LO SCENARIO POLITICO di Giorgio Merlo
C’è una domanda centrale a cui, prima o poi, occorrerà pur dare una risposta convincente e il più
possibile coerente. Ovvero, molti osservatori – e gli stessi detrattori – sottolineano la necessità di
rilanciare, riscoprire e riattualizzare la cultura e il patrimonio del cattolicesimo popolare e sociale
nella cittadella politica italiana. Ma, al contempo, emerge la cronica difficoltà di dove collocare
concretamente e realisticamente questa cultura nell’attuale geografia politica del nostro paese. Ed
è proprio di fronte a questa difficoltà che emergono le risposte più strampalate ed anacronistiche.
Ora, senza avere la presunzione di delineare un unico percorso di coerenza e di lungimiranza –
atteggiamento che appartiene ai moralisti di professione e agli integralisti incalliti – è abbastanza
evidente che questa cultura politica non è funzionale e pertinente con tutti i partiti. Per fare due
soli esempi, e del tutto macroscopici, il cattolicesimo popolare e sociale è antropologicamente
alternativo rispetto al populismo anti politico e demagogico dei 5 stelle come al sovranismo anti
europeista e volgarmente clericale della Lega salviniana. Ma, al di là di questi due estremi, è
anche abbastanza chiaro che si tratta di una cultura che difficilmente può convivere – semprechè
non si riduca ad un banale mobilio di casa da ricordare negli anniversari – con partiti e movimenti
che perseguono un progetto politico e che hanno una ragione sociale alternativi rispetto al filone
di pensiero del cattolicesimo popolare e sociale. Al riguardo, e per fare altri esempi molto
concreti, cosa centri la destra conservatrice e larvatamente sovranista o la sinistra massimalista e
radicale con il pensiero di Sturzo, De Gasperi, Moro, Donat-Cattin, Bodrato e molti altri leader e
statisti cattolici popolari e sociali, resta sostanzialmente un mistero. Un mistero politico, come
ovvio, e non di fede.
Certo, la soluzione migliore resta sempre quella di un luogo politico autonomo, politicamente e
culturalmente identitario, seppure laico nella sua declinazione concreta. Ma questa è una
soluzione che, ad oggi, registra purtroppo una impraticabilità di fondo. E la risposta risiede nei
mille tentativi, tutti puntualmente falliti a livello elettorale, di dar vita ad una presenza politica ed
organizzativa autonoma dei cattolici popolari e sociali nelle varie consultazioni nazionali.
Per questi motivi, e seppur senza avere o distribuire alcuna patente di coerenza o di corsia
preferenziale, è altrettanto chiaro che lo spazio concreto che si dischiude per una cultura politica
come quella del popolarismo di ispirazione cristiana resta l’area di Centro. Ovvero, quel Centro
riformista e plurale, democratico e di governo, dinamico ed innovativo che ha scandito le migliori
stagioni di questa storica e qualificata corrente di pensiero. Ma questa area politica, se non la si
vuole appaltare a chi si candida ad occuparla ma è di fatto estraneo a quella cultura, dipende
anche e principalmente dall’iniziativa, dal coraggio e dalla determinazione di chi continua a
riconoscersi nel filone del cattolicesimo popolare e sociale del nostro paese. Un coraggio che
adesso, come si suol dire, si deve armare di progettualità politica e di coerenza culturale senza
inseguire il solo posizionamento tattico e contingente. Solo così sarà possibile salvaguardare e
rilanciare una nobile, storica e costituente cultura politica del nostro paese e, al contempo, ridarle
coerenza ed incisività nella concreta dialettica politica italiana. La stagione della sola
testimonianza e del gregariato dei cattolici popolari e sociali sono ormai alle nostre spalle. Il
ritorno della politica, e delle sue tradizionali categorie, impone anche ai cattolici popolari,
democratici e sociali, un soprassalto di dignità e una nuova consapevolezza per inaugurare,
realmente e finalmente, una nuova stagione politica. Senza ulteriori tentennamenti e rinvii.