redazione il torinese

''La' dove Finisce la terra''

Domani, martedì 26 febbraio, alle 18 presso la libreria Bodoni in via Carlo Alberto a Torino, Renzo Sicco presenterà il libro ”La’ dove Finisce la terra” di Desirèe e Alain Frappier (edizioni Add), con prefazione di Luis Sepùlveda. Si tratta di una graphic novel che attraverso la storia di Pedro, un ragazzo libanese emigrato in America Latina racconta, con chiarezza esemplare, la storia del Cile tra il 1948 e il 1970. Un viaggio nella memoria di un Paese che il regista di Assemblea Teatro ha conosciuto e amato realizzandovi spettacoli e collaborazioni importanti. Sicco presenterà il libro  insieme al giornalista-scrittore Darwin Pastorin, altro grande conoscitore del Sud America. I due hanno collaborato recentemente alla realizzazione dello spettacolo ”Penarol. Una storia di calcio e immigrazione” che e’ stato rappresentata l’anno scorso nel Teatro  Solis di Montevideo. 

M.Tr.

Il pop di Eros Ramazzotti e il jazz di Yazz Ahmed

Gli appuntamenti musicali della settimana

Lunedì. Al Milk suona il trio composto da Luigi Tessarollo alla chitarra, Ares Tavolazzi al contrabbasso e Enzo Zirilli alla batteria. All’ARTeficIO Music Club si esibisce il trio di Ivano Icardi. Al Jazz Club è di scena il trio Not Only Swing.
Martedì. Al Jazz Club si esibiscono le cantautrici Agnese Conforti e Joe Elle.
Mercoledì. All’Off Topic è di scena Sipolo.
Giovedì. Al Folk Club si esibisce la cantante sarda Elena Ledda. Alle Ogr suona il cantautore svedese The Tallest Man on Earth mentre all’Hiroshima Mon Amour è di scena Dimartino. Al Cafè Neruda suona il trio di Max Carletti.
Venerdì. Al Circolo della Musica di Rivoli si esibisce Bianco, affiancato dal trombettista Stefano Piri Colosimo. Al Jazz Club suona la trombettista e flicornista britannica, di origini persiane Yazz Ahmed. Al Blah Blah si esibiscono i Proliferhate. Al Magazzino sul Po è di scena Bonetti mentre all’Off Topic si esibisce Giuvazza.

Sabato. Omar Pedrini ripropone “Viaggio senza vento “ dei Timoria, allo Spazio 211. Al Pala Alpitour arriva Eros Ramazzotti. Al Magazzino di Gilgamesh il blues della vocalist Delores Scott. Al Jazz Club suona l’Ubik Trio mentre al Blah Blah Massimo Zamboni si esibisce in quartetto, con lo spettacolo “Onda improvvisa di calore”.
Domenica. All’Istituto Musicale di Rivoli suona il pianista Fabrizio Paterlini mentre al Blah Blah si esibiscono i Downtown Boys.
 

Pier Luigi Fuggetta

Bimbo di sette mesi muore soffocato

E’ morto soffocato, un  bimbo di 7 mesi, a Premia, un piccolo borgo della valle Antigorio, nel Verbano-Cusio-Ossola. Trasportato con urgenza all’ospedale San Biagio di Domodossola sono state inutili le manovre di rianimazione cardiocircolatorie dei medici. La morte sarebbe stata provocata dalla sindrome Sids (sudden instant death syndrome), la cosiddetta  morte in culla. La procura ha disposto l’autopsia.

