“volontario per la pace”

Farhad Bitani: “Pessimismo per il futuro dell’Afghanistan”

FOCUS INTERNAZIONALE     di Filippo Re

.

L’Afghanistan ricadrà nella guerra civile, come già avvenuto in passato. Gli afghani non vogliono i talebani che hanno distrutto la popolazione per troppi anni e oggi sono più violenti di prima. Gli americani si ritirano perchè hanno perso la guerra già da tempo. Farhad Bitani, ex ufficiale dell’esercito afghano, condanna l’estremismo islamico e i talebani che in Afghanistan ha combattuto per anni rimanendo anche ferito in combattimento. Ma non è ottimista sul futuro del suo Paese. Dopo aver lasciato l’esercito si è trasferito in Italia come rifugiato politico. Ha raccontato la sua vita nel libro “L’ultimo lenzuolo bianco, l’inferno e il cuore dell’Afghanistan” in cui descrive gli eventi del suo Paese negli ultimi trent’anni. Farhad è oggi un mediatore culturale, un “volontario per la pace”, una persona che combatte la violenza nel mondo per cercare la verità.

D Farhad Bitani, se gli americani si ritirano davvero dall’Afghanistan i Talebani torneranno al potere a Kabul e con loro il burqa e il Medioevo? L’intesa talebani-americani per il ritiro delle truppe sembra vicina, come vede la situazione?

R Qualora gli americani dovessero ritirarsi dall’Afghanistan scoppierà una guerra civile non solo a Kabul ma in tutto il Paese, perché i talebani non sono accettati dai cittadini afgani. Il popolo afgano sotto il loro regime ha subito tutte le violenze inimmaginabili (anche se ci si sforza di capire non si sarà mai in grado di concepirlo fino in fondo perché solo chi subisce ti può realmente capire) e una disumanità allarmante. I talebani non hanno più una posizione stabile, dopo il 2001 si sono frammentati in tre fazioni diverse, diventando mercenari per interessi economici. Gli americani hanno perso la guerra in Afghanistan già da tempo, il rapporto con i mujahidin nell’ultimo periodo si è interrotto; addirittura l’uomo più fedele degli americani, l’ex presidente afgano Hamid Karzai, ha stretto amicizia con i russi andando contro gli interessi americani e la loro presenza in Afghanistan. L’unica possibilità rimasta agli americani è quella di trovare un accordo con i talebani legittimando così l’uscita delle truppe americane come segno di “pace”, coprendo così la loro perdita in Afghanistan.

D I talebani sono proprio diversi da quelli di ieri, come sostengono gli americani? C’è da fidarsi di loro o sono peggio di prima?

R I talebani sono un gruppo di integralisti creati dai servizi segreti del Pakistan, l’ISI, con l’appoggio economico dell’Arabia Saudita per non dare mai stabilità e pace al territorio afgano. Come ben si sa l’Afghanistan strategicamente è un Paese importantissimo. Non avere la pace in Afghanistan significa dare una sicurezza ai Paesi in guerra fredda tra loro, come Arabia Saudita-Iran, Pakistan-India, America-Russia, Iran-Israele. L’Afghanistan è diventato una sorta di campo di calcio per queste potenze internazionali che inizialmente hanno usato i mujahidin e ora utilizzano i talebani diventando una ruota che gira nello stesso verso da anni, un ciclo che si ripete più volte. Attualmente i talebani sono diventati più crudeli di prima, perché a differenza del passato dove c’era un unico leader, il Mullah-Omar, ora ci sono molti leader ognuno dei quali cerca di tirare acqua al proprio mulino per interessi economici.

D Ci sono i talebani, c’è l’Isis, c’è un esercito incapace di difendersi….si aprono scenari inquietanti per l’Afghanistan, c’è il rischio di una nuova guerra civile?
R Dobbiamo ricordare che oltre allo scontro tra la popolazione civile e i talebani è in corso anche la guerra tra i talebani e l’Isis. L’Isis non è un rischio grande per l’Afghanistan perché non proviene dalla popolazione afgana, non potrà mai vincere in quanto non sono afgani e non conoscono bene il nostro territorio e ciò che riserva. Dal punto di vista culturale gli afgani non accetteranno mai il comando da persone straniere.

D Negli anni Novanta lei era in Afghanistan. Cosa voleva dire vivere sotto l l’oppressione dei talebani? Forse è bene ricordarlo..

R Come si evince dalla descrizione fatta nel mio libro “L’ultimo lenzuolo bianco”, vivere sotto il regime talebano significa passare le notti al buio, avere un cielo senza stelle. Crescere nel regime talebano significa tornare al Medioevo, dove la violenza faceva parte della tua vita, era all’ordine del giorno: attraverso i propri occhi si assisteva a vere e proprie esecuzioni (era una fortuna non avere la propria testa tagliata), donne picchiate se passeggiavano da sole. Le scuole normali vengono eliminate a favore di scuole coraniche dove viene insegnato ciò che faceva più comodo a loro, ossia l’odio e la violenza verso gli occidentali. L’uomo perde la propria identità vivendo nel nulla sotto questo terribile regime.

