DALL’EMILIA ROMAGNA
E’ stato convalidato l’arresto del trentenne Mohammed El Fathi che venerdì a Finale Emilia avrebbe ucciso con numerose coltellate la propria zia, all’interno dell’abitazione della donna. La detenzione cautelare nel reparto ospedaliero di diagnosi e cura, per i problemi di natura psicologica dell’indagato, è stata disposta dal giudice.
Fino al 22 aprile
Due opere – se, come queste, sono per davvero consacrati “capolavori” – possono bastare. Sono sufficienti le due “serigrafie su tela” appartenenti alla maturità artistica di Andy Warhol (Pittsburgh, 1928 – New York, 1987) e finora conservate nelle sale “museali” di Villa Cerruti a Rivoli, per mettere in piedi, come avviene al Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea, sotto la curatela di Fabio Belloni e fino al prossimo 22 aprile, un evento espositivo di indubbio e significativo richiamo. Primo: per la qualità e la “storicità” della coppia di quadri esposti, attraverso i quali rendere omaggio a un artista di fama mondiale, sicuramente fra i più eclettici e influenti del Novecento, dal look esageratamente e orgogliosamente eccentrico, star più delle star hollywoodiane che ossessivamente popolano i suoi quadri e sublime “sintesi artistico-umana” dell’idea di Pop Art. Secondo: perché le due opere, messe in bella evidenza al primo piano del Castello di Rivoli, vogliono ricordarci, con la loro provenienza dalla vicina Villa Cerruti, il futuro prossimo del Castello juvarriano e della stessa Villa, voluta dal noto imprenditore torinese Francesco Federico Cerruti per ospitare la propria formidabile collezione d’arte e destinata in tempi più che brevi a diventare parte integrante del Polo Museale di Rivoli. Eccoci allora alle due opere. E’ del 1975 l’acrilico e serigrafia su tela “Hélène Rochas”, uno dei quattro dipinti dedicati da Warhol all’ex modella francese, già direttrice del colosso “Rochas”. Intraprendente elegante e dallo sguardo senza limiti, lei. Geniale bizzarro provocatore e cinico, lui. I due sono in amicizia. Si vanno a genio. Nel Laboratorio- Factory, probabilmente quello all’860 di Broadway (Warhol ne cambiò diversi, ospitandovi altri famosi artisti come Basquiat o Clemente o Keith Haring e dove nascono anche le famose “Bottiglie della Coca Cola” così come le “Scatole della zuppa Campbell’s”) la fedele Polaroid fa il suo frenetico lavoro. Scelto lo scatto si passa alla serigrafia su una tela già dipinta con ampie pennellate di acrilici dominati dal verde. Di Madame Rochas colpisce la malia e la seduzione di un volto che ha perso contatti col tempo. L’opera appartiene ai “Celebrity Portraits”, dipinti su commissione iniziati nel 1972 e raffiguranti innumerevoli Vip dello star system internazionale (da Marilyn Monroe a Salvador Dalì, da Mick Jagger a Bob Dylan a Dennis Hopper e a Marcel Duchamp), per i quali l’essere ritratti da Warhol significava pur sempre la conferma del proprio “status sociale”; fra i ritratti italiani anche quelli di Gianni e Marella Agnelli (1972). Realizzato sette anni dopo, nel 1982, è invece il secondo quadro esposto a Rivoli. Si intitola “The Poet and His Muse”, appartiene al ciclo dedicato a Giorgio de Chirico e ripete (fascino della serialità) quattro volte sulla stessa tela un suo lavoro del 1959 raffigurante i celebri manichini “paludati all’antica”: un chiaro omaggio al Maestro della Metafisica, più volte incontrato nei suoi soggiorni italiani, ma solo in quell’anno (in una stagione segnata fra l’altro da frequenti tributi ai classici italiani, da Botticelli a Leonardo a Raffaello) “citato” su tela, dopo averne visitato la grande retrospettiva ordinata da William Rubin al “MoMA”. Un de Chirico che l’artista ama come inimitabile precursore dei tempi e che “ha ripetuto – affermava Warhol – le stesse immagini per tutta la vita”. “Probabilmente – continuava – è questo che abbiamo in comune…La differenza? Quello che lui ripeteva regolarmente anno dopo anno, io lo ripeto nello stesso giorno nello stesso dipinto”.
