di Pier Franco Quaglieni
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La grande Russia di Pasternak – Asproni, non flectar – Il Velo di Gian Luca Caffarena – Il finto e il vero Natale A Torino – Un angolo di Sicilia in città
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La grande Russia di Pasternak
Quest’anno ricorre il centenario della Rivoluzione d’Ottobre destinata a cambiare la Russia e parte del mondo.Il terrore dei bolscevichi determinò una svolta storica. Anche tanti Paesi d’Europa come la Polonia,l’Ungheria, la Bulgaria,la Romania,la Germania dell’Est dovettero vivere e soffrire sotto il giogo comunista.Non fu solo lo Stalinismo a determinare quelle situazioni drammatiche perché la responsabilità storica ricade sul Comunismo sovietico nel suo insieme,in primis su Lenin e Troskij. Ma ricorre anche un altro anniversario che rivaluta la storia e la cultura russa,collegandola a quella di Tolstoi e di Chekov:il 60° della pubblicazione in Italia del romanzo di Boris Pasternak Il dotor Zivago,un capolavoro vincitore del Premio Nobel che lo scrittore non poté andare a ritirare per il divieto assoluto delle autorità sovietiche. Fu merito di un editore di sinistra come Giangiacomo Feltrinelli che sfidò ogni minaccia e rifiutò ogni lusinga volta ad impedire la pubblicazione di Pasternak. Il romanzo fu pubblicato legalmente in Russia solo nel 1988,dopo che l’autore era morto nel 1960 in povertà ,non aiutato da chi in Italia aveva pubblicato il suo libro e si arricchiva con la sua vendita. Nel libro si racconta una drammatica ed appassionata storia d’amore con Lara che ha per sfondo la guerra civile tra russi bianchi e rossi a seguito della Rivoluzione d’Ottobre. Mio suocero Roger Pegnaieff che ebbe il padre assassinato insieme alla famiglia dai bolscevichi e si salvò miracolosamente da quella strage, mi parlava spesso di quel libro. Il modo per ricordare quegli anni terribili che sfociarono in una dittatura disumana,mi diceva, è leggere Pasternak che di fronte al realismo dell’arte sovietica asservita al regime,scrisse ispirandosi ai valori universali della libertà.
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Asproni, non flectar
Patrizia Asproni ,g ià Presidente della Fondazione Torino Musei, deus ex machina del successo di Torino con l’allestimento di grandi mostre,è una donna molto gradevole e gentile,una donna che opera a livello internazionale,intrattenendo rapporti con l’intero mondo artistico dei diversi continenti. Ma ha anche un carattere di ferro che non si piega alle arroganze di Appendino a cui ha sbattuto la porta. E’ discendente di Giorgio Asproni, patriota e deputato al Parlamento subalpino e poi al Parlamento italiano per 9 legislature. Nel 1859 fornì armi e soldi per i volontari,partecipando successivamente alle spedizione dei Mille. Fu un irriducibile avversario di Cavour e della destra storica,ma in lui vibrò soprattutto il suo animo di patriota. Divenne amico oltre che di Garibaldi,di Cattaneo,di Mazzini. L’epitaffio sulla sua tomba recita queste due semplici parole che sono il programma di tutta una vita : Non flectar,non mi piegherò . Patrizia Asproni applica orgogliosamente quel motto nella sua vita . “La Stampa” , un tempo, aveva per motto in testata “Frangar non flectar, poi qualche direttore realistico e accomodante ha avuto il buon senso di eliminarlo.Il giornale si era piegato,senza spezzarsi,al fascismo. Ma anche a tanti altri poteri. Non a caso non ha dedicato un rigo a Patrizia Asproni, premiata a Torino ad un anno di distanza dal suo sdegnoso e sdegnato abbandono di un carica che ricopriva a titolo gratuito.
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Il finto e il vero Natale A Torino
il Natale è iniziato addirittura ad ottobre con luminarie di artista e di negozianti. Un clima artefatto,costruito anzi tempo. Le luci d’artista non sono più neppure un’attrattiva turistica,esse sono ormai obsolete,sempre uguali da troppi anni,con costi di manutenzione proibitivi. Le aperture domenicali dei negozi sono ormai quasi la norma. Spesso i negozi restano deserti perché la crisi morde e costringe a limitarsi a vedere le vetrine luccicanti,senza varcare la soglia degli esercizi commerciali. Ma il clima natalizio è meramente commerciale. Si è persa l’anima del Natale vero, i presepi scompaiono perché considerati un’offesa ai musulmani,i canti tradizionali non si sentono più,la Novena del Natale sopravvive alla Chiesa di San Lorenzo,cantata in latino: “Regem venturum dominum adoremus…”. Solo il Parroco di “San Pietro e Paolo” ,un salesiano colto e coraggioso,don Mauro, che vive nel cuore di San Salvario,è consapevole della necessità di tutelare l’identità cristiana. Don Bosco giunse l’8 dicembre del 1847-170 anni fa- e cominciò la sua missione in una zona già molto difficile allora. Oggi quell’area è esplosiva anche per i conflitti esistenti tra gli stessi musulmani. E va citato anche il grande presepe meccanico di via Po presso la Chiesa dell’Annunziata dove mi portavano bambino e dove sono tornato,ritrovando le stesse, immutate emozioni di un tempo. Che cosa dovrebbe essere il Natale ce lo ricorda un filosofo laico come Massimo Cacciari , non credente : Gesù non è un dio che stabilisce una relazione con gli uomini,ma è Dio che si fa uomo per redimere l’umanità con il suo sacrificio in Croce. Pensiamoci in questi giorni che ci dividono dal Natale e diamo un aiuto a chi non ha nulla. Non c’è bisogno di andare alle aste benefiche promosse dalle madamine torinesi,basta guardarsi attorno ,purtroppo,quasi ad ogni angolo di Torino.
