Pettenati e Gene Pitney. Luigi Tenco visse questo verdetto come una profonda ingiustizia, gettandolo nella disperazione più nera. Con un colpo di pistola si tolse la vtenco-2ita nella sua camera all’Hotel Savoy, lasciando un duro e disperato messaggio d’accusa: “Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi”. Nato nel 1938 a Cassine, tra le colline alessandrine alla sinistra del basso corso della Bormida, Tenco aveva esordito a vent’anni nel mondo della canzone, prendendo parte a diversi gruppi musicali. Con Fabrizio De André, Bruno Lauzi, Gino Paoli e Umberto Bindi diventò uno degli esponenti della cosiddetta “scuola genovese”, un gruppo di artisti impegnati nella canzone d’autore che rinnovò profondamente la musica leggera italiana. Tenco era un cantautore di talento, dalla personalità inquieta, introversa e decisamente crepuscolare. Al suo primo 45 giri  (“I miei giorni perduti“)  del 1961 seguirono altri brani molto apprezzati,  come “Mi sono innamorato di te, “Un giorno dopo l’altro” (sigla di coda della serie TV “Il commissario Maigret“, interpretato da Gino Cervi), “Lontano, lontano” e “Vedrai vedrai“. Nel 1972, cinque anni dopo la sua morte, l’infaticabile Amilcare Rambaldi, costituì a tenco1Sanremo il Club che porta tuttora il nome del cantante, con lo scopo di riunire tutti coloro che si propongono di valorizzare la canzone d’autore. Dal 1974, in sua memoria , al Teatro Ariston di Sanremo è stato istituito dal Club Tenco il Premio Tenco, manifestazione a cui hanno partecipato i più grandi cantautori degli ultimi decenni. A noi, mezzo secolo dopo, cosa resta? Restano la sua poesia, le sue canzoni, la sua aria imbronciata e triste. E le parole della sua ultima canzone: “La solita strada, bianca come il sale;il grano da crescere, i campi da arare. Guardare ogni giorno , se piove o c’e’ il sole, per saper se domani si vive o si muore, e un bel giorno dire basta e andare via. Ciao amore, ciao amore, ciao amore ciao”. Ciao, Luigi.

 

Marco Travaglini

Cinquantadue anni senza Luigi Tenco. Ma le sue "poesie in musica" sono sempre con noi

tenco3Il 26 gennaio 1967  cadeva di venerdì. Nello stesso giorno in cui tanto tempo prima era nato Mozart e all’inizio del primo anno del “secolo breve” era morto Giuseppe Verdi, la musica italiana conosceva uno dei suoi giorni più tristi. Nella camera 219 dell’Hotel Savoy di Sanremo, Luigi Tenco si  suicidò dopo esser stato eliminato dalla diciassettesima edizione dell’omonimo Festival , alla quale concorreva in coppia con Dalida, con la canzone “Ciao amore ciao“. Il brano fu escluso dalla finale dalla commissione di ripescaggio, che alla canzone di Tenco e Dalida preferì “La rivoluzione” interpretata da Gianni Pettenati e Gene Pitney. Luigi Tenco visse questo verdetto come una profonda ingiustizia, gettandolo nella disperazione più nera. Con un colpo di pistola si tolse la vtenco-2ita nella sua camera all’Hotel Savoy, lasciando un duro e disperato messaggio d’accusa: “Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda Io tu e le rose in finale e ad una commissione che seleziona La rivoluzione. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao. Luigi”. Nato nel 1938 a Cassine, tra le colline alessandrine alla sinistra del basso corso della Bormida, Tenco aveva esordito a vent’anni nel mondo della canzone, prendendo parte a diversi gruppi musicali. Con Fabrizio De André, Bruno Lauzi, Gino Paoli e Umberto Bindi diventò uno degli esponenti della cosiddetta “scuola genovese”, un gruppo di artisti impegnati nella canzone d’autore che rinnovò profondamente la musica leggera italiana. Tenco era un cantautore di talento, dalla personalità inquieta, introversa e decisamente crepuscolare. Al suo primo 45 giri  (“I miei giorni perduti“)  del 1961 seguirono altri brani molto apprezzati,  come “Mi sono innamorato di te, “Un giorno dopo l’altro” (sigla di coda della serie TV “Il commissario Maigret“, interpretato da Gino Cervi), “Lontano, lontano” e “Vedrai vedrai“. Nel 1972, cinque anni dopo la sua morte, l’infaticabile Amilcare Rambaldi, costituì a tenco1Sanremo il Club che porta tuttora il nome del cantante, con lo scopo di riunire tutti coloro che si propongono di valorizzare la canzone d’autore. Dal 1974, in sua memoria , al Teatro Ariston di Sanremo è stato istituito dal Club Tenco il Premio Tenco, manifestazione a cui hanno partecipato i più grandi cantautori degli ultimi decenni. A noi, mezzo secolo dopo, cosa resta? Restano la sua poesia, le sue canzoni, la sua aria imbronciata e triste. E le parole della sua ultima canzone: “La solita strada, bianca come il sale;il grano da crescere, i campi da arare. Guardare ogni giorno , se piove o c’e’ il sole, per saper se domani si vive o si muore, e un bel giorno dire basta e andare via. Ciao amore, ciao amore, ciao amore ciao”. Ciao, Luigi.
 

