SPETTACOLI- Pagina 26

I concerti di “Rai Orchestra Pops”: ci si ispira a Stati Uniti, Austria, Argentina e Spagna

In programma dal 7 al 20 giugno.

 

All’Auditorium Rai di Torino torna “Rai Orchestra Pops”, ciclo di concerti dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, che esplora i confini tra linguaggio classico, la scrittura sinfonica, la musica etnica, il crossover e lo swing. Tre le serate, dal 7 al 20 giugno, all’Auditorium Rai Arturo Toscanini di Torino, tutte trasmesse in live streaming, la prima e la terza trasmesse anche in diretta su Radio 3. Sul podio si alterneranno direttori di grande versatilità e aperti alle contaminazioni come Orozco-Estrada, Giménez e Greilsammer. Il primo appuntamento è atteso per venerdì 7 giugno alle 20.30 ed è intitolato “American landscapes” con protagonista il direttore d’orchestra e pianista israeliano David Greilsammer, spesso capofila di progetti innovativi, anteprime mondiali e incontri rivoluzionari tra diverse arti e culture. In programma la Mississipi Suite di Ferde Grofé, scritta nel 1926, che descrive il percorso del celebre fiume statunitense, dalla sorgente in Minnesota alla foce nel Golfo del Messico, a New Orleans. Segue un altro mitico viaggio americano, quello lungo la route 66, tradotto in musica nel 1998 da Micheal Daugherty. Chiuderanno la serata i Three places in New England di Charles Eve e la Suite Appalachian Spring di Aaron Copland.

Dai paesaggi americani si passa al folklore italiano e argentino con il secondo concerto in programma venerdì 14 giugno alle 20.30, dal titolo “Da Napoli a Buenos Aires”. Sul podio il direttore principale dell’Orchestra Rai Andrès Orozco-Estrada, che accosta la suite da concerto da Pulcinella, di Stravinskij, a due brani del compositore argentino Alberto Ginastera: le variazioni concertanti op.23 per orchestra da camera e le quattro danze dal balletto Estancia.

Ultimo appuntamento sarà quello con le Operette e Zarzuelas giovedì 20 giugno alle 20.30, per la direzione dello spagnolo David Gimènez. Al centro della serata musiche di Johann Strauss Junior : l’Ouverture da Der Zigeunerbaron, il valzer op. 410 Frühlingsstimmen, la polka schnell op.324 Unter Donner und Blitz, l’Ouverture da Die Fledermaus. A Johann Strauss sarà affiancato Joseph Strauss con la polka – schnell op.271 Ohne Sorgen! E alcuni estratti da Die Lustige Witwe di Franz Lehar. Dall’Austria si passa poi alla Spagna con il preludio dalla Zarzuela “El Bateo” di Federico Chueca, “El baile de Luis Alonso” e la “Boda de Luis Alonso” di Gerònimo Giménez, la “Danza Ritual de Fuego” da El Amor Brujo di Manuel Defalla e l’intermezzo tratto da Goyescas di Enrique Granados.

 

Biglietti: presso la biglietteria dell’Auditorium Rai, piazza Rossaro

Tel: 011 8104996

La stagione dello Stabile. L’importanza dei giovani nel nuovo panorama teatrale

Il Gobetti (gremitissimo) come un’oasi di pace e di serenità, di voglia di fare e ritrovarsi. Tranquillità, tutto fila liscio, lontana l’aria di contestazione che ha disturbato la presentazione della stagione del confratello romano nei giorni scorsi. I titoli degli spettacoli inseriti nel cartellone dello Stabile torinese per la prossima stagione accompagnano il chi abbraccia chi, i blabla annuali e rituali delle autorità e dei grandi sostenitori, il sindaco Lo Russo trova il tempo d’inserire una di quelle vane frasi ad effetto che suona “gli artisti sono l’anima e il cuore dell’attività teatrale” che con “la necessità di puntare sulla cultura” e il ringraziamento fatto all’assessora Purchia onnipresente punto di sostegno e con la reclamizzazione dei progetti della Cavallerizza e degli avviati lavori della Biblioteca Civica (“diventerà la biblioteca più grande d’Italia”) che avrà accanto un teatro “in fase di cantierizzazione” sanno un po’ di passeggiata elettorale dell’ultima ora: o meglio, il dubbio è quasi lecito. Poi c’è l’insediamento ufficiale del nuovo presidente Alessandro Bianchi, ci sono gli addii alla stazione, chi rimane e chi resta, Filippo Dini che lascia per andare a dirigere il Teatro Stabile Veneto (“qui lascio un pezzo di cuore e un bel carico della mia gratitudine”) e Valerio Binasco confermato direttore artistico sino a tutto il 2027 (ci mancheranno tra un anno i loro amichevoli bisticci, la compostezza di Dini, e l’irruenza caotica di Binasco, il loro abbraccio finale che segnerà speriamo altre collaborazioni).