Villa Cerruti: aperta al pubblico dal prossimo 29 aprile
La “Collezione Cerruti”, da cui provengono le due opere di Andy Warhol in mostra al Castello di Rivoli, diventerà a breve parte integrante del Museo. Custodita in una Villa nelle vicinanze del Castello, finora chiusa al pubblico, rappresenta una collezione privata di altissimo pregio (fra le più importanti al mondo) che include quasi trecento opere scultoree e pittoriche che spaziano dal Medioevo al Contemporaneo, con libri antichi, legature, fondi d’oro, e più di trecento mobili e arredi tra i quali tappeti e scrittoi di celebri ebanisti. Capolavori che vanno dalle opere di Segno di Bonaventura, Bernardo Daddi e Pontormo a quelle di Renoir, Modigliani, Kandinsky, Klee, Boccioni, Balla, de Chirico e Magritte, per arrivare a Bacon, Burri, Warhol, De Dominicis e Paolini.Iniziata a metà degli anni Sessanta, la Collezione è il frutto della vita discreta e riservata di Francesco Federico Cerruti, imprenditore e collezionista nato a Genova nel 1922 e scomparso a Torino nel 2015 all’età di 93 anni, lasciando in eredità al Castello di Rivoli la curatela e la conservazione di quell’imponente patrimonio artistico, intorno al quale aveva costruito a protezione quella Villa in stile provenzale, dove si racconta abbia dormito una sola notte. Oggi, dopo due anni di restauro, la Villa è pronta al grande salto dell’apertura al pubblico. Si inizierà, con visite su prenotazione e a numero chiuso, il prossimo 29 aprile e il Castello di Rivoli- grazie ad un accordo firmato nel luglio del 2017 con la Fondazione Francesco Federico Cerruti – sarà il primo Museo d’Arte Contemporanea al mondo a includere una collezione enciclopedica fortemente datata, con l’intento di innescare un dialogo unico tra collezioni e artisti d’oggi e i capolavori del passato.
Gianni Milani
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“Andy Warhol. Due Capolavori dalla Collezione di Francesco Federico Cerruti”
Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea, piazza Mafalda di Savoia, Rivoli (Torino); tel. 011/9565222 o www.castellodirivoli.org
Fino al 22 aprile – Orari: dal mart. al ven. 10/17, sab. e dom. 10/19
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Nelle foto:
Per questa uscita di donne (in nero), mi sono recata di persona ai Musei Reali di Torino per vedere esposta al primo piano della Galleria Sabauda la Madonna con bambino e sei santi di Andrea Mantegna (1431-1506) di cui parliamo oggi
Trovarsi davanti al quadro del pittore veneto Andrea Mantegna è stata una grande emozione; mi era già capitato di vederlo dal vivo e anche quella volta come per la Madonna con bambino ai Musei Reali, ho provato lo stesso sentimento di gioia. Il Mantegna fa l’effetto di collegare direttamente a qualcosa di remoto, alla sensazione intorno a un bel ricordo legato a molto tempo fa, qualcosa di cui ne rimane solo l’essenza. Precedentemente abbiamo trattato di alcune opere che fanno parte della Collezione Gualini e quelle al momento non sono visibili, perché sono comprese nell’allestimento della mostra in apertura nel trimestre estivo dei Musei Reali, quindi bisognerà attendere il mese di giugno per poterle vedere di nuovo. La Madonna con il bambino e sei santi ha un mantello nero, cosa che la colloca a pieno titolo tra gli articoli di donne (in nero), serie che prende spunto per parlare delle donne della Storia Dell’Arte da Donne in Nero, l’omonimo movimento contro la guerra di origine israelita, supportato dalla Casa delle Donne di Torino con un presidio che si svolge in centro -nei pressi dell’incrocio tra via Garibaldi e via XX Settembre- ogni ultimo venerdì del mese dalle 18 alle 19. Donne in Nero manifesta in nero e in silenzio, usando uno striscione, dei volantini e poco altro oltre alla forza della presenza delle donne che chiedono che nessuna guerra sia dimenticata nella frenesia quotidiana, perché le prospettive di pace si mantengano e perché credono che il ruolo della donna nei confronti dei conflitti, tradizionalmente remissivo, debba essere rivalutato. L’opera del Mantegna è datata al 1485 circa e presenta una particolarità tipica dei secoli XV e XVI, per la quale vi chiedo di soffermarvi sull’opera e guardare bene tutte le figure dipinte. I lettori di donne (in nero) notano un certo distacco tra le persone che popolano il quadro, insomma i sei santi -di cui si
