Maggio 2019- Pagina 48

Dalla febbre del sabato sera agli anni ‘80

Al Circolo dei Lettori di Torino, incontro con i Fratelli La Bionda

Dopo il successo ottenuto da Ricky Gianco, torna al Circolo dei Lettori un altro importante appuntamento con la musica di casa nostra. Considerati i pionieri della discomusic italiana, saranno i Fratelli La Bionda, in dialogo con Bruno Gambarotta e Giorgio Olmoti ad animare l’evento “Dalla febbre del sabato sera agli anni ’80”, in programma lunedì 6 maggio alle ore 21. L’appuntamento si inserisce nel ciclo di incontri “La musica della nostra storia”, organizzato nell’ambito della mostra “NOI…non erano solo canzonette”, in corso alla Promotrice delle Belle Arti di Torino fino al 7 luglio 2019. La mostra si presenta al pubblico come una grande rappresentazione della storia italiana recente nella quale la “Musica d’Autore” si fa strumento di esplorazione e interpretazione delle grandi trasformazioni che caratterizzarono quegli anni. Da questo presupposto nascono i tre appuntamenti al Circolo dei Lettori, rappresentazione dell’Italia dal 1950 al 1982, attraverso quei filoni musicali che ne hanno saputo parlare il linguaggio e restituire le emozioni.

Ciclo “La musica della nostra storia”

Circolo dei Lettori, Via Bogino 9, Torino; tel. 011/4326827

Ingresso libero

Prossimo incontro:

“Metamorfosi: il progressive e l’Italia degli anni ’70”

Giovedì 6 giugno, ore 21; incontro con Vittorio Nocenzi, con la partecipazione di  Bruno Gambarotta e Giorgio Olmoti.

g. m.

Nelle foto
– Fratelli La Bionda
– “La febbre del sabato sera”

 

Studenti piemontesi a Trieste, crocevia di frontiere contese

Cinquanta studentesse e studenti piemontesi, accompagnati da dieci docenti e da uno degli esperti degli Istituti storici della Resistenza piemontesi, parteciperanno dal 10 al 12 maggio al viaggio studio a Trieste che prevede la visita dei luoghi della memoria del confine orientale

