STORIA- Pagina 92

La leggenda di Josephine Baker entrerà al Pantheon il 30 novembre

Emmanuel Macron: “Née Américaine et ayant choisi la France, par ses engagements et combats, Joséphine Baker a porté haut la devise de la République française. Le 30 novembre 2021, elle entrera au Panthéon.”

Il 12 aprile 1975 si spegneva per un’emorragia cerebrale a Parigi colei che era stata definita da Ernest Hemingway “la donna più sensazionale che si fosse mai vista o si vedrà. Alta, pelle color caffè, occhi d’ebano, gambe di paradiso, un sorriso da cancellare tutti gli altri sorrisi”: Josèphine Baker. Soltanto il giorno prima si era esibita in una rappresentazione della sua ultima revue, calcando le scene fino all’ultimo respiro. Questa straordinaria artista e questa donna leggendaria il prossimo 30 novembre farà il suo ingresso, simbolicamente, al Pantheon, il luogo che venne scelto dai rivoluzionari francesi per celebrare “les grands hommes” della Patria. Il suo corpo, infatti, per volontà della famiglia, continuerà a riposare nel cimitero del Principato di Monaco.
“Attraverso questo destino la Francia distingue una personalità eccezionale che, nata americana, ha scelto, nel nome di una battaglia che combatterà per tutta la sua vita per la libertà e per l’emancipazione, l’eterna Francia dell’Illuminismo universale”. Questa è la motivazione con la quale l’Eliseo ha riconosciuto alla Baker questo diritto, ponendo l’accento sul suo impegno nella Resistenza e nella lotta al razzismo e sottolineando come questa donna, durante tutta la sua vita, sia stata “l’incarnation de l’esprit français”. Joséphine Baker è la sesta donna a entrare al Pantheon, un universo estremamente maschile. La prima è stata la scienziata Sophie Barthelot, nel 1907, ma soltanto perché potesse riposare accanto al marito. Bisogna attendere il 1995 perché venga concesso a una donna di riposare nel Panthéon per il proprio lavoro e per i propri meriti. Si tratta di Marie Curie, la scopritrice della radioattività, la sola scienziata ad avere ricevuto due premi Nobel in due diverse discipline: la fisica e la chimica. Nel 2015 la seguono due eroine della Resistenza: Germaine Tillion e Geneviève de Gaulle-Anthonioz. Infine, nel 2018 il Presidente Macron concede l’onore del Panthéon a Simone Veil, ebrea francese, che, dopo la deportazione a Auschwitz a soli 16 anni, ha intrapreso una brillante carriera politica e istituzionale, diventando magistrato e poi Ministro della Sanità e Presidente del Parlamento Europeo, e che “con il suo esempio ha reso la Francia più grande e più forte”.

Joséphine Baker, tuttavia, sarà la prima artista e la prima donna di colore a ricevere questo onore. Cantante e danzatrice, la Baker diventa in breve tempo una delle più acclamate vedette di Parigi. Musa dei cubisti e dei surrealisti, anima la Parigi degli Anni Trenta, e affascina e seduce personalità come Ernest Hemingway, George Simenon, Picasso e Jean Cocteau. La Baker ottiene la nazionalità francese nel 1937 e, nel corso della Seconda Guerra Mondiale ricopre un ruolo importante nel controspionaggio francese della Francia Libera. Al termine del conflitto viene decorata da Charles De Gaulle con la Legion d’onore. Negli anni del Dopoguerra l’artista è in prima linea nella lotta contro il razzismo e a favore dell’emancipazione dei neri e affianca Martin Luther King nella lotta per i diritti civili. Nel 1963 prende parte alla marcia di Washington e, indossando la sua uniforme della Resistenza francese, è l’unica donna, insieme a Daisy Bates, a prendere la parola. Il suo intervento segue quello di Martin Luther King che, in quell’occasione pronuncia il suo discorso “I have a dream”, e non rappresenta soltanto un appello a lottare per i diritti e per l’uguaglianza, ma anche una dichiarazione d’amore nei confronti della Francia, la nazione che l’ha accolta. “Ero spaventata e sono scappata. Sono fuggita lontano in un luogo chiamato Francia. Molti di voi non ci sono mai stati e molti non ci andranno mai. Ma devo dirvi, signore e signori, che in quel Paese non ho mai avuto paura. Era un luogo da fiaba”.

Anche il suo desiderio di maternità è dominato dal quel bisogno di uguaglianza, dalla necessità di dimostrare al mondo come la convivenza tra razze diverse non sia un’utopia, ma una possibilità: adotta, infatti, insieme al marito, dodici bambini provenienti dai cinque continenti e la definisce la “mia tribù arcobaleno”, un altro modo per dire no al razzismo e per testimoniare la potenza dell’amore. Un cenotafio all’interno del Pantheon ricorderà questa grande donna che con il suo esempio e la sua forza ha incarnato i valori della Rivoluzione francese: Liberté, Égalité, Fraternité . Sarà riempito con la terra proveniente dalla sua città natale, Saint-Louis, con quella di Parigi che la consacrò stella dello spettacolo, con quella del Principato di Monaco e con quella del castello des Milandes in Dordogna, dove visse insieme alla sua famiglia. Sarà la leggenda della Baker a riposare tra i grandi, esattamente come è accaduto per Antoine de Saint-Exupery che, scomparso misteriosamente nel 1944 in una missione aerea e mai ritrovato, proprio nel Panthéon è ricordato e evocato da una lapide. Sono i simboli, infatti, a contare perché continuano a ricordarci le grandi storie, i grandi esempi e le grandi vite.

Barbara Castellaro

Musica da Vedere Gli antichi rituali della caccia reale rivivono alla Palazzina di Stupinigi

Sabato 27 e domenica 28 novembre 2021 al suono dei corni di Sant’Uberto

 

 

Il paesaggio sonoro rappresentato nelle tele di Vittorio Amedeo Cignaroli rivive alla Palazzina di Caccia di Stupinigi attraverso l’arte musicale dei suonatori di corno da caccia.

Le musiche che corrispondevano all’antico cerimoniale venatorio della vènerie royale (la caccia a cavallo con cani da seguita), vengono riproposte dall’Equipaggio della Regia Venaria, ensemble musicale dell’Accademia di Sant’Uberto, costituita nel 1996 e riconosciuta dall’Unesco Patrimonio Immateriale dell’Umanità. Lo strumento impiegato è la trompe d’Orléans, corno circolare naturale, senza fori, tasti o pistoni, di agevole impiego anche a cavallo, per trasmettere le sequenze dell’azione venatoria nel folto della foresta.  

