Lupi foto Igor Boni
Foto scattata da Igor Boni

Sparare al lupo?

Riceviamo e pubblichiamo l’intervento di Legambiente / “La più classica delle soluzioni di pancia. Peggiorativa, priva di fondamenti scientifici e dannosa”

 

E’ di questi giorni la “sparata” del capogruppo leghista Preioni, che, dando prova di un integralismo “cieco e talebano” propone l’apertura di un programma di abbattimento dei lupi nella nostra regione.

Dopo una l’approvazione di una norma inaccettabile sulla caccia, che permette di sparare ad animali in pericolo di estinzione sul nostro territorio, che allarga le specie cacciabili a volatili di pochi grammi, che amplia gli orari fino alla caccia notturna e che tutela in ogni modo i portatori di doppietta, come ampiamente prevedibile è arrivata l’ora del lupo. Un argomento trattato, come d’abitudine, in un’ottica rozzamente antropocentrica e priva di alcun fondamento scientifico.

Come ampiamente dimostrato, non ultimo dal progetto Life WolfAlps, la convivenza con il lupo non solo è possibile, ma ampiamente auspicabile.

 

“Il lupo è una specie protetta che crea equilibrio e maggiori servizi ecosistemici, grazie anche al contenimento naturale degli ungulati selvatici. Quella proposta dalla Lega – dichiara Giorgio Prino, Presidente di Legambiente Piemonte e valle d’Aosta – è una finta soluzione che strizza l’occhio alla pancia, senza considerare che è scientificamente confermata come addirittura dannosa in quanto l’uccisione di individui adulti destabilizza il branco peggiorandone la tecnica di caccia, a tutto svantaggio del bestiame domestico. Quello della convivenza con la fauna selvatica è un tema che deve essere trattato su solide basi scientifiche e non può essere liquidato con un semplice via libera alle doppiette. Non è creando una insana contrapposizione fra Uomo e Natura che si aiuta chi deve affrontare difficoltà reali e oggi potrebbe sentirsi solo. Senza dimenticare che il lupo è solo una, e non certo la maggiore, delle difficoltà che la pastorizia in ambito montano deve affrontare. Ci auguriamo – conclude Giorgio Prino – che l’Amministrazione regionale non intraprenda strade che porterebbero a disastri già vissuti in passato e che voglia fare propri gli insegnamenti dei più recenti studi scientifici e progetti internazionali. Facciamo loro un benaugurante “In bocca al lupo” perché possano dimostrare in futuro una conoscenza ed una sensibilità ambientale e sociale maggiore di quella che stanno dimostrando in questi giorni”.

 

Le posizioni assunte da alcuni Enti Locali sottolineano, se mai ce ne fosse bisogno, come le decisioni in tema di grandi predatori debbano fare riferimento a un’unica autorità statale e attingere al contributo di enti scientifici di respiro nazionale (ISPRA per l’Italia). Nessuna decisione sul tema può essere affidata a gestioni localistiche, nemmeno nel profilo delle autonomie regionali o provinciali: è necessaria una assunzione di responsabilità a tutti i livelli e una gestione del tema che comprenda le istituzioni pubbliche di tutto il Paese con il fine di superare l’attuale disomogeneità istituzionale.

Il mondo dell’allevamento va sostenuto nel tempo, anche finanziariamente, e, in base al contesto, aiutato nella scelta della giusta combinazione di precauzioni e di accorgimenti utili (recinzioni, cani da guardiania, personale aggiuntivo, ecc.). È importante che i sistemi di prevenzione funzionino e che i risarcimenti siano pagati tempestivamente. Inoltre bisogna affrontare la problematica dei danni causati dai cani, randagi e non, che possono essere attribuiti al lupo e acuiscono il problema.

Occorre strutturare in modo uniforme in tutto il Piemonte un’azione di informazione e formazione, mantenendola attiva nel tempo. La formazione va rivolta non solo al settore dell’allevamento e dell’agricoltura, ma anche al mondo degli operatori turistici e nelle scuole.

Infine, ma non meno importante, bisogna essere coscienti del fatto che il lupo e gli altri predatori in Piemonte non sono la causa dei principali problemi degli allevatori, ma rivelatori di problemi e difficoltà della filiera agroalimentare in generale e in particolare della zootecnia montana e in quanto tali vanno affrontati e risolti con una gestione e visione strutturata nel lungo periodo.

Da queste basi dovrebbero partire un’analisi della situazione legata alla presenza del lupo nella nostra regione e l’azione di tutela ed integrazione con l’attività umana. Da queste basi dovrebbe partire il ragionamento di un’Amministrazione che voglia realmente risolvere i problemi esistenti.

 

Non resta che sperare che sia così e che le dichiarazioni pubblicate sui giornali in questi giorni siano ascrivibili ad uno scivolone di un unico consigliere.

 

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