Si tratta del primo dei tre appuntamenti riservati agli studenti vincitori della 38° Edizione del progetto di Storia Contemporanea, promosso dal Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale del Piemonte, in collaborazione con l’Ufficio Scolastico regionale.
Le principali mete saranno la Risiera di San Sabba a Trieste, la foiba di Basovizza e, nel Goriziano, il memoriale di Redipuglia, dedicato ai caduti della Prima guerra mondiale.
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Trieste, luogo dei luoghi
Trieste, ricca di storia sul crinale carsico e crocevia di frontiere contese, è la città più settentrionale del Mediterraneo e più meridionale della Mitteleuropa, una città “luogo dei luoghi”, con un passato importante, complesso e sofferto, che si porta addosso i segni di ferite mai rimarginate e di irrisolti conflitti. Una città dove si sente l’odore salmastro del mare e il fischiare della bora, con le onde che s’infrangono sul molo Audace dove, nel 1914, (quando si chiamava ancora molo San Carlo) attraccò la corazzata “Viribus Unitis”, nave ammiraglia della marina Imperiale con a bordo le salme dell’Arciduca Francesco Ferdinando e della moglie Sofia, uccisi nell’attentato di Sarajevo. Sullo stesso molo, quattro anni più tardi, giunse il cacciatorpediniere “Audace” della marina italiana. Era il 3 novembre del 1918, finiva la prima guerra mondiale e la nave che diede il nuovo nome a quella lingua di terra in mezzo al mare, vi sbarcò un battaglione di bersaglieri.
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Trieste letteraria, da Saba a Joyce
Trieste ha una “identità di frontiera”, è un crocevia cosmopolita che rispecchia le tensioni europee, che fonde – spesso drammaticamente – culture ed etnie diverse, una città letteraria dove, non a caso, molti scrittori hanno trovato ispirazione. Tra i tanti si possono citare Italo Svevo, Umberto Saba, Rainer Maria Rilke, Scipio Slataper, Boris Pahor Claudio Magris, Stuparich, James Joyce. Joyce visse a lungo in città, vi completò la raccolta di racconti “Gente di Dublino”, scrisse diverse poesie, oltre al dramma “Esuli” e ai primi tre capitoli de “l’Ulisse”, il libro che gli diede fama internazionale. In uno dei luoghi più belli della città, il Ponterosso che attraversa il Canal Grande, nel quartiere teresiano, un monumento in bronzo raffigura lo scrittore irlandese mentre cammina, assorto nei suoi pensieri, con un libro sottobraccio e il cappello in testa. La targa, riprendendo la “Lettera a Nora” del 1909, recita: “la mia anima è a Trieste”.
Trieste e la “rivoluzione” di Franco Basaglia
Trieste è la città dove lo psichiatra Franco Basaglia iniziò – dall’ospedale psichiatrico San Giovanni – la rivoluzione che portò all’abolizione dei manicomi con la legge 13 maggio 1978 n. 180. “La libertà è terapeutica”, venne scritto sui muri bianchi di quella “città dei matti” che rinchiudeva dietro le sbarre, con un “fine pena mai” chi era segnato dalla malattia. La legge “Basaglia”, a quarant’anni dall’entrata in vigore con tutto l’impatto che ebbe sulla società italiana affrontando il difficile rapporto tra malattia mentale, società, poteri e ideologie, è stata la “traccia” più scelta dagli studenti che hanno lavorato sul Progetto di storia contemporanea, raccogliendo i favori del 55 % delle ragazze e dei ragazzi. Grazie a questa legge ai “matti” venne riconosciuta la dignità di esseri umani, mettendo fine alla loro vita di non-persone, da segregare e sorvegliare perché “pericolose per sé e per gli altri”. Franco Basaglia, grande ispiratore della riforma, costrinse tutti a prendere atto che il malato mentale non era uno scarto della società, ma una persona che, nella sua debolezza, deve essere rispettata e aiutata a curarsi.
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La Risiera di San Sabba
Oltre al paesaggio fisico ci sono i luoghi dell’anima e le storie di personaggi veri, come Diego de Henriquez. Uomo straordinariamente singolare, triestino erede di una famiglia di ascendenza nobiliare spagnola, collezionista di ogni genere di materiale bellico e ideatore del Civico Museo della Guerra per la Pace, Diego de Henriquez ricopiò in due dei suoi diari, prima che venissero cancellate, le scritte lasciate dai prigionieri nelle celle della Risiera di San Sabba, lo stabilimento per la pilatura del riso che i nazisti trasformarono in lager diretto da Odilo Globočnik ,ufficiale delle SS e supervisore della costruzione di diversi campi di concentramento in Polonia (Bełżec, Sobibór, Treblinka), uno dei maggiori responsabili dello sterminio di milioni di persone durante l’Olocausto, calato a Trieste per fare della Risiera un luogo di morte. Le vittime della Risiera, unico campo di sterminio nazista in territorio italiano, sono stimate tra le 3000 e le 5000 persone, per la maggior parte partigiani e ostaggi, sloveni e croati, ma anche italiani, oltre ad almeno 28 ebrei.
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La Foiba di Basovizza
Durante il viaggio si visiterà la Foiba di Basovizza, nell’omonima frazione di Trieste a nord-est della città, sull’altopiano del Carso. Dichiarata monumento nazionale nel 1992, rappresenta il simbolo delle atrocità commesse sul finire della seconda guerra mondiale e negli anni successivi dalle milizie di Tito. Pozzo minerario in disuso, nel maggio 1945 fu teatro di esecuzioni di civili e militari italiani, arrestati dalle truppe jugoslave d’occupazione. Gran parte delle vittime vennero gettate dentro le foibe, voragini naturali disseminate sull’altipiano del Carso triestino e in Istria. Quella di Basovizza, nel tempo, è diventa il principale memoriale, dotato da una decina d’anni di un Centro di Documentazione.
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Il Sacrario di Redipuglia
Ultima meta, sulla strada del ritorno a Torino, sarà il Sacrario di Redipuglia, il più grande e maestoso “parco della Rimembranza” dedicato ai caduti della Grande Guerra. Redipuglia, il cui toponimo deriva dallo sloveno “sredij polije” (“terra di mezzo”), si trova nella provincia di Gorizia, sul versante occidentale del monte Sei Busi e sorge nei luoghi dove, durante la Prima Guerra Mondiale, si svolsero le violentissime battaglie dell’Isonzo. Inaugurato il 18 settembre 1938, dopo dieci anni di lavori, l’opera –  conosciuta anche come  Sacrario “dei Centomila” – custodisce i resti di 100.187 soldati caduti nelle zone circostanti, in parte già sepolti, in un primo momento, sull’antistante Colle di Sant’Elia. Fortemente voluto dal regime fascista, il sacrario celebra il sacrificio dei caduti e offre degna sepoltura a coloro che non avevano trovato spazio nel cimitero degli Invitti. Si tratta di una  struttura imponente, composta da tre livelli di gradoni, sormontata da tre croci che richiamano l’immagine del Golgota e la crocifissione di Cristo. Circondato dai cipressi e dai prati  attraversati dai sentieri che passano accanto al museo e alle opere militari (camminamenti, caverne, trincee, postazioni per mitragliatrici e mortai) offre una testimonianza della linea difensiva realizzata prima dagli austriaci e poi conquistata dagli italiani.
 