Nel XVII-XVIII secolo la caccia reale per antonomasia era la vènerie al cervo, pratica venatoria esercitata a cavallo con l’ausilio di muta di cani da seguita. La Reggia della Venaria Reale prima ed in seguito la Palazzina di Caccia di Stupinigi erano le residenze costruite per sostenere il complesso apparato organizzativo. Nella vènerie l’azione consisteva in una precisa sequenza di fasi, dette anche funzioni, che costituiva un vero e proprio “cerimoniale venatorio”. Le diverse situazioni che l’equipaggio di caccia avrebbe dovuto affrontare sul terreno nel corso dell’inseguimento, anche nel folto della foresta, erano comunicate a tutti i cavalieri per mezzo della tromba da caccia, che da allora segna il rapido evolversi dello strumento, anche in orchestra.

 

INFO

_Sabato 27 novembre, ore 10,30

Musica da Vedere

Costo della visita: 5 euro, oltre al costo del biglietto

Info e prenotazioni: 011.6200634

_Domenica 28 novembre, ore 10,30-13

Grand Chasse Royale

Con Accademia di Sant’Uberto e Società Torinese di Caccia a Cavallo

L’evento è compreso nel costo del biglietto

 

Palazzina di Caccia di Stupinigi

Piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi – Nichelino

www.ordinemauriziano.it

Giorni e orario di apertura: da martedì a venerdì 10-17,30 (ultimo ingresso ore 17); sabato, domenica e festivi 10-18,30 (ultimo ingresso ore 18).

Biglietti: intero 12 euro; ridotto 8 euro

Indispensabile il Green Pass

Weekend ai Musei Reali tra visite speciali e mostre da scoprire

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Prosegue la ricca proposta di attività e di eventi ai Musei Reali: ecco tutte le iniziative per riscoprire la meraviglia dei grandi ambienti aulici e del vasto polmone verde nel cuore della città.

 

Sabato 27 novembre alle ore 11 domenica 28 novembre alle ore 15.30, le guide di CoopCulture accompagneranno il pubblico alla scoperta della mostra Cipro. Crocevia delle civiltà . Un percorso emozionante alla scoperta del fascino millenario dell’isola, raccontato attraverso le collezioni del Museo di Antichità, che costituiscono un nucleo pressoché unico nel panorama dei grandi musei europei, arricchito da prestiti provenienti da illustri istituzioni straniere tra cui il British Museum di Londra e il Metropolitan Museum of Art di New York. Il costo dell’attività è di € 7 oltre al biglietto di ingresso ridotto in mostra.

Biglietti online su www.coopculture.it – e-mail info.torino@coopculture.it.

 

Sabato 27 novembre alle ore 15.30 e domenica 28 novembre alle ore 11, le guide e gli storici dell’arte di CoopCulture condurranno inoltre la visita  Benvenuto a Palazzo lungo le sale di rappresentanza del primo piano di Palazzo Reale e dell’Armeria, un percorso per scoprire o riscoprire la storia e la magnificenza della prima reggia d’Italia. Il costo della visita è di € 7 oltre al biglietto di ingresso ridotto ai Musei Reali (€ 13 ordinario, € 2 da 18 a 25 anni, gratuito under 18).

Biglietti online su www.coopculture.it – e-mail info.torino@coopculture.it.

 

Fino al 31 marzo 2022 è possibile prenotare una visita ai percorsi speciali dei Musei Reali.

Mercoledì 24 e sabato 27 novembre Collezionisti a Confronto: Riccardo Gualino e il Principe Eugenio di Savoia Soisson. Un ricco percorso alla scoperta di due grandi personaggi accomunati dalla passione per l’arte, un itinerario affascinante tra il secondo e il terzo piano della Galleria Sabauda tra capolavori indiscussi per comprendere meglio l’evoluzione del collezionismo tra Sette e Novecento.

Inoltre, ogni martedì e venerdì, il pubblico potrà visitare i magnifici appartamenti al piano terreno di Palazzo Reale, abitati da principesse, principi, sovrani tra la fine del Seicento e la prima metà del Novecento, e le suggestive Cucine Reali per rivivere gli antichi usi di Corte.

Ogni giovedì e domenica  sarà possibile approfondire le vicende storico-artistiche legate alla costruzione della Cappella della Sindone e ammirare i tesori conservati nella Sacrestia e nella Cappella Regia.

Costo delle attività: € 20 (€ 13 per Abbonamento Musei). Biglietti online su www.coopculture.it – e-mail info.torino@coopculture.it

 

Intorno a Cipro

Per il ciclo Intorno a Cipro. Attività e approfondimenti sulla grande mostra archeologica, lunedì 29 novembre alle ore 17 Patrizia Petitti e Cristina Stalteri intervengono al Museo di Antichità per la conferenza Prima e dopo Afrodite. L’isola al femminile. Partecipazione gratuita in presenza o da remoto. Per informazioni e iscrizioni: mr-to.edu@beniculturali.it

 

Ciprotour. Oltre il confine

Fino al 29 gennaio 2022 il pubblico potrà godere di una mostra diffusa che unisce i Musei Reali e le Biblioteche civiche di Torino. Il progetto, che mira a promuovere sul territorio la mostra internazionale Cipro. Crocevia delle civiltà , prevede una serie di piccole esposizioni in alcune biblioteche torinesi: narrazioni da Cipro e su Cipro entreranno nelle sale della Biblioteca Civica Centrale, alla Biblioteca civica Musicale Della Corte si parlerà di musica cipriota, al Mausoleo della Bela Rosin e alla Biblioteca civica Villa Amoretti si racconterà dell’isola sacra ad Afrodite e dei profumi della dea, alla Biblioteca civica Cesare Pavese di commerci e genti, di lingue e culture alla Biblioteca civica Primo Levi. E ancora, alla Biblioteca civica Don Milani, si terranno incontri su Cipro, porto e ponte del Mediterraneo. Il Bibliobus, inoltre, diffonderà in città le informazioni sugli eventi e sulla mostra. Domenica 28 novembre, tra le 14.30 alle 17.30 presso il Mausoleo della Bela Rosin sarà possibile effettuare le visite esperienziali I profumi di Afrodite.