Sarajevo, le olimpiadi invernali del "magico febbraio" 1984

 

In Bosnia, dice lo scrittore Giacomo Scotti, quando si vuol dire raccontare “si usa la parola divaniti, dalla radice del turco divan, cioè sofà, canapè, ottomana. Per alludere a un raccontare disteso, lento, da fare (e ascoltare) in compagnia, come un rito. Chi racconta bene è tenuto in grande considerazione qui, come una sorta di eroe nazionale”. Sarajevo è una città dove tutti hanno una storia da raccontare, che sia simile a tante o nuova e diversa, poco importa. Ciò che davvero conta è il racconto in sè. Meglio se lo si ascolta seduti davanti ad una tazza di tè verde, magari fumando la Šiša o bevendo rákija, la grappa. L’uomo che racconta, seduto davanti a me nel piccolo locale, ha un’età indefinibile. Può essere un vecchio di settant’anni o averne molti di meno e portare in volto e sulle mani le rughe di una vita intensa, difficile. Il timbro della voce,malgrado sia flebile, quasi inciampasse tra i denti, denota un certa sicurezza e un piglio orgoglioso. Racconta in un italiano fluente del tempo in cui la città era imbandierata a festa e nei locali si bevevano birra e Zilavka bianco della valle della Neretva (considerato dagli esperti il migliore vino della ex Jugoslavia) per salutare il resto del mondo che guardava, sul finire dell’inverno del 1984, alle montagne innevate attorno a Sarajevo. Il Trebević , bello come il sole, l’Igman severo e impettito, la Bjelašnica – immensa, bianca principessa delle nevi – e la Jahorina, con le sue piste da sci. Sui monti e in città, allo Stadio Olimpico Koševo e nel Palaghiaccio Zetra, andavano in scena le gare dei XIV° Giochi Olimpici Invernali. Per ospitare l’evento a cinque cerchi erano stati scelti un paese e una città del tutto nuovi nel panorama degli sport invernali: la Jugoslavia, orfana di Josip Broz Tito, e una delle sue città simbolo, Sarajevo. “Eravamo un paese senza grande storia, sotto il profilo degli sport sulla neve e sul ghiaccio. Nessuna medaglia conquistata ai Giochi invernali, pochi risultati nelle varie discipline. Ma avevamo dalla nostra l’entusiasmo contagioso e un grande senso dell’ospitalità. Un entusiasmo che esplose con l’impresa del nostro slalomista Jure Franko. Fu lui, il portabandiera della Jugoslavia, a rompere il tabù portandoci per la prima volta sul podio con l’argento conquistato nello slalom gigante”. S’illumina, parlando di questa medaglia e della ‘prima volta’ di un figlio del paese degli slavi del sud che saliva sul podio, dell’emozione per la bandiera della Federazione che sale sul pennone e dell’inno nazionale cantato, in piedi e con la mano sul cuore, da tutto lo stadio. Si sente ancora jugoslavo, anche se non c’è più quel paese che veniva descritto come un’entità fatta da “sei stati, cinque nazioni, quattro lingue, tre religioni, due alfabeti e un solo Tito“. Franko diventò molto popolare e in città, come racconta questo amico, si diffuse un motto che diceva più o meno così: “Volimo Jureta više od bureka”, cioè “amiamo Jure più del burek”, la torta salata ripiena di carne e cotta sotto le braci ardenti. S’intuisce che il ricordo è ancora vivido, potente. Il narratore dimostra di avere una certa cultura in fatto di sport. “Il programma prevedeva 39 gare, a contendersi le medaglie furono 1.272 atleti divisi in 49 rappresentative”. E per compiacermi aggiunge: “Gli italiani erano 76, 15 dei quali donne”. Lo guardo meravigliato: ha immagazzinato tutto nella sua memoria, come un computer. Parlando prende colore, si anima. “La sfilata delle delegazioni dei Paesi del mondo, con bandiere e cartelli. Che spettacolo! Le telecamere delle televisioni di cento e cento paesi che scrutavano tutto e tutti con i loro occhi magici, riflettendo in ogni angolo del pianeta le immagini della mia città, così bella e intelligente e capace di stupire il mondo!”. L’uomo ci sta raccontando dell’impossibile sogno della pace, della felicità, dell’orgoglio e della nostalgia. Purtroppo, archiviate le Olimpiadi, il futuro per Sarajevo e per la Bosnia portò i segni, negli anni Novanta, delle atrocità e della devastazione delle guerre seguite alla disgregazione della Jugoslavia, dell’assedio e del tiro a segno dei cecchini, fino al lento e faticoso ritorno alla normalità dopo tanta morte e

