L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Woody Allen  “A proposito di niente”    -La Nave di Teseo –  euro  22,00

E’ un’autobiografia ricca di ironia, amori, figli, amarezza, malinconia e tanto cinema quella dell’84enne Woody Allen, regista e artista poliedrico di incommensurabile talento.

E se vi state chiedendo se narra anche la bruttissima storia con Mia Farrow, sappiate che alla vicenda riserva pagine al vetriolo in cui chiarisce una volta per tutte come sono andate le cose.

Allan Stewart Konigsberg (questo il suo vero nome) muove i primi passi in una famiglia yddish a Brooklyn, col padre che la sera gli sciorinava storie di gangster, mentre la madre gli ricordava Groucho Marx.

Poi gli inizi della sua strepitosa carriera a soli 16 anni con l’inventiva che lo contraddistingue e lo porta a scrivere battute al fulmicotone per radio, cinema, tv, “New Yorker”, e ad esibirsi nei locali notturni. Il resto è storia nota: 60 anni di carriera in cui ha scritto e diretto una cinquantina di film, che spesso ha reso memorabili con la sua recitazione in ruoli da protagonista (uno per tutti, l’esilarante “Provaci ancora Sam”).

Nel libro racconta gli incontri con personaggi del calibro del commediografo Arthur Miller -col quale concordò che “la vita non ha senso”- con registi europei che ammirava, con attori e attrici –“la bellezza di Scarlett Johanson è radioattiva”- e tanti aneddoti. Emergono le sue fobie, come quella di entrare a un party, e la sua visione esistenziale: già a 5 anni vedeva non il bicchiere, ma la bara mezza piena.

Ci sono succosi capitoli dedicati ai suoi matrimoni e convivenze. Il primo con Harlene, il secondo e tormentato con Louise Lasser che gliene fece di tutti colori, la scoperta di Diane Keaton come attrice e compagna di vita per qualche anno e amica per sempre.

Poi la sventura di incappare in Mia Farrow: nata in una famiglia borderline che ha prodotto casi di alcolismo, tossicodipendenza, suicidi, problemi con la legge, forse è stata anche molestata dai fratelli. Allen scrive: “Ero sorpreso di come fosse cresciuta in quel campo minato di follie assortite e ne fosse uscita non solo illesa ma anche affascinante…” Errore di valutazione madornale che gli rovinerà la vita.

13 anni insieme -anche se ognuno a casa sua- la Farrow che recita nei suoi film, ma soprattutto colleziona figli adottivi, meglio se hanno degli handicap, da esibire in pubblico per glorificare la sua persona. Però dietro le quinte, tra le mura domestiche è tutt’altra faccenda. Due pesi e due misure. La Farrow ha disinteresse, scatti d’ira e picchia regolarmente gli orfanelli che ha raccolto; mentre sviluppa un innaturale e morboso attaccamento al figlio Fletcher e dà il peggio di sé quando scopre che Woody Allen si è innamorato di Soon-Yi, figlia adottiva che lei maltrattava con indicibile cattiveria.

Manipolatrice all’ennesima potenza, la Farrow lo accusa di aver molestato un’altra figlia adottiva, Dylan: gli scatena addosso false testimonianze e plagia la prole fino a convincere Dylan di essere stata davvero violata.

Lo scandalo è enorme e, anche se il regista è stato scagionato, la portata del danno è sintetizzata dall’ostracismo che soprattutto in America vede Allen come un reietto. Il fattaccio risalirebbe al 1992 eppure ancora oggi il cinema e parte del mondo intellettuale credono alla campagna denigratoria del figlio Ronan (col quale non ha più contatti fin da quando aveva 4 anni, e nemmeno con Dylan da quando ne aveva 7).

A consolare il genio c’è il matrimonio con Soon-Yi che dura da 25 anni, alimentato da un amore costante e due figlie da crescere. Questo e molto altro in poco meno di 400 pagine che scorrono alla velocità della luce….

 

 

Joanne Ramos  “La fabbrica”  -Ponte alle Grazie –   euro  18,00

La fabbrica è Golden Oaks, una vera e propria azienda in cui giovani donne di etnie diverse e classi sociali disagiate vengono reclutate come “madri surrogate” per ricconi di tutto il mondo. E’ semplicemente magnifico questo romanzo di esordio di Joanne Ramos, nata nel 1973 a Manila, nelle Filippine, e dall’età di 6 anni cresciuta in America (nel Wisconsin), laureata a Princeton, un’esperienza di lavoro nel settore finanziario e poi questo libro-bomba che tocca temi attuali e dolenti.

Protagonista è Jane, di origine filippina, con una figlia piccola da sfamare e crescere; vive in un dormitorio e lavora in famiglie benestanti newyorkesi. Poi sua cugina le prospetta una strada diversa e lei si ritrova a Golden Oaks, struttura hi-tech a due ore da Manhattan, incinta e madre surrogata per una “cliente”.