Tempo di anniversari, anche. L’anno prossimo ci saranno settanta candeline a festeggiare il lungo cammino (“e non a caso settanta sono i titoli che popolano la nostra stagione, un felicissimo rimando”, conteggia il direttore Fonsatti) del nostro Stabile, cinquanta gli anni che vedono il sempre maggior peso del Centro Studi. “Citando un filosofo come Umberto Galimberti – ancora Fonsatti -, nella nostra stagione può risuonare la sua “etica del viandante”, intesa come ricerca continua sul rapporto tra il genere umano e il mondo che lo circonda. La declinazione pratica di questi intendimenti programmatici si articola in un cartellone di quasi cinquecento recite per sessantasei titoli, di cui oltre la metà scritti da drammaturghi viventi – ovvero sfatiamo la convinzione che se non sei morto da almeno cent’anni non ti mettono in scena! – a riprova della presa diretta del TST sul mondo contemporaneo e del tentativo di elaborare in una forma estetica e poetica i temi dolorosi o gioiosi della condizione umana.”

Un mondo contemporaneo a cui s’affacciano – e lo si deve sottolineare con vera felicità – quei giovani che hanno frequentato o frequentano la Scuola di recitazione, affidata in toto a Leonardo Lidi, guidati non soltanto alla prova finale – il prossimo “Prato inglese” sarà il loro esame d’ammissione al mondo teatrale – ma a guardare oltre. Alcuni ripercorreranno il percorso dei “Sei personaggi” pirandelliani proposto da Binasco nel 2023, altri soprattutto affronteranno prove che ne mostreranno aspetti da verificare o sfide mai affrontate. Diego Pleuteri, appena ventiseienne, “siamo lieti di investire sul suo giovane talento, coinvolgendolo come drammaturgo in diversi progetti”, riproporrà “Come nei giorni migliori”, per la regia di Lidi, e presenterà nel prossimo febbraio “Madri” con la regia di Alice Senigaglia, testo che ha già ricevuto segnalazioni e premi. Mentre a gennaio Marta Cortellazzo Wiel, trentenne uscita anche lei dal vivaio, sarà l’interprete e regista di “Prima facie”, un testo “urticante” scritto da Suzie Miller, grande successo londinese e ora proposto nei principali teatri europei, portatore di un tema e di una ferita con cui dobbiamo fare i conti ormai quotidianamente, la vicenda di Tessa Ensler, avvocata di successo, specializzata nei casi più spinosi, come la difesa di chi è accusato di violenza sessuale, rigida osservante del sistema giudiziario e delle sue regole: fino al giorno in cui subirà uno stupro, ritrovandosi a scoprire la vera natura delle regole in cui ha sempre creduto.

Atto unico” è il titolo posto all’insegna dell’intera stagione, sembrerebbe andare verso una sola direzione, invece abbraccia la pluralità di segni e di sogni, di realistici intenti, di riferimenti, di progetti da maturare e affermare. Sta sotto lo sguardo e le parole dell’autore che deve essere divenuto il faro, il punto di riferimento del direttore artistico Binasco, quel Jan Fosse premio Nobel da cui si continua ad attingere: “L’arte, la buona arte, riesce, in modo meraviglioso, a coniugare l’assolutamente unico con l’universale… La guerra e l’arte sono opposti, proprio come lo sono la guerra e la pace. È semplicemente così. L’arte è pace”. E di questi tempi non è male ribadirlo. Per cui, ad immagine della stagione, appare una ragazza dai tratti botticelliani ad imbracciare un mitra, innocuamente di plastica verde, rivestito di una copertura fatta all’uncinetto, da cui spunta un fiore rosso: più pace di così.

Pace con il fiore rosso, un cartellone dai molteplici sguardi, anche un panorama che cambia all’interno dello Stabile. Un rinnovato Consiglio d’Amministrazione, con la conferma per Binasco di cui s’è detto, con Lidi che assume il ruolo di regista residente, con la nuova squadra di artisti associati formata da Kriszta Székely, Liv Ferracchiati e Silvia Gribaudi: ai quali si dovranno rispettivamente la messinscena del “Costruttore Solness” di Ibsen, la riproposta – con un nuovo cast e con un allestimento completamente rinnovato – di “Stabat Mater”, un progetto che “tratta tematiche politicamente e socialmente centrali come l’autodeterminazione e la libertà d’espressione identitaria”, e “Suspended Chorus”, in prima nazionale in maggio alla Fonderie Limone, un legame più stretto tra prosa e danza, che dovrebbe segnare le prossime stagioni, uno spettacolo in cui Gribaudi sente “il bisogno di rinnovare il proprio dialogo con il pubblico e riflettere sul modo con il quale guardiamo il corpo dell’altro/a e su come possiamo rivoluzionare il nostro sguardo.” La danza, ancora affidata ad Anna Cremonini (sino al 2027), con altri appuntamenti all’interno della stagione di prosa: il 28 novembre la prima nazionale di “Taverna Miresia” del giovane e promettente greco- albanese Mario Banishi, di “Coup Fatal” di Alain Platel e di “Works and Days” del collettivo Belga FC Bergman.

