E ci risiamo. Accanto ad un ormai collaudato e consolidato “bipolarismo selvaggio” prende
sempre più spazio anche un insopportabile “bipolarismo etico”. Del resto, non può che essere
questo l’epilogo di una crescente e strutturale radicalizzazione del conflitto politico supportato e
sponsorizzato da una altrettanto nociva polarizzazione ideologica. E la vittoria di Elly Schlein alle singolari primarie del Pd ha accentuato e accelerato, e di gran lunga, questa deriva
profondamente anti democratica. Ora, il ritiro del patrocinio della Regione Lazio al ‘gay pride’ di Roma ha nuovamente innescato una polemica, ormai vecchia e stantia, che rilancia il solito derby tra le opposte tifoserie. Tifoserie politiche che saranno accompagnate, come da copione, dal solito e conosciutissimocaravanserraglio di opinionisti, conduttori televisivi, artisti milionari, esponenti dell’altissima
borghesia, tuttologi e predicatori vari. Una sorta di lotta tra ‘guelfi’ e ‘ghibellini’ all’incontrario che
appassiona sempre meno perchè il copione, appunto, è sempre lo stesso e anche il suo fi
nale di spettacolo.
Ma, al di là di questa ennesima caricatura, quello che possiamo sottolineare – e proprio attorno a
temi delicati e complessi come l’universo etico – è la sostanziale, per non dire radicale, assenza
di una “terza forza” che sia in grado di ritagliare un confronto costruttivo e di avviare, al
contempo, un dibattito che sappia costruire una sintesi sufficientemente condivisa da entrambe le
tifoserie. Non una mediazione al ribasso, come ovvio, frutto e conseguenza di un mero
compromesso burocratico e protocollare. No, una mediazione che sia in grado di costruire
soluzioni e proposte, appunto, condivise. Penso, per fare un solo esempio ancora recente, al
ruolo che seppe giocare un partito come la Margherita che, al di là della sua articolazione
culturale e del suo progetto politico, riuscì attraverso i suoi esponenti più significativi a trovare leconvergenze possibili e praticabili anche attorno a temi che apparivano inconciliabili e destinati a
non trovare alcuna soluzione. Certo, se il clima generale resta quello di accentuare la
radicalizzazione del conflitto politico e da quella polarizzazione trarre la propria ragione specifica
nella dialettica politica quotidiana, qualsiasi confronto è da bandire sin dall’inizio.
Ecco perchè quando si parla della necessità di riavere nella geografia politica italiana una “terza
forza”, e non un “terzo polo”, che sia in grado di ricucire gli strappi che provengono dalle
contrapposte tifoserie, non si invoca un pratica dorotea nè si risponde ad una logica di mera ratifica
di accordi al ribasso. Semmai, e al contrario, si tratta di recuperare sino in fondo il
magistero, e l’approccio moroteo, nonchè di tutta la miglior cultura del cattolicesimo politico
italiano che hanno sempre saputo conciliare in una sintesi feconda e costruttiva “la coscienza di
sè e l’apertura verso gli altri”. Ma per centrare questo obiettivo sono necessari ed indispensabili
alcuni ingredienti di fondo: la presenza politica vera e credibile di una “terza forza”; la cultura del
confronto e del dialogo; il rifiuto
di qualsiasi radicalizzazione politica e polarizzazione ideologica e,
in ultimo, avere un patrimonio culturale che non abbia nel suo dna la demonizzazione morale
dell’avversario e che non persegua la sua demolizione politica come arma finale
della contesa.
Elementi, questi, che si possono riassumere come l’essenza della qualità della nostra democrazia.
Giorgio Merlo
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