Marco Travaglini

La musica dell’Olocausto nel tascabile del Consiglio regionale

Nei campi di prigionia e nei lager non c’era solo il silenzio rotto, di tanto in tanto, dal lamento degli internati o dalle grida delle guardie. C’era tanta musica e di ogni genere: classica, da ballo, jazz, inni, opere liriche, canzonette, cabaret

E anche molta musica sacra appartenente alla tradizione ebraica, cattolica e protestante. A fornirne un’agile panoramica è “La musica dell’Olocausto. Suoni e canzoni dai lager”, il nuovo volumetto della collana “I tascabili di Palazzo Lascaris”, appena pubblicato. La musica dell’Olocausto fu composta nei ghetti, nei campi di concentramento, tra i rifugiati o nella clandestinità, come espressione del dolore e dello sgomento, del senso di rivolta e di speranza di coloro che erano vittime delle persecuzioni politiche e razziali messe in atto dalla Germania nazista e dai suoi alleati tra il 1933 e il 1945. Tra i loro nomi figurano quelli del poeta e musicista Shmaryahu “Shmerke” Kaczerginski, della musicista e cantante Esther Béjarano, del pianista, compositore e direttore d’orchestra Victor Ullmann, del cantante e intrattenitore Willy Rosen, della studiosa di musica ebraica Johanna Spector, del compositore Carlo Taube e delle autrici di poesie Selma Meerbaum Eisinger e Ilse Weber. La pubblicazione – scrive il presidente del Consiglio regionale e del Comitato Resistenza e Costituzione Nino Boeti nella presentazione – è frutto della consapevolezza che, “come sostiene il pianista e compositore italiano Francesco Lotoro, che da oltre trent’anni cerca, archivia ed esegue la musica composta nei campi di prigionia e di concentramento, ‘se questa musica non viene fatta conoscere al mondo, è come se non fosse mai uscita dal lager. E suonarla anche solo una volta significa riscattarla e ottenere quella giustizia che non è stata concessa al compositore’”. Il tascabile, distribuito gratuitamente attraverso gli Uffici relazioni con il pubblico del Consiglio e della Giunta regionale, è consultabile anche on line all’indirizzo www.cr.piemonte.it/dwd/pubblicazioni/tascabili/tascabile_79.pdf

La musica dell'Olocausto nel tascabile del Consiglio regionale

Nei campi di prigionia e nei lager non c’era solo il silenzio rotto, di tanto in tanto, dal lamento degli internati o dalle grida delle guardie. C’era tanta musica e di ogni genere: classica, da ballo, jazz, inni, opere liriche, canzonette, cabaret

E anche molta musica sacra appartenente alla tradizione ebraica, cattolica e protestante. A fornirne un’agile panoramica è “La musica dell’Olocausto. Suoni e canzoni dai lager”, il nuovo volumetto della collana “I tascabili di Palazzo Lascaris”, appena pubblicato. La musica dell’Olocausto fu composta nei ghetti, nei campi di concentramento, tra i rifugiati o nella clandestinità, come espressione del dolore e dello sgomento, del senso di rivolta e di speranza di coloro che erano vittime delle persecuzioni politiche e razziali messe in atto dalla Germania nazista e dai suoi alleati tra il 1933 e il 1945. Tra i loro nomi figurano quelli del poeta e musicista Shmaryahu “Shmerke” Kaczerginski, della musicista e cantante Esther Béjarano, del pianista, compositore e direttore d’orchestra Victor Ullmann, del cantante e intrattenitore Willy Rosen, della studiosa di musica ebraica Johanna Spector, del compositore Carlo Taube e delle autrici di poesie Selma Meerbaum Eisinger e Ilse Weber. La pubblicazione – scrive il presidente del Consiglio regionale e del Comitato Resistenza e Costituzione Nino Boeti nella presentazione – è frutto della consapevolezza che, “come sostiene il pianista e compositore italiano Francesco Lotoro, che da oltre trent’anni cerca, archivia ed esegue la musica composta nei campi di prigionia e di concentramento, ‘se questa musica non viene fatta conoscere al mondo, è come se non fosse mai uscita dal lager. E suonarla anche solo una volta significa riscattarla e ottenere quella giustizia che non è stata concessa al compositore’”. Il tascabile, distribuito gratuitamente attraverso gli Uffici relazioni con il pubblico del Consiglio e della Giunta regionale, è consultabile anche on line all’indirizzo www.cr.piemonte.it/dwd/pubblicazioni/tascabili/tascabile_79.pdf

