Gianluca Capozzi. Sequences of a Panorama

Gianluca Capozzi. Sequences of a Panorama”

La psichedelica visionarietà dell’artista avellinese in mostra alla Galleria “metro quadro” di Torino

Fino al 28 marzo

Ad aprire la mostra, una citazione dal grande poeta e scrittore irlandese W. B. Yeats. Citazione perfetta a introdurre l’esoterico “immaginario naturalista” di Gianluca Capozzi, avellinese, residente ad Aiello Del Sabato. “I confini della nostra mente – scriveva nella sua raccolta di saggi e altro, “Magia”, il grande poeta irlandese, cui ‘nulla di arcano fu estraneo’ si spostano di continuo e molte menti possono confluire l’una nell’altra, per così dire, e creare o rivelare un’unica mente, un’unica energia”. Ecco allora, in parete, alla Galleria “metroquadro” di Torino, fino a giovedì 28 marzo, labirinti fantasiosi di segni e colore, giocati quasi l’artista fosse sotto effetti ipnotici per raccontare ciò che l’arte deve raccontare. Ciò che l’arte ha il compito di fare: “rendere visibile agli occhi tutto quello che non è visibile”. Parola di Capozzi. Cui il gioco riesce alla perfezione.

In una precedente personale, tenuta due anni fa, sempre alla “metroquadro” di Marco Sassone, l’artista si era avvalso di un titolo letteralmente “rubato” a quello di una tarda poesia del cantautore “poeta maledetto” di Melbourne, Jim Morrison: “Il giardino reciso / The severed garden”. Yeats e Morrison. Frequentazioni mica da ridere. Che la dicono lunga sul personalissimo approccio alla pittura di Gianluca Capozzi. Pittura che, per questa personale, il curatore Mattia Solaridefinisce acutamente “sogno lucido”.Grammaticalmente, un “ossimoro” che calza a pennello però sui quadri di Capozzi. Dove, in un incidere figurativo di buona scuola,  mai abbandonato pur se raccontato nell’esasperazione di gesti vigorosi e carichi di strabordante e frenetica matericità, puoi trovarci di tutto. Puoi leggerci di tutto. E trovarti confusamente imbrigliato in piccoli universi dai molti misteri. Scrive Mattia Solari: “Le opere che la mostra  presenta, sono delle sequenze che scandagliano lo sguardo mentre coglie frammenti di panorami che per analogia divengono paesaggi interiori”. Dove l’entrata non è mai fra le cose più semplici, di fronte ad un’onirica decomposizione del reale, avvolta in miriadi di “coriandoli” o informi “evasioni” di colore, in gialle spiagge (ma saranno poi spiagge?) con figure sdraiate di giovani fanciulle tormentate da irregolari svolazzi segnici che solo la fantasia più accesa può cimentarsi a decifrare o in stanze (pare sempre la stessa nell’arredo sobrio e scomposto di grandi quadri, libri che sono lì a caso, divani acchiappa tutto, cuscini, vasi di fiori e lampade), dove al soffitto (anche!) o a testa in giù e gambe in alto fra divano e parete, Capozzi colloca in un secondo momento curiose sagome figurali per nulla inquietate da vere e proprie tempeste di girandole di colore – gialli, bianchi, verdi o turchesi o grigi – simili a frammenti meteoritici inarrestabili nel loro confuso orbitare. “Stanze, interni”, è la prima serie di dipinti presentati. Stanze come “metafore – ancora Solari – di uno stare dentro per guardarsi all’interno, contesti fantasmagorici come le illusioni ottiche che si verificano durante uno stato alterato, psichedelico, di coscienza”.

Quello stato di anima, corpo e mente che ti spinge in luoghi “altri”, in una sorta di dimensione “parallela e onirica”, che troviamo anche nella seconda serie in mostra, “Senza titolo”, che attinge a foto “vintage” di figure femminili. “Pose inusuali – conclude Solari – e figure evanescenti, sono i fantasmi che hanno forse abitato quegli stessi salotti, e che rompono la linearità irrevocabile dello scorrere del tempo per un eterno presente impermanente, in un provvisorio equilibrio che travalica i confini delle menti”. Quante domande, quanti punti interrogativi! Di fronte alle opere di Capozzi, non pensate di cavarvela alla leggera, plaudendo l’indubbio mestiere di chi, come lui, “sa” fare arte. Difficile resistere, di fronte alle sue “provocazioni” pittoriche. E ad uscirne appagati sono tutti fatti (non diciamo altro!) vostri. Ma, in fondo, il bello sta proprio qui. Ed è questo che Capozzi vuole.

Gianni Milani

Galleria “metroquadro”, corso San Maurizio 73/F, Torino; tel. 328/4820897 o www.metroquadroarte.com

Fino al 28 marzo

Orari: dal giov. al sab. 16/19

Nelle foto: Gianluca Capozzi, “Untitled”, acrilici su lino, 2023

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