IL PUNTASPILLI di Luca Martina
Anche questo 2023 sta arrivando ai titoli di coda e, ancora una volta, ci troviamo a riflettere su quello che a inizio anno si pensava fosse destinato ad avvenire e che invece non è successo.
I mercati finanziari, si sa, si muovono sulla base delle aspettative degli investitori. Sono questi ultimi, infatti, che, comprando e vendendo azioni e obbligazioni provocano i loro rialzi (quando ci sono più compratori disposti ad acquistare ad un certo prezzo rispetto a coloro che se ne vogliono disfare) o ribassi (il fenomeno opposto: una maggioranza di investitori che vuole sbarazzarsi dei propri titoli rispetto a coloro che sono pronti ad acquistarli).
Accade così che più elevato è il pessimismo che regna e maggiore è la probabilità che i prezzi alla fine salgano (chi doveva vendere l’ha già fatto e basta poco per fare ripartire gli acquisti).
Il 2023 è stato, da questo punto di vista, davvero paradigmatico: vediamo in rapida successione quali pericoli minacciavano la crescita economica e l’andamento delle quotazioni lo scorso gennaio o nei primi mesi dell’anno.
Il rischio più ampiamente dibattuto 12 mesi fa era quello di una recessione: il mix venefico di elevata inflazione e tassi d’interesse in salita giustificavano i peggiori timori degli analisti.
Alla prova dei fatti, l’unico Paese di una certa rilevanza a registrare una crescita negativa del PIL sarà quest’anno la Germania (con il -0,1%). Tra i pochi a chiudere l’anno in recessione merita una menzione anche la Svezia, con un -0,7%, frutto di un forte rallentamento del settore immobiliare (dopo molti anni di crescita i prezzi delle case scandinave sono, infatti, scesi quest’anno dell’11%).
Gli Stati Uniti chiuderanno invece l’anno con una crescita vicina al 2,5% e in forte accelerazione (il terzo trimestre è stata del 5,9%).
Insomma, il binomio tassi/inflazione ha provocato danni soprattutto nel nostro continente, anche a causa del perdurare dell’incertezza legata alla guerra russo-ucraina, mentre oltreoceano la locomotiva a stelle e strisce ha continuato a viaggiare, aiutata dai forti aiuti che il governo aveva distribuito alle famiglie negli anni passati (ed ancora completamente utilizzati) per fronteggiare il rallentamento provocato dalla pandemia.
Nel complesso, dunque, la tanto temuta recessione globale non c’è stata e i mercati hanno tremato solo quando, questa estate, sembrava che le banche centrali fossero determinate a mantenere i tassi (dai quali dipendono gli interessi sui prestiti e sui mutui di imprese e famiglie) alti per molto tempo: questo era, in effetti, un altro dei timori che aleggiavano da parecchio tempo.
Non a caso il 2022 era stato l’Annus horribilis per i mercati obbligazionari, funestati dall’aumento dei tassi e timorosi che, dopo un lungo periodo di costante discesa, gli anni a seguire avrebbero riservato niente di meglio di una loro stabilizzazione, con il rischio non indifferente di un’ulteriore salita.
Com’è noto, infatti, i prezzi dei titoli di stato scendono quando i tassi richiesti dagli investitori per la loro sottoscrizione salgono al di sopra delle cedole offerte degli stessi…
Le dichiarazioni più distese dei signori della moneta, con il governatore della Federal Reserve, Jerome Powell, in testa, degli ultimi mesi hanno invece rimesso le cose a posto e i listini in carreggiata per chiudere l’anno in forte recupero (dopo le perdite del 2022).
Un altro spettro si è aggirato, poi, per il mondo finanziario quest’anno: quello di una crisi bancaria.
A marzo, negli Stati Uniti, erano fallite, in rapida successione, tre banche regionali facendo così temere il peggio per l’intero settore.
La Silicon Valley Bank, in particolare, è stato il peggior fallimento della storia bancaria americana e negli stessi giorni il collasso di uno dei pilastri del sistema bancario elvetico, Credit Suisse, sembrava fosse solo l’inizio di un periodo molto complicato, spesso le crisi economiche sono innescate o esasperate da quelle bancarie (ne avevo parlato qui: https://www.pannunziomagazine.it/uno-due-tre-stella-di-luca-martina/ ).
In realtà dopo la nevicata non c’è stata nessuna valanga: le banche hanno sofferto di una pessima performance borsistica ma non si sono registrati ulteriori dissesti e il pericolo è stato rapidamente messo alle spalle.
Anche il perdurare del conflitto alle porte dell’unione europea e l’inizio di una nuova guerra in Medio Oriente non hanno turbato più di tanto la crescita economica e l’andamento dei mercati.
Il cinismo degli investitori guarda sempre e solo agli effetti economici e se pandemia e invasione dell’Ucraina avevano, nel 2020-22, creato colli di bottiglia nei rifornimenti energetici e nel commercio internazionale, con salite vertiginose dei prezzi delle materie prime, la situazione si è ora normalizzata (si sono aperte nuove rotte, con nuovi fornitori) e neanche i tragici eventi israelo-palestinesi hanno cambiato la situazione (il prezzo del greggio rimane sui livelli pre-conflitto).
Quello che appare chiaro è che, dunque, quest’anno non si sono materializzati i disastri annunciati ed economie e mercati ne hanno, alla fine, beneficiato.
Rimane ora da capire cosa avverrà nel 2024.
L’inflazione continuerà probabilmente a scendere ed i tassi d’interesse di mercato stanno iniziando a incorporare queste aspettative.
Occorrerà vedere se il rallentamento economico inizierà a materializzarsi, in particolare negli Stati Uniti, dato che gli aumenti dei tassi tendono a riflettersi sulla crescita 18-24 mesi dopo il loro inizio (avvenuto a partire da marzo del 2022 e dunque forse ci siamo…).
Il 2024 sarà anche un anno elettorale: saranno chiamati ad esprimersi ben 76 Paesi, il 50% della popolazione mondiale e ben l’80% dei Paesi industrializzati e tra questi l’India e gli Stati Uniti.
Le elezioni possono avere l’effetto di produrre incertezze legate al potenziale subentro di un diverso partito/presidente rispetto a quello in carica ma anche spingere chi è attualmente al comando a fare tutto quanto in loro potere per arrivare alle elezioni con la migliore situazione economica possibile (per guadagnare più consensi).
Come sempre, poi, non mancheranno gli eventi, al momento non prevedibili, che renderanno l’anno in arrivo molto interessante.
Non possiamo, allora, che predisporci a vivere il nuovo anno con grande circospezione ma anche senza lasciarci spaventare troppo: a scommettere sulla fine del mondo, in fondo, non ci ha mai guadagnato nessuno!
Buon anno a tutti!
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