SPETTACOLI- Pagina 191

Da Gershwin a Morricone: musiche da film per le voci dell’Opera di Torino in Osteria

Osteria Rabezzana, via San Francesco d’Assisi 23/c, Torino

Mercoledì 13 aprile, ore 21.30

Musiche da film

Da Gershwin a Morricone: musiche da film per le voci dell’Opera di Torino in Osteria

La musica della cinematografia mondiale proposta dalle voci leggere e liriche dell’Opera di Torino. Da “Cheek to Cheek” a “A woman in love”, da “Singin in the Rain” a “Moon River”, da “Stardust” a “Nature Boy”: in scaletta gli evergreen della storia del cinema, con il soprano Paola Lopopolo e il baritono Marco Tognozzi, al pianoforte il Maestro Enrico Perelli.

Ora di inizio concerto: 21,30

Ingresso:

15 euro (con calice di vino e dolce) – 10 euro (prezzo riservato a chi cena)

Possibilità di cenare prima del concerto con il menù alla carta

Info e prenotazioni

Web: www.osteriarabezzana.it

Tel: 011.543070 – E-mail: info@osteriarabezzana.it

Al Regio una Turandot tra il visionario e il metafisico

Per  la regia di Stefano Poda, sarà in scena  dal 22 aprile prossimo

 

La Turandot di Giacomo Puccini viene proposta per la stagione d’opera del Teatro Regio di Torino venerdì 22 aprile prossimo alle ore 20, in un allestimento visionario e metafisico firmato da Stefano Poda, per la direzione di Jodi Bernacer, che salirà sul podio dell’Orchestra e Coro del Teatro Regio.
Stefano Poda firma regia, scene, costumi, coreografia e luci.
Nel ruolo della protagonista canterà il soprano Ingela Brimberg, il tenore Mikheil Shehaberidze vestirà i panni di Calaf, il soprano Giuliana Gianfaldoni sarà Liu e il basso Michele Pertusi interpreterà Timur.
Sul palcoscenico del Teatro Regio torna, così, una produzione di grande successo che Stefano Poda aveva già creato nel 2018 per lo stesso teatro e che venne trasmessa sulla piattaforma europea.
La scelta di partenza fu quella di fermarsi nel punto in cui Puccini depose la penna alla morte di Liu’, dove si fermò lo stesso Toscanini alla prima del 1926, il 25 aprile di quell’anno, senza il finale poi scritto da Franco Alfano.
Lo stesso compositore avvertì, d’altronde, l’immane difficoltà di concludere in maniera convincente l’opera, dopo il sacrificio di Liu’, e si era arenato, ancor prima che musicalmente, proprio sull’esito drammaturgico del finale.
Ne’ Alfano ne’, più recentemente, Berio, pur operando sugli appunti originali, sono riusciti a escogitare una soluzione convincente; il trionfo di Calaf e l’abbraccio con Turandot appaiono fuori luogo davanti al cadavere ancora caldo della fanciulla. Meglio dunque chiudere sul mesto commiato della folla “Dormi!.. Oblia! Liu’.. Poesia! “ , che rappresenta un apice emotivo e musicale dell’estremo capolavoro pucciniano, un finale che raggiunge direttamente nel segno il cuore dello spettatore.
“Lo spettatore che assiste a Turandot – afferma Stefano Poda – compie un viaggio, assiste a un processo che, prima o poi, tutti dobbiamo vivere. È quella che io definisco la storia del mistero dell’alterità, è il confronto con l’altro, con il “fuori da sé “, che può essere un processo naturale, doloroso, felice e, al tempo stesso, traumatico. C’è chi ha paura di questo confronto e questo fatto diventa quello che io chiamo poema dell’alterità. Io non offro interpretazioni, non sposto l’opera da Pechino al tempo delle fiabe o nella New York di oggi per rendere la vicenda più vicina o più comprensibile allo spettatore…Io depuro lo spazio, lavoro per sottrazione e permetto allo spettatore di vedere uno spazio nell’anima”.
“Punto di partenza – aggiunge il regista – per mettere in scena Turandot è stata per me una frase pronunciata dalle tre maschere Ping, Pong, Pang: “ Turandot non esiste”. La principessa di ‘gelo’ e, in realtà, una creazione di Calaf. Ognuno di noi costruisce un oggetto d’amore, ma poi ci accorgiamo che chi amiamo non corrisponde a ciò che abbiamo idealizzato. Sonlo attraverso il dolore, la crescita e l’accettazione nasce quello che è un grande amore. In quest’opera solo Liu’, che è una persona meno cerebrale degli altri, accetta la vita e al tempo stesso accetta di donarsi e sacrificarsi ma, forse, per arrivare a essere Liu’, bisogna essere state Turandot. Calaf ha paura, Turandot ha paura del confronto; gli enigmi costituiscono le prove, un confronto con se stessi”.
Turandot sarà in scena dal 22 aprile al 5 maggio prossimo al teatro Regio di Torino e i biglietti sono acquistabili presso la Biglietteria del Teatro Regio, piazza Castello 215, da lunedì a sabato ore 13-18.30; domenica ore 10-14; un’ora prima degli spettacoli
Tel 0118815241, 8815242
Online su www.teatroregio.torino.it o www.vivaticket.it

