La stecca

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PAROLE ROSSE di Roberto Placido /  Naturalmente non è quella da biliardo, e nemmeno quella che lasciava chi aveva finito il servizio militare, altri tempi, ma quella che prende un’artista durante un’esecuzione. Dispiace che a prenderla, attraverso le sigle sindacali, siano i dipendenti e, sembra, principalmente i maestri, della più grande fabbrica di cultura della città di Torino e della regione Piemonte.

E sì, con i suoi quasi quattrocento dipendenti, oltre trecento a tempo indeterminato, più di cinquanta a tempo determinato e diversi collaboratori, sono numeri da grande azienda. Azienda speciale, culturale, una vera e propria fabbrica di cultura non solo artistica e musicale ma anche di scenografie e di sartoria. Meritorio, come tante altre realtà italiane, il lavoro delle sarte del Regio nel produrre mascherine, il bene di prima necessità di questo sciagurato momento che stiamo vivendo. Dopo la lunga parentesi alla sovrintendenza del Teatro Regio di Torino di Valter Vergnano e la breve, negativa e chiacchierata, di William Graziosi, è arrivato l’ex direttore artistico del teatro An der Wien di Vienna, Sebastian Schwarz. Sicuramente nel bando di selezione non c’era la situazione dei conti del nostro teatro lirico, ne’ di quelli passati e nemmeno di quelli recenti. A complicare la situazione, come si usa dire “piove sul bagnato” il blocco del cartellone e delle attività determinato dal Corona Virus. Così Schwarz, nell’assenza del Presidente del Consiglio d’indirizzo della Fondazione Teatro Regio di Torino, per statuto è il Sindaco della città, -che ancora una volta si segnala nel defilarsi da qualsiasi situazione difficile o impegnativa-, ha incominciato a cercare le risorse per evitare il tracollo, in attesa che si arrivi a sapere, intendo ufficialmente, l’ammontare esatto dei conti del Teatro, quei due milioni e mezzo di euro necessari.

Gli interlocutori naturali ed obbligati le fondazioni bancarie, la vera cassaforte, i veri padroni, e qualcuno ne è anche convinto comportandosi in tal senso, non solo dell’esangue se non moribonda cultura torinese ma anche di molto altro. Difficile districarsi nel contratto delle fondazioni liriche, che a detta dei bene informati è tra i migliori, in senso di garanzie per i lavoratori, del mondo dello spettacolo, e legittimo proporre in alternativa ferie non godute un po’ meno comprensibile proporre la realizzazione di una rassegna estiva in queste condizioni. Mi hanno spiegato anche la differenza tra stipendio base e i vari aspetti accessori del salario legato a spettacoli e rappresentazioni e ad altri aspetti ma onestamente, me ne dispiace, faccio fatica a capirli ed a condividerli. Vuol dire non capire lo stato di salute dell’ente lirico, il discorso sulle responsabilità lungo ed annoso, il momento che stiamo attraversando. In un paese che prova a garantire altri lavoratori, le partite iva, con seicento euro al mese, quelli in “nero”, che non hanno garanzie, con cifre simili, i senza reddito con buoni acquisto e di cittadini ed associazioni che si inventano i “panieri sospesi” per i disperati e si potrebbe continuare. La sinistra, i lavoratori, hanno sempre avuto tra i propri valori la solidarietà, l’attenzione verso gli ultimi ed io, a meno che non mi convincano con argomenti forti, nel rifiuto da parte dei lavoratori del Regio della richiesta di cassa integrazione, in questo momento attesa, sperata da milioni di altri lavoratori precari e non garantiti, non ritrovo più quei valori.

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