redazione il torinese

Le pagelle di Torino-Udinese 0-1

TORO UDINESEDecisiva per la vittoria dei Friulani è la rete di Perica nel primo tempo che trafigge Padelli

 

Il Bianconero quest’anno non porta bene alla squadra di Ventura infatti dopo la pesante sconfitta subita nel derby di Coppa Italia il Toro incappa in un altro risultato negativo, questa volta contro l’Udinese. Decisiva per la vittoria dei Friulani è la rete di Perica nel primo tempo che trafigge Padelli con un bel tiro di destro da dentro l’area. I Granata ora dopo queste due sconfitte avranno il tempo di ricaricare le batterie durante la sosta natalizia, ma al ritorno sui campi saranno chiamati subito a una trasferta difficile contro il Napoli di Sarri.

 

Padelli 6,5: il migliore tra i suoi. Compie due grandi parate prima su Di Natale nel primo tempo e poi su Edenilson nel secondo tenendo in partita i suoi ed evitando un passivo più pesante da digerire;

Bovo 5,5: il centrale romano imposta bene il gioco con degli ottimi lanci che impensieriscono non poco la difesa dei Friulani. Meriterebbe la sufficienza se non fosse per un cartellino giallo, evitabile, per proteste ( dal 70′ Maxi Lopez 5,5: entra con la giusta grinta e sforna subito una grande sponda di petto per Baselli che per poco non va al tiro. Dopodichè comincia a sbagliare tanto, si fa ammonire e tocca due volte la palla con il braccio in pochi minuti spezzando così il ritmo della partita in un momento chiave);

Jansson 6: lo svedese è chiamato a sostituire capitan Glik e lo fa bene. Nel primo tempo sventa una situazione molto pericolosa con una bellissima scivolata e tiene sempre bene la posizione;

Moretti 5,5: nell’azione del goal va a raddoppiare su Perica con Molinaro, ma, con un po’ di fortuna, l’attaccante di Colantuono passa lo stesso e segna il goal partita. Per il resto non sbaglia niente e appoggia sempre bene il pallone;

Zappacosta 5: inizia bene con delle ottime progressioni sulla fascia poi, con il passare dei minuti, si spegne e non trova più spunti interessanti;

Benassi 5,5: bene in fase di copertura, ma molto meno lucido quando c’è da inserirsi o tentare la giocata. Tornava da un infortunio e probabilmente deve ancora rientrare in condizione ( dal 63′ Acquah 5,5: entra per dare più fisicità e fluidita al centrocampo di Ventura e ci riesce, ma dal punto di vista tecnico fa degli errori grossolani che vanificano due azioni potenzialmente pericolose);

Vives 6: molte volte i tifosi lo  richiamano per qualche retropassaggio di troppo, ma comunque la sua è una prestazione generosa e ordinata;

Baselli 5: quello visto oggi è un lontano parente del vero Baselli. Impreciso, furi dal gioco e senza spunti. Ha qualità fuori dal comune, ma deve credere di più in se stesso e cercare di tornare a giocare con la leggerezza che le tante aspettative su di lui dei tifosi hanno fatto venire meno;

Molinaro 6: tanta corsa e abnegazione. Nel secondo tempo calcia una bella punizione che per poco non mandava in porta Quagliarella ( dal 57′ Avelar 5,5: torna da un grave infortunio e con il passare dei minuti si vede che deve tornare in condizione. Esordisce con un bellissimo cross per Belotti e con una buona giocata al volo a centrocampo, ma dopodichè sbaglia molti cross e spinge meno. Una bella notizia comunque il suo ritorno, la speranza è che torni presto sui livelli di inizio anno);

Belotti 6: corre, lotta e ha più occasioni per andare in rete, ma non è fortunato. Dimostra anche un’ottima condizione atletica con delle accelerazioni che lasciano più volte sul posto i giocatori avversari. L’impegno c’è e si può scommettere sul fatto che continuando così possa fare un grandissimo girone di ritorno;

Quagliarella 5,5: nel primo tempo sfiora l’incrocio dei pali con un gran tiro da fuori area poi non ha più grandi occasioni, ma si inserisce spesso per tentare di sorprendere i difensori avversari. Ci si aspetta di più da lui, ma, viste le prestazioni degli ultimi due mesi, almeno oggi da qualche segnale di ripresa;

All. Ventura 6: la squadra è ancora scossa dalle contestazioni post-derby e durante la partita si vede meno coraggio del solito da parte dei suoi nel provare la giocata, comprensibile. Le sostituzioni sono giuste e anche la gestione della partita, durante la sosta dovrà però lavorare molto sotto il profilo psicologico per ridare fiducia ai suoi.