distruzione. Ma il suo racconto è sospeso nel tempo e si ferma a quei giorni di metà febbraio del 1984 quando per fortuna si parlava solo di sport. Con invidiabile precisione narrativa ci rimanda indietro a quel tempo. “Nello sci alpino, a parte il nostro Jure, furono i fratelli Phil e Steve Mahre ad imporsi con l’oro e l’argento dello slalom. Americani come William Johnson, vincitore della discesa. Iniziava così la scalata delle Alpi da parte degli sciatori a stelle e strisce”. Storce un po’ la bocca. Si vede che, sportività a parte, figli e nipoti dello Zio Sam non gli stanno tanto simpatici. S’infervora nuovamente, viceversa, parlando della coppia di pattinatori inglesi di Nottingham, Jane Torvill e Christopher Dean, che raccolsero un incredibile successo nella danza su ghiaccio contro i rappresentanti dell’allora Unione Sovietica Natalja Bestemianova e Andreij Bukin, allenati dalla leggendaria Tatjana Tarasova. Fu una gara che passò alla storia del pattinaggio e che nessuno riuscirà mai a dimenticare. Era il 14 febbraio, giorno di San Valentino. La coppia dell’URSS presentò nella danza libera, ultima prova della disciplina, la Carmen di Bizet, ma Torvill e Dean trionfarono letteralmente sulle note del Bolero di Ravel, un’interpretazione che mise i brividi agli spettatori. “Un sogno. Qualcosa di irripetibile. Sembravano appartenere ad un altro mondo. Un

Jane Torvill & Christopher Dean perform Ravel’s Bolero during their gold medal routine

programma perfetto il loro, che meritò dodici 6.0, il massimo punteggio raggiungibile allora. Mai visto niente di simile. Li guardavamo e ci scendevano le lacrime per l’emozione”. Ci confida anche a voce bassa il ricordo di Katarina Witt, stella tedesca dell’Est, molto brava nell’aggiudicarsi l’oro del pattinaggio artistico individuale, ma soprattutto indimenticabile per la sua bellezza. “La sua avvenenza lasciava senza fiato ed era molto forte, come tutti i tedeschi. Non a caso, in quell’edizione e per la prima volta, il medagliere lo vinsero gli atleti della Germania Est (9 ori, 9 argenti 74 e 6 bronzi) davanti all’Unione Sovietica e agli Stati Uniti che pure vinsero la gara di pattinaggio singolo maschile con Scott Hamilton”. Lo metto alla prova. Gli chiedo, a bruciapelo,dell’Italia. Sorride, senza scomporsi e risponde subito: “Siete arrivati decimi, con due medaglie, entrambe d’oro: Paul Hildgartner nello slittino singolo e Paola Magoni nello slalom, dopo una strepitosa seconda manche, appuntandosi sul petto la medaglia d’oro, impresa mai riuscita prima a nessuna sciatrice italiana. Ti dico di più: era il 17 febbraio del 1984. Un venerdì”. Come non detto, l’enciclopedica memoria di quest’uomo è davvero a prova di bomba. È tardi. Non ci siamo quasi accorti che il tempo passava e che si è fatto scuro. Pago io le consumazioni e mi sembra il minimo. Marchi convertibili ben spesi in compagnia di un amico. Dopo i saluti usciamo e veniamo sferzati da un’aria gelida. Comprendo adesso il significato dei bollettini meteo quando, in Italia, annunciano “venti freddi dai Balcani”.