La stagione si aprirà il 7 ottobre con “Cose che so essere vere” di Andrew Bovell, pluripremiato scrittore e drammaturgo australiano (di lui applaudito nell’aprile di due anni fa “When the rain stops falling”), regia e interpretazione di Binasco, con Giuliana De Sio, Giovanni Drago e Giordana Faggiano, storia di quattro fratelli, i meccanismi domestici e matrimoniali, la continua lotta a definire se stessi al di là dell’amore e delle aspettative dei genitori. Poi Lidi con “La gatta sul tetto che scotta” di Tennessee Williams e il capitolo finale della sua trilogia cecoviana, in prima a Spoleto, “Il giardino dei ciliegi”: ma sarà una festa per quanti hanno nel cuore lo scrittore russo dividersi nella giornata del 30 novembre, nella sala del Carignano, in una maratona che vede “Il gabbiano” (ore 11,30), “Zio Vanja” (ore 15) e “Il giardino” (ore 18,30). Punte di diamante nelle coproduzioni, “I parenti terribili”, Filippo Dini regista, odi e passioni e scandali targati Jean Cocteau, “Fred!” nelle feste natalizie, Brachetti regista e Matthias Martelli autore e interprete, e “Le baccanti”, da Euripide, artefice ancora una volta Marco Isidori (“contaminazione per penna affilata”), ulteriore prova d’invenzione per Daniela Dal Cin, Paolo Oricco e Maria Luisa Abate tra gli interpreti, festa per il quarantennale dell’avventura artistica dei Marcido Marcidorjs.

Tra le tante ospitalità che accrescono la ricchezza del cartellone, Toni Servillo, tra Baudelaire Dante e i Greci, “La locandiera” con Sonia Bergamasco, Alessandro Haber pronto a cimentarsi con il mal di vivere di Zeno Cosini nella “Coscienza” di Svevo, Neil Simon sdoganato a classico con gli inossidabili Orsini e Branciaroli nei “Ragazzi irresistibili” (un altro Simon, “Capitolo due”, lo propone Massimiliano Civica con il Teatro di Napoli), Gabriele Lavia che affronta O’Neill e il suo “Lungo viaggio verso la notte”, Roberto Andò per l’ultimo Ingmar Bergman di “Sarabanda”, e poi Battiston e Maddalena Crippa e Giorgio Pasotti diretto da Alessandro Gassmann, “Natale in casa Cupiello”, un Eduardo per attore e pupazzi: sino all’atteso “La morte a Venezia”, dal romanzo di Mann, scritto e diretto da Liv Ferracchiati, una macchina fotografica su un treppiede e uno scrittore che muore su una spiaggia, un incontro di parola danza e video, al centro von Aschenbach con Tadzio e la morte, sottotitolo “Libera interpretazione di un dialogo tra sguardi”.

Elio Rabbione

Nelle immagini: una scena dei “Sei personaggi” e Valerio Binasco, Giuliana De Sio, Sonia Bergamasco nella “Locandiera”, “I ragazzi irresistibili” con Orsini e Branciaroli.

Federico Bisio dirige l’orchestra Polledro nel concerto “Un solo respiro”

Mercoledì 5 giugno alle 20.30 al teatro Vittoria 

 

L’orchestra Polledro inizia la stagione con un primo concerto mercoledì 5 giugno alle 20.30, al teatro Vittoria, dal titolo “Un solo respiro” con sul podio il maestro Federico Bisio e solista alla viola Giuseppe Russo Rossi, viola presso il Teatro alla Scala di Milano.

Il programma è molto ricco e prevede la Sinfonia per orchestra d’archi in do minore n. 8 di William Herschel; di Alessandro Rolla il Concertino per viola e orchestra in Mi bemolle maggiore BI328/546, con viola solista Giuseppe Russo, e di Felix Mendelssohn Bartholdy la Sinfonia per Orchestra d’Archi n. 9 in do minore/maggiore MWV N9.