 

Primo Disegno Reale – Il viaggio

Fino a domenica 28 novembre, nella Corte d’onore di Palazzo Reale, le classi del Primo Liceo Artistico di Torino presentano al pubblico i lavori e i progetti elaborati nell’ambito dell’esperienza di alternanza scuola-lavoro condotta nel 2021, con una mostra dedicata al tema del viaggio. Un ponte ideale collega le creazioni dei ragazzi e delle ragazze impegnate nel progetto, che ha coinvolto tutti gli indirizzi del liceo e alcune classi degli I.C. Carlo Alberto Dalla Chiesa di San Mauro e Giovanni Falcone di Mappano , con uno scambio a distanza di cartoline illustrate dai partecipanti, ispirandosi al patrimonio artistico dei Musei Reali. Visita libera.

 

Le mostre in corso

Nell’ambito dei progetti di collaborazione tra musei italiani e stranieri, fino al 12 dicembre  i Musei Reali ospitano nelle Sale dei Maestri Caravaggeschi, al primo piano della Galleria Sabauda, l’opera di Orazio Gentileschi Santa Cecilia che suona la spinetta e un angelo, in prestito dalla Galleria Nazionale dell’Umbria di Perugia. L’evento espositivo è una straordinaria opportunità di confronto con l’Annunciazione , capolavoro dello stesso artista, celebre seguace di Caravaggio, custodito dai Musei Reali. Il confronto tra queste due opere permette di accostarsi al metodo di lavoro del pittore, che consiste nel riutilizzo di cartoni o di lucidi per comporre singole figure o intere scene.  Il volto di Santa Cecilia che suona la spinetta e un angelo, dipinto tra il 1615 e 1620 ritorna  con attitudine simile in quello della Vergine nell’Annunciazione di Torino, donata dallo stesso Gentileschi al duca Carlo Emanuele I di Savoia nel 1623 e oggi esposta nella Galleria Sabauda.

 

Il fascino millenario di Cipro, cuore del Mediterraneo e ponte tra Oriente e Occidente, è protagonista della mostra internazionale  Cipro. Crocevia delle civiltà, che si terrà fino al 9 gennaio 2022 nelle Sale Chiablese, realizzata in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino  e curata da Luca Bombardieri, docente di Archeologia cipriota, ed Elisa Panero, curatrice delle collezioni archeologiche dei Musei Reali. Si tratta di un’occasione unica per lasciarsi conquistare da una delle isole mediterranee più misteriose, il cui incanto è a tutt’oggi immutato: mitica culla di Afrodite, che nasce dalla spuma del mare cipriota, l’isola è crocevia di scambi commerciali e approdo di culture differenti in cui si forma la moderna concezione del mondo mediterraneo. La mostra è aperta dal martedì alla domenica dalle 10 alle 19 (ultimo ingresso ore 18). I biglietti possono essere acquistati su  www.coopculture.it.

 

Fino al 9 gennaio 2022 i Musei Reali ospitano In Between, la prima mostra a Torino dedicata allo scultore piemontese Fabio Viale che ha conquistato notorietà internazionale grazie alle sue statue tatuate  e alle straordinarie finzioni in marmo. Cinque opere monumentali allestite in Piazzetta Reale e un percorso curato da Filippo Masino e Roberto Mastroianni all’interno di Palazzo Reale testimoniano i campi di ricerca e presentano opere inedite, svelate al pubblico negli spazi della residenza sabauda. Realizzata in collaborazione con la Galleria Poggiali di Firenze, la mostra è compresa nel biglietto di ingresso ai Musei Reali.

 

La Biblioteca Reale

La Sala Lettura della Biblioteca Reale è aperta dal lunedì al venerdì dalle 8,30 alle 15,15 ed è chiusa il sabato. Le consultazioni dovranno essere prenotate con almeno 24 ore di anticipo scrivendo all’indirizzo mr-to.bibliotecareale@beniculturali.it, indicando tutte le informazioni disponibili per la richiesta.

Per conoscere le modalità di accesso e registrazione consultare la pagina Orari e modalità di apertura della Biblioteca Reale – Musei Reali Torino (beniculturali.it)

 

Caffè Reale

Nella suggestiva Corte d’Onore di Palazzo Reale è possibile rigenerarsi con una pausa al Caffè Reale Torino , ospitato in una ambientazione unica ed elegante, impreziosita da suppellettili in porcellana e argento provenienti dalle collezioni sabaude. Informazioni e prenotazioni al numero 335 8140537 o via e-mail all’indirizzo segreteria@ilcatering.net.

 

Modifica percorsi e orari

Per assicurare una visita confortevole nei mesi più freddi, a Palazzo Reale sono in corso lavorazioni finalizzate all’allestimento di pedane riscaldanti: i percorsi sono modificati per consentire le visite anche in ambienti normalmente chiusi al pubblico. Con il biglietto ordinario dei Musei Reali dal 20 novembre al 3 dicembre , il percorso proseguirà nell’appartamento della Regina Maria Teresa, con il Gabinetto del Segreto Maneggio degli Affari di Stato finemente intarsiato dall’ebanista Pietro Piffetti, e nell’appartamento dei Principi Forestieri, tra i più preziosi e meno noti della residenza.

Le antiche ville sulla collina di Torino

A cura di Torino Storia

A pochi passi dal centro città, le residenze «di campagna» di due fra i più potenti e decisivi personaggi di Casa Savoia: il Cardinale Maurizio e Cristina di Francia

Sulla sponda collinare del Po, proprio di fronte al Castello del Valentino, sorgeva nel seicento la villa di campagna di Madama Reale, Cristina diFrancia, di cui si conserva solo il nucleo centrale, che coincide con l’attuale Villa Abegg…

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Torino e i suoi Caffè. Una passeggiata tra storia e leccornie

Anche questanno Novembre induce i torinesi ad avvolgersi in calde sciarpe e pesanti cappotti, li osserva nascondersi sotto ingombranti ombrelli e sorride ascoltando le litanie mattutine dei lavoratori che sbrinano le macchine alle prime ore del giorno.


