Ramelli e Borsani due vittime della violenza cieca

IL COMMENTO Di Pier Franco Quaglieni 

Che il presidente del Senato La Russa sia andato a rendere omaggio nell’anniversario della sua uccisione al giovane Sergio Ramelli ammazzato a Milano nel 1975  da colpi di chiavi inglesi di giovani  di estrema sinistra allora studenti di medicina destinati a far carriera, e’ cosa che non fa notizia. La Russa ha sempre celebrato Ramelli. Meno scontata è stata la partecipazione del Sindaco di Milano Sala che ha anche parlato di riconciliazione se non di pacificazione. Gli anni di piombo sono stati terribili e io nel 1975 alle prime armi nell’insegnamento conobbi forme di intolleranza e di violenza all’istituto “Guarrella” di Torino che prima della contestazione era un serio e prestigioso istituto per tessili e tintori. Io fui destinato alla succursale di via Figlie dei Militari, un vero e proprio soviet in cui la linea veniva dettata da un professore della CGIL affiancato arbitrariamente ad un preside incaricato vicino al “Manifesto“ che dopo tanti anni transito’ dal PCI a Forza Italia. In via Figlie dei Militari accaddero delle cose che qualcuno avrebbe dovuto avere il coraggio di denunciare, ma fummo intimiditi da un conformismo fazioso e plumbeo che costrinse tutti a chinare la testa, anche qualche professore di sinistra che non condivideva l’andazzo insostenibile. Per mesi la scuola venne occupata per iniziativa di un esagitato figlio adottivo di due Partigiani comunisti che poi per  altri  gravissimi motivi ebbe delle conseguenze penali non da poco.  Il Collegio docenti doveva  tenere le riunioni con il voto palese e non con il prescritto voto segreto persino sulle elezioni di persone, e ci fu impedito di  fare lezione perché ci vennero imposti dei ridicoli gruppi di studio  studenteschi che ebbero come vittime primarie gli studenti. Una professoressa disse che lei aveva persino dimenticato cosa significasse far lezione perché il futuro della scuola rinnovata era collettivo. Avemmo obbligo di adottare libri alternativi ai testi scolastici. Fu una  follia alla quale non mi perdono ancora oggi di non aver tentato, con la necessaria energia, di porre fine. Dissentii in silenzio. Forse con un nome fittizio scrissi una lettera ad un giornale che non mi pubblico’. Quel clima da soviet fu un costante atto di violenza e di intimidazione che magari in futuro racconterò nei dettagli, una delle pagine più vergognose della scuola torinese. Non a caso eravamo nel clima esaltato dalla vittoria della sinistra in tutte le grandi città’ che fece credere ai comunisti di aver ottenuto il potere in Italia.
Il clima della scuola milanese era ancora peggiore e l’omicidio di un estremista di destra  ne e’ la prova. Ai fascisti non doveva essere consentita la frequenza di una  scuola e uccidere un fascista non era considerato un reato, ma una benemerenza politica. Gli estremisti non erano neppure dei “compagni che sbagliano”. Che oggi il Sindaco di Milano si sia mosso è un buon segno, ma non basta.
A Milano il 29 aprile 1945 venne ucciso con un colpo alla nuca il cieco di guerra e medaglia d’oro al Valor Militare Carlo Borsani,  un poeta che scelse di stare con i ragazzi di Salo’ per usare l’espressione di Luciano Violante.
Borsani ritenne l’8 settembre 1943 un tradimento e accetto’ la presidenza dei Mutilati e Invalidi di Guerra ricoperta fino ad allora da Carlo Delcroix che rimase fedele alla Monarchia. Nella Rsi diresse per sei mesi un giornale dal quale venne allontanato perché la sua costante preoccupazione era la pacificazione, la riconciliazione  tra italiani, espressa in un discorso da Giovanni Gentile, un discorso che gli costerà la vita a Firenze nel 1944.
Borsani venne ammazzato selvaggiamente da partigiani comunisti senza processo e il suo  cadavere venne fatto girare per Milano su un carro della spazzatura. Suo figlio Carlo, nato mesi dopo l’omicidio del padre, venne insultato da una professoressa di scuola media che si accanì contro di lui. Borsani salvò anche la vita di ebrei  che sarebbero stati deportati e venne  lanciata nel 2005,  senza esito positivo la proposta di ricordarlo con un albero nel Giardino dei Giusti di San Siro. L’ex sessantottino e grande studioso di storia Gabriele  Nissim, presidente di Gariwo, la foresta dei giusti, accetto’ l’idea, dicendo che “i buoni non stanno da una parte sola“, ma poi questo atto simbolico venne bloccato dalla faziosità di altri.
C’è da augurarsi che in futuro il Sindaco di Milano si ricordi di Borsani e che qualcosa in sua memoria venga posto, ad esempio, in piazza Susa a Milano dove avvenne la sua esecuzione. Con il poco fiato che gli rimaneva in gola grido’ “Viva l’Italia“ , stringendo la prima scarpetta di sua figlia .  Sarebbe un atto di umanità e di riconciliazione come la lapide che ricorda il ragazzo ucciso nel 1975.
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