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Il Velo di Gian Luca Caffarena
Il velo è quello tra realtà ed apparenza che copre le vicende di una famiglia di imprenditori genovesi, che si snodano nella parabola discendente di tre generazioni. Il patrimonio, le liturgie domestiche, la Ditta, il buon nome: tutto si sgretola attraverso il decadimento individuale e storico in un affresco tragico in cui la borghesia novecentesca viene fotografata dall’autore con sguardo disincantato. Sullo sfondo della storia della famiglia Olivari ricca di cantieri, industrie, poderi agricoli, attività edilizie e finanziarie in Liguria e nel Basso Piemonte, passan la Seconda Guerra Mondiale, la ricostruzione faticosa e coraggiosa, il “miracolo economico”, i rivolgimenti sociali ed economici, che si intrecciano con i tradimenti, i segreti incoffessabili, le morti misteriose, i rapporti ambigui tra la borghesia della “Superba” e i reietti dei suoi bassi vicoli antichi. Un noir che attrae per le sorprese e gli svelamenti, ma che fa anche meditare sul decadimento storico di una società senza più grandi speranze. L’autore è un personaggio della cultura torinese ed è di origini genovesi. Anticonformista,libero nel pensiero che mal si concilia con il conformismo subalpino. Forse paga il fatto di aver intervistato un mostro sacro come Umberto Eco,svelando un pensiero che Eco avrebbe voluto mantenere nascosto in relazione al ’68.Oltre che un narratore affascinante è anche un giornalista corrosivo che non accetta imposizioni.Torino dovrebbe leggere il suo ultimo libro su cui ha faticato per anni,raggiungendo un livello di eccellenza con una vivacità di scrittura oggi molto rara.Il libro descrive una saga familiare genovese, che può essere paradigmatica per tante altre famiglie italiane.Tra le troppe cocottes del giornalismo torinese,davvero troppe e sgangherate,Caffarena è un chierico che non tradisce, per dirla con Benda.
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Un angolo di Sicilia a Torino
Ha aperto un bar pasticceria siciliana nel cuore di Torino, in via Goito 1 angolo corso Vittorio Emanuele,”Mizzica! “ dove si possono gustare cannoli e cassate confezionati come si deve.
Mancava nel centro un negozio del genere da quando Immordino , lo storico Immordino, scelse di trasferirsi in periferia. Il negozio di Giovanni Immordino ,nato subito dopo la guerra vicino alla Consolata,trasferitosi poi in via Urbano Rattazzi, cedette poi la pasticceria al lavorante e visse gli ultimi anni a San Remo. Era stato in guerra con mio padre e si onorò della sua amicizia. Riavere a portata di mano i cannoli sarà un’occasione per tanti siciliani per ritrovarsi. Nella bottega vicino alla Consolata tanti anni fa si ritrovavano il questore di origini siciliane,ufficiali dei carabinieri,magistrati, gente comune. Immordino ogni volta mi regalava un carrettino siciliano. Ci andava anche un notissimo coiffeur, Salvatore Cupani, mancato immaturamente. Erano i siciliani che hanno arricchito Torino con il loro lavoro che decretò il loro successo
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LETTERE scrivere a quaglieni@gmail.com
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I giornali e la cultura
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Caro professore,
Noto con con piacere che,se voglio essere informato delle attività culturali di Torino , ci sono due possibilità : Il Torinese on line e Torino7 cartaceo.Gli altri giornali intonano le pagine della cultura-compreso il nuovo Corriere di Torino- con paginate sul Circolo dei lettori,su Torino film festival e non informano. Loro scelgono gli eventi, io lettore vorrei esserne informato brevemente e dettagliatamente. Viene a mancare un servizio al lettore. Il giornalista si sostituisce a noi che leggiamo. Nicola Tesio
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Concordo totalmente con Lei, forse così i giornalisti possono favorire i loro amici e non faticare a raccogliere i tanti eventi che ,malgrado tutto, caratterizza la vita culturale torinese che vive anche per il sacrificio dei tanti volontari. Solo chi si affida ad un ufficio stampa che costa parecchi soldi, può avere la certezza di ottenere spazio sui giornali. O è costretto a fare pubblicità a pagamento. Ne va dimezzo il pluralismo culturale di Torino.
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(In)sicurezza
Caro Quaglieni,
Ho letto che nella Metropolitana di Torino c’erano gli estintori scaduti da due anni.
Un ennesimo segno che Torino è regredita.Sono indignata. Non guarda neppure più la sicurezza minima. Giulia E.
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Precisiamo che sono scaduti in circa la metà delle fermate.Il che non è comunque poco.Avrebbero dovuto essere revisionati entro novembre 2015.La ricarica non è stata fatta.Quaranta milioni di viaggiatori sono transitati in condizioni di insicurezza. C’è da chiedersi cosa ha fatto chi era incaricato dalla vigilanza e della manutenzione degli estintori. Purtroppo ci sono tanti altri segnali di degrado urbano,di trascuratezza, di inerzia.Torino vive un momento tragico,ma anche le altre città non sono tanto migliori. E’ una magra consolazione perché è l’intero sistema Italia che sta andando a pezzi. Purtroppo.
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