 

Filippo Burdese

Falso allarme bomba, evacuata la Mole e paura alle Gru dopo una telefonata

I visitatori del Museo del Cinema hanno dovuto abbandonare l’edificio

 

mole angelaAl centralino della polizia questa mattina, poco dopo le undici, e’ arrivata una chiamata: «C’è una bomba dentro la Mole. Scoppierà tra un’ora e mezza». La voce era di un uomo presumibilmente italiano. Sono stati subito allertati i carabinieri che stanno presidiando la zona. Il Museo del Cinema e’ stato fatto evacuare e turisti e passanti sono stati fatti allontanare dall’area circostante per precauzione. Gli artificieri hanno controllato ogni angolo della struttura che è già stata riaperta al pubblico. Stesso copione per l’ipermercato Le Gru di Grugliasco, dove era stata segnalata via telefonata anonima la presenza di un ordigno. Ma il centro commerciale non è stato evacuato. Fortunatamente si è trattato in entrambi i casi di  un falso allarme e sono ora  in corso le ricerche dell’uomo che questa mattina ha tentato di  seminare il panico in città.

Fassino annuncia: "Un tavolo di discussione contro lo smog"

fassino tvIl sindaco esclude comunque provvedimenti d’urgenza

 

Il sindaco Piero Fassino propone “un tavolo di discussione, con i sindaci dell’area metropolitana di Torino, per riflettere insieme e valutare quali possano essere le azioni più significative da assumere” per far fronte all’ emergenza smog che tocca in questi giorni dati da record negativo. Fassino esclude comunque provvedimenti d’urgenza, considerando che l’inquinamento ha raggiunto le punte massime anche nelle città che li hanno adottati, come ad esempio Roma.
   

Delitto Caccia, dopo 32 anni arrestato il panettiere presunto assassino

bruno cacciaL’inchiesta è stata coordinata dalla procura della repubblica di Milano

 

Arrestato dalla polizia uno dei presunti assassini di Bruno Caccia (nella foto), il procuratore capo di Torino ucciso nel giugno 1983, mentre portava a spasso il cane sotto la propria abitazione . L’uomo arrestato è un panettierie 64enne di origini calabresi, Rocco Schirripa,  incastrato grazie a una lettera anonima inviata dagli inquirenti a Domenico Belfiore, già condannato all’ergastolo per il delitto. Sono state monitorate le reazioni di Schirripa, che stava progettando  la fuga.

L’inchiesta è stata coordinata dalla procura della repubblica di Milano. Il mandante del delitto, Domenico Belfiore, venne arrestato nel 1993. Dallo scorso giugno si trova ai domiciliari per motivi di salute. Il magistrato venne ucciso il 26 giugno 1983, con 14 colpi di pistola sulla precollina di Torino. Belfiore era esponente di spicco della ‘ndrangheta in Piemonte. Caccia stava svolgendo indagini proprio su episodi di ‘ndrangheta tra cui alcuni sequestri di persona.

Sicurezza: il Controllo del Vicinato si rafforza nella collina torinese

vicinato iarUn incontro  si è svolto nella sede della pro loco, su richiesta di un gruppo di cittadini

 

Il Controllo del Vicinato si rafforza nella collina torinese. Ferdinando Raffero, consigliere comunale a San Mauro Torinese e referente per la Città Metropolitana di Torino è stato relatore in un incontro che si è svolto a San Raffaele Cimena, nella sede della pro loco, su richiesta di un gruppo di cittadini. Alla riunione, cui hanno preso parte una cinquantina di persone, sono intervenuti anche il sindaco Angelo Corrù ed una nutrita rappresentanza della giunta e del consiglio comunale. Raffero, che è stato il primo nella Città Metropolitana di Torino a parlare di questo sistema di deterrenza passiva e di solidarietà sociale contro la criminalità ha spiegato le varie ricadute positive che ne possono derivare e descritto in particolare l’esperienza di San Mauro Torinese, dove è attivo un gruppo di volontari che ha già avuto ottimi risultati e che sta crescendo progressivamente.

