redazione il torinese

Astensionismo e "amatriciana" federalista, ecco le patologie tricolori

LA GANGAmatteo renzi3elezioni-comunali 2manifesti elezioniLA VERSIONE DI GIUSI / di Giusi La Ganga

 

In Veneto e in Liguria, con candidati marcatamente renziani, si hanno dei veri e propri flop. Ci si consola deplorando le divisioni e le polemiche, ma ci si dimentica che anche la qualità soggettiva del candidato, la sua storia politica e il suo spessore contano, e contano molto. Insomma Renzi è Renzi, ma i suoi cloni non convincono allo stesso modo

 

Oggi non si può non parlare dei risultati delle elezioni regionali e amministrative di domenica. Ma non vi tedierò con minuziose analisi, che, pur interessanti, a volte non fanno vedere il dato d’insieme, che si può cogliere quasi a prima vista.

 

Mi ha colpito l’ulteriore aggravarsi del fenomeno della non partecipazione al voto. Non è più, come qualche ottimista sosteneva, un fatto fisiologico di tutte le democrazie mature, ma è un fatto gravemente patologico, soprattutto se, oltre al 50% di non votanti, la metà di chi vota lo fa scegliendo partiti o liste anti-sistema. Insomma la nostra Repubblica si regge su basi sempre più fragili, e non bastano campagne roboanti o demagogiche per riportare la gente alle urne; anzi direi che spesso il frastuono e l’esasperazione allontanano ancora di più. Il primo leader che vincerà davvero le elezioni sarà colui che riuscirà a rinnovare un po’ di entusiasmo e di partecipazione. Il Renzi delle Europee dell’anno scorso sembrava sulla buona strada, ma oggi mi sembra anche lui impantanato.

 

Una seconda cosa, infatti, che mi ha colpito è lo scarso o inesistente trascinamento che l’effetto Renzi avrebbe dovuto produrre e non ha prodotto sui candidati del PD. I risultati migliori si colgono con grandi tribuni popolari eletti al sud e con uomini d’apparato eletti al centro. In Veneto e in Liguria, con candidati marcatamente renziani, si hanno dei veri e propri flop. Ci si consola deplorando le divisioni e le polemiche, ma ci si dimentica che anche la qualità soggettiva del candidato, la sua storia politica e il suo spessore contano, e contano molto. Insomma Renzi è Renzi, ma i suoi cloni non convincono allo stesso modo.

 

Una terza cosa che mi ha colpito può sembrare una bazzecola, ma, secondo me, in essa si trova la spiegazione di tanti disastri dell’ultimo ventennio. Nelle sette regioni sono vigenti sette sistemi elettorali diversi, con le più diverse soluzioni. Il nostro federalismo “all’amatriciana” ha consentito a ciascuno di sbizzarrirsi, senza nessuna comprensibile ragione che giustifichi l’abbandono di un sistema elettorale uniforme. Lo si vede in questa occasione, ma in realtà tutta l’esperienza regionale andrebbe ripensata, dopo due decenni di improvvisazioni istituzionali e di cattivo federalismo, che non poco hanno pesato sui conti pubblici.

Effetto Prima Repubblica sulle Regionali: nel "Paese normale" hanno vinto tutti

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AVVISTAMENTI / di EffeVi

 

Tornano persino le espressioni caratteristiche dei commenti post-elettorali da Prima repubblica: quando perdi metà dei voti ammetti una “lieve flessione”, se il tuo candidato finisce in fondo alle tabelle di Pagnoncelli, nella categoria “altri”, prometti di “avviare un’approfondita riflessione”, se aumenti di qualche punto trattasi di “significativa affermazione”. Ancora una-due tornate così e non vedremo più hashtag e tweets

 

E meno male che viviamo in seconda repubblica, in un tempo felice in cui i cittadini votano un governo, una maggioranza chiara, un programma preciso, in un “Paese normale”, per usare una formula dei rottamati D’Alema-Cuperlo. Perché in effetti, se uno pensa ai dati fondamentali senza farsi distrarre dal chiacchiericcio quotidiano, troverà che l’Italia politica del 2015,  andando a votare nel bel mezzo di un ponte estivo, presenta un panorama paragonabile a un quadro di Hieronymus Bosch: surreale in apparenza,  ma denso di significati occulti, enigmi e simboli da interpretare.