Incombe la Brutta Stagione, inarrestabile, indossa per mantella la fine nebbia albina, scarpe impermeabili atte a pestare le pozzanghere, mentre sul volto le permane un broncioperenne.
Come farla sorridere allora, nella speranza che acconsenta ad un podi bel tempo?
Sicuramente una bella passeggiata per Torino potrebbe aiutare lInvernale Signora a cambiare umore; certo, è necessario che si tratti di un girettocome si deve, attraverso quei luoghi che portano gioia, scaldando il cuore e solleticando lo stomaco.
Come si suol dire, prendiamola per la golala nostra Uggiosa Ospite.
Daltronde, come diceva Guy de Maupassant, Soltanto gli idioti non sono buongustaie solamente chi sceglie di crogiolarsi nel proprio malessere può rimanere indifferente ai molteplici e golosi locali cittadini.
Iniziamo dunque questo iterallinsegna del piacere del palato, e, mettendoci con le spalle alla Gran Madre, incamminiamoci.
Non faremo percorrere molta strada alla Signora nata sotto il segno dello Scorpione prima di fermarci alla prima tappa, poiché si tratta del Caffè Elena, caro a Cesare Pavese, uno dei maggiori intellettuali italiani del XX secolo, scrittore, poeta, traduttore e critico letterario vissuto nella prima metà del Novecento; chissà su quale tavolino sedeva mentre pensava alla sua  Constance e abbozzava il suo ultimo romanzo La luna e i falò”?
Prima di entrare sbirciamo velocemente lottocentesco palazzo progettato dallarchitetto Giuseppe Frizzi che ospita il locale e scegliamo una postazione da cui poter godere della vista sullampia Piazza Vittorio. Il via vai continuo conferma il luogo come vivo punto dincontro per giovani, turisti e per chiunque voglia giocare a fare il   bohémien. Allinterno il Caffè presenta un arredamento di inizio Novecento, le linee sinuose care al Liberty contraddistinguono unatmosfera antica, come se si entrasse in una dimensione passata, intrappolata nella amara felicità del secolo breve. E ora che ci siamo ambientati, cosa ordinare? Proporrei un aperitivo, magari un      vermouth, ossia quel liquore tipico torinese, ideato nel corso del Settecento da Antonio Benedetto e perfezionato proprio tra le mura del Caffè Elena – da Giuseppe Carpano, verso il terminare dellOttocento.
Un podi calore liquido e subito le gote della Dama della Terza Stagione si colorano come le foglie degli aceri in autunno. Ha ragione Edward Bloom, protagonista dellonirico film Big Fish, quando medita che quasi tutte le creature che consideriamo malvagie o cattive, sono semplicemente sole. E magari mancano un po’ di buone maniere.
È  ora di proseguire.
Pochi minuti ci separano dalla prossima tappa, il minuto Caffè Ghigo, celebre bar-pasticceria situato sotto i portici di via Po.
Fino al 1850 il locale era adibito a latteria, qui si producevano formaggi, tomini e latte. A partire dagli anni Settanta dellOttocento lattività alimentare lascia spazio al Caffè, nasce dunque Ghigo, ricercata pasticceria torinese, rispettosa delle antiche tradizioni culinarie.
Non c’è posto per sedersi allinterno, le consumazioni si effettuano in piedi, appoggiati al marmoreo bancone ondoso, scambiando qualche sorriso con il personale premuroso. Le leccornie audacemente esposte in vetrina costringono i passanti ad entrare, e, una volta superata la soglia, un odore di dolciumi e zucchero a velo inebria laria, rendendo impossibile non ordinare qualcosa senza panna.
Tra bignole e salatini spicca la nivea Nuvola, specialità torinese e prodotto unico nel suo genere; si tratta di un languido pandoro ricoperto di crema di burro e zucchero a velo, un soffice dolce capace di ammorbidire i cuori più congelati.
Ma è già ora di andare. Ancora con le labbra inzuccherate ci allontaniamo, verso nuovi stuzzicanti orizzonti.
Arriviamo fino al numero 8 di via Po, ed entriamo in quello che un tempo era noto come Caffè dei codini. Eccoci di fronte a Fiorio, locale particolarmente apprezzato dai nobili torinesi durante la Restaurazione, è stato un punto di ritrovo fortemente politicizzato, così come testimoniano i soprannomi che allepoca accompagnavano la dicitura sullinsegna: Caffè Radetzkyo caffè Machiavelli. Una clientela decisamente schierata, in evidente contrapposizione agli ardenti patrioti frequentanti il Caffè Calosso presso lallora via Dora Grossa attuale via Garibaldi -.
Le discussioni che avvenivano allinterno delle sale lucenti di specchi avevano larga eco, lo stesso re Carlo Alberto (1798-1849) a quanto pare – era solito iniziare la giornata chiedendo Che si dice al Caffè Fiorio?La fama del luogo è confermata anche dalle parole di un anonimo, il quale nel 1845 scrive: Di nobilitade emporio/ chiuso alla plebe vile/ risplende il caffè Fiorio/ che in sua grandezza umile/ solo ornamenti apprezza/ del tempo di Noè:/ evviva la bellezza/ del nobile Caffè”.
Verso la metà dellOttocento il locale viene impreziosito dagli interventi di artisti come Francesco Gonin (1808-1889) e Giuseppe Bogliani (1805-1881), anche se sono diverse le ristrutturazioni che il locale subisce nel tempo, tra queste di particolare importanza fu lintroduzione delle lampadine, escamotagea gas che, a partire dal 1838, contribuì a rendere ancora più gradevole la permanenza degli ospiti tra le sontuose sale.
Certamente mangiare bene aiuta a discorrere meglio, lo dimostrano inoltre le testimonianze risorgimentali, che attestano tra quelle mura damascate il ritrovo di intellettuali e politici del calibro di Urbano Rattazzi, Massimo D’Azeglio, Camillo Benso Conte di Cavour o Cesare Balbo.
C’è da chiedersi quanti fogli e appunti abbiano macchiato tra una coppa di gelato e una cioccolata calda.
Mentre rendiamo più vicini a noii grandi del nostro passato, immaginandoli felici e impiastricciati, usciamo dal bar dorato e proseguiamo su questo pellegrinaggio del gusto.