William Herschel fu un astronomo tedesco naturalizzato britannico, insediatosi dal 1755 in Inghilterra, che si occupò di musica, non tralasciando mai i suoi studi di astronomia. Scoprì il pianeta Urano con il telescopio riflettore da lui stesso realizzato, studiò le nebulose e gli ammassi stellari, mostrò l’esistenza di doppie stelle, scoprì la radiazione infrarossa, individuò alcune lune di Giove e Urano e giunse a un primo modello del sistema solare costituente la via Lattea. Fu socio straniero dell’Accademia delle Scienze di Torino. Nell’apertura della Sinfonia n. 8 in do minore è presente una frase eh sembra una delle canzoni pop delicatamente riorchestrate in celebri serie televisive moderne. I primi violini suonano un ritornello incalzante e sincopato mentre l’armonia si muove sotto di loro, scivolando verso una risoluzione prima di lanciarsi nel secondo grande soggetto. La Sinfonia fu co posta quando Herschel si trovava a Sunderland nella contea di Durh, il 20 aprile1761.

Il Concertino per viola e archi in mi bemolle maggiore venne scritto da Alessandro Rolla intorno al 1808, anno in cui ottenne l’incarico di docente al Conservatorio di Musica di Milano.

L’Allegro maestoso si apre con una solenne introduzione orchestrale che prepara con enfasi l’ingresso del solista. Il primo tema è un “motto” che utilizza le note dell’accordo di mi bemolle maggiore, il secondo tema è una delicata linea melodica ascendente, abbellita da gruppetti ornamentali. A unire i due momenti ci sono episodi brillanti nei quali il solista può dar sfoggio delle proprie qualità esecutive. Il breve epilogo orchestrale si interrompe bruscamente su un accordo di settima, preparando l’attacco del secondo movimento, Andante un poco sostenuto. Sopra un delicato tappeto ritmico armonico degli archi si leva una voce intensa della viola che ci conduce attraverso un lungo episodio in la bemolle maggiore, spezzato solo da una sezione centrale introdotta da veementi scale in ottava degli archi. Il terzo movimento è un Allegretto alla polonese. La struttura è in forma di rondò, con due episodi che si alternano al ritornello. Brillante e virtuosistica è la coda finale.

La Sinfonia n. 9 in do minore di Felix Mendelssohn Bartholdy fu terminata il 12 marzo 1823, quando il compositore aveva appena quattordici anni e rientra nelle sinfonie giovanili per archi. Viene definita “Svizzera” poiché il giovane autore la scrisse sotto l’influsso del viaggio in Svizzera compiuto con i genitori, avvenuto tra il luglio e l’ottobre del 1822. Il compositore poi donò la sinfonia all’amico violinista Eduard Rietz nel Natale 1823, aggiungendo indicazioni solistiche nella parte del primo violino appositamente per lui.

La Sinfonia, articolata in quattro movimenti, si apre con una vasta e meditativa introduzione lenta che sfocia in un brillante allegro in forma sonata, in cui appare evidente l’influenza dello stile sinfonico del tardo Haydn. Il movimento lento si articola in una forma ternaria e trova il suo lato più interessante nelle scelte di strumentazione. La prima sezione è affidata ai soli violini, divisi in quattro parti, la seconda sezione è un fugato a quattro parti intonato da viole, violoncellista e contrabbassista, mentre l’ultima sezione riunisce progressivamente tutto il gruppo strumentale. Lo scherzo esordisce con l’effervescenza propria di molti scherzi della maturità del compositore, e comprende un Trio su uno yodel svizzero, da cui deriva il titolo di “La Suisse”. Il finale è in forma di sonata, inizia inaspettatamente in do minore ed è caratterizzato da un solido contrappunto. Si sviluppa con una progressiva crescita di espressione e si conclude in maggiore.

Il maestro Federico Bisio, laureato in Lettere presso l’Università degli Studi di Torino, parallelamente al percorso universitario ha frequentato i corsi di Composizione sperimentale presso il Conservatorio Giuseppe Verdi di Milano e si è dedicato allo studio della direzione d’orchestra. Dal novembre 2012 è direttore stabile dell’Orchestra da Camera Giovanni Battista Polledro.

 