D Lei era costretto a imparare a memoria il Corano, poi qualcosa è cambiato fino alla decisione di abbandonare la carriera militare…
R La lingua madre della maggior parte del mondo musulmano non è quella araba. Come ben si sa la lingua del sacro libro è l’arabo. In Afghanistan, in cui la lingua predominante è quella del pashtu e dari, non avevamo il diritto di imparare la lingua araba. Da piccoli venivamo costretti a memorizzare le sure del Corano in arabo e ci veniva data una spiegazione fasulla del suo contenuto, facendoci credere che la violenza che usiamo è dettata dal sacro libro e che l’uccisione degli infedeli ci avrebbe garantito una vita migliore nell’aldilà. E’ attraverso l’incontro con il diverso che è nata in me la voglia di scoprire la verità che si è rivelata completamente opposta a ciò che ci facevano credere.

D E’ cambiato qualcosa negli ultimi 20 anni nel suo Paese? Ci sono stati concreti miglioramenti per la società afghana?

R Nonostante tutti i soldi impiegati per l’Afghanistan, i cambiamenti sono stati pochissimi se non addirittura nulli. L’unico miglioramento che si può constatare è l’uscita dall’epoca del Medioevo per vedere al di fuori della nostra porta il resto del mondo, ossia l’Occidente. E’ stata data la possibilità ai giovani come me di riflettere e conoscere la realtà del diverso. C’è ancora moltissimo lavoro da fare per l’Afghanistan, un Paese che soffre la guerra da circa 40 anni, dando i soldi non come sempre ai potenti e ai gruppi armati ma alla gente che ha realmente bisogno, attraverso la costruzione di scuole per educare i bambini e attraverso un insegnamento culturale, non solo il proprio ma anche quello altrui da cui si può imparare moltissimo.

D Che futuro vede per i giovani e le donne. C’è molta preoccupazione soprattutto tra le donne, se la situazione dovesse peggiorare…

R Se la situazione dovesse peggiorare a pagarne il prezzo saranno in primis le donne e i bambini. La situazione tornerà come lo era sotto il regime dei talebani se non peggio. Le donne pian piano stanno cercando di riacquisire la propria libertà e di conseguenza la libertà di educare in modo sano i propri figli. Il ritorno sotto ai talebani significa togliere anche questa piccola speranza. I giovani non avranno più un futuro se non un retrocedere al passato, sarà una continua regressione del Paese.

.

Dal settimanale “La Voce e il Tempo”

Farhad Bitani: "Pessimismo per il futuro dell'Afghanistan"

