Un delizioso quadro di ampio respiro, in cui troviamo rappresentata una piccola bergera nell’atto di portare al pascolo il suo gregge, potrebbe idealmente aprire la mostra. Colpisce, di quella contadinella, lo sguardo sperduto e malinconico, contenuto (come i gesti) in un armonico scenario alpino che per lei é limite invalicabile di paesaggio e di vita. Sguardo ben diverso dal cipiglio fiero, pronto ad agguantare il mondo, della giovane contadina protagonista di un altro dipinto e che forse ha percepito nell’aria irrequieti sentori di novità “rivoluzionarie” portate, anche per lei – con il secolo dei “lumi” alle spalle e le nuove pulsioni romantiche nell’aria – dal mutare delle idee e dei tempi. Due giovani donne, accomunate dal lavoro sostanzialmente similare e dai tempi pressoché combacianti. Eppure così diverse. Anche perché, in ogni caso, nel Bel Paese di fine Ottocento – e a dispetto di una “questione femminile” già altrove emersa negli ultimi anni del secolo precedente – la donna continua ancora, nell’immaginario collettivo a rappresentare pur sempre e soprattutto l’“angelo del focolare” o, di contro, la figura affascinante, raffinata ed elegante, inquieta e perfino trasgressiva dell’aristocrazia o dell’high society d’allora. Manca ancora, nell’ottica del “femminile”, un’impronta di impegno sociale generalizzato, teso a rivoltare cose e fatti e costumi vecchi di secoli. Quella raccontata dalla pittura di fine Ottocento e dei primissimi anni del Novecento è dunque, proprio per questo, una figura femminile dalle molte e controverse sfaccettature. Lo mettono in chiara evidenza le opere esposte fino al 25 maggio nelle sale della Galleria Aversa di via Cavour 13. Opere prevalentemente a firma di artisti di area subalpina, “girovaghi” (almeno negli anni di lavoro e permanenza a Torino e in Piemonte) fra le tre location allora assolutamente tappe
d’obbligo per gli “addetti ai lavori”: dall’Accademia Albertina al Circolo degli Artisti alla Promotrice delle Belle Arti.
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Per lo più si tratta di nomi importanti e noti in una stagione pittorica “di alto fervore culturale – ebbe a scrivere Marziano Bernardi – che fece di Torino fra il 1880 e il 1902, con le Quadriennali e le Triennali, il maggior e più vivo centro artistico italiano”. L’itinerario può aprirsi con il torinese Vittorio Cavalleri. Suo quel vigoroso Ritratto di giovane contadina (cui s’è prima accennato), realizzato probabilmente negli anni in cui il pittore si trasferì nella campagna torinese del Gerbido, ospite del pittore Mario Gachet suo allievo. Di quel ritratto, dal segno incisivo e dai potenti richiami cromatici, balza agli occhi la ferma postura “garibaldina” della contadinella con tanto di foulard rosso al collo su camicia bianca a maniche corte e lunga gonna nera. Lo sguardo fiero e l’aria combattiva. Guerriera dei campi. Assai diversa da La contadina del milanese Carlo Bonomi (1928 circa), stupenda scultura in bronzo di essenziale quasi astratta cifra stilistica, in cui l’artista coglie e trascrive con rara sensibilità e mestiere da vendere la fatica e la rassegnazione della donna curva sotto il peso del carico quotidiano. Che è carico materiale, ma anche dell’anima. Simile, pur se calato in un contesto scenico decisamente meno drammatico, a quello de La Bergera (anche di lei s’è detto), opera di Andrea Marchisio, pittore fortemente orientato ai temi “di genere” e di chiara ispirazione romantica, portato a toni cromatici delicati. Torinese anche lui, come Angelo Garino, di cui in mostra ammiriamo Il riposo della Governante, opera piacevolissima e un po’ “sfrontata” nel quieto ma scomposto (e forse rubato) relax dell’inserviente, agghindata all’uopo come allora s’usava, in un interno borghese ricco di elementi d’arredo e alle spalle una piccola quadreria da buon collezionista. Alla poetica visione di una “Maternità” ben partecipe alle multiformi immagini del paesaggio naturale o all’intimità dell’ambito famigliare si ispirano invece il ricco e composito I Fiori della Mamma e il delizioso Dopo il bagnetto dei torinesi Giovanni Battista Carpanetto, ritrattista generoso nell’esuberanza dei dettagli ma anche apprezzato cartellonista pubblicitario, e Celestino Turletti, artista di gran scuola (all’Accademia Albertina fu allievo di Gamba e Gastaldi) e dotato di una particolare vena ironica che lo rese all’epoca assai popolare.