 

Massimo Iaretti

Borgo alpino vendesi su Ebay, così la rete riuscirà a rianimare la montagna piemontese

Italian alpine village for sale on eBayE per recuperare i ruderi occorre meno di un milione di euro. Un investimento, dunque, ancora possibile, nonostante la  stagnazione del mercato immobiliare

 

La rete riuscirà a rianimare la montagna piemontese. Tre piccoli borghi delle Alpi, Calsazio di Sparone, Gilli di Perosa Argentina e Lunella di Viù, con 25 case ciascuno sono finite in vendita su Ebay. Il costo medio è meno di un appartamento da 80 metri quadrati in periferia di Milano o di Torino: circa 200mila euro in tutto. E per recuperare i ruderi occorre meno di un milione di euro. Un investimento, dunque, ancora possibile, nonostante la  stagnazione del mercato immobiliare, che ha già registrato oltre 200 richieste di informazioni da tutto il mondo. Intanto altri borghi sono già stati restaurati dai proprietari e riportati sul mercato. Legno, pietra, nuovi stili, fra tradizione e futuro.

 

Grazie in particolare a fondi europei del Piano di sviluppo rurale e dei programmi di cooperazione interregionale 32 borghi alpini del Piemonte, negli ultimi cinque anni, sono tornati a vivere. Altri ancora sono lì, sparsi nelle vallate alpine, aspettando. Il tema è stato affrontato  in un convegno nazionale sul recupero nelle Alpi e nelle zone rurali promosso da Regione Piemonte ed Uncem. “Borgate montane. Il nuovo Piemonte, la nuova Montagna”.

 

Massimo Iaretti

Grave operaio schiacciato da macchinario

Elicottero-118Ricoverato al Cto

 

E’ in gravi condizioni  un operaio di 41 anni ferito mentre lavorava alla Oerlikon Graziano, azienda  di Rivoli. E’ rimasto vittima di un trauma toracico-polmonare dopo essere stato  schiacciato dal braccio di un macchinario azionato per errore da un collega. L’uomo è ricoverato al Cto di Torino, trasportato in elisoccorso. Stanno indagando i carabinieri e gli  ispettori dello Spresal dell’Asl To3.

I nostri auguri a Sgarbi: "Buona guarigione, Vittorio"

sgarbiUn’ischemia al cuore ha colpito Vittorio Sgarbi mentre era in viaggio in auto da Brescia a Roma. Riuscito l’ intervento di angioplastica nel Policlinico di Modena, dove è ricoverato in terapia intensiva. Il direttore del reparto di Cardiologia dice che il paziente è in buone condizioni e dovrà rimanere a riposo alcuni giorni in ospedale per la convalescenza. Il nostro migliore augurio al critico d’arte è l’intervista che rilasciò in esclusiva al “Torinese” alcune settimane fa, che ripubblichiamo integralmente. Buona guarigione, Vittorio! 

 

INCHIESTA: LA CULTURA A TORINO / 3

 

VITTORIO SGARBI: “TORINO E’ LA CITTA’ PIU’ BELLA D’ITALIA, HA IMPARATO A METTERSI IN LUCE”

 

Negli ultimi 20 o 30 anni, l’unica città che ha puntato seriamente sulla cultura è stata Torino, mi sento di parlare di un nuovo Rinascimento. Forse questa città è partita troppo presto. E oggi vive ancora sugli allori dell’arte povera. L’arte contemporanea è tuttora una peculiarità di Torino, però, occorrerebbe investire maggiormente sulla caratterizzazione delle varie sedi museali, affidando a ciascuna una sua vocazione. Allargherei la  vocazione  di Stupinigi a tutto l’ambito delle arti applicate, per farne una sorta di Victoria and Albert Museum”

 

 

Intervista di Alberto Vanelli con Vittorio Sgarbi per IL TORINESE

 

Negli ultimi anni, Torino è riuscita in gran parte a superare la vecchia immagine stereotipata di “città della Fiat”, scoprendo in sé un’identità nuova, di città culturale. Questa, almeno, è la percezione dei torinesi. Ma qual è l’opinione di chi vede il volto di Torino dal di fuori? Qual è, sul piano culturale, l’immagine di Torino in Italia?