Marco Travaglini

Mantova, aperte le iscrizioni alla Scuola di Palazzo Te

Sono aperte fino al 15 maggio 2019 le iscrizioni alla Scuola di Palazzo Te, il percorso di ricerca residenziale della Fondazione Palazzo Te dedicato alle arti e alla progettualità culturale, in programma nel periodo estivo a Palazzo Te
I programmi didattici 2019, articolati nei due moduli “Studiare Arte” e “Fare Arte”, sono aperti a studenti, professionisti e mediatori della cultura italiani ed internazionali. La mission della Scuola di Palazzo Te è di accrescere le capacità di azione, di pensiero e di sviluppo nel campo della produzione culturale contemporanea. L’intervento si concentra in particolare sulla relazione tra patrimonio, tradizione, linguaggi ereditati, cultura contemporanea e capacità di progetto, con l’intento di ispirare visione, nuove prospettive di ricerca, nuovi progetti culturali e formare alle capacità necessarie alla loro attuazione.
Studiare Arte
È un percorso residenziale di 5 giorni dal 17 al 21 giugno 2019. Organizzato in collaborazione con il Courtauld Institute of Art di Londra, il corso è dedicato agli studenti interessati a sviluppare le proprie competenze visive e analitiche attraverso il contatto diretto con un monumento complesso come Palazzo Te di Giulio Romano (1525-1535). Insieme al Prof. Guido Rebecchini, gli studenti spenderanno cinque giorni esplorando il Palazzo, con pieno accesso ai suoi spazi. Durante la residenza del gruppo a Mantova, gli studenti esamineranno in modo innovativo questa straordinaria villa cinquecentesca in cui architettura, pittura e scultura convivono e si relazionano in maniera profonda.  La classe sarà formata da circa 15 studenti, dottorandi di ricerca e studiosi.
Fare Arte
È un percorso residenziale di 9 giorni dal 25 giugno al 3 luglio 2019, quest’anno alla seconda edizione. Si terrà a Palazzo Te sotto la guida di tre esperti di arte contemporanea e produzioni culturali: Stefano ArientiMariangela Gualtieri e Stefano Baia Curioni. Il corso prevede 2 seminari monografici condotti dai due artisti, e una sessione comune pomeridiana sull’implementazione e lo sviluppo progettuale guidata dal Direttore della Fondazione Baia Curioni.
Il corso si rivolge a un gruppo di 35 artisti, operatori e mediatori culturali.

"LE ATTREZZATURE SPORTIVE DEL PARCO DORA SONO IN CATTIVE CONDIZIONI"

I CITTADINI LO SEGNALANO DA TEMPO AL COMUNE DI TORINO. QUANDO SARANNO RIPARATE?

Un’ennesima lettera (che inseriamo in calce a questo messaggio) pervenuta anche al nostro Comitato di cittadini sul problema in oggetto. Lo stato di abbandono delle attrezzature da gioco sotto la tettoia dell’ex capannone di strippaggio del Parco Dora è sotto gli occhi di tutti. E incombe pure il concerto del Kappa Futur Festival che occupa per giorni l’area. E’ un problema che coinvolge le decine di frequentatori del Parco e che abbiamo anche come Comitato segnalato nuovamente agli Uffici del Verde Pubblico della Città.

COMITATO DORA SPINA TRE

www.comitatodoraspina3.it

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La lettera

Più volte ho segnalato ai vari Enti competenti tramite mail, senza nessuna soluzione, la condizione dei vari campetti al Parco Dora: porte di calcio non più esistenti, niente reti di pallavolo e tennis, canestri di basket sistemati ad altezza diversa causa anche il Kappa festival.

Ad oggi il campo di calcetto risulta essere senza porte di calcio e senza una recinzione che ne delimiti i confini, anche per la sicurezza dei passanti; nel weekend è pieno di ragazzi che ci giocano ma come porte mettono delle borse.

Campi da tennis e pallavolo sono senza reti da anni.

Campo da basket: i tabelloni purtroppo sono stati messi ad altezze diverse; andrebbero regolamentati. L’abbassamento è stato causato dall’appoggio di una cassa durante il Kappa Futur Festival, il cui peso ne ha causato l’abbassamento.

