Camera, il Centro Italiano per la Fotografia, presenta nella sua sede torinese di via delle Rosine 18, la mostra italiana, la prima dopo 25 anni, di Alfred Eisenstaedt, che raccoglie 170 fotografie dai primi scatti in Europa ai servizi per Life negli Stati Uniti, fino al famoso ‘Bacio a Times Square’.
Conosciuto soprattutto per la celeberrima fotografia ‘V-J Day in Times Square’, in cui un marinaio bacia un’infermiera in mezzo a una folla festante a New York al termine della seconda guerra mondiale, e si trattò di un bacio di gioia tra due perfetti sconosciuti, a differenza del bacio romantico tra l’infermiera Greta Zimmer Friedman e il marinaio George Mendosa, Alfred Eisenstaedt è il protagonista di una mostra personale che Camera gli dedica dal 13 giugno al 21 settembre prossimo .
Si tratta di un’esposizione inedita, a trent’anni dalla morte del fotografo e a 25 anni dall’ultima mostra in Italia, curata da Monica Poggi, in grado di riportare alla luce il talento poliedrico e in continua evoluzione dell’artista, ripercorrendo la sua carriera come fotografo per la rivista “Life” e la sua capacità unica di raccontare il mondo con sguardo ironico e poetico.
Il percorso espositivo viene tracciato partendo dalla geografia dell’esistenza di Eisenstaedt, evidenziando non solo i cambiamenti avvenuti nei luoghi da lui attraversati, ma anche l’evoluzione del linguaggio di cui si è servito per realizzarli.
Nato nel 1898 a Dirschau, nella Prussia Occidentale, oggi Polonia, l’artista ha un primo approccio casuale con la fotografia durante l’adolescenza, quando uno zio gli regala una Eastman Kodak n. 3, che lo accompagnerà durante tutti gli anni di studio.
Abbandonato il mezzo fotografico allo scoppio della prima guerra mondiale, lo riprende al ritorno dal fronte e quello che inizialmente sembra un passatempo diventa presto, pur senza troppa consapevolezza, una carriera.
Tra gli anni Venti e Trenta il fotografo racconta in modo divertito e ironico il mondo dell’aristocrazia, incuriosito dalla sua stravaganza. Sono gli anni degli scatti alle famiglie in vacanza a Saint Moritz; celebre l’immagine del cameriere che fa pattinare sul ghiaccio star del cinema, come Marilyn Monroe e Sophia Loren. Altrettanto celebre l’immagine di una tennista sul campo, prima fotografia che vende al settimanale Der Weltspiegel, segnando l’inizio della sua carriera. A partire da questo momento riceve incarichi e committenza dalle principali riviste tedesche del periodo, che lo faranno viaggiare in tutta Europa come fotoreporter.
Tra i diversi eventi che documenta figura l’ascesa del Nazifascismo ed è suo il potente ritratto di Joseph Goebbels del 1933 che guarda in macchina con un’espressione truce e inquietante e il primo storico incontro tra Mussolini e Hitler a Venezia nel 1934.
In questo periodo Eisenstaedt descrive le sue fotografie come candid, ovvero capaci di racchiudere l’essenza spontanea del momento, nonostante una forte carica teatrale, ispirandosi alla luce e alla composizione degli antichi maestri. Realizza così scatti poetici e armoniosi, tra cui anche le sue iconiche fotografie di ballerine di danza classica, in cui risuona l’eco della pittura di Degas. Il suo sguardo non è però solamente poetico ma, in molti casi, anche ironico e talvolta affine all’estetica surrealista diffusa in Europa a inizio Novecento.
Nel 1935, per fuggire alle leggi razziali, Eisenstaedt emigra negli Stati Uniti e nel 1936 inizia a collaborare per la celebre rivista “Life”, per la quale firmerà alcuni dei suoi servizi più conosciuti. Maturato nella grande tradizione giornalistica del vecchio continente, il suo stile muta progressivamente, passando alla documentazione del veloce progresso della società americana. Abbandona la fotografia pittorica per dare spazio alla società in fermento , osservata con sguardo disincantato; i suoi scatti diventano così dinamici, mossi, con dettaglia fuori fuoco e con protagonisti provenienti dalla strade di New York.
Nell’arco della sua lunga carriera nella redazione di Life, il fotografo pubblica più di 2500 servizi e oltre 90 copertine, ma la sua foto più nota rimane quella del V-JDay in Times Square.
Dopo la guerra Eisenstaedt torna spesso in Europa, fotografando in particolare l’Italia e la Francia, che aveva già ritratto prima di fuggire negli States. Nel 1947 si reca in Italia e ritrae i profondi cambiamenti avvenuti nel nostro Paese. Nel 1963 visita Parigi ma, invece di ritrarre l’eleganza e l’opulenza dell’aristocrazia, coglie nei suoi scatti i passanti e i frequentatori dei mercati. A differenza di importanti fotografi dell’epoca e punti di riferimento della fotografia, tra cui la collega di Life Margaret Bourke-White, Eisenstaedt non documenta la guerra, ma ritrae le ragioni e le conseguenze generate nella società, raccontandone il declino e la rinascita.
In mostra si può ammirare anche una sezione dedicata ai personaggi famosi realizzati fin dai primi anni di carriera, con leader politici e celebrità che hanno segnato il secolo. Tra queste troviamo Sophia Loren, il cui scatto in lingerie sulla copertina di Life nel 1966 suscitò scandalo o quelle di Maria Telkes , Albert Einstein, J. Robert Oppenheimer, che offrono al visitatore il suo sguardo su alcune delle menti più brillanti del Novecento. Anche in questo contesto emerge l’evoluzione umana delle figure ritratte. L’ultima fotografia scattata da Eisenstaedt ritrae il Presidente Bill Clinton con la moglie Hillary e la figlia Chelsea, nell’agosto del 1993, alla Granary Gallery nel West Tisbury nell’isola di Martha’s Vineyard.
Quella di Camera è dunque una riscoperta di un maestro della fotografia, proposta attraverso gli scatti più famosi e quelli meno noti, ma che rivelano pienamente le sfaccettature della sua opera.
Mara Martellotta
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