L’intramontabile ‘superiorità morale’

LO SCENARIO POLITICO  di Giorgio Merlo

Anche e soprattutto dopo la polemica sul documento di Ventotene – che, tra l’altro, ha permesso
agli italiani di saperne un po’ essendo del tutto sconosciuto ai più, come ovvio e scontato –
emerge un dato che, purtroppo, persiste a prescindere da qualsiasi cambiamento storico e
politico. E cioè, la presunta ‘superiorità morale’ della sinistra italiana. Un elemento, questo, che
storicamente ha accompagnato il comportamento concreto della sinistra italiana seppur nelle sue
multiformi espressioni. In particolare, però, quella di derivazione comunista. Ma è indubbio che
questo tic resiste a prescindere dal cambiamento dei partiti, delle classi dirigenti, del costume e
della stessa cultura politica. Perchè c’è uno stile che rende quasi esclusivo questo atteggiamento.
E lo stile è quello di chi, di fronte a qualsiasi discussione, si erge come dispensatore di saggezza e
di consigli rendendo la sua opinione quasi sempre dogmaticamente intoccabile. È appena
sufficiente ascoltare le quotidiane dichiarazioni dei vari esponenti della sinistra, nelle sue “100
sfumature di rosso”, per arrivare alla conclusione che si tratta sempre di giudizi insindacabili ed
oggettivi. Insomma, una sorta di verità di fede condita da una sequela di insulti, di invettive e e di
contumelie che vengono puntualmente scagliati contro gli avversari che, nel frattempo, non sono
nient’altro che nemici giurati ed implacabili. Nemici da delegittimare prima sotto il profilo morale
ed etico e poi da annientare sul versante politico. I recenti dibattiti parlamentari – dibattiti si fa per
dire, come ovvio – lo hanno confermato in modo persin troppo plateale. Anche perchè adesso,
almeno così pare, è in corso una gara tra chi insulta di più a reti unificate la Presidente del
Consiglio. Una gara che dovrebbe decretare, alla fine, chi la spunta politicamente all’interno del
cosiddetto campo largo. Altrochè battere il linguaggio dell’odio o invocare il rispetto
dell’avversario. Qui ci troviamo di fronte, carte alla mano, ad una sorta di criminalizzazione politica
permanente e strisciante del nemico che va, in un modo o nell’altro, battuto e definitivamente
eliminato. Certo, fa persin impressione ascoltare gli attacchi personali che vengono lanciati contro
i nemici politici, qualunque sia il tema in discussione e l’oggetto da approfondire.
Ora, anche i sassi sanno che nel nostro paese, e da sempre – cioè da sin dopo il secondo conflitto
mondiale – esiste una sorta di egemonia culturale della sinistra. Una egemonia che, nel corso dei
decenni, si è affinata e perfezionata. Nel campo televisivo – soprattutto – come nei gruppi
editoriali; nell’università come nella magistratura; nel giornalismo come nel sindacato; nella carta
stampata come nel mondo degli intellettuali. Una egemonia che non ha un contraltare – purtroppo
– nei gruppi politici e culturali alternativi anche se, com’è altrettanto evidente, non ha un consenso
di massa nella pubblica opinione. Eppure, come si diceva un tempo, riesce a dettare l’agenda. E
gli esempi sono all’ordine del giorno. La differenza, forse, rispetto a tempi più recenti, è che
questa egemonia culturale si è sempre di più saldata con la volontà di criminalizzare politicamente
l’avversario/nemico. E questo perchè la sinistra esprime sì giudizi politici ma, soprattutto,
valutazioni etico/morali che assumono una valenza dogmatica ed insindacabile. Al punto che chi
la contraddice o è un reazionario, o un bieco conservatore, o un oscurantista o, molto più
semplicemente, un fascista.
Ecco perchè i sinceri democratici e liberali – di qualsiasi cultura siano – dovrebbero adesso battere
un colpo e denunciare una malapianta che, purtroppo, continua ad incrinare la qualità della nostra
democrazia e a indebolire la stessa credibilità delle nostre istituzioni democratiche. E ciò dipende
da chi non si riconosce nella sinistra e nelle sue multiformi espressioni. Ma, soprattutto, dal
coraggio e dalla capacità di saper costruire una vera alternativa culturale e valoriale. Oltrechè ad
uno stile autenticamente democratico e profondamente rispettoso del pluralismo. Senza
arroganza politica, senza presunzione moralistica e, infine, senza alcuna supponenza etica.

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