I ragazzi che abitualmente giocano a basket hanno comprato due retine per i canestri; consiglierei di inserire quelle in ferro per evitare che se li portino via.

Tutto questo dovrebbe rientrare nella manutenzione ordinaria.

A chi bisogna rivolgersi per risolvere questo problema?

Il Parco Dora è un bel parco, però mi sembra che si stia abbandonandolo a se stesso.

Cordiali saluti

(segue la firma)

L'isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria
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Claudia Durastanti   “La straniera”   -La nave di Teseo-   euro 18,00
 
E’ una sorta di romanzo-memoir l’ultimo libro della giovane scrittrice Claudia Durastanti, nata a Brooklyn nel 1984, scrittrice e traduttrice, che ha esordito nel 2010 con il romanzo “Un giorno verrò a lanciare sassi alla tua finestra”. Da allora la sua carriera nella patrie lettere è stata in continua ascesa. “La straniera” è la sua 4° opera, in gran parte autobiografica, perché anche lei come la protagonista è figlia di genitori non udenti, emigrata da Brooklyn in un paesino lucano. Figlia, nipote e pronipote di migranti, la Durastanti, narra un po’ la storia del suo albero genealogico in cui soprattutto le antenate italo-americane confluiscono nella figura della straniera. Una famiglia sui generis con forti dosi di fascino perché ingloba concetti come espatrio, viaggio, migrazione, ma anche vita ai margini, stranezze e comportamenti borderline. Diversità fisica e senso di estraneità attraversano le vite dei suoi genitori, entrambi sordi, che hanno imbastito un matrimonio tra il passionale e il rancoroso, finito con il divorzio nel 1990. Da allora non si parlano quasi più, ma entrambi raccontano il loro primo incontro sostenendo di aver salvato la vita all’altro. Chi dei due la racconti giusta è un rebus. Però parte proprio di lì l’indagine della scrittrice, che rimanda spesso al film di Jane Campion “Lezioni di piano”, pellicola che l’aveva particolarmente affascinata. Anche lei e la madre si erano trasferite in una nuova comunità, non proprio le spettacolari spiagge della Nuova Zelanda, ma un paesino sperduto della Basilicata. La protagonista del film era un’enigmatica e affascinante pianista muta, mentre la madre della Durastanti parlava fin troppo, non amava usare la lingua dei segni ed esprimeva il suo talento nella pittura. Una donna coraggiosa che a 34 anni, dopo la separazione, decide di lasciare l’America e Brooklyn, e con i due figli ancora piccoli percorre una rotta emigratoria al contrario. Figura complessa e irrequieta che difficilmente si integra nell’ideale femminile imperante nel meridione. Personaggio da scoprire a poco a poco attraverso la narrazione della figlia che ripercorre così anche la sua atipica educazione sentimentale poliglotta; tra ostacoli e perenne ruolo di straniera che però l’hanno resa più forte e addestrata a saper mettere radici ovunque nel mondo.
 
 
Gioconda Belli   “Le febbri   della memoria”   -Feltrinelli-   euro 18,00
 
Poetessa, scrittrice e giornalista, nata a Managua nel 1948, Gioconda Belli ha esordito nel 1988 con il best seller “La donna abitata” e da allora ha raccontato storie di stampo femminista. Ora per la prima volta si mette nei panni di un uomo, di più…in quelli di un suo misterioso antenato di cui ricostruisce l’avventurosa vita nell’800. Tutto ha inizio con la scoperta fortuita di un corposo manoscritto di 480 fogli di carta da pacchi, nascosto in un’antica scatola di latta, rinvenuta durante i lavori di demolizione della casa di sua nonna Graciela a Matagalpa. In quelle pagine c’è la storia del suo avo: il Duca francese Charles Choiseul de Praslin, Pari di Francia, accusato di aver ucciso la moglie e rocambolescamente scappato dalla Parigi post rivoluzionaria del 1847. Ha fatto credere a tutti di essersi ucciso ed ha lasciato per sempre dietro di sé 9 figli e un’ingente patrimonio. Nella sua precipitosa fuga sull’isola di Wight, accompagnato da un fedele servitore, trova rifugio per un po’, sotto mentite spoglie. Riparte da zero, cambia nome, diventa Georges Desmoulins e si reinventa un passato, apprende i rudimenti della medicina e stringe amicizia con il poeta Alfred Tennyson. Questo però è solo il suo primo temporaneo scalo. Lidi ben più lontani lo attendono e forse è questa la parte più affascinante della storia. Si imbarcherà per New York dove va alla ricerca di Henriette, l’istitutrice dei suoi figli con cui aveva imbastito una storia di adulterio che l’aveva danneggiato non poco. La scova, l’affronta e chiarisce una volta per tutte la dinamica dell’omicidio della moglie. Chiude un capitolo doloroso della sua vita e poi guarda altrove. Fra gli incontri che farà il più interessante e strategico è quello con un personaggio del calibro del Commodoro Cornelius Vanderbilt, magnate energico e geniale che trasformava in oro tutto ciò che sfiorava. (Curiosità. A Newport in America si può visitare “The Breakers”, l’imponente dimora estiva costruita dai Vanderbilt, in stile rinascimentale italiano. Sfarzo e ricchezza dell’età d’oro di fine 800 che lascia senza fiato). Ed ecco che Charles afferra al volo una seconda chance nel selvaggio Nicaragua, dove il governo dava concessioni sulle terre ai nuovi arrivati europei che guardavano al Nuovo Mondo come speranza di futuro. Nella zona di Matagalpa nascono così le nuove colonie e il protagonista trova finalmente il suo definitivo approdo, iniziando una nuova vita che vi appassionerete a scoprire. E’ da lì che arriva una delle nonne della scrittrice che ci ha regalato 300 pagine indimenticabili, tra rocambolesca saga familiare e romanzo storico.
 