Mara Martellotta

Giovanna Mezzogiorno presenta “Ti racconto il mio cinema”, tra set e ricordi

Mi chiamo Giovanna, amo il cinema immensamente e tra queste pagine proverò a raccontartelo, cercando di portarti per mano in un viaggio che può essere breve o lunghissimo, istantaneo o eterno.” Dimenticate la diva, ancor più la diva capricciosa, e pensate piuttosto ad una diligente quanto appassionata allieva che sottoponga ad un pubblico di amici, e di quanti abbiano seguito sino a oggi il suo percorso, quella relazione a cui tanto tiene. E dire che con il suo David di Donatello, con i 4 Nastri d’argento, con i 3 Globi d’oro e i 2 Ciak d’oro, i due premi Flaiano, la Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Venezia (grazie alla “Bestia nel cuore”, Cristina Comencini regista), con il riconoscimento prestigioso da parte del National Society of Film Critics Award, l’associazione dei critici cinematografici statunitensi, a ripassare i tanti ritratti femminili portati sullo schermo, Giovanna Mezzogiorno ne avrebbe per tirarsela. E invece niente. È lì, sorridente, unico vezzo il continuo rigirarsi all’indietro la gran massa di capelli scuri, nell’anno della scadenza dei cinquanta, a portare sotto i riflettori della saletta conferenze della Mole, questo suo lungo componimento che è il libro “Ti racconto il mio cinema”, una spiegazione più che un tranquillo racconto, edito da Mondadori, in compagnia di Gabriele Molinari, vicepresidente del Museo Nazionale del Cinema. Non è un libro autobiografico ma necessariamente i ricordi personali c’entrano, è il racconto di chi fa cinema al di qua o al di là dello schermo, della bellezza di una sceneggiatura e dell’esattezza che deve avere in sé, dell’importanza di un montaggio capace di sovvertire una storia, è il rispetto per le troupe, per quanti stanno fuori dello schermo (quei titoli di coda che nessuno si ferma mai a leggere), per gli operatori (Giovanna ne ha scelto uno ad un certo punto della vita che è il padre dei suoi due gemelli), per i costumisti, per il trucco e parrucco, per le tante comparse che a volte dall’alba aspettano di girare.

Parte da lontano Mezzogiorno, l’intento è pressoché pedagogico (“il libro me lo hanno richiesto per i ragazzi – “dagli 11 anni”, ti avvertono dalla casa editrice -, chiaro che io speri che il pubblico s’allarghi”), parla della camera oscura di Leonardo, dei dagherrotipi, della lanterna magica, delle figurine ritagliate e portate a scorrere in un movimento continuo, parla di Meliès e della luna. L’approccio non è stato facile, immediato (“mi sono messa le mani nei capelli”), poi tutto è sembrato chiarirsi. “Amo il cinema, sono andata sul mio primo set che avevo cinque anni, era il ’79, mio padre girava con Depardieu e una Nastassja Kinski di una bellezza sconvolgente. Erano gli anni della ricchezza di Cinecittà, di quegli stessi studi “rubati” poi dalla televisione ma che adesso, a poco a poco, anche se c’è ancora parecchio da fare, ci stiamo riprendendo. Erano gli anni in cui vedevo gli attrezzisti costruire con i loro spostamenti delle nuove prospettive, oggi è sufficiente uno screen e in un attimo ti ritrovi lontano chilometri e chilometri da dove eri sino a quel momento. Erano gli anni in cui esisteva la pellicola e a sera si controllava il girato del giorno, magari per cestinarne via gran parte, buttando all’aria ore e ore di impegno e fatica, pezzi di pellicola calpestati che non sarebbero serviti più a nulla. Oggi il digitale fissa in un attimo tutto quanto il girato”.

È chiaro che la nostalgia non può non farsi largo nell’ora e più di chiacchierata. “Se oggi mi mandano una sceneggiatura per mail, io vado subito dal tabaccaio a farmela stampare, voglio leggermela sul foglio di carta, sono stata abituata fin da piccola a veder girare copioni in casa mia, pile di copioni che sarebbero poi stati utilizzati o messi da parte definitivamente, ci disegnavo sopra io ai copioni di mio padre.” Torna al rispetto per le maestranze, “ricordo le tante ore di make up per la Fermina Daza dell’”Amore ai tempi del colera”, ricordo i ritmi, quella disponibilità che io mi sono sempre imposta. Certo però anch’io voglio la mia parte”. Durante la lavorazione di “Vincere”, il sofferto ruolo di Ida Dalser, amante prima e rinchiusa in manicomio con il figlio poi da Mussolini, una lunga scena e otto pagine di copione: “Non si poteva girare con campo e controcampo, ne ero sicura, come era stato deciso. Non sono andata da Bellocchio, inviperita sono andata di mattina presto dal direttore della fotografia e da quanti gli stavano intorno, prima riprendete me, mi lasciate il mio monologo dall’inizio alla fine e poi riprendete quelli che stanno in opposto a me. Così è stato fatto e Bellocchio ha accettato.”

Una diva se ne starebbe chiusa nel proprio camerino, aspettando il ciak. Mezzogiorno sembra ancora oggi preoccuparsi di quanto le sta intorno: “Ma avete in mente che cosa voglia dire girare un film in costume, come “Vincere”, proprio qui, nel centro di Torino? Eliminare le insegne, bloccare il traffico e ogni suono di macchine e ambulanze, convocare le comparse che dovranno essere vestite e truccate, un vero e proprio “formicaio”. Significa far viaggiare un intero set, una sorta di famiglia che per alcune settimane dovrà vivere insieme.” Come in ”Effetto notte” di Truffaut, con tanti alti e bassi.