Mara Martellotta

La band più grande del mondo in Piazza San Carlo: sono loro a girare lo spot per Eurovision

Li avete visti in Piazza San Carlo: chitarristi, batteristi, cantanti. Una super band con strumenti e amplificatori. Sono venuti in città per girare lo spot per Eurovision Song Contest. Chi sono? Sono i Rockin1000, la band più grande del mondo nata dall’idea di un geologo marino: Fabio Zaffagnini.

Facciamo un passo indietro. Nel 2014 Fabio, studioso fuori e rocker dentro, si mette in testa di invitare i Foo Fighters, band americana guidata da Dave Grohl, a Cesena.  Poiché telefonare o inviare una mail non avrebbe probabilmente sortito alcun effetto, decide di girare un video e di sfruttare la viralità della rete. Ma per diventare virali bisogna fare qualcosa di mai visto. Inizia ad immaginare una band gigante. Diciamo un migliaio di musicisti che suonano la stessa canzone.

Un anno dopo, coadiuvato da un vero e proprio team, trova i soldi per finanziare il progetto, riunisce i musicisti, gira il video e alla fine si rivolge proprio ai Foo Fighters con la richiesta di andare a Cesena a suonare per loro. La risposta non tarda. Dave Grohl risponde con un breve video esordendo con un: “Ma che bello, che bellissimo, va bene. Stiamo arrivando, prometto. Ci vediamo presto”.

Il resto è storia. I Foo Fighters si esibiranno a Cesena e i Rockin1000 diventeranno un vero e proprio format con esibizioni in Italia e all’estero. A Torino sono proprio loro a dare ufficialmente il via agli eventi dedicati a Eurovision.

Partecipare in qualche modo all’Eurovision lo sognavamo da tempo, ma la chiamata è giunta inaspettata! Essere stati riconosciuti e scelti come portatori di valori come unità, inclusione e passione, ha per noi un significato speciale e ne siamo orgogliosi, soprattutto in un periodo come quello attuale. Il 14 maggio, giorno della finale di Eurovision, Rockin’1000 sarà fisicamente allo Stade de France di Parigi per un grande concerto dal vivo, si prevedono 50.000 spettatori, ma con il cuore seguiremo quello che succede durante Eurovision e che vinca il migliore!” – dichiara Fabio Zaffagnini, fondatore e CEO di Rockin’1000.

Ho fatto due chiacchiere con Fabio qualche giorno fa, ecco cosa mi ha detto.

 

 

1) Fabio, intanto benvenuto a Torino. Di quanti musicisti hai bisogno a Torino per far esplodere i social di Eurovision Song Contest?
Grazie, è un piacere essere a Torino, è la prima volta che facciamo qualcosa in questa città! Gireremo alcuni contenuti speciali che andranno non solo sui social, ma anche e soprattutto in TV. In questa occasione faremo suonare 500 musicisti, il massimo ammesso nella location scelta, l’iconica Piazza San Carlo. Bisogna poi considerare che la nostra community conta oltre 26.000 iscritti in tutto il mondo che seguiranno con attenzione l’iniziativa attraverso tutti i canali disponibili!

2) Esistono dei limiti per partecipare o chiunque può unirsi?
Per entrare in Rockin’1000 le candidature sono aperte tutto l’anno e basta iscriversi su www.rockin1000.com, lasciare un video attraverso il quale siamo in grado di capire il livello del musicista. Una volta superata questa audizione online (l’asticella non è così alta!) si ha la possibilità di partecipare a tutti i nostri eventi.