Arrivati in Piazza Castello è nuovamente ora di intrattenersi al caldo di un locale.
Sono le vetuste vetrine di Mulassano a fermarci. Celebre e storico bar torinese, aperto nel 1907 e originariamente frequentato soprattutto dagli artisti del Teatro Regio. Il Caffè viene messo in vendita dai proprietari intorno agli anni Venti del Novecento e successivamente acquistato dai coniugi  Angela e Onorino Nebiolo, da poco tornati in patria dallAmerica. I nuovi possessori desideravano ridare vigore agli affari del locale e idearono nuove proposte alimentari per accompagnare gli aperitivi. Nascono così il toaste quel particolare panino che Gabriele DAnnunzio battezzò “tramezzino.
I posti a sedere sono pochi, lambiente è raccolto e spinge gli astanti a sedersi inconsciamente vicini; le chiacchiere dei commensali si mescolano con eleganza, adattandosi allambiente circostante e simulando le note dei musicisti dellorchestra regia.
La maratona cibaria non è ancora finita, ma inizio a intravvedere un podi stanchezza sul volto della nostra commensale. Non è il caso di esagerare, anche se credo che ancora un paio di luoghi sia il caso di visitarli, prima di salutarci.
Usciti dal piccolo Mulassano, è ora di dirigersi verso la regale Piazza San Carlo.
Lora si fa tarda e la folla del centro impazza, siamo immersi in un flusso senza direzione, c’è chi chiacchiera al cellulare, chi improvvisamente si ferma a guardare la merce dei negozi, chi invece sollecita i compagni ad accelerare il passo. Anche la Dama delle Piogge si sente in dovere di amalgamarsi alla modalità generale e a mala pena riusciamo a scorgere le vetrine di Baratti, altro elegante e rinomato locale torinese, confetteria fondata nel 1858 da Ferdinando Baratti e Edoardo Milano il cui nome completo infatti è Baratti&Milano -.
Fin dallinaugurazione il luogo colpisce per il suo sfarzo, come testimonia un cronista dellepoca: Lo sfarzo e il buon gusto qui se la contendono. Specchi di grande superficie, sculture in legno di noce artisticamente eseguite, dorature splendidissime e, a degno accompagnamento, la bontà squisita dei prodotti dei miracolosi fornelli dei signori confettieri. È tuttavia Guido Gozzano a rendere immortale la notorietà del posto, descrivendo nel suo celebre componimento Le golosele ingioiellate signore della nobiltà subalpina mentre gustano le paste, sollevando la veletta e girandosi di schiena nella speranza che nessuno le veda.
Siamo ormai diretti verso il Caffè Torino, uno dei più conosciuti salotti torinesi, in attività dal 1903, adorno di marmi pregiati e medaglioni dipinti, il locale accoglie gli avventori con un superbo bancone in marmo finemente sbalzato e li accompagna alla ricerca di un gusto senza tempo.
Da subito il bar sfida lattività del dirimpettaio Caffè San Carlo, punto di ritrovo per definizione dell’“intellighenziatorinese. La Fortuna aiuta gli audacie il successo della nuova apertura non tarda ad arrivare, presto intellettuali come Eiunaudi e De Gasperi diventano clienti abituali, col tempo la fama del luogo accresce, così negli anni Cinquanta  diverse personalità come James Stewart, Ava Gardner, Walter Chiari, Brigitte Bardot e lindimenticabile Erminio Macario vogliono assaporare un buon caffè seduti tra gli elitari tavolini di quella Torino non alla portata di tutti.
E se il prezzo del caffè ci ricorda a quale strato sociale apparteniamo, il toro rampante antistante il locale invita democraticamente la totalità dei passanti a partecipare – a titolo gratuito – al rituale propiziatorio più famoso della cittadinanza. Leffigie in bronzo viene posta nel 1930 sul pavimento della Piazza dedicata a San Carlo Borromeo e subito diventa oggetto di attenzioni e superstizioni. Leggenda vuole che calpestare gli attributi dellanimale porti fortuna, latto si deve compiere con il tallone sinistro e effettuando tre giri intorno a sé stessi. Unovvia sciocchezza, che però, con la tipica discrezione torinese, ha portato a creare un delicato avvallamento là dove, anche per il quadrupede, non batte il sole.
La sera sta scendendo, ed è giunta lora di salutare la nostra gentile Opite Portatrice di freddo.
Per i convenevoli quale luogo più opportuno che i battenti tristemente serrati del Caffè San Carlo, altro salotto torinese con una storia antica di quasi duecento anni?
Le luci spente testimoniano la tragedia che è stata la pandemia per molte attività commerciali, costrette a chiudere con poche possibilità di riscatto.
Invito la Cinerea Signora a specchiarsi nelle vecchie vetrine e ad immaginare i fasti ottocenteschi, quando il locale portava il nome di Caffè di Piazza DArmi. Allepoca non cera ancora il Cavald Brons al centro della piazza, al contrario il territorio era adibito per ospitare le adunate dellesercito sabaudo.
Clienti abituali erano Giolitti, Crispi, Gramsci e Gobetti, ma anche importanti scrittori come Edmondo De Amicis, autore dellindimenticabile Libro Cuore, di cui oggi a scuola non si parla più. Proprio al San Carlo si era fermato un altro assai noto personaggio, Alexandre Dumas, in visita alla città sabauda, proprio qui pare abbia assaggiato il suo primo bicerin.
È ormai sera, i lampioni colorati offuscano le stelle e la nebbia del Po sta arrivando in città.
Chissà se la nostra Uggiosa Ospite avrà apprezzato questo calorico iterturistico e chissà se un podi buonumore la convincerà a concederci qualche giornata di sole in questo lungo inverno.
Nel dubbio, prima che scompaia, le allungo quattro giandojòt, uno per ogni Stagione. Le Signore sono permalose, speriamo solo non se li mangi tutti Lei sulla strada del ritorno, con la scusa che poi si sciolgono.