 
 
Rachel Cusk   “Transiti”   -Einaudi-   euro 17,00
 
Questo è il secondo libro (dopo “Resoconto”) della trilogia della scrittrice Rachel Cusk , nata in Canada nel 1967, ma inglese di adozione, che vive tra Londra e la contea di Norfolk. Dopo gli studi a Oxford ha esordito a soli 26 anni con “Saving Agnes” con cui ha vinto il Whitbread Awards, poi tra i suoi romanzi tradotti in italiano “Arlington Park” e   “Le variazioni Bradshaw”. In “Transiti”, secondo tassello della sua trilogia, mette a punto la narrazione “aperta” in cui più personaggi che “transitano” nella vita della protagonista si raccontano mettendo a nudo le loro vite. Il filo che lega il tutto è la voce narrante di una scrittrice separata da poco, che compra una disastrata casa londinese e la ristruttura. L’appartamento è la porzione di un’antica dimora vittoriana divisa in due, e lei si trova a dover fare i conti con gli altri inquilini. Una coppia di anziani coniugi incattiviti nei confronti del mondo, che la odiano, la insultano, lasciano cadere a pezzi la casa e il giardino ..e soprattutto non sopportano il minimo rumore. Il racconto inizia con i lavori di insonorizzazione dei pavimenti…ed è l’inizio di un collage di personaggi vari e diversissimi tra loro che magari compaiono una volta sola. Ecco allora un mosaico fatto di tanti frammenti, una sequenza di dialoghi tendenti al monologo in cui le persone incontrate dalla protagonista raccontano le loro vite e stigmate. Dalla storia del muratore polacco avvolto dalla nostalgia per il suo paese a quella del cugino Lawrence che ha lasciato la moglie per un’altra. Spesso dietro alle traiettorie di vita si annidano traumi infantili, rotture   in famiglia e tanti altri spaccati di vita che la Cusk racconta in modo magnifico.
 
 

 
 
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Gli studenti diventano cittadini europei

Proprio il giorno della Festa dell’Europa, il 9 maggio, alle 11 nell’aula consiliare di Palazzo Lascaris, si terrà la cerimonia di premiazione delle studentesse e degli studenti vincitori della 35esima edizione del concorso “Diventiamo cittadini europei. Per un’Europa più unita, più democratica e più solidale“, bandito dalla Consulta europea del Consiglio regionale, in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale per il Piemonte e l’Ufficio del Parlamento europeo a Milano e rivolto agli studenti delle scuole superiori piemontesi. Quest’anno sono stati 59 gli istituti che hanno partecipato con 734 temi. La registrazione dei partecipanti è prevista dalle ore 10. 

