Il basket visto a distanza
Torino, con i suoi limiti e i suoi difetti, è comunque una grande città. Svilirla con una mentalità, senza offesa per i piccoli centri abitati, “provinciale” è perlomeno irrispettoso. Si temono tutti, si gioca in soggezione, si spera che sbaglino: Olimpia si nasce e forse si diventa, ma non così e non con questa conduzione, ed è dura per me dire una cosa simile che Milano non l’ho mai tifata.
Torino del basket dimentica in fretta i propri eroi, e a pochi verrà in mente Diante Garrett che faceva le rimesse sulla schiena degli avversari per poi irriderli con un canestro facile. Ora li subiamo noi da JJ Frazier sulla schiena di Cappelletti.
Quando Torino è in vantaggio la nostra “isterica” panchina sussulta su ogni minimo errore e mette in crisi la flebile capacità di mantenere i nervi saldi per mantenere tranquillamente il timone del comando. Ad ogni errore un urlo e sceneggiate come il miglior Mario Merola di antica memoria… . Poi, quando si va sotto, si torna ad essere “compagnone di birreria” evidenziando limiti evidenti di conduzione tecnica.
A me sembra che la squadra non segua “allegramente” il conduttore, ma magari mi sbaglio… . Ma, soprattutto, Torino dovrebbe avere un gioco che non dipenda solo dal fatto se da tre i tiri entrano o meno. Il gioco è inconsistente: si gira la palla e si spera che la qualità (da serie A2, si intende) dei giocatori faccia la differenza. Si sente parlare tanto di difesa e poi se ne prendono più di 90… . E, soprattutto, si perde la testa completamente nei minuti finali, tirando da tre a ca…spita… e tirando (e male) da due quando servirebbe da tre.
E’ evidente che la partita sia andata male, ma è stata condotta decentemente fino al 40 – 30 per la Reale mutua. Poi un parziale di 48 a 28 per Treviglio (magari ricordo male ma più o meno è questo il punteggio…) ha ribaltato la partita. Dalla fine del terzo quarto il panico ha preso il sopravvento e l’antibasket è entrato in campo: tiri sbagliati, tecnici subiti, palloni buttati al vento e brutto spettacolo. E, nonostante tutto, si poteva comunque ribaltare il risultato se alcuni improvvidi tiri non fossero stati sparati tra il pubblico fantasma.
Sia chiaro, Treviglio non ha rubato nulla, ma messa sotto pressione ha avuto momenti in cui la palla volava in mano ai nostri giocatori che era un piacere. Però è troppo poco, giocando in questo modo ci si merita la serie A2.
Hanno giocato un po’ male tutti. Pinkins forse un po’ meglio degli altri e Diop che come al solito ci ha provato ma che deve imparare a difendere contro gente alta e grossa ma lenta come i due lunghi di Treviglio (Ancellotti e Borra) e a non temerli in attacco schiacciandogli in testa appena possibile se vorrà salire di ulteriore livello.
Cappelletti ha giocato in maniera dignitosa e Clark ha perso la bussola nel finale. Gli altri non sono pervenuti, con un’aggravante per un “inquieto” Alibegovic (in tensione con qualcuno?) che ha fallito tiri decisivi.
In sintesi, così non va. O si vince alla stragrande per inconsistenza degli avversari o per buona riuscita dei propri tiri e quindi si mascherano evidenti limiti tattici, oppure si perde e a volte stranamente si vince male.
Qui non è il caso di citare versi di “Catalano memoria” che dice meglio vincere male che perdere bene, ma sarebbe il caso di vincere sempre e con tranquillità. Lo spettacolo, con chi conduce le danze, lo abbiamo messo in cantiere per tempi migliori; però, così male non è giusto veder giocare in un palasport storico dove Morandotti, Darryl Dawkins, Caglieris, Della Valle, Vujacich, Washington, Scott May, Joe Kopicky, Grocholwalsky, Kevin Magee, Mancinelli, Abbio, Sacchetti, … hanno lasciato spettacolo ed emozioni e sarebbe sciocco non pensarne tanti altri anche dei tempi recenti ma mi fermo per non far attivare la “lacrima” dei ricordi e di far capire che non ho più vent’anni.
Lo si vede anche a distanza, lo si vede anche sul pc, sul tablet e sul telefonino: se questo è il basket del futuro ridatemi un abbonamento al basket dei tempi belli, dove Pessina lottava fino all’ultimo secondo e dove come avversari trovavi Oscar Schmidt, Meneghin, D’Antoni e Antonello Riva e, soprattutto, Dan Peterson e Bianchini in panchina… .
Paolo Michieletto
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