3) Come si fa a dirigere delle super band come Rockin’1000?
E’ un sistema piuttosto articolato. Nei mesi precedenti gli eventi, Rockin’1000 viene gestito attraverso l’uso di una App e di una piattaforma digitale che consente di coordinare tutti gli iscritti. Grazie a queste tecnologie e ai social riusciamo a seguire i musicisti nella loro preparazione e nell’organizzazione logistica. Sul campo, durante i giorni di prove e show, entra in gioco un team di produzione piuttosto corposo, con tecnici, fonici, roadies e anche un team comunicazione che documenta tutto. Fondamentale è il supporto dei Music Guru che sono gli responsabili musicali di ogni sezione strumentale (batterie, bassi, chitarre e voci) e del Direttore d’Orchestra che coordina l’esecuzione finale dell’ensemble.

4) Immagino che per sapere cosa suonerete bisognerà aspettare i video o venire in Piazza San Carlo a ficcare il naso, ma ci dai un indizio?
Per ora posso dire che si tratta di due brani che hanno un significato speciale. Ma non mancheranno delle sorprese.

Secondo voi di che brani si tratta? Uno potrebbe essere “il cielo su Torino” dei Subsonica?

Lori Barozzino

(Foto: Gabriele Torricella, Gianni Carretta)

L’ultimo appuntamento di Lirica a Corte a Stupinigi: “Pagliacci”

Domenica 10 aprile, ore 19 / Spesso rappresentata insieme a Cavalleria rusticana, l’opera di Ruggero Leoncavallo Pagliacci (Milano, Teatro Dal Verme, 1892) rappresenta l’ideale completamento dell’esperienza verista nella musica italiana di fine Ottocento. Ambientata nel mondo del teatro di strada, la drammatica vicenda racconta di sospetti, tradimenti e rivelazioni che sfociano in un delitto d’onore, consumato tra finzioni di commedia e cruda realtà dei fatti. Una finestra spalancata sul tormento dell’animo umano che conduce all’omicidio e all’annientamento di sé.

La rappresentazione inizia a sipario chiuso, con un baritono che si presenta al proscenio come personificazione del Prologo, il portavoce dell’autore che ci informa sulle intenzioni e sulla poetica dell’opera. L’azione vera e propria ha come protagonista una piccola compagnia teatrale itinerante, composta dal capocomico Canio, dalla moglie Nedda e dai commedianti Tonio e Beppe, che giunge in un piccolo borgo dell’Italia meridionale per mettere in scena una commedia. Canio ignora che la moglie, assai più giovane di lui, lo tradisce con un contadino del borgo, Silvio; anche Tonio, fisicamente deforme, è innamorato di Nedda, ma ne è respinto: per vendetta, Tonio avvisa Canio del tradimento della moglie. Il capocomico scopre i due amanti che si promettono amore, ma Silvio fugge senza che Canio riesca a vederlo in viso. L’uomo vorrebbe scagliarsi contro la moglie, ma arriva Beppe a sollecitare l’inizio della commedia, perché il pubblico aspetta. Canio non può fare altro che truccarsi e prepararsi per lo spettacolo, rimuginando sul tradimento e meditando vendetta. Sulla scena della commedia, Canio interpreta Pagliaccio, un marito tradito: ma ben presto la realtà prende il sopravvento sulla finzione e Canio riprende il discorso interrotto poco prima, rinfacciando a Nedda, nei panni di Colombina, la sua ingratitudine e dicendole che il suo amore è ormai mutato in odio per la gelosia. La donna, intimorita, cerca di mantenere un tono da commedia, ma poi, minacciata, reagisce con asprezza. Beppe vorrebbe intervenire, ma Tonio, eccitato dalla situazione che ha causato con le sue rivelazioni, glielo impedisce, mentre gli spettatori, dapprima attratti dalla trasformazione della farsa in dramma, comprendono troppo tardi che ciò che stanno vedendo non è più la farsa, ma la vita reale. Davanti al rifiuto di Nedda di rivelare il nome dell’amante, Canio la accoltella, avventandosi poi su Silvio, presente tra il pubblico, che nel frattempo è corso sul palco per soccorrerla. Compiuto l’omicidio, Canio si rivolge freddamente al pubblico, dichiarando finita la commedia. Una commedia che svela il suo dramma nel sogghigno beffardo e compiaciuto dell’assassino.