Pallanuoto Piemonte, i risultati

 Nei campionati maschili di A2, B, C e Promozione

www.federnuoto.piemonte.it


Serie A2, la Reale Mutua Torino 81 Iren supera Padova e vola ai playoff
Dopo la sconfitta di Civitavecchia la Reale Mutua Torino ’81 Iren è tornata alla Piscina Monumentale e al successo, superando 10-4 il Plebiscito Padova (parziali 2-0 3-2 4-0 1-2). Una vittoria pesante perché dà alla compagine torinese la matematica certezza dell’accesso ai playoff, conquistati con il lavoro quotidiano e con una consapevolezza nei propri mezzi che partita dopo partita è cresciuta sempre più. Il comunicato stampa completo della Torino 81 su https://www.federnuoto.piemonte.it/finpiemonte/home_new/appro_new.asp?id_info=20190505001049&area=2&menu=agonismo&read=pallanuoto

Serie B, vittoria importante per la Dinamica su Rapallo
Lasciata definitivamente alle spalle l’amara sconfitta di sabato scorso a Imperia, la Dinamica è tornata alla vittoria ieri pomeriggio alla piscina Monumentale, superando 10-7 il Rapallo Nuoto al termine di una partita sempre condotta e molto ben giocata (parziali 2-1 2-1 3-3 3-2). Con i tre punti conquistati i torinesi hanno agganciato al quinto posto in classifica proprio la formazione ligure, portandosi a una sola lunghezza dalla quarta posizione che vale l’accesso ai playoff. Contemporaneamente hanno allungato sul più 8 rispetto alla terzultima piazza, un margine che a tre giornate dalla conclusione della regular season appare rassicurante per evitare i playout. L’articolo completo su https://www.federnuoto.piemonte.it/finpiemonte/home_new/appro_new.asp?id_info=20190505152433&area=2&menu=agonismo&read=pallanuoto

Serie C e Promozione, week end positivo per le squadre piemontesi
È di tre vittorie e una sconfitta il bilancio del sabato di pallanuoto delle formazioni piemontesi di serie C e Promozione. Dopo i passi falsi dello scorso fine settimana hanno rialzato la testa Aquatica Torino e UISP River Borgaro, rispettivamente in casa contro la Pallanuoto Treviglio e in trasferta sul campo del Milano 2. La Sa-Fa 2000 ha invece ceduto nella sfida serale della Monumentale contro Piacenza, compagine seconda in classifica. Bella vittoria, infine, per il Waterpolo Novara, a segno in casa contro il Vimercate. L’articolo completo e i tabellini su https://www.federnuoto.piemonte.it/finpiemonte/home_new/appro_new.asp?id_info=20190505151906&area=2&menu=agonismo&read=pallanuoto

“Sharjah. Memorie di un emiro illuminato”

Lo sceicco Al Quasimi lancia la versione italiana del suo libro. La presentazione ufficiale  nella splendida cornice di Palazzo Madama a Torino

Si è tenuta a Palazzo Madama di Torino la cena di gala in onore dell’emiro di Sharjah, Sultan bin Muhammad Al Qasimi. Sharjah – tra i sette emirati che compongono gli Emirati Arabi Uniti) – ospite d’onore al Salone Internazionale del Libro di Torino 2019. Sua Altezza Reale ha presentato per la prima volta in Italia il suo libro, edito da Mondadori, dal titolo “Sharjah. Memorie di un Emiro illuminato”, dove narra la propria vita intensa, raccontata attraverso alcuni dei principali avvenimenti della storia contemporanea in grado di creare interessanti spunti di riflessione. “Si parla di questo libro come se fosse un’autobiografia, ma in realtà parla della storia di un intero Paese – ha dichiarato  Sultan bin Muhammad Al Qasimi -. Le decisioni prese nella storia del mio regno e che sono ricordate nel libro nascono non dal volere di una persona, ma dal volere collettivo perché i libri sono il valore della cultura e dell’umanità. Ringrazio questo paese, culla della cultura per la straordinaria accoglienza e per darmi la possibilità di raccontare, attraverso il mio libro, la storia di Sharjah con la profonda cultura che ci accomuna. La cultura, il sapere, la scienza sono fattori chiave nello sviluppo delle Nazioni, ed è nostro dovere sostenere gli intellettuali e coloro che con il proprio lavoro la diffondono nel mondo”.

All’evento hanno preso parte le principali della città, la sindaca di Torino Chiara Appendino, Omar Obaid Al Shamsi, Ambasciatore Italia degli Emirati Arabi Uniti, il Console Generale degli Emirati Arabi Uniti Abdalla Al Shamsi, il presidente della Sharjah Book Authority, Ahmed Al Ameri, Antonella Parigi, Assessore allaCultura della Regione Piemonte, il Rettore del Politecnico di Torino, Guido Saracco, l’imprenditore Agostino Re Rebaudengo, Paola Gribaudo presidente dell’Accademia Albertina, Giulio Biino, presidente del Salone del Libro di Torino, Maurizio Rebola, Presidente del Circolo dei Lettori e numerose altre personalità del mondo culturale e imprenditoriale.