 

Un presidente del consiglio che mai si è presentato alle elezioni, sostenuto da una maggioranza che comprende ex berlusconiani e che ormai esclude una parte dello stesso PD; elezioni regionali in cui le candidate più allineate (quelle che i maligni chiamano “renzine”) perdono sonoramente, quale che sia la situazione delle forze in campo (Paita perde in Liguria per la divisione della sinistra, Moretti perde in Veneto nonostante le divisioni della destra), e i cui veri vincitori sono proprio quei candidati vecchia guardia: Vincenzo De Luca, indagato per corruzione e abuso d’ufficio, vince in Campania grazie a una lista civica, espressione dell’area De Mita-Mastella- Cosentino, che ra ccoglie il 5%. Michele Emiliano vince in Puglia, anche grazie alla scissione di Raffaele Fitto a destra. Emiliano, ex magistrato incappato- da sindaco di Bari –  in uno scandalo di appalti truccati, era assurto alle cronache per aver accettato omaggi ittici dai costruttori De Gennaro: Il pesce era talmente tanto che lo avevamo messo anche nella vasca da bagno”, avrebbe dichiarato.

 

Campania e Puglia diventano così due laboratori di antirenzismo, che ripropongono un classico modello di gestione del voto e di controllo del territorio, dal sapore pungente e caratteristico del notabilato meridionale Prima Repubblica. Panorama surreale anche a destra, dove la bassa affluenza (intorno al 50% del voto) ovviamente produce una serie di effetti ottici: dilatazione delle estreme attraverso il sorpasso della Lega su Forza Italia a livello nazionale,  vittoria tecnica in Liguria (per partita truccata: la sinistra era divisa in tre tronconi),  il quasi-miracolo di sloggiare la sinistra da una roccaforte come l’Umbria.

 

Colpisce, infine, come queste surreali elezioni regionali si chiudano con la riscoperta del più classico rito della prima Repubblica: hanno vinto tutti. Renzi fa il finto tonto, finge che le sue candidate non siano state battute e che non abbiano vinto personaggi che lui vorrebbe strarottamare, e rivendica i numeri del 5-2, già annunciando ulteriori epurazioni in Liguria (in fin dei conti, il partito si chiama “democratico” non a caso). Grillo non vince una singola regione (era arrivato primo alle elezioni del 2013) ma ovviamente rivendica una conferma e un radicamento. Salvini non sta più nella felpa e punta a fare il leader della destra, sapendo benissimo che il giorno in cui gli elettori di centrodestra andassero alle urne invece che al mare, tornerebbe lesto nel suo monolocale da 10%. Non parliamo del Cav: vuole farci credere che ha vinto in Liguria per merito suo.

 

Tornano persino le espressioni caratteristiche dei commenti post-elettorali da Prima repubblica: quando perdi metà dei voti ammetti una “lieve flessione”, se il tuo candidato finisce in fondo alle tabelle di Pagnoncelli, nella categoria “altri”, prometti di “avviare un’approfondita riflessione”, se aumenti di qualche punto trattasi di “significativa affermazione”. Ancora una-due tornate così e non vedremo più hashtag e tweets.

 

Postilla – La bassa affluenza alle urne ha pesato ancora di più sulle elezioni comunali. A Moncalieri – dove nel 2010 il primo turno era finito praticamente in parità tra centrodestra e centrosinistra – ha votato il 40% degli aventi diritto, la metà rispetto a cinque anni prima; ha vinto secco un candidato marcatamente di sinistra come Paolo Montagna. E tanto basti.