Poi altri ricordi, tra le libertà che un’attrice sente di doversi prendere (“le didascalie le seguo ma sempre ci deve essere un qualcosa di cui non sono a conoscenza”), Michele Placido che “con nonchalance devastante” le viene a dire prima di girare che ha completamente cambiato la scena di “Del perduto amore”, in un momento a due essere rapita ad ascoltare le battute di Luigi Lo Cascio nella scena più importante della “Bestia nel cuore” (“perché anche in quel momento mi stava insegnando qualcosa”), il percorso fatto con Sergio Rubini, “forse il regista che mi ha dato di più”, l’esperienza americana con Los Angeles che non l’ha certamente fatta impazzire. E molto ancora. Con un’annotazione finale intorno al Tempo e la sua importanza, la responsabilità non soltanto nel non farsi mai attendere dagli altri ma soprattutto con la consapevolezza che nell’attesa di girare anche l’attore perde energie, quella concentrazione che non sarà più in grado di ritrovare.

Elio Rabbione

Nelle immagini: Giovanna Mezzogiorno (foto di Saverio Ferragina) e la copertina del suo libro; scene tratte da “Vincere” di Marco Bellocchio e da “La bestia nel cuore” di Cristina Comencini.

Nuova stagione Teatro Stabile, i prezzi delle formule di abbonamento

 

 

Il cartellone del teatro Stabile, che sarà presentato domani alla stampa, affiancherà i grandi titoli del repertorio classico alla nuova drammaturgia e da ottobre 2024 a giugno 2025 porterà sui nostri palcoscenici oltre 60 spettacoli.

I prezzi degli abbonamenti e dei biglietti della stagione 2024/25 sono rimasti invariati rispetto all’anno precedente, mentre sono diminuite le commissioni online.

Dal 4 giugno saranno in vendita gli abbonamenti Premium, che garantiscono la possibilità di scegliere il proprio posto in anticipo, mentre tutte l3 altre formule di abbonamento saranno in vendita a partire dal 13 giugno, seguite poi il 3 luglio dagli abbonamenti riservati agli studenti universitari.

Premium in vendita dal 4 giugno 2024

Premium big, 10 spettacoli a scelta, di cui almeno 3 al Gobetti e 2 alle Fonderie.

In biglietteria 258 euro, online 240 euro

Premium Carignano 8 spettacoli a scelta al Carignano.

In biglietteria 120 euro, online 108 euro

Premium Gobetti 6 spettacoli a scelta al Gobetti.

In biglietteria 120 euro, online 108 euro

Premium Small 4 spettacoli a scelta

Riservato a chi già possiede un abbonamento Premium o a Posto Fisso. In vendita solo in biglietteria a 84 euro.

Posto fisso

L’abbonamento è connesso alla programmazione del Teatro Carignano e consente di assistere agli spettacoli dallo stesso posto e nello stesso giorno della settimana.

Dal 12 al 18 giugno 2024 coloro che erano abbonati a posto fisso nella stagione 2023/2024 potranno confermare la propria poltrona. Chi invece intende abbonarsi per la prima volta potrà venire in biglietteria a partire dal 19 giugno 2024.

Aperture straordinarie della biglietteria mercoledì 12 giugno 8.30-19, lunedì 17 giugno dalle 13 alle 19 e mercoledì 19 giugno dalle 8.30 alle 19.

Posto fisso a 8 spettacoli 216 euro.

Posto fisso a 6 spettacoli 171 euro.

Standard a scelta

Questi abbonamenti saranno in vendita dal 13 giugno 2024 senza assegnazione del posto.

Dal 26 giugno sarà possibile scegliere quali spettacoli inserire in abbonamento attraverso la nostra biglietteria online o prenotando telefonicamente il proprio turno allo sportello attraverso il call centro (800915576 dalle 8 alle 18), che sarà attivato giovedì 13 e venerdì 14 giugno 2024.

Apertura straordinaria della biglietteria mercoledì 26 giugno dalle 8.30 alle 19.

12 spettacoli a scelta ( di cui 1 produzione del Teatro Stabile)

In biglietteria 220 euro, online 200

Ridotto giovani ( nati dal 1999 in poi)

In biglietteria 150 euro, online 132 euro

7 spettacoli a scelta ( di cui una produzione del Teatro Stabile)

In biglietteria 160 euro, online 145 euro.

