Addio a Ermanno Eandi “poeta granata”

Con lui scompare prematuramente non solo un giornalista e poeta autore di liriche “dure e sofferte”, ma anche un cuore granata di rara sensibilità  

 

La poesia e la fede calcistica possono essere unite da un sottile, ma saldo fil rouge, e tali lo sono stati nella figura dello scrittore, poeta e giornalista Ermanno Eandi, mancato improvvisamente la notte scorsa a Torino, a soli 56 anni.

Nel capoluogo subalpino e non solo era da tutti conosciuto come “il poeta granata”, non soltanto perché con le sue poesie, sensibili e garbate, rendeva molto più familiari e ricche di arte le serate promosse da molti Club del Toro, ma perché nelle sue liriche era capace di dare anche spazio alla sua squadra del cuore, quella granata. In fondo come negare che da sempre la squadra granata, a differenza di tante altre, proprio anche in virtù della sua storia, sia stata strettamente legata alla poesia? Già nel lontano 1945 il celebre poeta Mario Luzi, ad esempio, le dedico’ la lirica intitolata “AI campioni del Torino”, in cui la forma interrogativa usata sembrava rimandare a una non totale accettazione della tragedia medesima dell’incidente aereo, avvenuto il 4 maggio 1949 sulla collina di Superga.

Ermanno Eandi dedicò molte sue poesie a eventi e personaggi famosi, appartenenti in particolare al mondo sportivo, come i mitici Fausto Coppi e Gigi Meroni, giocatore della squadra del Torino, morto a soli 24 anni, investito da un’auto, una volta conclusasi la partita da lui disputata tra Torino e Sampdoria.

Le liriche dedicate da Eandi ai sentimenti, tra cui quello amoroso, lasciano trasparire una sensibilità rara, tanto più in una società come quella contemporanea, spesso improntata all’individualismo. In alcune sue poesie come quelle intitolate “Ho solo le ali” e “Siamo sensibili” lo scrittore mette in luce il binomio ricchezza-povertà, nella sua duplice natura di materia e spirito. La ricchezza del mondo spirituale risulta sempre vincente e, nella sua poesia, si apre verso mondi sconfinati, anche quando egli indaga il Bene Supremo, la spiritualità e l’essenza dell’universo.

Eandi amava definire la sua stessa poesia “dura, sofferta, ma autentica, offerta a coloro che hanno ancora voglia di lottare per cambiare il mondo con l’amore”. Ed è questo, ritengo, il grande lascito poetico che da lui ereditiamo, tanto più prezioso in un’epoca come quella che stiamo vivendo, in cui ci stiamo timidamente riaffacciando al mondo, dopo un lungo lockdown dovuto all’emergenza sanitaria da Covid 19.

Ermanno Eandi aveva composto una lirica dal titolo ‘Sarò granata”, dedicata ai tifosi della squadra del Torino F.C. . Ripercorrendo l’ultima strofa vi si legge “Sarò granata /anche quando il sole del tempo / offuschera’ / il mio volto / e il grande vuoto aspetterà / io solo in naufragio di ricordi/ mi aggrappero’ alla fierezza/ di un’esistenza sbagliata ma…/ lontana dall’incubo apatico e/ inutile/ di chi vince sempre”.

Una “poesia importante”, come lui stesso la definì, che si trova all’ingresso del Museo dedicato al Grande Torino, e che egli ha voluto dedicare a tutte le persone che, al di là della loro fede calcistica, hanno ancora voglia di ribellarsi al sistema.  In questo Ermanno Eandi era convinto che consistesse la vera ricchezza della vita, lasciare ad altri, e a chi ha vinto già tutto, la vittoria facile, continuando, invece, a ribellarsi e a combattere, affrontando anche il rischio di una sconfitta.

In fondo questo è anche il grande insegnamento che aveva tratto proprio dalla sua squadra del cuore, da quei colori granata a cui ha sempre tenuto fede. E proprio il 4 maggio del 2008 ed in altri anniversari successivi della tragedia dello schianto a Superga, il poeta ebbe l’onore di recitare le sue poesie davanti alla lapide del Grande Torino, nel cimitero monumentale torinese. Il modo più importante da parte sua per rendere omaggio agli Invincibili e per il mondo calcistico per rendere omaggio alla sua poesia.

Mara Martellotta

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