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Al “tema materno” si lega anche la magnifica Maternità sulla spiaggia, parte di un trittico ambientato ad Albenga e realizzato dal piemontese di San Sebastiano Po Demetrio Cosola, certamente fra i maggiori pittori dell’ultimo Ottocento subalpino per le qualità cromatiche e le preziose sottigliezze luministiche di quadri risolti, come in questo caso, con una capacità di sintesi e un’essenzialità di segno davvero stupefacenti. Ricco di reminiscenze impressioniste anche Dolci Sogni o Damina, l’altro quadro di Cosola presente in mostra. Di forti contrasti cromatici e di rapide e corpose pennellate che con acrobatici guizzi danno vita ad un’animata scena mercatale (siamo probabilmente a Venezia), si compone anche Lo Scialle Rosso di Alessandro Lupo: un altro torinese
affascinato dal colore, sussidio formidabile – grandiosa quella scomposta imponente macchia rossa che riesce a dominare l’intera scena – ai canoni della più accademica pittura ottocentesca. E accanto, l’esaltante esperienza parigina di un Carlo Pittara, che lasciata ormai alle spalle l’avventura pur gloriosa della “Scuola di Rivara”, un anno prima della morte dipinge un’inaspettata Malinconia, pastello di delicata poesia e di un imprinting accademico perfino un po’ osé che lo accosta – con le dovute cautele – al gusto per le “divine donne” di un Giacomo Grosso o all’elettrizzante fascino della “Belle Epoque” che fu proprio del grande ferrarese Giovanni Boldini. E su questa linea si inserisce anche La Parigina realizzata nel 1911 dal partenopeo Ulisse Caputo, abile nel miscelare la verve orientaleggiante del maestro Domenico Morelli con effetti cromatici di intenso vigore suggeritigli dalle dame eleganti della Parigi del tempo. Lontani monti e campagne, le contadine, le pastorelle, le inservienti e le liriche affettuosità di mamma, siamo ormai al centro di un mondo medio-alto borghese in cui la donna è dorata espressione di eleganza e raffinata bellezza, instancabile animatrice dei salotti cittadini più à la page. E così è per Giulio Rosati, romano (fra i più importanti orientalisti dell’epoca) che nel 1885 compose quel sontuoso all’eccesso Nell’Atelier, non a caso esposto nella mostra “L’Ottocento elegante” tenutasi a Rovigo nel 2011. “Soggetti impero”, dai quali fu fortemente attratto anche Alpenore Gobbi, emiliano di Montecchio. Suo L’anello, dalla resa quasi miniaturistica delle stoffe, degli abiti e degli arredi. Perfino strabordante nella puntigliosa qualità dei dettagli, al pari di Tornano le rondini del napoletano Salvatore Postiglione, eccellente acquerellista, capace di soggetti potenti, ricchi di vita e di colore. Di intensa e profonda poesia, in una sorta di fiaba chagalliana (ancora a venire), vive infine L’Amour en Bleu del marchigiano Serafino Macchiati.