“Federico Patellani: professione reporter”

PATELLANI290 foto in bianco e nero, articolate in 5 sezioni, raccontano l’Italia del dopoguerra che rialza la testa e lo fanno alla maniera di Patellani; professione fotoreporter che, con infinita sensibilità (prima di tutto), mette a fuoco e testimonia la vita vera

 

“E’ difficile fondere in una sola fotografia i valori documento-bellezza. Sta qui la classe del fotografo”. Federico Patellani -primo fotogiornalista italiano ed uno dei più importanti del XX secolo- enunciava così la formula in grado di coniugare informazione ed immagini, riunendo in una solo figura due modi di raccontare la cronaca e il mondo. A lui -che di classe ne aveva da vendere- è dedicata la mostra torinese (da domani fino al 13 settembre) a Palazzo Madama- Corte Medievale, curata da Kitti Bolognesi e Giovanna Calvenzi. Un allestimento che ha molti punti di forza: rientra nel programma “Neorealismo. Cinema, fotografia, letteratura, musica, teatro. Lo splendore del vero nell’Italia del dopoguerra 1945-1968” (progetto del Museo Nazionale del Cinema di Torino); è inserito nel calendario ufficiale di ExpoTo e nasce dalla collaborazione tra Palazzo Madama, Museo di Fotografia Contemporanea e Silvana Editoriale.

 

90 foto in bianco e nero, articolate in 5 sezioni, raccontano l’Italia del dopoguerra che rialza la testa e lo fanno alla maniera di Patellani; professione fotoreporter che, con infinita sensibilità (prima di tutto), mette a fuoco e testimonia la vita vera. Punta l’obiettivo su città e paesaggi martoriati dai bombardamenti, ricostruzione e ripresa economica, meridione e Sardegna. Ma fornisce anche la briosa cronaca del cinema italiano che si riprende; immortala scrittori, artisti, poeti e svela le grandi speranze che animano i primi concorsi di Miss Italia. Le immagini in mostra, per lo più scattate per i giornali, sono state selezionate dal ricchissimo corpus conservato oggi presso il Museo di Fotografia Contemporanea di Milano-Cinisello Balsamo e rappresentano le tappe  principali della sua carriera: dalla fine della seconda guerra mondiale alla metà degli anni 60, quando si dedicò soprattutto alla fotografia di  viaggio.PATELLANI1

 

-Nato a Monza nel 1911 da un’antica famiglia milanese, dopo gli studi classici si laurea in legge; ma la vita lo condurrà poi su altri sentieri. Il coup de foudre che spariglia le carte dei progetti è nel 1935, quando (come ufficiale del genio) partecipa alle operazioni militari in Africa Orientale con la Leica al seguito e porta a casa il primo reportage: viene pubblicato dal quotidiano milanese “L’Ambrosiano” e da quel momento la fotografia sarà il suo mestiere. Dapprima una lunga collaborazione con “Il Tempo”, settimanale di Alberto Mondadori che si ispira allo stile della famosissima “Life”, riadattandolo all’italica realtà. E’ l’alba di un nuovo modo di fare giornalismo attraverso il  foto-testo, ovvero, ampi servizi fotografici commentati da lunghe didascalie. Nel 40 è in Jugoslavia a documentare le operazioni militari dell’esercito italiano, l’anno seguente è la volta della campagna di Russia, con lo pseudonimo di Pat Monterosso.

 

E’ nel 43 che realizza il famoso reportage sulla Milano bombardata ma, soprattutto, rivendica la legittimità del suo lavoro nel celebre articolo “Il giornalista nuova formula” (editoriale “Domus”), delineando contorni e sostanza di una figura inedita che si abbevera alla fonte del cinema documentario e di attualità, cattura immagini  “viventi, attuali, palpitanti”, sa cogliere il movimento e il sensazionale.Traccia la strada attraverso prestigiose collaborazioni con i maggiori periodici italiani (tra cui “Epoca” e “Oggi”) ed imbastisce una fitta rete di rapporti professionali con le più importanti testate straniere. Colto ed innamorato del suo lavoro, realizza importanti reportage, (come quello sui minatori di Carbonia), racconta la cronaca di un’Italia che vuole a tutti i costi dimenticare il passato e creare nuove opportunità.