 

Marco Travaglini

Più di 700 partecipanti al concorso”Diventiamo cittadini europei”

Al concorso “Diventiamo cittadini europei. Per un’Europa più unita, più democratica e più solidale” hanno partecipato 59 istituti scolastici del Piemonte

Su un totale di 2018 temi svolti nelle scuole, 734 sono stati selezionati da 85 insegnanti e inviati per la partecipazione al concorso. Il Consiglio regionale del Piemonte e la Consulta europea, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte e l’Ufficio del Parlamento Europeo a Milano avevano bandito per l’anno scolastico 2018/2019 la 35^ edizione del concorso riservato agli Istituti d’Istruzione secondaria di II grado del Piemonte. Finalità dell’iniziativa è la formazione delle giovani generazioni in una prospettiva sovranazionale per formare le cittadine e i cittadini dell’Europa unita in un mondo interdipendente.

I partecipanti alla 35a edizione hanno scelto tra due temi:

1) Dal 23 al 26 maggio 2019 si svolgeranno nei 27 stati membri dell’Unione europea le none elezioni del Parlamento europeo. Dal 1979, ogni cinque anni, le cittadine e i cittadini dell’UE possono scegliere le proprie e i propri rappresentanti al Parlamento europeo: se dovessi spiegare a un tuo collega studente ed a una tua collega studentessa di un paese non membro dell’UE le competenze e le funzioni del Parlamento, da dove partiresti? Che cosa sentiresti più importante mettere in rilievo delle sue funzioni ed eventualmente dei suoi limiti d’azione?

2) La parità uomo-donna e la lotta contro le discriminazioni sono elementi fondamentali anche della politica sociale dell’Unione europea. Affronta l’argomento in una lettera da inviare a un tuo coetaneo/tua coetanea.

Lo scorso anno, al fine di formare le studentesse e gli studenti in relazione ai temi del concorso, sono state organizzate 20 conferenze in tutte le province piemontesi, tenute da docenti universitari ed esperti di tematiche europee. Le vincitrici ed i vincitori parteciperanno nel corso del 2019 a viaggi-studio ad istituzioni europee ed internazionali, alla 33^ edizione del Seminario di formazione alla cittadinanza europea di Bardonecchia e alla Festa dell’Europa promossa dal Parlamento Europeo a Milano. La cerimonia di premiazione si svolgerà entro la fine dell’anno scolastico.

Scappa dall'incendio e si cala dal terzo piano. Muore ragazza di 21 anni

DALLA VALLE D’AOSTA
Mihaela Cheli, la 21 enne di Chiavari che nella notte tra venerdì e sabato si è lanciata dal terzo piano di un edificio  in Valle d’Aosta per salvarsi da  un incendio è morta in ospedale a seguito della caduta. La giovane aveva riportato infatti  un grave politrauma. Dopo l’autorizzazione dei genitori i medici  hanno effettuato l’espianto degli organi. L’incidente è avvenuto ad Antey Saint Andrè verso le 5:15. I tre ragazzi erano in camera da letto. La vittima e il fidanzato si sono calati dalla finestra precipitando per una decina di metri. Il ragazzo e un amico sono rimasti leggermente feriti.