riconosce Santa Caterina d’Alessandria sulla destra della tavola-, non sembrano e in effetti non sono in relazione tra di loro. In maniera cruda, sono alieni sia alla Madonna che al bambino e al San Giovannino. La spiegazione è banalmente legata al fatto che i cinque Santi rappresentati intorno ai tre al centro del quadro sono spiriti, in altre parole i santi sono apparizioni visibili che proteggono la Madonna, Cristo e San Giovanni Battista bambino. Insomma non si tratterebbe di un vero e proprio incontro tra Maria e i Santi che Andrea Mantegna ha ritratto, ma piuttosto di un’opera che riunisce insieme, prima nella mente poi nella pittura, figure neotestamentarie. Il Mantegna è in effetti uno dei più grandi del XV secolo e così lui riesce nel creare una circolarità, un movimento nel quadro, insomma a tratti potrebbe sembrare che Maria stessa sia per così dire assente, che essa sia spirito, che sia lì come entità sovrannaturale a proteggere la persona che ha accanto. Così via uno dopo l’altro si
animano di carne e ossa per lasciare spazio al successivo; solo il bambin Gesù prende l’aspetto di essere vivo e il san Giovannino -con la sua schiettezza di bambino- porge un paragone all’altro infante mostrandone l’aria di sapienza, cosa che sottolinea la caratteristica divina del piccolo sul petto della donna, Santa Maria. Recandovi a vedere di persona il quadro del Mantegna vedrete che il nero del mantello portato da Maria sulla testa e sulle spalle ha, per così dire, un’anima bronzea, sembrerebbe che -oltre il nero- si trovi l’altro colore -il bruno dorato- che è il colore del risvolto. Nella prossima uscita di donne (in nero) vediamo un’altra donna in nero torinese e alcune curiosità, resta Connesso!
Elettra -ellie- Nicodemi
https://www.museireali.beniculturali.it/opere/madonna-bambino-santi/
Ruba vestiti in via Lagrange, arrestato
Un cittadino italiano di 60 anni, con precedenti penali, è stato arrestato per furto aggravato dagli agenti della Squadra Volante di Torino. L’uomo, dopo essere entrato in un negozio di articoli sportivi di via Lagrange, si è impossessato furtivamente di alcuni capi. Dopo aver superato le barriere delle casse si è azionato l’allarme, l’addetto alla sicurezza che ha fermato l’uomo lo ha trovato in possesso di una borsa piena di indumenti, per un valore superiore ai 180 euro, tutti danneggiati, in quanto le targhette erano state strappate via per evitare che si azionasse l’allarme. Il sessantenne è stato poi consegnato agli agenti della Polizia di Stato intervenuti che hanno appurato che l’uomo aveva precedenti di polizia specifici a suo carico, in una di queste circostanze l’uomo aveva asportato in concorso da un centro commerciale merce per quasi 900 euro.
M.Iar.
I Carabinieri della Stazione di Trino hanno denunciato a piede libero A.D., 22enne residente in provincia di Napoli, gravato da vicende penali per reati contro il patrimonio, perché indagato per truffa. La vicenda risale alla fine del dicembre scorso, quando un 44enne appassionato di fotografia ha trovato sul sito di vendite online “Kijiji.it” l’offerta di vendita di una macchina fotografica reflex Canon ad un prezzo ritenuto vantaggioso ma non apertamente troppo basso. Valutato che una fotocamera del genere, nelle condizioni che l’immagine mostrava, offerta a 500 euro ma sul libero mercato decisamente più cara potesse essere un buon affare, il 44enne aveva deciso di approfondire la questione, prendendo contatti diretti con il venditore attraverso la chat del sito. Ad ogni sua richiesta era pervenuta una risposta competente e cortese, la trattativa era stata anche corredata da ulteriori immagini dell’apparecchio che, sempre più, era parso al potenziale acquirente in ottime condizioni e ben descritto. Quindi, successivo ed ultimo passo è stato un contatto telefonico. Offerente e compratore hanno così dialogato direttamente, ed ancora il venditore, raccontatosi esperto in materia residente in un comune del torinese, ha convinto la vittima sulla validità e concretezza della possibile transazione. Accordo raggiunto. 500 euro vengono quindi versati al 22enne su un conto corrente. Senza ritardo, già il giorno successivo, la spedizione viene comunicata come effettuata, a sua comprova l’ignara vittima riceve anche il codice di tracciabilità del pacco ed il riferimento dell’ufficio postale da cui il prodotto è stato inviato. Tutto ovviamente falso. Così, dopo qualche giorno di inutile attesa e di vani tentativi di contatto diretto, arriva la certezza della truffa. Al 44enne non rimane che denunciare l’episodio ai Carabinieri che, a conclusione degli accertamenti, identificano e denunciano il truffatore partenopeo alla Procura della Repubblica di Vercelli.
