Sanità pubblica, per metà dei torinesi non basta più. Molti si rivolgono al privato

Il 50% dei torinesi secondo l’indagine dell’Osservatorio Sanità di UniSalute sostiene che il servizio sanitario pubblico non riesce più a rispondere a tutti i suoi bisogni in fatto di salute

Oltre due su tre (69%) si sono rivolti al privato nell’ultimo anno, un altro 17% pensa di farlo nei prossimi 12 mesi. Ridurre i tempi di attesa (65%) e aumentare il personale sanitario (48%) le misure ritenute più necessarie

Il Servizio sanitario nazionale, storicamente un esempio virtuoso a livello internazionale, si trova oggi di fronte a difficoltà crescenti, al punto che secondo molti torinesi non è più sufficiente a garantire le prestazioni di cui avrebbero bisogno. Lo rivela l’ultima ricerca dell’Osservatorio Sanità di UniSalute[1], che insieme a Nomisma ha sondato le opinioni degli abitanti del capoluogo piemontese sullo stato della sanità pubblica.

Alla domanda se il servizio sanitario pubblico sia oggi in grado di coprire tutti i propri bisogni sanitari, metà dei torinesi (50%) risponde negativamente, a fronte di un 40% che mostra qualche incertezza (“Più sì che no”) e di appena un 10% per cui la sanità pubblica, da sola, è ancora sufficiente. A conferma di ciò, sotto la Mole oltre due intervistati su tre (69%) dicono di essersi rivolti alla sanità privata nell’ultimo anno, a cui è pronto ad aggiungersi un altro 17% che pensa di farlo nei prossimi 12 mesi.

I problemi riscontrati nel servizio pubblico sono quelli di cui già molto si discute: su tutti, i tempi di attesa eccessivi, di cui si lamenta il 79% dei torinesi che ritengono il SSN non più sufficiente. Più bassa, al 48%, la percentuale di chi giudica inadeguata la qualità di prestazioni e servizi: seppur di poco, dunque, la maggioranza ritiene ancora buono lo standard offerto dalla sanità pubblica, nonostante le difficoltà in cui si trova.

Passando agli ambiti da migliorare, non ci sono grosse sorprese: perché il servizio sanitario pubblico torni ad essere adeguato ai loro bisogni, i torinesi vorrebbero innanzitutto che si riducessero i tempi di attesa (65%) e aumentasse il personale sanitario (48%). Circa un terzo, inoltre, desidererebbe che si svolgessero più campagne di prevenzione (33%) e che il sistema facesse passi avanti nella digitalizzazione (32%).

Queste richieste troveranno risposta? Il campione torinese interrogato da UniSalute non sembra molto fiducioso: per il 60%, infatti, in futuro il servizio pubblico riuscirà a rispondere ai loro bisogni solo parzialmente, e per un 27% addirittura potrebbe non farlo in alcun modo. L’augurio è che questo pessimismo si riveli eccessivo, anche considerando che per un torinese su quattro (25%) la salute propria e dei propri cari risulta essere la principale preoccupazione per il futuro, seconda solo alla non autosufficienza personale o di un familiare (34%).



[1] Indagine CAWI condotta dall’istituto di ricerca Nomisma a febbraio 2023 su di un campione di 1.200 persone stratificato per età (18-75 anni), sesso ed area geografica con sovracampionamento nelle province di Milano, Torino, Padova, Bologna, Napoli

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