Dopo i tragici fatti di Caldes in Trentino
I drammatici fatti della val di Sole a Caldes, in provincia di Trento, dove un’orsa ha ucciso un giovane escursionista ha convinto il leghista Valter Marin a impegnare con un Ordine del giorno il presidente e la giunta regionale perché siano emanate delle linee guida che vietino l’immissione di nuove specie animali nel territorio regionale piemontese, quali, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, l’orso, la lince, lo sciacallo dorato, le nutrie (ecc.) al fine della tutela della sicurezza pubblica, dell’ecosistema e onde scongiurare gravi danni economico-sociali al settore agro-pastorale e turistico.
Secondo l’ultimo censimento, avvenuto lo scorso anno, sono più di 3mila i lupi presenti sull’intero territorio nazionale, con non meno di 400 esemplari nel nostro Piemonte. Un numero che da solo rappresenta il primo fattore di abbandono degli allevamenti in montagna. Facendo un parallelo con quanto avviene in Slovenia, lì il ministro per le risorse naturali e gli affari territoriali ha deciso di abbattere 230 orsi bruni, una misura ritenuta necessaria per proteggere i cittadini e scongiurare i danni causati dagli orsi. Attualmente la popolazione dei plantigradi nella zona è di 1100 esemplari e l’obiettivo è riportarla sotto quota 800, una cifra ritenuta ancora sostenibile. Nel solo Trentino, invece, sono ormai presenti circa 110 orsi bruni e la Provincia Autonoma di Trento, a seguito della tragedia a Caldes, vorrebbe dimezzarne il numero.
Non va poi dimenticato, sollecita Marin, che l’articolo 12 del DPR 357/1997 prevede che ogni intervento di reintroduzione e ripopolamento delle specie animali e vegetali possa essere realizzato solo se autorizzato dagli organismi competenti (Regioni, Province e Enti di gestione delle aree protette nazionali), mentre il DPR 120/2003 prevede il divieto di introdurre, reintrodurre e ripopolare specie e popolazioni alloctone. Inoltre il parere delle popolazioni interessate deve essere vincolante, prima ancora di qualsiasi parere scientifico.
“Il tragico episodio di Caldes – conclude il leghista Marin – ha riportato all’attenzione dell’opinione pubblica la difficoltà di gestione dei grandi carnivori e di difficile se non impossibile convivenza con l’uomo. L’immissione di predatori e l’aumento esponenziale di quelli esistenti hanno provocato danni inimmaginabili e non più sostenibili ai numerosi allevamenti bovini, caprini ed ovini che da sempre hanno caratterizzato la pastorizia piemontese, settore fondamentale ed ottimo esempio di sostenibilità, di valorizzazione di prodotti di alta qualità e fonte di economia e di turismo di eccellenza”.
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