I 100 anni del “Principe di Piemonte” di Viareggio

Di Pier Franco Quaglieni

Quest’anno compie cent’anni il mitico “Principe di Piemonte” di Viareggio ed è anche uscito un libro per ricordarlo e si tengono manifestazioni speciali di tipo mondano – culturale di un certo spessore, anche se è difficile competere con la “Versiliana”.

Il “Principe“ e’ un luogo caro a me e alla mia famiglia. Conservo delle fotografie di mio padre vestito di un abito estivo elegantissimo scattate davanti all’hotel. Ci sono stato io stesso molte volte e sempre mi provoca una certa emozione soggiornare al “Principe” che in effetti assunse questo nome nel 1938 anche se nacque nel 1922.
Viareggio oggi è in piena decadenza e quell’ hotel tiene alto il nome di una grande tradizione turistica di una élite che non c’è più.  Stare in una delle sue suite e’ quasi come immergersi proustianamente nel tempo perduto, malgrado la massiccia ristrutturazione fatta dopo gli anni della crisi. A Viareggio sono riusciti a mantenere quel clima elegante che mi descriveva mio padre, mentre la riapertura recente del Grand Hotel di Alassio,
che sorse alla fine dell’Ottocento, ha coinciso con una trasformazione così forte che per me, che ci andavo bambino, appare totalmente cambiato, adatto ad un turismo di massa come è accaduto fino a poco tempo fa con gli oligarchi russi che non hanno proprio nulla da spartire con l’aristocrazia russa raffinata che frequentava l’albergo agli albori del secolo, prima della Rivoluzione d’ottobre.  Il “Principe di Piemonte” sembra celebrare il suo centenario quasi un po’ vergognandosi della sua intitolazione. Viene ricordato il soggiorno del radical chic al caviale Fabrizio De Andre’ che sapeva trattarsi bene, malgrado il suo detestabile estremismo settario, ma non si ricorda in modo adeguato il nome del Principe Umberto di Savoia a cui è intitolato l’hotel. Nella Viareggio di forte tradizione repubblicana e’ già tanto che nessuno- almeno che sappia io -abbia proposto di censurare il nome dell’ultimo Re d’Italia, ma forse è ancora difficile rievocare un’intitolazione storica che è stata motivo di orgoglio per noi piemontesi, che in Versilia abbiamo sempre privilegiato quell’Hotel. Mio padre mi ricordava che nel salone di ingresso c’era un grande ritratto del Principe ereditario Umberto che non era certo amato dal regime fascista e che per il centenario dovrebbe ricomparire. Sono personalmente pronto ad offrire un ritratto del giovane Principe di Piemonte. Vittorio Sgarbi che come me in gioventù e’ stato di sentimenti monarchici, dovrebbe intervenire con la sua autorevolezza ( ha scritto un bel saggio nel libro rievocativo del centenario ) per far sì che il ricordo del Principe di Piemonte sia adeguatamente rinverdito. L’altro ieri agli incontri promossi dall’hotel è stato ospite Calenda con la sua campagna politica, una scelta del tutto inopportuna in periodo elettorale perché c’erano decine di ospiti più autorevoli di lui da invitare. Ma c’è sempre tempo per rimediare e fare meglio. Ritornerò presto all’Hotel dove risiedo abitualmente quando presento i miei libri in Versilia. Non credo sia un assurdo che chi ha pubblicato quest’anno “I doveri“ di Mazzini si faccia promotore di un ricordo sabaudo. La storia è quella e va rispettata. Senza quel nome quell’hotel sarebbe un elegante hotel della Versilia,  ma nulla di più.  Non va dimenticato che i vecchi piemontesi, ad esempio la famiglia di Mario Soldati, preferivano la Versilia alla più vicina Liguria in un rapporto che forse nessuno ha ancora adeguatamente studiato.

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