Alessia Cagnotto 

Il Palazzo dei Conti di Bricherasio si apre al pubblico

Una serie di iniziative in programma nel suo parco all’inglese

 

All’ingresso della ridente e accogliente cittadina di Bricherasio si incontra il Palazzo dei Conti di Bricherasio, attualmente appartenente alla famiglia Calleri di Sala, che ha vantato anche esponenti in famiglia di grande valore quali Edoardo Calleri conte di Sala, sindaco di Bricherasio dal 1951 al 1960, successivamente assessore regionale all’Urbanistica e primo Presidente della neonata Regione Piemonte.

“Il palazzo dei Conti di Bricherasio – spiega Guido Calleri di Sala, attuale proprietario – venne costruito tra Seicento e Settecento ai piedi delle colline del castello, nel luogo in cui sorgevano le fortificazioni che furono distrutte durante l’assedio del 1594 in cui Bricherasio, occupata dai Francesi, fu riconquistata dalle truppe dei Savoia dopo quaranta giorni di bombardamenti. Ancora oggi conserviamo nel parco una testimonianza storica di quell’assedio, in una porzione di mura”.

“In questo palazzo – aggiunge Guido Calleri di Sala – ebbe i natali, nel 1706, Giovan Battista Cacherano di Bricherasio, comandante delle truppe piemontesi e austriache che, il 21 luglio 1747, sconfissero i francesi nelle celebre battaglia del Colle dell’Assietta. A questo episodio si fa risalire la nascita del detto piemontese “bogianen”, che rappresenta la fusione delle parole “bogia” e “nen”. In italiano si traduce letteralmente con “non ti muovere”. Per cercare di contenere l’avanzata degli eserciti francesi e spagnoli, Carlo Emanuele III fece costruire, infatti, oltre ai forti di Exilles e Fenestrelle, lungo l’Assietta e il Grand Serin, piccole opere difensive in cui i soldati piemontesi si sarebberopotuti schierare in attesa del nemico. La situazione stava diventando difficile ma, nonostante tutto, le truppe non vollero ritirarsi e il loro comandante rispose alla richiesta di ritirata con le parole  “Nojautri bogioma nen”, “noi non ci muoviamo”.

“Il secondo personaggio che ha frequentato questa dimora storica– precisa Guido Calleri di Sala –  è stato Emanuele Cacherano di Bricherasio, fondatore dell’Accomandita Ceirano, dell’Automobile Club d’Italia e ideatore della Fiat. Un dipinto di Lorenzo Dalleaniritrae, infatti, la firma dell’atto di fondazione della Fiat e il conteEmanuele Cacherano di Bricherasio seduto al centro, vestito di bianco”.

“Dal secondo dopoguerra questo palazzo – aggiunge Guido Calleridi Sala – è  diventato una residenza estiva e, grazie all’impegno e alla passione di mio padre ( Edoardo Calleri di Sala), ha visto la progettazione  dell’architettura del parco, che ha un’estensione di quasi quattro ettari. Esso conta una cinquantina di specie arboree e almeno venti arbustive. Lo stile, elaborato anche grazie all’aiuto di un architetto, è  quello dei giardini all’inglese. Questo parco è stato protagonista di una più ampia apertura al pubblico rispetto a quella consueta domenicale di fine mese, vale a dire a fine settembre del 2020, quando abbiamo promosso l’evento dal titolo “Cibo  e territorio, un racconto continuo”, diventato  il fil rouge di un intero  weekend a Villa Calleri di Sala. Abbiamo scelto il cibo come elemento centrale di connessione con il territorio, consapevoli del fatto che natura e ambiente debbano essere centrali nella vita quotidiana di ognuno di noi”.

“Per la prossima primavera – precisa Guido Calleri di Sala – desideriamo aprire il parco ancor più al pubblico e renderlo ancor più un protagonista attivo della sua vita. Abbiamo constatato che piace molto al pubblico visitare e conoscere le specie arboreepresenti. Agli incontri organizzati lo scorso anno sul tema del legame tra cibo e territorio aggiungeremo la prossima primavera delle conferenze, ospitate nel parco, di presentazione di libri. Il primo testo che verrà presentato sarà l’ultimo volume scritto dal professor Pier Franco Quaglieni, fondatore, insieme a Mario Soldati, del Centro Pannunzio, dal titolo “La passione per la libertà”, in cui cinque pagine del volume sono, tra l’altro, dedicate a mio cugino Paolo Macchi. Il secondo libro che verrà presentato è quello scritto dal giornalista torinese Luca Rolandi dal titolo “Quando vinceva il Quadrilatero”, un romanzo del pallone, dedicato agli anni d’oro del calcio della provincia piemontese,periodo in cui questo sport era pionieristico ma nobile, e in cui furono riportate le vittorie di alcune squadre di calcio quali la Pro Vercelli, l’Alessandria, il Novara e il Casale; in questa occasioneverrà anche presentato il libro di cui è  autore Giorgio Merlo, dal titolo “I Granata”.

Il terzo appuntamento verrà dedicato a due volumi che saranno illustrati al pubblico nel parco della villa, entrambi dedicati alla chiesa di Santa Maria, uno frutto di una tesi di laurea sulla chiesa di Santa Maria di Volvera e uno sulla chiesa omonima sita a Bricherasio”.

La villa Calleri di Sala fa parte del circuito delle Dimore Storiche Italiane, che sono 4500 in Italia, e delle Dimore Storiche del Pinerolese, che contano, in totale, tredici proprietà storiche. Aderisce alle giornate aperte promosse dall’Associazione e è  vincolata alla Soprintendenza dei Beni Culturali del Piemonte.

