Alessandra Ghisleri, attendibilissima sondaggista e raffinata osservatrice della politica italiana, ci ha spiegato sulla Stampa di domenica che la competizione politica tra il centro destra e la sinistra resta tuttora aperta anche se l’alleanza guidata da Meloni/Salvini/Berlusconi conserva una discreta maggioranza nei consensi. Sempre sulla base dei sondaggi, come ovvio.
Ma, al di là degli orientamenti di voto e del gradimento attorno ai temi del giorno come quello sull’uso del
green pass e della vaccinazione obbligatoria o meno da parte dei vari partiti, quello che continua
ad essere molto interessante dallo studio della Ghisleri è che l’elettorato che sarà decisivo in vista
della vittoria finale alle prossime elezioni politiche – almeno stando al profilo dei due schieramenti
in campo – sarà il cosiddetto “voto di centro”. Ovvero l’orientamento di quel pezzo di elettorato
che non si riconosce nella violenta radicalizzazione della lotta politica – la disputa quotidiana tra
Letta e Salvini, al rigirarlo, è persin troppo emblematica – e che auspica la nascita di un polo/
federazione/luogo politico che sia in grado di moderare i due schieramenti in competizione. E
quindi non un luogo trasformistico o di mero posizionamento tattico ma un soggetto che declini,
al contempo, anche e soprattutto una “politica di centro”. Certo, essendo la competizione
sostanzialmente bipolare, è del tutto naturale che le forze di centro si schierino in entrambi i fronti.
Soprattutto quando si deve prendere atto che il sistema elettorale non è ispirato ad un impianto di
natura proporzionale.
Ecco perchè, stando alla lettura fornita dalla stessa Ghisleri, si è nuovamente di fronte ad una
questione che prima o poi andrà sciolta. Ovvero, la necessità di costruire una proposta politica –
fuorchè si voglia giocare un ruolo puramente testimoniale e politicamente irrilevante – che sia in
grado di essere determinante per la vittoria di uno dei due poli. E questo anche perchè gli attuali
protagonisti politici che vengono citati e che potrebbero essere artefici di questa potenziale
aggregazione sono accomunati da alcuni elementi che confliggono con le ragioni elementari del
consenso: o perchè sono radicalmente e strutturalmente inaffidabili, o perchè sono
eccessivamente egocentrici o perchè, infine, non rappresentano più alcuna novità nel panorama
politico italiano.
Si ritorna, quindi, al nodo centrale del dibattito politico. E cioè, dopo anni di esaltazione del
bipolarismo, della contrapposizione frontale tra i partiti e della reciproca delegittimazione politica
e personale – questa figlia diretta della deriva populista, demagogica e qualunquista del grillismo
militante – si ritorna puntualmente ad individuare nel centro il luogo politico decisivo per far
pendere la vittoria da una parte o dall’altra. E sarà proprio questa la frontiera, e la scommessa,
attorno alla quale si gioca la prossima partita politica. Ben sapendo che l’esperienza Draghi è
destinata, almeno in parte, a modificare la natura e il profilo del sistema politico italiano. Dove,
cioè, un luogo di centro e una politica di centro non solo saranno importanti ma addirittura
essenziali per declinare anche e soprattutto una vera cultura di governo.
Giorgio Merlo
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