ARTISSIMA NUMERO 25

LA LETTERA / Dicono che Marie Antoine Carême, padre nobile della grande cucina francese vissuto all’epoca di Napoleone, affermasse ” Le belle arti sono cinque e cioè: la pittura, la scultura, la poesia, la musica e l’architettura, che ha come ramo principale la pasticceria.”

Grande profeta! Effettivamente negli ultimi decenni il cuoco è diventato il protagonista e la star della cultura e dell’arte. Con buona pace dell’antropologia culturale che vede giustamente nel cibo e nella sua preparazione una componente della “cultura” dell’uomo, ho l’impressione che si sia dato vita ad una “consacrazione intellettuale” eccessiva a questa pur nobile disciplina e mi domando se questo non sia accaduto ( oltre che per il gigantesco businnes che ci sta dietro ) anche a causa del vuoto e del nulla che caratterizza la smisurata offerta delle arti visive contemporanee, affannosamente all’inseguimento, ormai da troppi anni, di piccole idee senza pensiero e manipolate da bolle speculative che la grande cupola che le manovra fa nascere e morire. Leggo oggi su “La Repubblica” l’ambizioso progetto per Artissima numero 25 ” Musica, cibo e voglia di futuro” e il commovente proclama della Direttrice Ilaria Bonaccossa, già Fondazione Sandretto… ” e ho detto tutto” ( Totò), che così recita “Ci interessa mescolare le varie arti, scommettiamo nella transdisciplinarietà”. La sinistra assonanza di “transdisciplinarietà” con “transavanguardia” ( uno dei più deplorevoli e sintomatici esempi di costruzione dal “nulla” del “nulla”) già mi inquieta e mi conferma che al peggio non c’è mai limite. La “Fiera” otterrà senza dubbio pagine e pagine di servile risonanza mediatica ed una fiumana di visitatori la maggior parte dei quali, uscendo esausta, bisbiglierà di aver visto una montagna di stupidaggini per poi sostenere, nei contesti più o meno ufficiali, che l’esperienza è stata interessante e “divertente”. Obiettivo raggiunto e complimenti all’organizzazione!!!

L’arte deve essere divertente.

Non so se la pensavano così Cézanne, Rothko o Tàpies, ma non importa, questa è roba vecchia.

Roberto Demarchi

 

 

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