Multimilionario svizzero a processo per le morti da amianto

Stephan Schmidheiny sarò processato, a partire dal 12 aprile per omicidio volontario. Il multimilionario svizzero dovrà comparire davanti alla Seconda sezione della Corte d’Assise di Napoli, in quanto il Giudice dell’udienza preliminare di Napoli, Alessandra Ferrigno, ha disposto la conferma dell’accusa di omicidio volontario per la morte in seguito a mesotelioma, cancro del polmone ed altre patologie asbesto correlate di sei operai e due loro familiari dello stabilimento Eternit di Bagnoli, quartiere della periferia occidentale di Napoli, accogliendo le richieste dei pubblici ministeri Frasca e Giuliano. Il manager svizzero, era già imputato a Torino per disastro ambientale doloso permanente e omissione delle norme di sicurezza, e condannato in Tribunale ed in Corte d’Appello, ma le condanne erano state annullate dalla Corte di Cassazione, per via della prescrizione. La sentenza di assoluzione del magnate svizzero che sulla produzione di cemento amianto ha costruito il suo impero, era stata contestata dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente di Ona-Osservatorio nazionale amianto il quale fu difensore di parte civile nel processo Eternit I, presso il Tribunale di Torino, la Corte di Appello di Torino, e la Corte di Cassazione. Esulta Ona che in una nota evidenzia come “continua la sua battaglia per assicurare giustizia ai lavoratori dell’Eternit, che ha provocato centinaia di morti e alle loro famiglie. Ci auguriamo che questa volta lo svizzero non riesca ad uscire dalle maglie della giustizia italiana”. Il manager dell’Eternit è imputato nel capoluogo campano nell’ambito di un processo nato dal troncone di Torino, dopo la suddivisione dell’inchiesta in quattro tribunali territorialmente competenti: Torino per Cavagnolo, Vercelli per Casale Monferrato, Reggio Emilia per Rubiera, Napoli per Bagnoli.. L’accusa originaria riguardava 258 operai morti di mesotelioma causato dalla fibra killer (asbesto – amianto). Nel processo napoletano sono state accolte oltre che le tesi dei pubblici ministeri, Frasca e Giuliano, anche quelle dell’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto-Ona che si è costituito parte civile, con l’avvocato Flora Rose Abate del foro di Napoli. L’avvocato Astolfo Di Amato, uno dei legali dell’ex ad di Eternit, parla di accusa grottesca che viola i diritti fondamentali dell’uomo contestando l’accusa, contro il suo assistito, secondo cui il manager avrebbe agito per mero profitto causando volontariamente la morte dei dipendenti dello stabilimento Eternit di Bagnoli. “Il senso di responsabilità che ha caratterizzato l’operato di Stephan Schmidheiny – replica all’avvocato Bonanni, il difensore dell’imputato – ha piuttosto evitato a molte persone di ammalarsi di patologie correlate all’asbesto. L’accusa di reato di omicidio della Procura di Napoli prende chiaramente le mosse da quella della Procura di Torino del primo processo Eternit”.
Massimo Iaretti

“SUK” A BORGO DORA, MARRONE-ALESSI (FDI): “L’ABUSIVISMO CONTINUA”

“NEMMENO L’OMBRA DI POLIZIA MUNICIPALE A FAR RISPETTARE ORDINANZA COMUNALE”
“Dopo lo scorso sabato, quando non era stata fatta rispettare la Deliberazione della Giunta Appendino per lo spostamento del suk Barattolo da Canale Molassi e dal parcheggio di San Pietro in Vincoli, sinceramente pensavamo che oggi la Città provvedesse….invece nulla di fatto: nel Canale Molassi ieri sera presidio e musica dal solito gruppo di antagonisti che usano i poveri, e nel parcheggio già tanti venditori si erano piazzati ai loro posti. Siamo profondamente delusi e amareggiati perché ancora una volta l’Amministrazione della nostra Città non sa farsi rispettare, senza mandare nemmeno una volante di Polizia Municipale a contrastare tutta questa illegalità. Chiederemo al Sindaco con un’interrogazione chi e quanto pagherà per la raccolta rifiuti di questa giornata. L’unica soluzione è la sospensione delle attività del “libero scambio” di Barattolo fino a che l’Amministrazione comunale di Torino troverà una soluzione, compresa la sospensione dell’Associazione che ha vinto il Bando per la gestione e sta dimostrando di non saperlo gestire” accusano Patrizia Alessi, Capogruppo FDI in Circoscrizione 7, e Maurizio Marrone, dirigente nazionale FDI, che hanno effettuato oggi un sopralluogo in Canale Molassi e San Pietro in Vincoli, aggiungendo “Con la nostra parlamentare Augusta Montaruli chiederemo un incontro al Prefetto per capire se davvero si intende abbandonare un pezzo di Torino all’anarchia e alla prepotenza degli anarchici dei centri sociali che sostengono gli abusivi”.