Anche se una persona che conosco ultimamente l’ha trovata un po’ malinconica, io la considero la più bella città d’Italia, sia sul piano dell’urbanistica, sia per quanto riguarda l’ordine delle cose e la capacità di riscatto, dopo il tramonto dell’industria automobilistica. Negli ultimi 20 o 30 anni, l’unica città che ha puntato seriamente sulla cultura è stata Torino. Mi spingo a dire che si tratta dell’unica città italiana che ricorda Parigi. Certo, è meno vitale di Parigi – le abitudini di vita sono quelle che sono – ma il paragone non mi sembra azzardato. Una delle cose interessanti di Torino, poi, è la sua illuminazione. Rispetto ad altre città, che trovo represse, Torino ha imparato a “mettersi in luce”. L’esempio più significativo, in questo senso, è quello delle Luci d’artista, che il sindaco De Luca ha voluto portare anche a Salerno, ma mi riferisco anche all’illuminazione normale, che riguarda piazze e monumenti.

 

Come riassumerebbe, in una parola, la Torino culturale?

Se devo definire ciò che ho visto succedere a Torino negli ultimi 30 anni, mi sento di parlare di un nuovo Rinascimento, che in seguito allo sviluppo dell’arte povera, la grande avanguardia artistica torinese, ha visto la riscoperta della Reggia di Venaria, dell’Egizio, della Galleria Sabauda, di Palazzo Madama, e insieme la moltiplicazione di alcune grandi iniziative culturali: la Fiera del Libro, Artissima, Settembre Musica, il Festival del Cinema, il Salone del Gusto, le mostre. È una città in cui capita sempre qualcosa, e dove una persona curiosa e interessata alla cultura sa di avere degli appuntamenti, in diversi momenti dell’anno.

 

Tutto perfetto, quindi?

Naturalmente no: esistono le potenzialità per fare di più. La pinacoteca Agnelli, per esempio, per il valore che ha, viaggia a basso regime. E anche il castello di Rivoli: un museo straordinario, che meriterebbe un rilancio.

 

L’argomento Rivoli offre lo spunto per una domanda precisa. Vent’anni fa, Torino era uno dei poli mondiali dell’arte contemporanea. E ovviamente lo è ancora: oltre al museo di Rivoli, si possono citare le collezioni della GAM, delle Fondazioni Sandretto e Merz, della nuova Fondazione Fico. E anche le OGR, tra non molto, potrebbero diventare un “luogo” dell’arte contemporanea. Non c’è dubbio, però, che l’arte contemporanea stia vivendo, a Torino, un momento di crisi, che solo la vitalità di una manifestazione come Artissima, con tutti i suoi eventi collaterali, riesce in parte a contrastare. Nella direzione del contemporaneo, intanto, centri come Roma e Milano stanno recuperando posizioni, investendo molte energie e riscuotendo un certo successo. Lei cosa ne pensa?

Forse Torino è partita troppo presto. E oggi vive ancora sugli allori dell’arte povera, nella quale è stata centrale, certo, ma nella quale si è anche fermata. Se dopo l’arte povera non è successo più nulla, è probabilmente perché è venuta a mancare la Fiat. Il senso dell’arte povera stava nella contrapposizione ideologica al mondo del capitalismo e all’industria che, in Italia, ne era il simbolo. L’habitat favorevole all’arte povera era quello del marxismo obbligatorio, dove tutti eravamo di sinistra e non c’era nessun democristiano, anche se la DC vinceva le elezioni. Quella, infatti, era la maggioranza silenziosa. La maggioranza parlante, invece, quella che “contava”, parlava le parole dell’opposizione. La stagione della contrapposizione ideologica, però, a un certo punto, è finita. Già alla metà degli anni ’80, era chiaro che il clima stava cambiando, ed è cambiato definitivamente con l’arrivo di Berlusconi. Le contrapposizioni sono rimaste, certo, ma Berlusconi ha stabilito un’altra polarità: non più la polarità capitalismo/anticapitalismo, ma la polarità spettacolo/politica seria. Per l’arte povera è stata la fine. La chiave di lettura del mondo che ne alimentava l’espressione artistica e culturale, si è spenta con lo spegnimento della Fiat. E oggi, mentre a Torino il peso della Fiat si è ridimensionato enormemente, quella stagione artistica emette gli ultimi fiati…

 

Passando al tema dell’organizzazione museale e delle decisioni da prendere, che cosa si potrebbe fare per rilanciare l’arte contemporanea? Forse le istituzioni dedicate al contemporaneo sono diventate troppe?