M.Iar.
Violenza al Valentino, il commento del Siulp
Un violentatore comunque lo si guardi è, ovviamente, a prescindere dal colore della pelle sempre uno spregevole criminale. Tuttavia, sapere che il violentatore in questione proviene da un altro continente e arriva in Italia in modo irregolare e quindi fuori controllo, non può che alimentare la rabbia, la paura, e l’insicurezza di tutti i cittadini che devono già sopportare la criminalità nostrana. È interessante verificare se anche in questo caso sovvengono in aiuto del violentatore “tempeste emotive o ormonali” quasi a giustificare il carnefice e magari con tanto di attenuazione di pena. Quello che in realtà occorre è una pena esemplare che deve agire come deterrenza per chi non sa controllare le proprie pulsioni animalesche e non ha un barlume di umanità.
Il Segretario Generale del Siulp di Torino Eugenio Bravo
Di Stefano Casarino
Si è appena conclusa la Sessione Primaverile del Convegno della Delegazione di Cuneo dell’ A.I.C.C., articolata nei due pomeriggi di martedì 19 e giovedì 21 marzo presso l’Aula Bruno del Liceo “Vasco Beccaria Govone” di Mondovì (CN): tema di quest’anno, Il senso della storia, argomento che ha certamente incontrato l’interesse del numeroso pubblico – di docenti (per i quali ha anche valore di corso di aggiornamento), di studenti e di appassionati – che ha riempito la sala
Organizzato col Patrocinio del Comune di Mondovì e con la collaborazione di molte Associazioni Culturali, il Convegno intende offrire un’articolata riflessione pluridisciplinare sul valore della storia proprio ora che essa sembra avere un’importanza minore nei programmi scolastici e nel dibattito culturale. Si sono succeduti nelle due giornate ben sei interventi: il primo di chi scrive, teso a rimarcare l’importanza della storia nella cultura classica attraverso l’esame delle tesi di Erodoto, Tucidide e Polibio e lo stretto, indissolubile legame tra lo studio di tale disciplina e quello delle lingue classiche (non è affatto un caso che la nostra sia un’età di pericolosa eclissi di entrambi!); il secondo del Prof. Gigi Garelli, direttore dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea di Cuneo, che ha citato la longue durée di F.Braudel e la teoria dei cleavages di S.Rokkan e che, dopo aver proiettato un’impressionante sequenza del film Bastardi senza gloria (2009) di Quentin Tarantino, ha formulato alcune “conclusioni provvisorie” sul “senso della storia”: la storia non serve a dare risposte ma a evidenziare problemi; studiarla significa mettersi in prospettiva, destrutturare pregiudizi e apparenze; imparare a contestualizzare e a relativizzare. Ci consente una conoscenza imperfetta: come, in fondo, è ogni forma di conoscenza umana. Ha chiuso il primo pomeriggio Marco Travaglini, giornalista e scrittore, che ha illustrato i numerosi progetti e i concorsi organizzati dalla Regione Piemonte per sensibilizzare gli studenti alla storia: essi hanno come premio la visita a luoghi importanti, di grande potere evocativo. Egli ha giustamente insistito sulla ricaduta didattica e culturale del vedere coi propri occhi alcuni posti per riflettere sulla sovrapposizione tra spazio geografico e tempo storico: ad esempio, il lager di Buchenwald dista solo otto chilometri da Weimar, dalla casa di Goethe e le SS lasciarono in piedi l‘albero di Goethe, sotto il quale il grande poeta sedeva a scrivere le sue opere, all’interno di Buchenwald. Il meglio e il peggio della storia di un popolo racchiusi in uno stesso posto. Il secondo pomeriggio è stato aperto dalla conferenza della Prof.ssa Lia Raffaella Cresci, dell’Università di Genova, che ha invitato a superare ogni ingenua fede in una sorta di legge del progresso storico e ha sapientemente