Prima Foresteria della chiesa di Sant’Antonio da Padova, poi forno di panificazione, nel 2000 ristorante Dadò ed ora, come un artista che perfeziona la propria opera d’arte, Stefano Sforza ci accoglie da OPERA ingegno e creatività.
Il nome dice tutto. Sono molti gli elementi del menù e del locale che richiamano le origini del posto che ci ospita, un ambiente accogliente ed elegante, con il soffitto a volte, mattoni a vista e lampade a luci calde.
Partiamo da una deliziosa kombucha fatta in casa, aromatizzata all’arancia e lavanda, fresca e leggera pulisce il palato e ci prepara alle successive portate. Il passato da forno di panificazione giunge a noi con una pagnotta, a lievitazione naturale, tagliata a spicchi che invita alla condivisione; accompagnata da un burro aromatizzato al limone, la cui freschezza ancora una volta ci permette di gustarne più fette senza esserne appesantiti.
Seguono gli antipasti, in cui ovviamente la stagionalità e la sostenibilità la fanno da padrone; piatto simbolo è sicuramente Hokkaido, topinambur e bergamotto, che prevede la zucca Hokkaido con buccia cotta al vapore e poi rosolata, a questa viene aggiunta una nota di croccantezza con una tartare di topinambur, le cui bucce vengono utilizzate per preparare un brodo a cui si aggiungerà del succo di bergamotto per finalizzare il piatto.
La cena prosegue con convivialità alternando primi e secondi dalle consistenze differenti, come a riprova della grande padronanza in cucina dello chef e della sua brigata. A dei golosi gnocchi brasati ripieni di ricotta di capra e riduzione di cavolo viola, segue un morbido stracotto di vacca, con patata al fieno e mirtilli, il tutto accompagnato da un Nebbiolo 2019 di Scarzello.
La cena si conclude con la piccola pasticceria, anch’essa deliziosa e al tempo stesso studiata nel servizio per poterne assaporare ogni boccone senza però rovinarsi il gran finale, il dessert.
Stefano Sforza ci ha dato prova del suo ingegno e della creatività con le quali ha plasmato un nuovo locale, senza però discostarsi da quella che è ed è stata la sua essenza; una mensa, un forno, un ristorante. A terminare la serata arriva quella che a primo impatto è stata per me la rappresentazione di Opera, il dessert Mela. Un incontro tra un sottile guscio di cioccolato bianco dorato ripieno di una dadolata di mele cotte aromatizzate alla cannella.
La presentazione scenografica ed il connubio tra gli ingredienti hanno reso il paragone immediato con il dipinto di Gustave Klimt, Il bacio, 1907-1908; in cui i due amanti si abbandonano in un bacio su uno sfondo dorato, il cui contesto etereo viene volutamente ignorato dall’intensità dell’incontro. Proprio come la cena, è stato un continuo accostamento tra sapori ben distinti ma al tempo stesso complementari, in grado di fondersi come un bacio tra due amanti.
Eleonora Persico
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