"SUK" A BORGO DORA, MARRONE-ALESSI (FDI): "L'ABUSIVISMO CONTINUA"

“NEMMENO L’OMBRA DI POLIZIA MUNICIPALE A FAR RISPETTARE ORDINANZA COMUNALE”
“Dopo lo scorso sabato, quando non era stata fatta rispettare la Deliberazione della Giunta Appendino per lo spostamento del suk Barattolo da Canale Molassi e dal parcheggio di San Pietro in Vincoli, sinceramente pensavamo che oggi la Città provvedesse….invece nulla di fatto: nel Canale Molassi ieri sera presidio e musica dal solito gruppo di antagonisti che usano i poveri, e nel parcheggio già tanti venditori si erano piazzati ai loro posti. Siamo profondamente delusi e amareggiati perché ancora una volta l’Amministrazione della nostra Città non sa farsi rispettare, senza mandare nemmeno una volante di Polizia Municipale a contrastare tutta questa illegalità. Chiederemo al Sindaco con un’interrogazione chi e quanto pagherà per la raccolta rifiuti di questa giornata. L’unica soluzione è la sospensione delle attività del “libero scambio” di Barattolo fino a che l’Amministrazione comunale di Torino troverà una soluzione, compresa la sospensione dell’Associazione che ha vinto il Bando per la gestione e sta dimostrando di non saperlo gestire” accusano Patrizia Alessi, Capogruppo FDI in Circoscrizione 7, e Maurizio Marrone, dirigente nazionale FDI, che hanno effettuato oggi un sopralluogo in Canale Molassi e San Pietro in Vincoli, aggiungendo “Con la nostra parlamentare Augusta Montaruli chiederemo un incontro al Prefetto per capire se davvero si intende abbandonare un pezzo di Torino all’anarchia e alla prepotenza degli anarchici dei centri sociali che sostengono gli abusivi”.

L’Arma commemora l’appuntato Vinci

Lunedì 28 gennaio, l’Arma vercellese commemora il 30° anniversario del sacrificio del compianto Appuntato Salvatore Vinci, Medaglia d’Oro al Valor Civile “alla memoria”, caduto in servizio il 28 gennaio 1989 lungo la provinciale San Giacomo Vercellese-Villarboit, per mano di rapinatori che avevano assaltato un furgone postale.La commemorazione, cui parteciperanno le massime Autorità civili, religiose e militari della nostra Provincia, si svilupperà nella mattinata attraverso tre significativi e toccanti momenti: alle 09.30 con la deposizione di un cuscino di fiori al cippo collocato sul luogo dell’eccidio, lungo la strada provinciale “San Giacomo Vercellese-Villarboit”, alle ore 10,30 successive, in Vercelli, con la deposizione di una corona d’alloro presso la lapide commemorativa accanto al monumento all’Arma dei Carabinieri di piazza Amedeo IX e, infine, alle 11.00, nella chiesa di S. Agnese in S. Francesco, adiacente alla Caserma “Gunu Gadu”, sede del Comando Provinciale dei Carabinieri, dove l’Arcivescovo Marco Arnolfo celebrerà la Santa Messa.

Massimo Iaretti

L'Arma commemora l'appuntato Vinci

Lunedì 28 gennaio, l’Arma vercellese commemora il 30° anniversario del sacrificio del compianto Appuntato Salvatore Vinci, Medaglia d’Oro al Valor Civile “alla memoria”, caduto in servizio il 28 gennaio 1989 lungo la provinciale San Giacomo Vercellese-Villarboit, per mano di rapinatori che avevano assaltato un furgone postale.La commemorazione, cui parteciperanno le massime Autorità civili, religiose e militari della nostra Provincia, si svilupperà nella mattinata attraverso tre significativi e toccanti momenti: alle 09.30 con la deposizione di un cuscino di fiori al cippo collocato sul luogo dell’eccidio, lungo la strada provinciale “San Giacomo Vercellese-Villarboit”, alle ore 10,30 successive, in Vercelli, con la deposizione di una corona d’alloro presso la lapide commemorativa accanto al monumento all’Arma dei Carabinieri di piazza Amedeo IX e, infine, alle 11.00, nella chiesa di S. Agnese in S. Francesco, adiacente alla Caserma “Gunu Gadu”, sede del Comando Provinciale dei Carabinieri, dove l’Arcivescovo Marco Arnolfo celebrerà la Santa Messa.

Massimo Iaretti