illustrato la storia, ben poco nota, dell’Impero Romano d’Oriente, in cui epoche di apparente splendore contengono già i germi della futura decadenza e, viceversa, altre di crisi politica e militare garantirono invece un maggior benessere alla popolazione: una storia quasi “a fisarmonica”, interessantissima e che andrebbe certamente molto meglio conosciuta per comprendere oggi i rapporti tra Europa occidentale e orientale. Il Prof. Stefano Sicardi, dell’Università di Torino, ha invece illustrato il processo costituzionale italiano tra storia, politica e diritto, realizzatosi incredibilmente in soli quattro anni, dal 1943 al 1947, ricostruendone accuratamente procedure e tempistica e rimarcando che il prodotto finale fu votato a scrutinio segreto e ottenne un’amplissima maggioranza: sarebbe auspicabile, a parer mio, che si tenesse ben presente ciò, prima di procedere, come recentemente e un po’ avventatamente è stato fatto, a qualsivoglia tipo di massiccia revisione della nostra Costituzione.
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Ha chiuso il secondo pomeriggio e l’intera Sessione Primaverile del Convegno la relazione di Daniele La Corte, giornalista e autore del recente Resistenza svelata (Fusta Ed. Saluzzo): mi fa piacere ricordare che in anteprima nazionale tale romanzo storico è stata presentato, a cura del sottoscritto, a Mondovì il 27 ottobre 2018. Come Travaglini aveva insistito sul “vedere”, La Corte insiste sull’ “ascoltare” e sulla “storia orale”, che si è affermata a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, anche se già nel 1948 lo storico Allan Nevins fondò il Columbia Oral History Research Office, ora noto come Columbia Center for Oral History, con lo scopo di registrare, trascrivere e archiviare interviste di storia orale. Ma come intervistare chi magari è riluttante o diffidente a raccontare, come creare una sintonia tra storico e intervistato? La Corte si è brevemente soffermato sulle sue tecniche, tutte fondate sull’onestà intellettuale e sull’empatia: le testimonianze rese non sono quelle formalmente impeccabili del dibattimento giudiziario, ma sono momenti di vita che hanno marchiato in modo indelebile l’anima di chi le racconta, devono essere ascoltate e riprodotte con estrema cura e con quella pietas che sempre affiora nelle pagine del suo libro. Due giornate, quindi, molto ricche di informazioni e di stimoli che, credo, il pubblico abbia positivamente recepito: perché di storia abbiamo sempre bisogno; perché di storia proprio non possiamo fare a meno, nonostante quello che sembri credere qualche nostro poco avveduto decisore politico. Ad ottobre/novembre 2019 ci sarà la Sessione Autunnale del Convegno, con relazioni in cui il senso della storia verrà esaminato dal punto di vista delle letterature moderne, dell’arte e della scienza.
Farfalle in fiore al Castelmagno
L’orto ci offre tante belle tenere zucchine, utilizziamole cosi’…
Ingredienti per 4 persone:
350gr. di pasta tipo farfalle
500gr. di zucchine con il fiore
1 cipollina
1 ciuffo di menta
100gr. di formaggio Castelmagno
100gr. di speck
olio evo
sale q.b.
Soffriggere in poco olio la cipolla tritata, unire le zucchine tagliate a rondelle con i fiori e le foglioline di menta. In una padella rosolare lo speck tagliato a dadini poi, unire alle zucchine. Cuocere le farfalle in acqua salata. Con la grattugia a fori grossi, grattuggiare il Castelmagno e metterlo sulle zucchine, mescolare bene fino a farlo sciogliere, versare le farfalle, saltare per pochi secondi e servire subito. Il Castelmagno dona al piatto un tocco raffinato.
Paperita Patty

Sotto gli antichi portici sabaudi
Nella bella foto di Sonia Busé un tocco di rosso nell’austerità dei portici storici di piazza Vittorio.