 

E’ anche in prima fila a narrare il costume e a testimoniare la nascita dell’industria editoriale, confrontandosi con artisti, intellettuali e letterati della levatura di Thomas Mann, Carrà, Ungaretti, Vittorini, Soffici e de Pisis. Cresciuto alla scuola del cinema (nel 41 lavora con Mario Soldati al film  “Piccolo mondo  antico”) la sua traiettoria incrocia le carriere di Carlo Ponti, De Laurentiis e Lattuada (di cui sarà aiuto regista per “La lupa”) e con loro stabilisce preziosi sodalizi professionali. E’ così che ritrae anche i beniamini del cinema: da Totò alla Loren, da Ingrid Bergman alla Lollobrigida e ancora Silvana Mangano, Anna Magnani, Fellini e la Masina, Visconti e De Sica.

 

PATELLANI3Dimostra poi una notevole lungimiranza quando nel 52 fonda la “Pat photo pictures”; primo step di agenzia fotogiornalistica moderna, con free lance sparsi in tutto il mondo a scattare immagini da vendere alle testate giornalistiche italiane e straniere. Lui, con abilità ed impegno, progetta e realizza reportage fotografici e cinematografici nei cinque continenti, che faranno la storia del fotogiornalismo. Importante anche il segno lasciato con le esperienze televisive, i documentari (“Viaggio nei paesi di Ulisse” e “Viaggio in Magna Grecia”) e i reportage da Congo Belga e Kenya. Inarrestabile, lavorerà fino all’anno prima della sua morte, testimone del mondo fino all’ultimo con il servizio da Ceylon, nel 1976. Oggi, passeggiare tra le immagini della mostra, significa attingere emozioni dalla preziosa testimonianza visiva degli anni dell’Italia del riscatto e restare incantati dallo sguardo di questo fotoreporter più attuale che mai.

 

Laura Goria

 

 

 

 

 

 

Festa della Repubblica in piazza Castello tra gli applausi di torinesi e turisti

esercito bandiera picchettoesercito bandieraesercito carabinieriLa tradizionale cerimonia dell’alzabandiera si è svolta in presenza del prefetto Paola Basilone, dell’assesore Passoni in rappresentanza del sindaco, e del presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino

 

Festa del 2 giugno in piazza Castello per celebrare il 69° anniversario della Repubblica.  Accompagnato dalle note del corspo musicale della ppolizia municipale, un picchetto d’onore interforze si è schierato davanti a Palazzo Madama per rendere gli onori al gonfalone della Città e alla bandiera della Scuola di applicazione dell’Esercito. Centinaia i torinesi e i inumerosi turisti che hanno assistito alla manifestazione, applaudendo all’inno di Mameli. La tradizionale cerimonia dell’alzabandiera si è svolta in presenza del prefetto Paola Basilone, dell’assesore Passoni in rappresentanza del sindaco, e del presidente della Regione Piemonte, Sergio Chiamparino, che ha dichiarato: “Con il voto del 2 giugno il popolo italiano scelse che tutto quel sedimento di storia che aveva alle spalle diventasse assetto istituzionale repubblicano democratico, che diventasse Stato di diritto”.

 

(Foto: il Torinese)

Gipo "Zingaro di periferia" diventa film

GIPO FILMRiscoprire la figura poliedrica dello chansonnier piemontese Farassino attraverso le testimonianze raccolte  tra la gente di  barriera 

 

Continuano, nelle suggestive vie di barriera di Milano le riprese del film “Zingaro di periferia” film prodotto da Film Commission  e la Fondazione Caterina. Dietro la macchina da presa Alessandro CastellettoLuca Morino continua la  caccia a indizi e tessere per comporre quel puzzle che le consentirà di delineare la figura poliedrica dello chansonnier piemontese GIPO FILM 2Gipo Farassino. Le testimonianze raccolte  tra la gente di  barriera in campo culturale, teatrale e letterario, politico e sociale, aiuteranno Luca a conoscere quel personaggio da cui pensava di essere diametralmente opposto…ma scoprendo lati oscuri della città riscopre un poeta ed un autore che rimpiange di non aver avuto modo di  conoscere e frequentare, almeno dal lato artistico. Il viaggio per conoscere lo zingaro di periferia, non si limita alla città,  in ogni angolo di Piemonte c’è un po’ di Gipo.