Tutti gli ‘ismi’ di Armando Testa

Il termine della mostra è prorogato al 17 marzo 2019

Ha certamente colto nel giusto Jeffrey Deitch, fra i massimi mercanti e critici d’arte americani nonché direttore fino al 2013 del MOCA (Museum of Contemporary Art) di Los Angeles, sottolineando che sempre “le immagini di Testa sono andate di pari passo con le opere degli artisti d’avanguardia e in alcuni casi le hanno addirittura anticipate, anziché prendere in prestito qualcosa da esse”. Affermazione sacrosanta, che trova palese conferma, se pure ce ne fosse bisogno, nella mostra che i Musei Reali di Torino dedicano, in Palazzo Chiablese, ad Armando Testa (Torino, 1917 – 1992) con un titolo bellissimo (“Tutti gli ‘ismi’ di Armando Testa”) che ancor di più segnala la poliedrica stupefacente creatività del più celebre, estroso ed immaginifico comunicatore pubblicitario del secolo scorso. Attenzione! Pubblicitario e Artista. Sempre. Con i due mestieri che si giocano sopra e che, non di rado, si lasciano la mano per far correre in libertà la gioia dell’arte pura, compagna fedele e amatissima in tutti suoi “ismi” legati alle avanguardie del ‘900, cui Testa era stato avviato in giovane età dal pittore astratto Ezio D’Errico. A 17 anni dalla mostra organizzata al Castello di Rivoli, l’esposizione odierna è curata dalla moglie Gemma De Angelis Testa e da Gianfranco Maraniello, direttore del Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto (Mart), da dove arrivano le oltre 120 opere (realizzate fra gli Anni ’40 e ’90) là esposte in occasione del centenario della nascita dell’artista e in cui ben si esprime la perfetta convivenza fra prodotto pubblicitario e pagine a sé stanti di surreal- futurista- astratta arte contemporanea. I suoi personaggi da nostalgico “carosello” ci sono tutti, o quasi: dal pacioso ippopotamo azzurro Pippo della Lines al misterioso Caballero e alla sua Carmencita (quelli del Caffè Paulista), fino agli sferici extraterrestri del pianeta Papalla per Philco o all’Elefante Pirelli con la ruota fra le zanne e al Rinoceronte della Esso. E poi ancora, i manifesti: con l’allegro e saltellante Uomo Moderno della Facis, accanto al supernoto logo del vermut Carpano Punt e Mes, cui la Città di Torino in omaggio a Testa ha dedicato tre anni fa una scultura pubblica (“Sintesi ‘59”), collocata in piazza XVIII Dicembre, proprio davanti alla vecchia Stazione di Porta Susa. La sensazione è quella di trovarsi in un immaginario magnifico parco di divertimenti, creato da un genio dell’ironia e dell’estrosità, da un artista a tutto tondo (numerosi i riconoscimenti: fra gli ultimi, nell’ ’89 l’ “Honor laureate” dall’Università di “Fort Collins” in Colorado), capace di farti incrociare e di stupirti pur anche con quadri che reggono perfettamente il confronto con le grandi e più dirompenti anime dell’arte novecentesca. E, insieme ai dipinti, ecco le serigrafie, i disegni, le fotografie e le sculture con i suoi temi più ricorrenti: il cibo, le dita capaci di suggerirgli le più improbabili suggestioni creative e gli animali: il “cane strabico”, il “cavallo che ride cinese”, il “cane randagio” o la poltrona rivestita di prosciutto come l’isola di Capri che prende forma da un pezzo di formaggio o la colonna (che sembra l’italico Stivale) realizzata con il gorgonzola. Diavolerie pensate e create da un eterno giovanotto con cappello nero a larghe tese e una matita trattenuta fra naso e labbro superiore (celebre questa sua divertita e divertente foto) che amava giocare con gli “ismi”, a volte dimenticandosi delle leggi seriose, per lui troppo seriose, del marketing. E di ciò pagandone il fio. A dirlo è lui stesso in uno dei video presenti in rassegna e provenienti dalla Collezione dell’”Agenzia Armando Testa”: “Il Testa qualche volta ha delle cose azzeccate negli ‘ismi’, chiamiamoli ‘ismi tutti i modernismi. Qualche volta però sarà bene guardare di più il marketing”. E ancora: “Dopo la guerra sono tornato ad affrontare la pubblicità. I miei disegni astratti non piacevano tanto, perciò man mano li ammorbidivo e li facevo sempre più figurativi, finché una notte ho sognato Mondrian, che mi ha detto “Armando, basta così’”. E, signori, scusate se è poco. A chi di voi è mai capitato di parlare in sogno nientemeno che con il vate olandese dell’astrattismo, Pieter Cornelis Mondrian, in arte Piet Mondrian? Al grande Armando Testa, ebbene sì, è accaduto pure questo.