Interpreti e ruoli

Dario Prola, Canio

Eugenia Braynova, Nedda

Massimiliano Fichera, Tonio/Silvio

Paolo Grosa, maestro accompagnatore

Roberto Tagliani, guida al concerto

Programma

Si può? Si può? (Prologo)

Un grande spettacolo a ventitré ore (Canio, Nedda)

Un tal gioco, credetemi, è meglio non giocarlo (Canio)

Qual fiamma avea nel guardo (Nedda)

Nedda!… Silvio! A quest’ora…! Che imprudenza! (Nedda, Silvio)

Recitar… Vesti la giubba (Canio)

Nome di Dio… quelle stesse parole… No! Pagliaccio non son (Nedda, Canio, Tonio)

Sperai, tanto il delirio (Tonio, Nedda)

 

Lirica a Corte è organizzata dal Teatro Superga in collaborazione con STM – Scuola del Teatro Musicale e Fondazione Ordine Mauriziano.

 

INFO E BIGLIETTI

Palazzina di Caccia di Stupinigi

Piazza principe Amedeo 7, Stupinigi – Nichelino

Biglietti: 30 euro

Info e prenotazioni: 011.6279789 biglietteria@teatrosuperga.it

www.teatrosuperga.it

Pivetti&Co, un gran bel trio nell’era del proibizionismo

Sino a domenica 10 al Gioiello “Stanno sparando sulla nostra canzone”

Innanzitutto, davvero un gran bel trio. In questa black story con musiche e canzoni,
dove riempiono la scena le nebbie notturne della Manhattan anni Venti e dove si sente
un forte profumo di whiskey e di proibizionismo, le luci delle macchine della polizia e le
sventagliate dei mitra, i gangster ricattatori e i giocatori di poker dal cuore d’oro e dai
sentimenti ad alta gradazione, ideata da Giovanna Gra – che è anche regista in coppia
con Walter Mramor – c’è una ironica e sensuale e sfacciatamente talentuosa Pivetti, la
Veronica dico, qui Jenny Talento, semplice fioraia per tutti ma in realtà venditrice
d’oppio, misteriosa nei suoi négligé e nelle sue calze a rete, caschetto di capelli neri,
bella voce, eccellente ballerina e gran portamento. Il cattivo di turno, Micky
Malandrino, nomen omen, ha la faccia e il fisico scattante di Cristian Ruiz, un
personaggio e un commentatore come poteva essere il Joel Grey di “Cabaret”, un
invidiabile curriculum che arriva dalla scuola di John Strasberg, il figlio di Lee fondatore
dell’Actors’ Studio di NY, pronto ad attraversare l’Accademia dei Filodrammatici e
“Quelli di Grock” milanesi, a sfoderare un canto ad alti livelli, danza moderna con
Debbie Allen, la coreografa di “Fame”. Last but not least di certo, Brian Boccuni con il
suo innamorato Nino Miseria, uscito da prove impegnative come “Il bacio della donna
ragno”, il musical che ci accompagnava attraverso la “Divina Commedia” o “Jersey
Boys”, che dimostra grinta e grande padronanza della scena, tra il ruvido e il
sentimentale e il combattivo ben tratteggiati. I due signori uomini metteteli poi uno di
fronte all’altro, come nella scena del duello, e sarà un gran bel pezzo di teatro.
Chi vorrà (repliche sino a domenica 10 aprile nella sala del Gioiello) divertirsi con
“Stanno sparando sulla nostra canzone”, saprà delle avances di Nino e
dell’arrendevolezza di Jenny, dei bisticci e dei sentimenti, delle carognate di Micky che
reclama dalla donna la restituzione di un debito che il ragazzo ha nei suoi confronti.
Facile immaginare le strade poco ortodosse. Jenny non ha il cuore poi tanto tenero e
soprattutto è una donna che pretende di farsi strada in una vita che non deve sempre
essere legata a quei suoi pochi fiori in vendita. Questa la vicenda, questa
l’ambientazione di un secolo fa, inaspettatamente confortata da una colonna sonora
che la riporta all’oggi, con forza e convinzione: da Gianna Nannini a Gloria Gaynor, dal
Ligabue di “Certe notti” alla Marilyn di “A qualcuno piace caldo” con il suo ukulele tra
le mani, da Sinatra alla Hepburn di “Colazione da Tiffany”, a Renato Zero. Forse gli
angoli più belli e incisivi della serata (soprattutto grazie agli arrangiamenti di
Alessandro Nidi e Elio Baldi Cantù), laddove al contrario hai la sensazione che il
tessuto narrativo verso l’epilogo batta un po’ in ritirata, esprima con troppa fretta la
giravolta di un destino e sembri sgonfiare l’eccellente costruzione che è stato sino a
quel momento. Questo certo non smorza l’entusiasmo di una platea colma al massimo
come raramente si vede di questi tempi, con i tre attori/cantanti/ballerini richiamati
più e più volte. Lo spettacolo è loro, alla loro bravura, all’entusiasmo alle stelle, al loro
saper fare ogni cosa senza ombra di difetti o smagliature. Anche per i bis, che non
lesinano, al di là della fatica: quando si arriva a Morandi e all’eterna “C’era un
ragazzo”, mai così attuale come in questi temi di guerra più o meno lontana, se
possibile la partecipazione del pubblico si fa più forte e incisiva. Grande serata.
Elio Rabbione

