Mostra all’Egizio: Champollion, 200 anni di geroglifici

Una stele in calcare di Età Ramesside, appartenuta al defunto Nekhatum, sacerdote-wab, in atto di preghiera verso il faraone Amenhotep I, divinizzato, è il reperto sotto la lente della nuova mostra del ciclo “Nel Laboratorio dello Studioso”, a cura di Beppe Moiso e di Tommaso Montonati.

Questa stele fu studiata e descritta da J. F. Champollion nel suo soggiorno torinese, e sono proprio i fatti avvenuti durante la permanenza di Champollion a Torino il focus della nuova mostra.

Visitabile dal 26 agosto fino al 30 ottobre 2022, la mostra presenta volumi e documenti inediti, oltre ad oggetti e reperti che hanno catturato l’attenzione di Champollion.

Il soggiorno torinese fu un periodo assai complicato per Champollion anche per le divergenze sorte con Giulio Cordero di San Quintino, incaricato dalla Regia Accademia delle Scienze di procedere ad un primo riconoscimento degli oggetti ed alla loro esposizione all’interno del palazzo del già Collegio dei Nobili, e sede dal 1783 dell’Accademia.

Il racconto della mostra si sviluppa in quattro momenti dedicati ai diversi aspetti della vicenda e del contesto torinese del tempo.

La figura di Champollion è ben nota nel panorama dell’Egittologia: fu lui a scoprire, nel 1822, la chiave di decifrazione della scrittura geroglifica. Il Museo Egizio inaugura con questa mostra un mese molto speciale in cui ricorrono i 200 anni dalla decifrazione dei geroglifici.

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