Uomo di profondissima cultura e grande carisma, Al Qasimi è protagonista in prima persona di quel sistema virtuoso che è valso a Sharjah la nomina a Capitale Mondiale del Libro 2019 da parte dell’UNESCO il 23 aprile scorso a riprova della sua centralità nel panorama editoriale internazionale. Infatti, lo Sceicco, non solo nel corso degli anni ha scritto numerosi libri, ma ha sempre sostenuto gli intellettuali e coloro che diffondono la cultura, comprese le librerie, le case editrici e le relative istituzioni statali, trasformando Sharjah in un centro moderno e brillante, il faro intellettuale degli Emirati Arabi.

A proposito della nomina da parte dell’UNESCO, Sua Altezza Al Qasimi ha recentemente dichiarato: «Questo riconoscimento ci incoraggia a continuare nel sostenere iniziative volte alla diffusione della conoscenza e alla costruzione di civiltà, facendodi Sharjah la culla della rinascita culturale e intellettuale del mondo arabo islamico. C’è ancora molto da fare. La produzione diconoscenza non si ferma mai, così come il corso della vita. Sharjah è pronta a proseguire questo viaggio e, se Dio vorrà, i nostri figli continueranno la nostra marcia per rendere Sharjah un faro per la conoscenza, una meta per coloro che sono assetati di scienza e cultura».

La partecipazione di Sharjah in qualità di Ospite d’Onore al Salone del libro è un’importante testimonianza, dunque, dell’impegno che l’emirato esercita da sempre nella promozione e nella tutela della cultura e in particolar modo della letteratura. Un encomio e un plauso a un Paese che da sempre mette il sapere e la conoscenza al primo posto.

A riconoscimento di questo impegno culturale, nella mattinata di ieri, l’Emiro Al Qasimi ha ricevuto il dottorato honoris causa in Urban Regional Development dal Politecnico e dall’Università di Torino. L’emirato di Sharjah si distingue per la sua forte vocazione culturale e per l’impegno profuso nella conservazione e nella tutela delle proprie radici e della cultura araba, sempre mantenendo un occhio di riguardo e un’attenzione particolare all’istruzione e alla ricerca scientifica.

Sua Altezza Sheikh Dr. Sultan bin Muhammad Al Qasimi, che governa Sharjah dall’anno della sua fondazione nel 1971, è infatti conosciuto e amato per le sue politiche progressiste e per la promozione di iniziative di grande rilevanza come la creazione della prima Accademia per la conservazione della lingua araba, la creazione della prima “Free publishing zone” al mondo e opere filantropiche fra cui il restauro di un importante monastero in Armenia, l’organizzazione di festival teatrali in diversi paesi arabi, la costruzione di un nuovo edificio per ospitare la sede dell’Unione degli Archeologi Arabi in Egitto, un importante contributo per l’International Theatre Institute e per la fondazione della Fondazione Culturale Azzagra in Spagna.

Lo Sceicco Sultan bin Muhammed Al Qasimi ha studiato filosofia e storia presso le Università inglesi di Durham eExeter e ingegneria al Cairo. Membro del Consiglio Supremo degli Emirati Arabi Uniti e capo dell’Emirato di Sharjah fin dal 1972, è anche un apprezzato storico e letterato, autore di numerose opere tra cui The Myth of Arab Piracy in the Gulf (1986), The British Occupation of Aden (1990) e The Fragmentation of the Omani Empire (1989).

Ci hanno lasciato senza sorprese teatrali, è difficile affezionarsi al “dolce principe”

Valerio Binasco continua a incrociare sulla sua strada di uomo di teatro Amleto, poco più di vent’anni fa ne fu l’interprete – e si guadagnò un premio Ubu – con la regia di Carlo Cecchi, oggi ne agguanta le redini in veste di regista per riempire dei tormenti e dei sussulti e delle ansie del “dolce principe” l’ampio palcoscenico (troppo ampio?) delle Fonderie Limone. Ma in lui – nelle tre ore di spettacolo più intervallo, e allora ti accorgi che il lavoro di riduzione affidato alla consulenza drammaturgica di Fausto Paravidino avrebbe dovuto possibilmente utilizzare ben altre forbici – pare esserci un tanto di ritrosia, di tentennamenti (immedesimazione teatrale?), di insicurezze, già lasciano perplessi quelle note di regia riportate nel programma di sala, buttate giù sulla carta nell’estate di un anno fa (“scritte imprudentemente”, è l’esplicita confessione), che ancora non potevano lasciar spazio allo “spettacolo” ma che spingono soltanto il (futuro) regista a parlare “di me”, a gridare allo spettatore “una straordinaria paura di mezza età”.