Mara Martellotta 

Sanlorenzo e il Comitato Resistenza e Costituzione

Convegno a Novara il 23 novembre

Diventa itinerante, dopo l’appuntamento di Torino dell’8 novembre al Polo del ‘900 organizzato dalla Porta di Vetro insieme con la Fondazione Gramsci con il sostegno del Consiglio regionale del Piemonte, la memoria celebrativa per i 45 anni del “Comitato Resistenza e Costituzione” unita al ricordo della figura di Dino Sanlorenzo. Il convegno si sposterà, infatti, nel pomeriggio dei martedì 23 novembre, al Castello di Novara, sotto l’egida dell’Istituto Storico della Resistenza e della società contemporanea nel Novarese e nel V.C.O. “Piero Fornara” e de La Porta di Vetro. Perché la città della Basilica di San Gaudenzio è presto spiegato: Dino Sanlorenzo, torinese di Borgo San Paolo, classe 1930, presidente del Consiglio regionale piemontese nella legislatura del 1975, scomparso nel dicembre dello scorso anno, negli anni Sessanta fu segretario della Federazione Comunista di Novara. E lo fu, mandato da Botteghe Oscure per un anno, ma vi resto dieci, in una stagione travagliata per la sinistra novarese, segnata dalla rottura con i socialisti, che determinò un periodo di isolamento politico del Pci e di conseguenza di forti tensioni interne. Nel 1970, eletto in Regione, Sanlorenzo fu uno dei costituenti dell’istituto che vedeva finalmente la luce a 22 anni dalla Costituzione.La figura di Dino Sanlorenzo è legata alla storia del Piemonte degli anni ’70 e ’80, e all’impegno delle istituzioni politiche e sociali regionali nel contrasto all’eversione nera e di estrema sinistra. Strenuo oppositore del “partito armato” delle Brigate rosse e della violenza orchestrata dalla galassia di sigle terroristiche nelle fabbriche e nella società civile, Sanlorenzo partì dalla convinzione che la sconfitta dell’eversione non passasse soltanto dall’intervento della magistratura e delle forze dell’ordine, ma che dipendesse anche dalla mobilitazione e dal coinvolgimento dei cittadini nel rifiutare l’approdo antidemocratico perseguito dal terrorismo di ogni colore e matrice.Da presidente del Consiglio regionale promosse la creazione di organismi consultivi che agevolassero la partecipazione dei Piemontesi alla vita politica e sociale. Tra questi il Comitato Resistenza e Costituzione (istituito nel 1976 con la legge regionale n. 7 del 22 gennaio), nasceva con la prospettiva di sviluppare tra i cittadini una coscienza civica ancorata ai valori della Resistenza e presenti nel dettato Costituzionale. Nel 1979 per la sua posizione intransigente, Sanlorenzo finì nel mirino delle organizzazioni sovversive. Nel corso di questi 45 anni, attraverso il coinvolgimento del mondo della scuola e di tutte le organizzazioni che ne fanno parte (ad oggi sono 77 tra partiti politici, sindacati, associazioni, archivi, Istituti della Resistenza e Università), il Comitato ha continuato a svolgere la missione indicata negli articoli di legge.Gli interventi dei relatori coprono tutta la vicenda politica di Dino Sanlorenzo: dal ruolo di dirigente di partito nella lunga stagione degli anni ’60, a quello di membro di primo piano all’interno delle Istituzioni regionali. Spazio verrà concesso anche al ruolo culturale e sociale del Comitato Resistenza e Costituzione.Interverranno il sindaco di Novara Alessandro Canelli, i presidenti dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’Associazione La Porta di Vetro, Paolo Cattaneo e Michele Ruggiero; Gianpiero Avondo, Valerio Cattaneo, Ferruccio Danini ed Elena Mastretta. Coordinerà gli interventi Gianfranco Quaglia. L’iniziativa ha il sostegno del Comitato Resistenza e Costituzione del Consiglio regionale, e gode del patrocinio del Comune e della Provincia di Novara.

L’accesso è libero con l’esibizione del green pass. Per informazioni telefonare allo 0321 392743 oppure scrivere a segreteria@isrn.it;laportadivetro@gmail.com.

 

I Gozzano di Cereseto Monferrato

Armano Luigi Gozzano analizza la propria genealogia del nobile ramo di Cereseto risalente al 1525, confermando la provenienza dall’antica casata di Luzzogno in Valle Strona.

La ricca famiglia di commercianti  proprietari di negozi e terreni possedeva nel 1649 un  altare in giuspatronato nell’antica chiesa parrocchiale di S.Maria con diritto di sepoltura dei propri defunti nel cimitero annesso. I canonici della famiglia furono  D.Giovanni Antonio nel 1666-71 a Serralunga  di Crea,D.Giovanni Pietro nel 1710-22 a Vignale e Rosignano,D.Giovanni Antonio nel 1758 pievano a Ponzano.Illustre possidente dell’epoca era il nob.Carlo Francesco  Gozzano(1605-1688)il quale per il battesimo di due dei dieci figli designò come padrini  i cugini di Casale,il nob.Giovanni il giovane nel 1632 e madonna Maria nel 1644, moglie del nobile cugino Giovanni il vecchio, originari di Luzzogno.Nel 1712 il ricchissimo cugino Francesco Bernardino del notaio casalese Antonio da Luzzogno risiedeva a Cereseto dove possedeva l’area di S.Cassiano, tuttora proprietà della famiglia di Gozzano Vincenzo e Maria Cucco,poi a Serralunga di Crea con la moglie Brigida del  causidico Giovanni Francesco Perracino. Si legge nel bellissimo diario di famiglia che  si erano trasferiti in collina per sfuggire allo stress cittadino di Casale Monferrato. Fu l’ultimo proprietario della casa Gozzano venduta al comune di Luzzogno,atto rogato
dal notaio Albergante di Omegna nel 1709. Tutti gli antenati dei Gozzano di Casale del 1500 avevano interessi a Cereseto ed erano proprietari della chiesa Beata Vergine Concezione, utilizzata solo a scopo funerario.
Anche Cereseto non restò immune al fenomeno dell’emigrazione.Celestino Gozzano,sposato con Luigia Amarotto e genitori di Armando,Ida e Rosina,con il cognato Eugenio Merlo, marito di Anna Gozzano,si trasferirono in America per cinque anni in cerca di fortuna.Come descritto dal Cisei negli 81 diari di bordo del viaggio n.86071 della nave Lombardia rotta Genova Napoli, giunsero il 27-3-1906 a New York, registrati come  country man.Dopo le procedure medico legali a Castle Garden ed in seguito a Ellis Island,luoghi che hanno visto passare la miseria del vecchio mondo, trovarono casa al 172 di Front Street.Ma  dopo pochi giorni furono destinati alla ricostruzione di S.Francisco dopo il terribile incendio a seguito del terremoto avvenuto il 18-4-1906.
Nel 1897 Ernesta Maria Gozzano (1874-1954) sposò a Cereseto Angelo Contin (*1873)di Beniamino e Luigia Brianza di S.Fidenzio (Parma),in origine conti di Castelseprio della sede comitale di Varese fin dal 1300.Diversi componenti della famiglia trasferita a Venezia e inserita in quel patriziato diedero  lustro alla casata.Già Goffredo Contin era conte di palazzo di Ludovico II°e governatore di Pavia.Antonio procurò nel 1449 la dedizione di Crema alla  Repubblica di Venezia, possedimento che si
protrasse fino al 1797 anno della propria caduta.Il conte Francesco (1780–1860) violinista formato nella gloriosa scuola veneziana entrò alla corte di Vienna e fu  allievo di Forster, maestro di armonia di Beethoven.Sposato con Eleonora Forster pianista, fondò una società per diffusione delle opere di Haydn, Mozart e Beethoven. Le opere di Francesco sono state stampate a Vienna e conservate nella locale biblioteca nazionale. Fu insignito dell’ordine della croce di ferro dall’imperatore Francesco Giuseppe.
Il figlio Giovanni Battista (1823-1905) pianista, fu ufficiale nell’esercito austroungarico ed in seguito concertista e insegnante di pianoforte a Chicago e Los Angeles.A Venezia fu implacabile avversario di Wagner.Il fratello Antonio (1827-1899) fu
ingegnere idraulico del genio civile fino al  1881, progettando con Tommaso Mati i lavori per il lido di Venezia.Giuseppe,il terzo fratello(1835-1899)fu direttore del teatro La Fenice e socio onorario dell’accademia di S.Cecilia.Da giovane suonò in coppia con  G.Bottesini.Primo violino al Covent Garden di Londra, fu molto apprezzato e accolto da Rossini nella propria casa di Parigi.Nel 1877 inaugurò a Venezia la società musicale Benedetto Marcello.Accompagnò con il violino la regina Margherita di Savoia al pianoforte nell’esecuzione di romanze .A Venezia,in contrasto con il fratello Giovanni Battista, nella casa di Wagner suonò in coppia con Listz più volte,e Wagner che gli fece dono del suo leggio e della bacchetta. Il conte Francesco (+1903)fu prefetto e ufficiale della corona ferrea d’Italia, sposato con la contessa Maddalena Paolucci(*1845) del marchese Eugenio delle Roncole, educato alla corte di Russia e aiutante di campo del re Carlo Alberto, sposato a Venezia con la contessa Lucrezia Manin. All’inizio del ‘900 Angelo Contin ed Ernesta Gozzano realizzarono a Roma una imponente fabbrica di armi, fornitrice dell’esercito italiano nel corso delle due guerre mondiali.
Possedevano con i loro cinque figli una palazzina ai Parioli,una squadra di calcio,una Mercedes e un elicottero Agusta.Durante l’occupazione tedesca di Roma avvenuta il giorno 8-9-1943,definito il giorno della vergogna,la loro azienda fu sequestrata e trasferita in Germania.Nel 1930 Angelo ed Ernesta ebbero l’idea di accostare  per la prima volta gli stemmi delle loro nobili casate, creando così una piccola ricerca genealogica poi conclusa e pubblicata nel  2018  da Armano Luigi Gozzano.
Lo stemma a colori riporta il nome dell’antica famiglia Pagnin alias Contin risalente al XIII° secolo, pubblicato dall’istituto araldico di Firenze da Eugenio Pagnin del lido di Venezia dopo una visita a Castelseprio nel 2013 alla  ricerca delle proprie origini. Le strette relazioni economiche tra i Gozzano di Cereseto e Casale hanno caratterizzato lo svolgimento delle loro attività, perseguendo fini consortili familiari.
Giuliana Romano Bussola