Ridotto ( Cral, Associazioni convenzionate, disabili / over 65/ insegnanti)

In biglietteria 143 euro, online 130 euro

Ridotto giovani ( nati dal 1999 in poi)

In biglietteria 102 euro, online 95 euro

Under 35 (8 spettacoli più una produzione del teatro Stabile)

In biglietteria 136 euro, online 126 euro

 

Mara Martellotta

Sipario sul Festival dell’economia con il concerto del 2 Giugno al Regio

Si concluso il festival dell’economia a Torino con un concerto partecipato al Teatro Regio.
Con il saluto dell’ Assessore alla cultura Rosanna Purchia e dell’editore editore Laterza è stato  lasciato il palco all’ orchestra del Regio Diretta dal Maestro Valerio Galli che ha esordito con l’inno di Mameli in onore della Festa della Repubblica del 2 giugno.
Il programma della serata è proseguito con Armonie Italiane, Giacomo Puccini: Preludio sinfonico
Pietro Mascagni: Intermezzo da Cavalleria rusticana
Ruggero Leoncavallo: Intermezzo da Pagliacci
Umberto Giordano: Intermezzo da Fedora
Pietro Mascagni: Intermezzo da Guglielmo Ratcliff
Giacomo Puccini: Intermezzo da Manon Lescaut
Alfredo Catalani: Danza delle ondine da Loreley
Giacomo Puccini: Capriccio sinfonico
Amilcare Ponchielli: Danza delle ore da La Gioconda.
Grandi applausi, delusione alla fine per il mancato bis.

gd

Cinemambiente, 76 proiezioni con film in arrivo da 27 paesi. Chiusura “ecogastronomica”

La 27esima edizione del festival Cinema e Ambiente, la più importante manifestazione italiana dedicata ai film a tema ambientale, diretta da Lia Furxhi, si svolgerà dal 4 al 9 giugno prossimo a Torino. È online sulla piattaforma Open DDB, dove una selezione di titoli in cartellone sarà visibile in replica tramite il sito www.festivalcinemaambiente.it fino al 18 giugno. Il festival di quest’anno è dedicato alla memoria di Gaetano Capizzi, suo fondatore e storico direttore scomparso prematuramente lo scorso anno.

L’edizione, dal ricco palinsesto, presenta 76 proiezioni con film in arrivo da 27 paesi, in rappresentanza di quattro continenti. Proposti nelle suddivisioni ormai tradizionali, il concorso Documentari, il concorso Cortometraggi, le due sezioni non competitive Made in Italy e Panorama, cui si aggiungono alcune proiezioni speciali, i film proposti rispecchiano le tante sfaccettature oggi assunte dalla crisi ambientale, in cui il confine tra globale e locale si assottiglia sempre più, facendo emergere problemi irrisolti e sempre più pressanti.

Nella giornata di chiusura, domenica 9 a partire dalle 14.30, in via Montebello, nel tratto tra via Po e via Verdi nell’area pedonale, ai piedi della Mole, si svolgerà un incontro ecogastronomico in cui saranno protagonisti quattro chef piemontesi scelti per il loro pensiero di vivere la circolarità e la sostenibilità in cucina. Essi sono Christian Mandura, dello stellato Unforgettable di Torino, con la sua preparazione del “peperone assoluto”, Antonio Chiodi Latini, chef patron dell’omonimo ristorante torinese, con la sua ultima creazione “zolle”, Giuseppe Rambaldi, della Cucina Rambaldi di Villardora, e Juri Chiotti, di Reis, in Borgata Chiot Martin, che stanno ancora definendo la loro proposta in funzione della disponibilità delle materie prime. Il cibo preparato verrà poi degustato dai partecipanti all’incontro, con prenotazione obbligatoria sul sito del festival www.festivalcinemaambiente.it

 

Mara Martellotta

Rock Jazz e dintorni a Torino. I Blonde Redhead e Gianluca Petrella

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GLI APPUNTAMENTI MUSICALI DELLA SETTIMANA 

Lunedì. All’Hiroshima Mon Amour si inaugura la stagione del Sound Garden con il cantautore americano Micah P. Hinson.

Martedì. Allo Ziggy si esibiscono i Negative Approach. Al Milk suonano i Blonde Redhead.

Mercoledì. Al Blah Blah sono di scena i Total Chaos.

Giovedì. All’Off Topic si esibisce Ziùr. Cristina Donà insieme a Saverio Lanza presenta “Spiriti Guida” all’Hiroshima. Al Cafè Muller per il “TOM Fest” suonano i Metales del Terror. Al Blah Blah si esibiscono i Dirty Deep.

Venerdì. Al Planetario di Pino Torinese suona Gianluca Petrella. Alla Suoneria di Settimo tributo ai Suicide da parte di Lydia Lunch e Marc Hurtado. Al Blah Blah per “TOM Fest”si esibisce KillaBeatMaker e i Jukebox 74.

Sabato. Al Cafè Muller suonano gli Oratnitza. Al Margot di Carmagnola sono di scena i Call The Cops. Al Magazzino sul Po si esibisce Roberta Russo in arte Kyoto.