 

gd

Quartieri e gattopardismo: ridurre ma di quanto?

palazzo civicoSTORIE DI CITTA’ / di Patrizio Tosetto

Circa un anno fa era girata la voce che le circoscrizioni sarebbero diventate cinque. Passando documenti su documenti, finalmente il Gruppo del Pd in  Comune, il più numeroso, ha deciso d’affrontare il “toro per le corna”.  Del resto mancano 10 mesi alle nuove elezioni

 

Mi sa che la montagna ha partorito il topolino.  I quartieri di Torino sono dieci. Da alcuni anni la nostra civica amministrazione si è impegnata nel volerli ridurre , accorpandoli. Il tutto deriva da fattori di funzionalità amministrative e di contenimento dei costi.  Tralascio il mio personale scetticismo sulla loro effettiva efficacia. Ammetto d’aver conosciuto attivi presidenti, come ho “intravisto” presidenti totalmente assenti, dediti solo a incassare l’indennità prevista a fine mese. Circa un anno fa era girata la voce che le circoscrizioni sarebbero diventate cinque. Passando documenti su documenti, finalmente il Gruppo del Pd in  Comune, il più numeroso, ha deciso d’affrontare il “toro per le corna”.  Del resto mancano 10 mesi alle nuove elezioni. E poi, parliamoci chiaro, anche in totale assenza di fondi disponibili, il consiglio comunale non produce. Il documento propone sei Quartieri. Con un pregnante intervento del Sindaco che inviava i consiglieri a farlo proprio. Documento contestato, con l’obbiettivo di portare i quartieri almeno a sette . Direi, con un eufemismo, che tutto è sotto controllo. Rimangono sconsolanti domande. Sintetizzate: perchè? E, in particolare come sia possibile non essere, di fatto capaci di risolvere un problema senza complicanze economiche. Una volta il gattopardismo era una scelta. Tancredi comunque parte e si arruola nei garibaldini. Fa qualcosa perchè nulla cambi. Ora, mi sembra, vinca l’ignavo. Ignavo, ovviamente per interesse. Non per stupidità. ciò non è un bene per la nostra fragile democrazia.

 

(Foto: il Torinese)

 

L'estate torrida afro-mediterranea è arivata a metà settimana con più di 30 gradi in città e collina

cielo torino

sole cielo caldocaldo toretAlta pressione su Piemonte e Nord Ovest

 

Un giorno di tregua per la Festa della Repubblica del 2 giugno e poi arriverà la prima ondata di caldo estivo, quello torrido, di matrice afro-mediterranea. Da mercoledì sul Piemonte e sul nord-ovest nel suo complesso si formerà una cupola di alta pressione con le massime che cresceranno nettamente, come sottolineano le previsioni della Smi  – Società Meteorologica Italia: fino a 34-35 gradi in pianura e sulla collina. Il rischio sanitario per le ondate di calore salirà al grado di attenzione nella giornata di mercoledì. Si tratta del primo gradino di una scala che cersce con i livelli di “allarme” ed “emergenza”. Ma di questi si parlerà (forse) a luglio e agosto.

 

(Foto: il Torinese)

Uomo investito da Frecciarossa, 500 passeggeri bloccati

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Sulla linea ferroviaria Torino-Milano

 

E’ un profugo l’uomo investito e ucciso da un  Frecciarossa sulla linea ferroviaria Torino-Milano? La polizia ferroviaria ha verificato che tra Greggio e Balocco, l’uomo camminava lungo i binari e non si sarebbe quindi accorto dell’arrivo del treno. Forse si era allontanato dal centro di accoglienza di Albano Vercellese. Al momento dell’investimento era forse presente anche un altro profugo che è fuggito. Sul Frecciarossa partito da Roma sono rimasti bloccati per ore 500 passeggeri.