Gianni Milani
Nelle foto:
Celestino Turletti, “Dopo il bagnetto”, olio su tela, firmato
Alessandro Lupo, “Lo scialle rosso”, olio su tela, firmato
Angelo Garino, “Il riposo della governante”, olio su tela, firmato
Il 29 aprile è la terza domenica ecologica del 2018, delle nove, durante l’anno, dedicate alla sostenibilità ambientale
Don Aldo Natale Terrin presenta il suo ultimo libro all’Università di Torino
Torino è una città elegante, una signora aristocratica decorata in stile Liberty, adornata di Barocco, una dama raffinata che con il suo fare misurato induce al rispetto, al garbo, quasi alla soggezione.
Torino è dormire nella Suite di Cioccolato del Golden Palace, una esperienza multisensoriale che renderà il soggiorno più dolce e gradevole tra arredi che simulano tavolette di cioccolato, meravigliose degustazioni e sensazioni che allietano l’olfatto. Un’altra particolarità la troviamo a Piazza Palazzo di Città, una istallazione sulla facciata di un edificio, un piercing chiamato “Baci Rubati”, ideato dall’architetto Corrado Levi, da cui escono gocce di sangue blu e rosse. L’opera che doveva essere temporanea è invece rimasta lì, in pieno periodo settecentesco. Un percorso alternativo ed interessante è lo Street Art Tour, un meraviglioso e appassionante viaggio in una Torino che si dedica e apprezza la modernità in tutte le sue espressioni. Bellissimi murales che sono non solo espressioni d’arte ma anche di protesta e disagio sociale. Su Inkmap.it,
un progetto dell’Associazione
Dopo gli ultimi sold out, CIRCUBA a grande richiesta aggiunge nuove repliche a Torino dove resterà improrogabilmente fino al 13 maggio battendo ogni record. Un grandissimo successo di pubblico ha decretato CirCuba uno degli spettacoli più applauditi del 2018. CirCuba è lo spettacolo più solare di cui tutti parlano a Torino al Parco della Pellerina.
inviteranno a celebrare con gioia e buon umore, l’ingresso in questa isola ricca di allegria, bella gente e bellezza naturale conosciuta al mondo per il suo splendido mare, per i suoi palazzi colorati ma anche per la sua musica; è proprio attraverso la musica, la danza, il canto e il circo che questo show prende forma con 12 suggestivi quadri. Il protagonista dello show è un simpatico personaggio (comico) che decide di partire per quest’isola e una volta entrato in aereo ed essersi allacciato la cintura di sicurezza atterrerà in mondo magico di colori, ritmo e allegria. Grande talento nelle performances, che hanno addirittura cambiato il modo di eseguire il numero del trapezio, rendendolo più spettacolare non usando la classica altalena, ma dei grandi elastici, che danno agli acrobati le sembianze di veri e propri proiettili umani e tutto soltanto illuminato dalla luce “nera”. Bravissimi gli atleti che saltano in aria per atterrare dopo aver eseguito delle evoluzioni mortali su
una piccola sbarra di legno e ancora delle straordinarie contorsioniste alcune appese ad un cerchio aereo altre appese in aria per i propri capelli. Quest’ultima esibizione tipica dell’isola cubana. Quattro gli atleti che mettono alla prova la loro forza fisica, sono bravi verticalisti che attraverso le loro figure di forza formano delle vere e proprie sculture umane. Altri atleti ci danno prova di come si può saltare alla corda in modo spericolato ballando passi di salsa e merengue. Il salto della corda, è ancora oggi uno dei giochi più praticato dai bambini cubani e di tutto il mondo, effettueranno salti mortali da rabbrividire!! Altri ancora salteranno dall’altalena russa atterrando su un letto di paglia volando come dei proiettili umani… e ancora i salti alla bascula con atleti che arriveranno ad atterrare fino ad una piramide umana formata da 5 persone. E il comico Mister Bigai sempre pronto a tenere alto il tenore dell’allegria e della festa… 
Il Coordinamento No Olimpiadi 2026 (Cono), costituito da organizzazioni e cittadini contrari a una nuova candidatura olimpica di Torino sostiene che le Olimpiadi sono paragonabili alla costruzione di una grande opera come la Tav