Domenica. Al Blah Blah Paolo Spaccamonti e Enrico Gabrielli accompagnano Antonio Rezza nel reading del suo romanzo “ il fattaccio”. Al Margot di Carmagnola suonano i Nebula.

Pier Luigi Fuggetta

“Too young to Jazz” per i giovani under 30

Al via a Torino la terza edizione, 12 concerti e una “Borsa di Studio” per il sostegno dei giovani talenti

Fino al 25 luglio

Torino, è risaputo, è città che ama il jazz. Patrimonio culturale di inestimabile valore. Da salvaguardare e celebrare per rafforzare l’identità musicale della città, ma soprattutto per garantire che le nuove generazioni possano beneficiare dell’eredità lasciata dai grandi “pionieri” del jazz torinese. Nasce da questa constatazione e da questi propositi “TOO YOUNG TO JAZZ”, la rassegna (giunta ormai alla sua terza edizione) dedicata a“giovani jazzisti under 30” studenti del “Conservatorio di Musica Giuseppe Verdi” e delle scuole di “musica jazz”, a cui è collegata la “Borsa di Studio AICS Memorial Ramella”.

Ideata e organizzata da “AICS Torino APS”, in collaborazione con il “Conservatorio” e alcuni “storici locali” del jazz torinese, la rassegna torna a riproporsi, inaugurata venerdì 10 maggio scorso, fino a giovedì 25 luglio con 12 concerti. Un appuntamento settimanale presso locali e “jazz club”, tutti punti di riferimento per la musica live, che ospiteranno i concerti di 12 giovani formazioni jazz e oltre 40 musicisti con il coinvolgimento e la partecipazione dei musicisti docenti del “Dipartimento Jazz” del “Conservatorio” torinese e di altri professionisti come ospiti che parteciperanno alle jam successive all’esibizione del gruppo.

Per questa terza edizione è prevista anche una maggiore collaborazione dei giovani musicisti coinvolgendoli “nella stessa organizzazione” della rassegna in una “coprogettazione” che non li veda solo più come musicisti esecutori ma coinvolti in tutta la parte di organizzazione e promozione. Per questo motivo è stato chiesto a Fabrizio Leoni, il giovane pianista che ha vinto la borsa di studio “Memorial Sergio Ramella” (fra i massimi protagonisti della scena jazz torinese) nel 2023, di collaborare alla “direzione artistica”.

“Il desiderio è quello di avviare un circuito stabile di jazz dedicato ai giovani musicisti che studiano musica – afferma Ezio Dema, ideatore di ‘Too Young To Jazz’ – per promuoverne la crescita grazie anche al confronto con musicisti affermati e di esperienza, così che si affermi nuovamente, su un piano nazionale e internazionale, una generazione di jazzisti torinesi e piemontesi a cui Sergio Ramella ha contributo dalla nascita”.

Altra importante novità. Per l’anno 2024 è stata istituita una “Borsa di Studio” sostenuta dalla“Fondazione BuonoLopera” (con sede nella storica “Villa Chiuminatto”, nel cuore della “Crocetta” di Torino) che ha tra i suoi obiettivi la valorizzazione dei giovani artisti di talento. Per questo motivo, nell’ambito dei dodici concerti di “Too Young To Jazz”, selezionerà “tre talenti” che entreranno nel programma della terza edizione dell’“Eclectic Estival” ( che si terrà dal 13 al 15 settembre, nella sede di “Villa Chiuminatto”).

 Gli artisti saranno scelti da una “giuria tecnica” formata da musicisti jazz di alto profilo e dal pubblico, che potrà esprimere la propria preferenza votando sul sito www.aicstorino.it.


Sarà invece il pubblico in presenza a votare la sua preferenza nella “finale”, insieme alla giuria che designerà il vincitore o vincitrice della “Borsa di studio” da 1.500 Euro, per continuare il cammino nel mondo del jazz. I nomi dei giurati saranno rivelati il prossimo luglio, in occasione della presentazione di “Eclectic Estival 2024”.

“Siamo estremamente orgogliosi, come ‘Fondazione BuonoLopera’, di poter sostenere questa terza edizione di ‘Too Young To Jazz’ – sottolinea Viviana Lanzetti, presidente della Fondazione – e di inaugurare un momento dedicato nella terza edizione di ‘Eclectic Estival 2024’. Inoltre, tutti i musicisti partecipanti alla rassegna, saranno coinvolti in un percorso formativo che si sviluppa prima, durante e dopo ‘Eclectic’”.

Per info e programma: “AICS- Comitato Provinciale Torino APS”, via Vanchiglia 3, Torino; tel. 011/2386372 – 80 o www.aicstorino.it

g.m.

Nelle foto:

–       Logo rassegna

–       Immagine di repertorio

–       Villa Chiuminatto