Senza paura

IL PUNTASPILLI di Luca Martina 

Nelle ultime settimane l’ottimismo degli operatori finanziari sembra essersi dissolto come neve al sole.  

A testimoniarlo ci sono la correzione dei listini borsistici ed i sondaggi che rilevano le opinioni degli investitori sul loro futuro andamento.

La correzione dei prezzi è, per la verità, stata piuttosto modesta sugli indici principali ma ha rappresentato un campanello d’allarme che ha risvegliato bruscamente l’attenzione dei risparmiatori.

La borsa statunitense è scesa meno del 3,5% (il 5,5% il listino tecnologico del Nasdaq) mentre quelle europee hanno perso quasi il doppio.

I motivi del cambiamento di umore sono maturati inizialmente negli Stati Uniti dove il governatore della banca centrale, la Federal Reserve (abbreviata “Fed”), Jerome Powell, ha finalmente (dopo essere stato riconfermato per un altro mandato) riconosciuto come l’impennata dell’inflazione ci metterà del tempo (mesi o trimestri, non settimane…) per rientrare.

A questo Powell ha accompagnato l’annuncio del ritiro degli stimoli monetari (effettuato tramite massicci acquisti di titoli obbligazionari sul mercato) a partire dai prossimi mesi.

Per l’aumento dei tassi ci sarebbe tempo ancora per verificare la tenuta dell’economia alla nuova ondata (particolarmente violenta negli USA dove quest’anno ha prodotto il doppio, 790.000, delle vittime del 2020) e sarebbe rimandato al 2023.

La politica molto indulgente e generosa da parte dell’istituto centrale statunitense ha senza dubbio fornito un aiuto importante alla crescita statunitense degli ultimi 13 anni (a partire dalla “Grande Recessione” del 2007-2008) e la crisi pandemica ha portato ad una sua proroga (era alle viste un cambiamento di rotta già nel 2019) sino ai giorni nostri.

Il timore che senza “l’aiutino” da casa-Fed l’economia possa perdere colpi ha innervosito i mercati finanziari, già maturi per una pausa dopo la galoppata dei mesi precedenti.

Ma le brutte notizie non vengono mai da sole e l’emergere, sul fronte sanitario, della nuova, più contagiosa, variante del virus COVID (la Omicron) ha peggiorato la situazione.

Va detto, però, che sono in campo ancora tutti gli elementi che possono giustificare una visione positiva del futuro.

Negli USA l’approccio sempre pragmatico da parte del governatore, attento alla evoluzione dei dati economici (non solo dell’inflazione ma anche dell’andamento del PIL e dell’occupazione) potrebbe moderare i timori di un rapido ritiro degli interventi monetari.

Dall’altra parte dell’oceano, in Europa, l’inflazione non è ancora considerata tale da giustificare un cambiamento di atteggiamento da parte della BCE.

E’ probabile, inoltre, che si assista nei prossimi mesi ad un moderato rallentamento economico che finisca per rallentare la galoppata dell’inflazione.

Il prezzo del petrolio ha già iniziato a risentire dell’incertezza scendendo in pochi giorni di quasi il 20%, da 86 a 70 dollari al barile e questo dovrebbe contribuire alla stabilizzazione dei prezzi di molti beni e servizi.

I tassi sono, quindi, destinati a rimanere (molto) bassi ancora per un po’ di tempo e questo dovrebbe, alla fine, consentire di rassicurare i mercati e contribuire alla crescita economica.

A ciò si aggiungeranno presto le manovre fiscali (la spesa pubblica) che i governi europei (non diversamente dagli Stati Uniti) stanno approntando.

Sul versante sanitario, sulla gravità della nuova ondata pandemica, è prematuro pronunciarsi e ci vorranno ancora una o due settimane per comprendere meglio la sua portata.

Rimane il fatto che, dopo due anni, stiamo, tristemente, imparando a convivere con la nuova “normalità” e questo dovrebbe aiutarci a ridurne gli effetti (economici e non) negativi.

Tutto ciò non azzera certamente il rischio di una nuova crisi economica (con massicce e prolungate chiusure) e sanitaria ma lo rende meno probabile di quanto si temeva all’esplodere della pandemia.

Per quanto riguarda i mercati finanziari, poi, vale la pena di ricordare come le fasi negative si siano sempre trasformate in opportunità di acquisto per tutti coloro che hanno saputo mantenere la mente fredda, considerandole un evento del tutto atteso (anche se, magari, non nei tempi e nei modi) ed ineluttabile.

Il trasferimento di ricchezza dagli stomaci deboli (incapaci di affrontare lo stress generato dalle perdite finanziarie) a quelli forti (abituati a fronteggiare le oscillazioni negative del loro patrimonio come inevitabili) è uno dei fattori che hanno portato, storicamente, alla crescente divaricazione tra i più ricchi ed i meno abbienti.

E’ un dato di fatto, purtroppo, che la minore disponibilità di risorse finanziarie provoca una maggiore sensibilità alle loro variazioni negative (arrivando sino al panico e con questo alla liquidazione totale) in quanto queste pongono seriamente a rischio la possibilità di mantenere il proprio tenore di vita.

Se, razionalmente, si ritiene che la pandemia possa provocare un rallentamento solo temporaneo varrà la pena di non farsi troppo coinvolgere emotivamente evitando il cortocircuito testa-stomaco che conduce solitamente alle peggiori decisioni.

Un famoso banchiere, il barone di Rotschild, predicava, più di 200 anni fa, di acquistare quando il sangue scorre nelle strade.

Ma se si ha paura, comprensibilmente, del sangue basterà non guardare, evitando così pericolosi sbandamenti.

Ricordando sempre il monito di uno degli investitori di maggior successo dell’ultimo secolo, lo statunitense Warren Buffet: nei mercati finanziari bisogna essere timorosi quando gli altri sono avidi e avidi quando gli altri sono timorosi.

 

Non abbiate paura.

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