 

(Foto: il Torinese)

"Con Ventura siamo tornati a sognare… Cairo bisogna continuare"

VENTURA

Vittoria per 5-0 a Cesena: i tifosi ringraziano il mister

 

Applausi scroscianti per i Granata di Ventura, non solo per i cinque gol al Cesena, ma per aver terminato il campionato al nono e più che dignitoso posto. La curva Maratona invoca:  “Con Ventura siamo tornati a sognare… Cairo bisogna continuare”. Si rivolgono al presidente, intimoriti, i tifosi per l’addio dell’allenatore, che ha davanti un altro anno di contratto ma potrebbe anche lasciare. E gli altri beniamini della tifoseria torinista sono Darmian, Glik, Maksimovic. Si attendono le decisioni di Cairo.

Leonardo e l'importanza del disegno, la Sanguigna esposta ancora per un giorno

PALAZZO MADAMAIl ritratto esposto fino a martedì 2 giugno. Come per Monna Lisa si sono fatte molte supposizioni, se per questa alcuni hanno pensato alla trasposizione del viso della madre per la sanguigna hanno visto la trasposizione del viso del padre perché, datata 1515, ritraeva un uomo troppo vecchio per essere il maestro

 

Custodito nella Biblioteca Reale di Torino ed ora in mostra a Palazzo Madama fino a martedì 2 giugno, la sanguigna di Leonardo è ritenuta l’unico autoritratto sicuro del maestro anche se corrispondenze si possono trovare in alcuni disegni come “Il vecchio seduto” di Windsor  del 1513, nel giovane personaggio de “ L’ adorazione dei Magi” del 1482 degli Uffizi e forse nel profilo di guerriero del 1475 nel British Museum di Londra. Indubbiamente Leonardo dava al disegno importanza eguale alla pittura considerandolo non solo in funzione di questa ma anche fine a sé; il Vasari stesso nelle Vite afferma che egli riuscisse attraverso questa tecnica a esprimere il concetto raggiungendo “Cosa divina” il chiaro scuro. Dei tanti disegni rimastici, anche se molti sono andati perduti, a cominciare dal primo sicuramente suo “il paesaggio della veduta sull’ Arno” osservato dalle pendici del Montalbano del 1473, agli studi per “l’Adorazione dei Magi”, alle grottesche teste maschili, ai dolci visi femminili a punta d’argento, agli studi anatomici, nessuno come questo piccolo foglio di 33,5 x 21,6 cm. è universalmente conosciuto e quasi idolatrato nella stessa misura della Gioconda rispetto gli altri dipinti.leonardo

 

Come per Monna Lisa si sono fatte molte supposizioni, se per questa alcuni hanno pensato alla trasposizione del viso della madre per la sanguigna hanno visto la trasposizione del viso del padre perché, datata 1515, ritraeva un uomo troppo vecchio per essere il maestro; altri hanno ritenuto che si tratti della raffigurazione del padre disegnata nel 1503 in quanto Leonardo era troppo malandato per avere capacità artistica così elevata pochi anni prima della morte. Tesi che non hanno avuto seguito in quanto nel 1515, documentato da chi gli fu vicino, l’artista molto malato dimostrava più della sua età ma la genialità non si era spenta e chi meglio di lui, da sempre appassionato di fisiognomica, poteva rendere la propria immagine come ritratto dell’anima oltre che fisica in modo così espressivo. Proprio per questo l’autoritratto di Torino rimane da sempre nell’immaginario collettivo quale “felice memoria di Leonardo” come asserisce il Vasari nelle “Vite”.

 

 Giuliana Romano Bussola

 

(Foto: il Torinese)