I vetrai di Murano, una nuova guerra degli specchi?

Quando Luigi XIV sguinzagliava le sue spie nella laguna veneta per rubare i segreti dei vetrai di Murano. Tra la Francia e Venezia scoppiò perfino la “guerra degli specchi, tra il 1664 e il 1667.

I maestri vetrai muranesi, in difficoltà economiche, preferirono emigrare in altre città italiane, compresa Torino, e anche all’estero per trovare condizioni di vita e di lavoro migliori. La diaspora dei vetrai cominciò già nel Trecento e si protrasse fino al Settecento facendo perdere a Venezia parte della produzione dei suoi gioielli ammirati e venduti in tutto il mondo. Oggi i vetrai di Murano sono di nuovo in crisi: gli alti costi dell’energia diventano proibitivi e insostenibili per questi artigiani che per produrre i loro manufatti devono tenere accesi i forni giorno e notte. Alcune fornaci sono state già chiuse e diverse famiglie stanno pensando di trasferire altrove la produzione. Si delinea insomma una situazione simile a quella del Seicento descritta, con dovizia di particolari, dallo storico Paolo Preto nel volume “I Servizi segreti di Venezia, spionaggio e controspionaggio ai tempi della Serenissima” (Il Saggiatore, 1994). Ma spariranno davvero i vetrai di Murano e i loro celebri lampadari conosciuti in tutto il mondo e che attirano in laguna ogni anno moltitudini di turisti? Se ne parla molto in questi giorni con servizi televisivi e articoli sui quotidiani. Se non si produce si chiude bottega o si emigra in un altro Paese dove l’energia costa meno. Fiore all’occhiello della produzione industriale di Venezia i vetri di Murano sono sempre stati, almeno fin dal Trecento, una fonte perenne di preoccupazioni per la Repubblica di Venezia che nel Seicento combatté addirittura una guerra di spie contro la Francia di Luigi XIV. Deciso a rubare al doge i suoi maestri vetrai Jean Baptiste Colbert, primo ministro del Re Sole, fece di tutto per portarne un gruppo a Parigi promettendo loro favolosi guadagni e iniziando una produzione tutta francese.
Fu un vero e proprio attacco all’industria veneziana ma Colbert dovette scontrarsi con la dura reazione del governo lagunare che ricorse a tutti i mezzi per stroncare l’offensiva della monarchia francese, anche all’omicidio di Stato, mandando i suoi 007 a eliminare fisicamente soggetti scomodi al di là delle Alpi. Vengono colpiti vetrai veneziani e lucidatori di specchi francesi, i rapporti tra le due potenze peggiorano e diventano insostenibili per entrambe le diplomazie. I vetrai fuggiti in Francia tornano in laguna ma ormai l’obiettivo è stato raggiunto. I francesi si sono impadroniti con la forza e con l’astuzia dei segreti dei vetrai muranesi e Colbert non ha più bisogno di importare specchi da Venezia. Lo scrittore veneziano Alessandro Marzo Magno ricorda che nel sito del gruppo francese Saint-Gobain, leader mondiale nella produzione di vetri industriali, si legge: “Fondato in Francia nel 1665 per volere di Luigi XIV per realizzare la galleria degli specchi della reggia di Versailles a Parigi” ma non c’è però scritto che il tutto era il risultato di una colossale operazione di spionaggio industriale organizzata da Colbert ai danni di Venezia. Come dimostra il secolare successo della Saint-Gobain”. Ma anche questa volta, ne siamo convinti, Venezia, che proprio quest’anno compie 1600 anni di gloriosa esistenza, non si rassegnerà facilmente a perdere i suoi maestri muranesi. Lo Stato italiano è costretto ad aiutarli.
Filippo Re