Sabato 1 marzo si è inaugurata al Polo del 900, a Torino, un’interessante mostra fotografica dal titolo “Luoghi di memoria-comunità Yezida e spazio sacro”. I materiali visivi esposti sono l’esito del lavori di Ghiath Rammo, archeologo aggregato alla missione archeologica italiana nel Kurdistan iracheno (disa sapienza).
Ghiath ha studiato sul campo le trazioni religiose e socioculturale degli Yezidi, un’antica etnia curda salita tragicamente alle cronache per l’immane genocidio portato a termine dal Daesh, meglio noto come Stato Islamico dell’Iraq e della Siria, l’Isis. Una “pulizia etnica” dai risvolti del puro orrore (decapitazioni, crocifissioni, roghi), con donne violate, vendute e rivendute con tariffari disponibili su iphone di zelanti islamisti. Più recentemente – ci fa notare la giornalista Laura Schrader – oltre 400 yezidi residenti negli Stati Uniti hanno tentato una class action contro la multinazionale Lafarge – Holcim, rea di aver colmato di milioni di dollari le casse dell’Isis per mantenere aperto un suo cementificazione durante i giorni dello sterminio, notizia che va ben oltre le chimere complottiste, documentando le ingerenze occidentali nella politica bellica del Daesh. Gli yezidi sono anche infelicemente noti come “adoratori del diavolo”, a causa dell’adorazione portata a Melek Tā’ūs, l’angelo pavone, un’entità decaduta, mediatrice tra Dio e il Cosmo. Tale sciagurata definizione, dall’ambito orientale, ebbe una diffusione nel cosiddetto “tradizionalismo occidentale”. In breve si può dire che nel diciannovesimo secolo l’immaginario satanico assunse una forma differente sulla scia delle sfide religiose poste dal Romanticismo, dalla rivoluzione e dalle estetiche gotiche e decadentiste.
Tale satanismo formalizzato, trasformato dalla tradizione, operò non solo per opposizione, ma anche per inversione, come dimostra l’allora scandaloso poema di Baudelaire “Le litanie di Satana” del 1857. Un satanismo che Guènon identificava come “controiniziazione”. Nel contesto ottocentesco, ciò andava a intrecciarsi in modo considerevole con l’occultismo, con la magia e con le fascinazioni che giungevano dall’oriente, annunciate dal delirante Vathek, del 1785, di William Beckford, in cui affioravano elementi tipicamente iranici. In tale coinvolgimento si può ritrovare una certa relazione con il mondo naturale e con le forze sovrannaturali, attraverso i quali opposizione e inversione sono portate a compimento.
Nella presentazione della mostra sono stati notevoli gli interventi del Prof Adriano V. Rossi, Presidente dell’ISMEO Associazione di Studi sul Mediterraneo e l’Oriente, e del Prof Gianfilippo Terribili, Vicedirettore del MAICHI Missione Archeologica Italiana in Kurdistan iracheno.
Palazzo San Daniele – Polo del 900, piazzetta Antonicelli – 1-22 marzo 2025
Mara Martellotta
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