FOCUS INTERNAZIONALE     di Filippo Re
.
L’Afghanistan ricadrà nella guerra civile, come già avvenuto in passato. Gli afghani non vogliono i talebani che hanno distrutto la popolazione per troppi anni e oggi sono più violenti di prima. Gli americani si ritirano perchè hanno perso la guerra già da tempo. Farhad Bitani, ex ufficiale dell’esercito afghano, condanna l’estremismo islamico e i talebani che in Afghanistan ha combattuto per anni rimanendo anche ferito in combattimento. Ma non è ottimista sul futuro del suo Paese. Dopo aver lasciato l’esercito si è trasferito in Italia come rifugiato politico. Ha raccontato la sua vita nel libro “L’ultimo lenzuolo bianco, l’inferno e il cuore dell’Afghanistan” in cui descrive gli eventi del suo Paese negli ultimi trent’anni. Farhad è oggi un mediatore culturale, un “volontario per la pace”, una persona che combatte la violenza nel mondo per cercare la verità.
D Farhad Bitani, se gli americani si ritirano davvero dall’Afghanistan i Talebani torneranno al potere a Kabul e con loro il burqa e il Medioevo? L’intesa talebani-americani per il ritiro delle truppe sembra vicina, come vede la situazione?
R Qualora gli americani dovessero ritirarsi dall’Afghanistan scoppierà una guerra civile non solo a Kabul ma in tutto il Paese, perché i talebani non sono accettati dai cittadini afgani. Il popolo afgano sotto il loro regime ha subito tutte le violenze inimmaginabili (anche se ci si sforza di capire non si sarà mai in grado di concepirlo fino in fondo perché solo chi subisce ti può realmente capire) e una disumanità allarmante. I talebani non hanno più una posizione stabile, dopo il 2001 si sono frammentati in tre fazioni diverse, diventando mercenari per interessi economici. Gli americani hanno perso la guerra in Afghanistan già da tempo, il rapporto con i mujahidin nell’ultimo periodo si è interrotto; addirittura l’uomo più fedele degli americani, l’ex presidente afgano Hamid Karzai, ha stretto amicizia con i russi andando contro gli interessi americani e la loro presenza in Afghanistan. L’unica possibilità rimasta agli americani è quella di trovare un accordo con i talebani legittimando così l’uscita delle truppe americane come segno di “pace”, coprendo così la loro perdita in Afghanistan.
D I talebani sono proprio diversi da quelli di ieri, come sostengono gli americani? C’è da fidarsi di loro o sono peggio di prima?
R I talebani sono un gruppo di integralisti creati dai servizi segreti del Pakistan, l’ISI, con l’appoggio economico dell’Arabia Saudita per non dare mai stabilità e pace al territorio afgano. Come ben si sa l’Afghanistan strategicamente è un Paese importantissimo. Non avere la pace in Afghanistan significa dare una sicurezza ai Paesi in guerra fredda tra loro, come Arabia Saudita-Iran, Pakistan-India, America-Russia, Iran-Israele. L’Afghanistan è diventato una sorta di campo di calcio per queste potenze internazionali che inizialmente hanno usato i mujahidin e ora utilizzano i talebani diventando una ruota che gira nello stesso verso da anni, un ciclo che si ripete più volte. Attualmente i talebani sono diventati più crudeli di prima, perché a differenza del passato dove c’era un unico leader, il Mullah-Omar, ora ci sono molti leader ognuno dei quali cerca di tirare acqua al proprio mulino per interessi economici.
D Ci sono i talebani, c’è l’Isis, c’è un esercito incapace di difendersi….si aprono scenari inquietanti per l’Afghanistan, c’è il rischio di una nuova guerra civile?
R Dobbiamo ricordare che oltre allo scontro tra la popolazione civile e i talebani è in corso anche la guerra tra i talebani e l’Isis. L’Isis non è un rischio grande per l’Afghanistan perché non proviene dalla popolazione afgana, non potrà mai vincere in quanto non sono afgani e non conoscono bene il nostro territorio e ciò che riserva. Dal punto di vista culturale gli afgani non accetteranno mai il comando da persone straniere.
D Negli anni Novanta lei era in Afghanistan. Cosa voleva dire vivere sotto l l’oppressione dei talebani? Forse è bene ricordarlo..
R Come si evince dalla descrizione fatta nel mio libro “L’ultimo lenzuolo bianco”, vivere sotto il regime talebano significa passare le notti al buio, avere un cielo senza stelle. Crescere nel regime talebano significa tornare al Medioevo, dove la violenza faceva parte della tua vita, era all’ordine del giorno: attraverso i propri occhi si assisteva a vere e proprie esecuzioni (era una fortuna non avere la propria testa tagliata), donne picchiate se passeggiavano da sole. Le scuole normali vengono eliminate a favore di scuole coraniche dove viene insegnato ciò che faceva più comodo a loro, ossia l’odio e la violenza verso gli occidentali. L’uomo perde la propria identità vivendo nel nulla sotto questo terribile regime.
D Lei era costretto a imparare a memoria il Corano, poi qualcosa è cambiato fino alla decisione di abbandonare la carriera militare…
R La lingua madre della maggior parte del mondo musulmano non è quella araba. Come ben si sa la lingua del sacro libro è l’arabo. In Afghanistan, in cui la lingua predominante è quella del pashtu e dari, non avevamo il diritto di imparare la lingua araba. Da piccoli venivamo costretti a memorizzare le sure del Corano in arabo e ci veniva data una spiegazione fasulla del suo contenuto, facendoci credere che la violenza che usiamo è dettata dal sacro libro e che l’uccisione degli infedeli ci avrebbe garantito una vita migliore nell’aldilà. E’ attraverso l’incontro con il diverso che è nata in me la voglia di scoprire la verità che si è rivelata completamente opposta a ciò che ci facevano credere.
D E’ cambiato qualcosa negli ultimi 20 anni nel suo Paese? Ci sono stati concreti miglioramenti per la società afghana?
R Nonostante tutti i soldi impiegati per l’Afghanistan, i cambiamenti sono stati pochissimi se non addirittura nulli. L’unico miglioramento che si può constatare è l’uscita dall’epoca del Medioevo per vedere al di fuori della nostra porta il resto del mondo, ossia l’Occidente. E’ stata data la possibilità ai giovani come me di riflettere e conoscere la realtà del diverso. C’è ancora moltissimo lavoro da fare per l’Afghanistan, un Paese che soffre la guerra da circa 40 anni, dando i soldi non come sempre ai potenti e ai gruppi armati ma alla gente che ha realmente bisogno, attraverso la costruzione di scuole per educare i bambini e attraverso un insegnamento culturale, non solo il proprio ma anche quello altrui da cui si può imparare moltissimo.
D Che futuro vede per i giovani e le donne. C’è molta preoccupazione soprattutto tra le donne, se la situazione dovesse peggiorare…
R Se la situazione dovesse peggiorare a pagarne il prezzo saranno in primis le donne e i bambini. La situazione tornerà come lo era sotto il regime dei talebani se non peggio. Le donne pian piano stanno cercando di riacquisire la propria libertà e di conseguenza la libertà di educare in modo sano i propri figli. Il ritorno sotto ai talebani significa togliere anche questa piccola speranza. I giovani non avranno più un futuro se non un retrocedere al passato, sarà una continua regressione del Paese.
.

Dal settimanale “La Voce e il Tempo”