La fabbrica funziona così: diretta da Mae Yu -ambiziosa donna d’affari- ospita ragazze per lo più di etnie sfortunate (filippine, latinoamericane, afroamericane) o del ceto medio americano impoverito. Ma c’è anche Reagan, giovane americana bianca laureata con lode che cerca di smarcarsi dal controllo paterno. Sono tutte madri surrogate alle quali sono stati impiantati ovuli che devono portare in grembo, proteggere e far sviluppare al meglio, seguendo il rigido protocollo dell’azienda: nutrirsi in modo salutare, tenersi in forma con attività fisica mirata, riposare e prendersi cura di sé e dei figli delle committenti. Per tutto questo vengono ampiamente remunerate.

Ma per chi si accollano la gestione dei feti per 9 mesi? Le clienti a volte anonime, altre no, sono spinte da più fattori: troppo in là con gli anni per portare a termine una gravidanza, troppo impegnate, sterili o anche solo vanitose e viziate che non vogliono sformare i loro corpi.

Comuni denominatori delle ospiti della fabbrica sono dubbi, sensi di colpa, terrore di abortire e perdere tutto. Alcune vedono la gestazione come un mero lavoro; altre sono convinte che aiutare altre donne a diventare madri sia un’azione nobile… e ben venga se remunerata.

Il romanzo è ispirato a storie vere che la Ramos ha raccolto; non vuole dare risposte, ma pone grandi domande come: “cosa c’è di giusto o sbagliato nell’esistenza?”, “che valore ha la vita?”.

 

Carlo H. De Medici   “I topi del cimitero”   – Cliquot Edizioni –  euro 18,00

Ecco una curiosa riscoperta, quella del giornalista, scrittore, illustratore e studioso di scienze occulte Carlo H. De’ Medici, della cui vita si sa poco: a partire dalla data di nascita, probabilmente il 29 agosto del 1887, mentre quella della morte non è pervenuta. Era figlio di un banchiere ebreo parigino e per anni visse a Gradisca d’Isonzo, fu vicino agli ambiente delle scienze esoteriche e alchemiche, e dai suoi scritti si evince che s’interrogava sul senso della vita.

I racconti de “I topi del cimitero” fanno parte dei suoi  “Racconti crudeli” del 1924 e colpiscono il lettore a pugno duro come solo la letteratura gotica sa fare, anche se in realtà è difficile classificarli.

I suoi personaggi, raccontati rigorosamente  in prima persona sono “anime nate –morte” che parlano da un imperscrutabile al di là e mettono a nudo l’anima tormentata dell’autore che scandaglia cosa sia la morte, cosa venga dopo o cosa ci sia nell’universo infinito.

I racconti narrano di topi che profanano una chiesa, della bellissima Marta la “taciturna” priva di senno e di materia grigia che fende la folla chiassosa al braccio di un’anziana signora. O ancora di due enigmatiche sorelle incontrate su un piroscafo che lo turbano profondamente «..baciavo Lodovica, e sognavo Luisa…Stringevo al mio petto la mia nuova amante, e chiamavo l’assente. Fuggii per non impazzire».

Nelle pagine fa capolino anche madama La Morte, alla taverna delle “Tre bare”, che si rivela essere una vecchia megera amante delle gozzoviglie e del vino (che non regge e la spinge a scatti d’ira).

E tra le figure femminili «…belle come sono belle le donne che amiamo in sogno» c’è anche Isabella che muore tra le braccia dell’amato.

Questo ed altro nella raccolta che testimonia quanto l’autore fosse affascinato dal decadentismo, influenzato da Poe e Huysmans, e si destreggiasse abilmente in racconti particolarmente esoterici.

Insomma un piccolo prezioso volume che l’editore Cliquot ha strappato dall’oblio arricchendolo anche con le illustrazioni goticheggianti disegnate da De Medici stesso, per meglio raccontare patti col diavolo, profezie, visioni e allucinazioni, fantasticherie varie e godibilissime.

 

Zadie Smith  “Questa strana e incontenibile stagione”  -BigSur –  euro 8,00

Sono 6 saggi sul periodo della pandemia e del lockdown da Covid 19 in cui la scrittrice (nata a Londra nel 1975 da padre inglese e madre Giamaicana)– tra marzo e maggio 2020- ha messo a nudo il tema più che mai attuale .

Lei abituata a viaggiare e dividere la sua vita tra Londra e New York (dove insegna scrittura creativa alla New York University) ha dovuto far fronte a una brusca frenata e sciorinato nero su bianco le sue riflessioni, tra idee politiche, esperienze personali, ragionamenti e spunti vari.

Analizza a fondo come «..l’unico modo per  uscire da qualcosa è attraversarlo. Cercare di conservare un po’ di spazio per sé stessi nell’affollata sfera domestica…».

Ed ecco pagine in cui possiamo riconoscerci e rivivere come abbiamo reinventato i nostri spazi, i rapporti di convivenza, le attività lavorative.

Zadie Smith riassume un caleidoscopio di esperienze nuove: dalla donna sola chiusa in un appartamento in cui la solitudine si fa ancora più opprimente, alle persone catapultate 24 ore su 24 in una famiglia in cui privacy e tempo vanno ridefiniti.

Niente è stato facile perché il virus si è diffuso velocemente, infettando non solo le persone ma anche famiglie, comunità e Stati, senza guardare in faccia nessuno, perché come scrive Zadie Smith «Al virus non importa chi sei».

Leggi qui le ultime notizie: IL TORINESE

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