Perché confrontarsi con Amleto pare non sia per nulla facile, districare tutti i rivoli in cui si dipana la trama di un’opera “diseguale”, zoppa nell’essere un capolavoro nei suoi primi tre atti e “alcune buffe rozzezze quando la trama deve dispiegarsi”, fare di quella figura di giovinezza e di regalità il perno efficace attorno al quale stringere i sentimenti e gli sguardi e le azioni di amici e nemici, svelarne appieno i paradossi e soprattutto quello che Binasco definisce “il disprezzo per la propria inconsistenza”. Tutt’al più allargare i confini fisici e considerare con più comodità questa tragedia come “un dramma familiare”, ma di quelli facili facili, con tanto di morto ammazzato, di corna, di vedovella che se la gode e di amante che s’è sistemato a vita, di rampollo che vuole rimettere un po’ di ordine nel trantran di famiglia. Parrebbe troppo facile. E poi Amleto si muove e riempie il palcoscenico, medita e sbraita contro questo o quello, odia la madre e lo zio usurpatore, getta accuse e blandisce, si rintana nella ricerca continua di una sua propria quanto precisa identità, tira di spada e duella, manda in convento la ragazzina e non sai bene se e quanto ne fosse davvero innamorato: ma poi tutto quanto sarà “silenzio”. Ecco, quel silenzio è lì come il vero pericolo della serata, al di là e oltre gli applausi destinati alla compagnia e al lavoro di tutti, tecnici compresi, ben allineati in proscenio (con il sospetto di applausi di cortesia o di amicizia alla prima), un silenzio che vada a coprire il lavoro di mesi e gli sforzi e i risultati che qua e là si vedono ma che non riescono a convincermi appieno. In altre parole, in quei 180’ Binasco riesce ben raramente, in una eccessiva parsimonia scenografica che finisce con l’essere vicinissima al vuoto più disturbante, con quelle alte pareti grigie del teatro a sostituirsi ad una reinvenzione accettabile di Elsinore, a dare forma ad un guizzo, una trovata, un eccesso teatrale che ti sottragga ad un percorso troppo lineare. Ed alla fine sempre troppo eguale a se stesso. Certo la frammentazione della seconda parte non aiuta, anche Shakespeare come Omero di tanto in tanto s’è addormentato. Quando, come nella scena dei becchini, ti dà la staffilata inondando dall’alto di terriccio le tombe, è questione di un attimo, anche quell’atto s’interrompe e si chiude immediatamente su un chiacchiericcio senza convinzione che spegne l’idea. Molto allora si risolve nell’ascolto della traduzione di Cesare Garboli, molto traspare dai giochi di luce dovuti a Nicolas Bovey che attraversano gli spazi bui, di già visto spesso e altrove sanno al contrario i costumi di Michela Pagano, divise, pastrani tipo reduci dalle fredde distese russe, giacche e pantaloni di sapore impiegatizio.

A chi assistesse oggi per la prima volta all’Amleto, risulterebbe assai strana e difficile da decifrare quell’aria di leggenda che sta attorno al testo e a certe passate edizioni, rifiuterebbe anche la performance di Laurence Olivier come già faceva il giovane Holden di Salinger. Cinematograficamente, si direbbe che (anche) molti degli attori non bucano lo schermo, fanno il loro dovere, qualcuno con accanimento, ma senza arrivare giù in platea. Gabriele Portoghese che ha il ruolo del titolo, grande responsabilità, ha attorno a sé troppo “disordine” per poter dire una parola nuova sul personaggio, il Claudio di Michele Di Mauro gioca sull’ambiguità e sul tronfio guadagnandosi attenzione, il Rosencrantz e il Guildenstern di Michele Schiano di Cola e Vittorio Camarota sono arrivati chissà perché da Napoli, la regina di Mariangela Granelli butta fuori rabbia e fantasmi perdendosi in rabbiose volute di fumo, la Ofelia di Giulia Mazzarino trova qualche sincerità d’accenti soltanto nel finale con la follia di suicida. Chi si ritaglia appieno uno spazio davvero convincente è il Polonio di Nicola Pannelli, untuoso quanto basta, perfetto impiegato di corte, pieno di timori ma gran simpaticone: guardiamo lui mentre dovremmo per tutta la serata cercare di affezionarci a quel “triste individuo svitato”. Ma non ci riusciamo.
 
Elio Rabbione
Le foto dello spettacolo sono di Laila Pozzo