L’arte contemporanea è tuttora una peculiarità di Torino. Forse, però, occorrerebbe investire maggiormente sulla caratterizzazione delle varie sedi museali, affidando a ciascuna una sua vocazione. Rivoli torni a essere il simbolo unico e riconoscibile dell’arte contemporanea. La Reggia di Venaria, allo stesso modo, diventi il centro dell’arte antica… E’ un esempio, naturalmente. Allo stesso modo, però, è importante evitare che il singolo museo diventi una sorta di ghetto, nel quale puoi trovare una cosa sola. Occorre mescolare le carte, facendo operazioni analoghe a quella che ho proposto io al presidente De Luca, per ospitare una mostra sul Mantegna al MADRE di Napoli, che è un museo di arte contemporanea.

 

Ha appena citato due importanti residenze sabaude: Rivoli e Venaria. Fra i gioielli che compongono la corona delle residenze dei Savoia, uno – la palazzina di caccia di Stupinigi – è in attesa di idee e soluzioni per un rilancio. Lei cosa farebbe?

Stupinigi è già un museo dell’arredamento. Forse allargherei la sua vocazione a tutto l’ambito delle arti applicate, per farne una sorta di Victoria and Albert Museum. Per i mobili, si partirebbe dalle meraviglie di artisti mobilieri come Piffetti e Bonzanigo. Le massime espressioni dell’arte dell’arredamento italiana, è inutile precisarlo, sono piemontesi. Ma poi ci sarebbe la scultura: un’antologia della scultura tra ‘500 e ‘900. Senza spingersi troppo in là nel tempo, però, per evitare un inutile sovrapposizione all’arte povera. Mi fermerei agli anni ’50, con Fontana, Melotti, Mollino…

 

Nel campo della divulgazione culturale, lei è stato certamente un innovatore. Ha saputo mantenere un alto rigore scientifico, unendolo però a un’efficacissima comunicazione pop, che ha saputo esercitare tanto in qualità di scrittore e organizzatore di mostre, quanto servendosi del mezzo popolare per eccellenza: la televisione. Al di là del suo talento personale, che le consente di catturare il pubblico senza cadere nella facile banalizzazione, non crede che la televisione e ancor più internet – luoghi privilegiati della banalità – abbiano favorito un’eccessiva semplificazione della cultura e del modo di raccontare le forme di espressione artistica?

Il processo che lei descrive, in effetti, è reale. Non a caso, ha avuto delle dirette conseguenze anche nell’ambito specifico delle mostre. Gli esiti, però, anche quando l’arte diventa una materia “popolare”, possono essere positivi. Nel campo della cura delle mostre, in effetti, dopo il poverismo e il celantismo (da Germano Celant, importante storico dell’arte, inventore  della definizione arte povera, ndr), si sono affermate due tendenze. Una è la mia; l’altra è quella di Marco Goldin. Se paragonassimo l’arte all’abbigliamento, potremmo dire che quella di Goldin è la strada standard; la mia è quella dell’alta sartoria. Non tutti possono vestire Prada o Armani. Ci sono anche le confezioni di bassa gamma, che sono comunque rispettabili. La bassa gamma dell’arte, di cui Goldin è un buon interprete, è quella della popolarità facile, ottenuta offrendo un prodotto “arte” che non ha timore della semplificazione: è il caso dell’impressionismo, che Goldin ha riproposto molte volte. L’altra specialità di Goldin è la creazione di un caos accattivante, che trova un esempio perfetto nella mostra dedicata a Tutankhamon, Caravaggio e Van Gogh. Inutile dire che sembra fatta apposta per incontrare il consenso più facile.