Gianni Milani

“Tutti gli ‘ismi’ di Armando Testa”

Musei Reali – Sale Chiablese, piazzetta Reale 1, Torino; tel. 3338862670 o www.museireali.beniculturali.it

Fino al 17 marzo 2019

Orari: mart. – dom. 10/19

 

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Nelle foto:

– “Pippo”, vetroresina, 1966-’67
– Particolare mostra con “Elefante Pirelli”, stampa su lamiera, 1954
– “Uno e mezzo”, Fiberglass, 1960
– Particolare mostra Campagna “Facis”, manifesto intelato, 1954
– Particolare mostra “Esprimiamoci di più”, fotografia a colori su alluminio, 1991

Camminare, rigenerarsi dolcemente

Rasserenare la mente, ridurre l’ansia, fare esercizio fisico sano e perché no perdere anche qualche chilogrammo sono solo alcuni dei benefici che camminare ci offre. E’ un movimento spontaneo, una azione quotidiana usuale, un gesto scontato forse, ma se fatto consapevolmente e con disciplina, almeno 30 minuti al giorno, può migliorare la nostra salute, il nostro stile di vita e il nostro umore.

Non è solo una considerazione, lo dice la scienza: camminare mette in moto alcuni “neuroni calmanti” capaci di ridurre l’ansia, i pensieri assillanti, lo stress. L’ideale sarebbe passeggiare avvolti dalla natura, beneficiando di un’ambiente che ci permette di staccare completamente, uno scenario che favorisce la meditazione attraverso la contemplazione di un paesaggio silenzioso dalla forza rigeneratrice e potente. Se non si ha la possibilità di andare in un parco ogni giorno va bene anche la camminata urbana o portare fuori il cane, la cosa importante è mantenere un ritmo sostenuto necessario alla produzione delle endorfine, quelle meravigliose sostanze prodotte dal cervello dotate di proprietà calmanti e analgesiche. Un’altra dote della camminata è la capacità di farci perdere peso, praticando questo esercizio con costanza infatti i risultati sono garantiti e andare in palestra passando ore sottoponendosi a pesanti allenamenti sarà solo un ricordo, potremmo dedicarci invece al pilates o allo stretching, attività più riposanti e rilassanti.

I benefici della passeggiata non sono finiti, spostarsi a piedi con un buon ritmo riduce il rischio di malattie cardiache per esempio, uno studio pubblicato dalla American Heart Association afferma infatti che camminare è più efficace che correre, inoltre stimola la creatività e la produttività, aumenta le difese immunitarie e risveglia il metabolismo. Che aspettiamo allora? La primavera sta arrivando, la natura si risveglia, il clima si tempera, tutto ci invita a iniziare questa straordinaria e rasserenante pratica e una volta abituati e allenati si può passare ad un livello più impegnativo come il nordic walking o l’escursionismo. Tutti, adulti e bambini, dovrebbero camminare! E’ salutare, divertente, rilassante e persino gratuito.

Maria La Barbera

 

Metro 2 e risparmi Tav

“Apprendo con soddisfazione che Mino Giachino, ‘a dicembre’, come tiene a sottolineare, ha avuto l’idea di finanziare la Metro2 di Torino con i risparmi della Tav. Me ne compiaccio e gli faccio molti complimenti. Ma devo purtroppo smentirlo, non ho copiato la sua idea. Anzi, non l’ho nemmeno avuta io, quell’idea. Se interessa, posso spiegare ancora la mia posizione: ho letto e sentito diverse volte il vicepremier Matteo Salvini – che in questo momento ha più potere decisionale di me e di Giachino – dire di voler risparmiare un miliardo dalla Tav e destinarlo alla realizzazione della seconda linea della Metro torinese. Forse lui avrà copiato l’idea da Giachino, non so, ma non mi pare troppo rilevante. È invece rilevante che un vice primo ministro dica una cosa del genere. A questo punto, ribadisco, è dovere della politica torinese e piemontese cogliere la palla al balzo, perché qui si prospettano due vantaggi: sia la Tav, sia la seconda linea Metro, quanto mai necessaria per la città. Anche per questo ho preparato una mozione, che presenterò lunedì in Consiglio comunale, che impegni la Giunta a farsi parte attiva con il governo perché queste parole di Salvini diventino atti formali e non restino pie intenzioni”.

 

Roberto Rosso, capogruppo di Fratelli d’Italia in Consiglio comunale di Torino