 

Nel mio caso, ho seguito una strada diversa. Pur cercando e ottenendo dei risultati di divulgazione, ho voluto mantenere un alto livello. Quelli che mi hanno criticato – per esempio ai tempi della polemica sulla Santa Cecilia di Raffaello alla Venaria Reale – l’hanno fatto in modo chiaramente pretestuoso. Non riuscivano a sopportare la mia invadenza e hanno colpito l’obiettivo sbagliato. Goldin è più criticabile, forse. Ma sicuramente il suo modello di divulgazione, così come il mio, sono inevitabili. L’arte è e deve essere popolare: è predestinata a esserlo. Poi, se si riesce a mantenere alto il livello del rigore, come accade anche in America, molto meglio. Io l’ho fatto anche di recente con la mostra di Bologna (Da Cimabue a Morandi. Felsina pittrice, ndr), e con quella dell’Expo (Il Tesoro d’Italia, ndr), dove, nonostante i contenuti estremamente sofisticati, i visitatori sono stati, negli ultimi fine settimana, quindicimila al giorno. L’arte elitaria e antagonista non esiste più. Occorre essere popolari. Se poi si riesce a esserlo con Mattia Preti a Venaria, come è accaduto qualche anno fa, quando quasi nessuno sapeva chi fosse Mattia Preti, allora è davvero il massimo. In quell’occasione, come ricorderà, per essere “popolari” abbiamo esposto un Caravaggio. Una volta che il pubblico è venuto in mostra, però, si è evitato accuratamente di propinargli la scorciatoia della banalizzazione e delle facili spiegazioni.

 

(Foto: facebook – Vittorio Sgarbi)

 

Rapina 10 mila euro alle Poste e fugge a piedi

poste italianeHa puntato la pistola contro una cassiera

 

Ha fruttato  10 mila euro di bottino la apina a mano armata avvenuta  questa mattina a Torino in un ufficio postale di corso Casale. Il rapinatore è un  uomo che, con una sciarpa che gli copriva il viso e un cappellino è entrato mentre il personale era impegnato nell’ apertura degli sportelli. Ha puntato la pistola contro una cassiera e ha ordinato che gli consegnasse 10mila euro in contanti. Fuggito a piedi è ricercato dai carabinieri.

 

(Foto: il Torinese)
   

Vietato fumare oppio negli ascensori

Il padre per antonomasia della beat generation e inventore della tecnica del “cut-up” ha ispirato questo anti-romanzo

 

caramellaWilliam Burroughs e Fulvio Tramontano. Un amore che nasce da lontano e che ha portato lo scrittore padovano a dedicargli già nel 2012 un testo teatrale dal titolo “Il grande Talwin” e ora un romanzo,  intitolato “Vietato fumare oppio negli ascensori”. Non è casuale che questo romanzo, dedicato proprio allo scrittore statunitense padre riconosciuto della beat generation, si ponga come un “anti-romanzo”, che propone la destrutturazione del linguaggio e della concatenazione dei fatti.  La scena si apre in un salotto intellettuale di casa O’Ryan,  in cui gli invitati sono seduti intorno al grande camino. Si tratta di una sera speciale, data la presenza di ospiti importanti,  quali Andy Warhol, Norman Mailer e Antony Burgess. Star della serata è William Burroughs con i suoi racconti, tra il divertente e il terrificante, capaci di sovrapporsi alle chiacchiere degli altri invitati. Dal Sahara spagnolo un amico ha portato uno specchio capace di formidabili visioni.

 

Rampollo di una ricca famiglia conosciuta in tutto il mondo per la produzione di macchine calcolatrici, Burroughs poté vantare una laurea piuttosto conformistica per uno degli artisti più trasgressivi del Novecento, conseguita a Harvard. La sua intera opera letteraria si basa sulla triplice esperienza di intossicazione,  omosessualità e esilio. La sessualità, in particolare, rappresenta il punto di partenza delle sue esplorazioni, a partire dalle teorie di liberazione sessuale. Fondamentali saranno poi i suoi incontri con Allen Ginsberg,  il celebre poeta per antonomasia della beat generation, e con Kerouac. Entrambi lo andarono a trovare in esilio e lo trovarono circondato da migliaia di fogli scritti, ma del tutto sconnessi tra loro. Dalla riunione di quei frammenti prese corpo il testo intitolato “Il pasto nudo”. La tecnica inventata da Burroughs,  il “cut-up”, una specie di montaggio casuale tra testi, la cui provenienza può essere la più disparata, ha molto affascinato lo scrittore Fulvio Tramontano.

 

Il libro “Vietato fumare oppio negli ascensori”, il cui titolo si ispira a una scritta presente in un locale parigino frequentato dagli artisti della beat generation,  è edito dalla Paola Caramella Editrice.

 

Mara Martellotta