Il nuovo Galà dei Germana Erba’s Talents (G.E.T)

Sul palcoscenico dell’Alfieri, venerdì 8 aprile

Venerdì 8 aprile alle 20.45 al Teatro Alfieri in scena il nuovo Galà dei Germana Erba’s Talents (G.E.T), una serata di musical, danza e teatro con incasso a favore delle borse di studio di questi giovani incaricati di essere ambasciatori speciali dello spettacolo dal vivo con pubblico. Il Galà è una kermesse di giovani talenti che spazia dal grande repertorio del balletto classico alla prosa, ai quadri coreografici e musicali tratti da celebri musical, al mondo dell’operetta, alla danza contemporanea.

Una brillante antologia di emozioni e momenti di spettacolo per una performance di assoluto livello, con tutto il fascino dei “Talent” (dal vivo, però!). I G.E.T. non si sono mai fermati nemmeno durante la chiusura dovuta all’emergenza sanitaria e si sono preparati con grande serietà per essere pronti a calcare nuovamente il palcoscenico sia lo scorso giugno che in estiva a Bene Vagienna che durante questa stagione teatrale, oltre a essere coinvolti in progetti artistici e di solidarietà sia dal vivo che in streaming.

Lo spettacolo è firmato dai coreografi Antonio Della Monica, Niurka De Saa, Marisa Milanese, Gianni Mancini e Maria Elena Fernandez, dai registi Luciano Caratto, Simone Moretto, Elia Tedesco e dai vocal coach Mariacarmen Antelmi, Simone Gullì e Gabriele Bolletta.

Il Liceo Germana Erba è un Istituto di eccellenza e in oltre vent’anni di attività ha diplomato oltre 800 allievi tra i quali portano lustro in giro per il mondo Federico Bonelli al Royal Ballet, Leonardo Cecchi a Los Angeles, Haroun Fall su Netflix! Senza parlare degli allievi che ancora stanno frequentando e che già sono impegnati in importanti attività artistiche, come Christian Scifo, ora in Canada, già scritturato al Ballet du Québec; segnalando ancora Bianca Zoe Mantelli, selezionata dalla Wishfully per essere la voce principale di un video distribuito in oltre un miliardo di licenze!

Scuola di eccellenza per l’arte e lo spettacolo, il Liceo Paritario Germana Erba si caratterizza per la formazione culturale e professionale di giovani con attitudini per la danza, il teatro, il musical, l’arte, la scenografia e lo spettacolo in tutte le sue forme. Insieme a una regolare istruzione di II grado, il corso di studi fornisce una specifica preparazione nelle discipline artistiche prescelte, creando figure professionali dotate di buone basi per un inserimento diretto nel mondo del lavoro in qualità di danzatori, attori, cantanti, conduttori, registi, coreografi, scenografi, scenotecnici e addetti alla comunicazione e per l’accesso a qualsiasi Facoltà Universitaria, agli Istituti AFAM (Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica) e alle Accademie di Belle Arti. Il Liceo Germana Erba offre due indirizzi: Coreutico, primo e “pioniere” in Italia, che si avvale della metodologia della Scuola Nazionale di Cuba, ed è convenzionato con l’Accademia Nazionale di Danza; Teatrale, unico in Italia, che collabora con il Teatro Stabile Privato “Torino Spettacoli”.

Prezzi Biglietti GALA’ G.E.T.: posto unico: € 18+1

ridotto (gruppi, abbonati, convenzionati, under 26, over 60): € 14+1

Informazioni e acquisto biglietti: Biglietterie Torino Spettacoli: Teatro Erba, corso Moncalieri 241, tel 011/6615447; Teatro Gioiello, via Colombo 31, tel. 011/5805768; Teatro Alfieri, piazza Solferino 4 – tel 011/5623800
Acquisto diretto online al sito www.torinospettacoli.it e anche attraverso il circuito Ticketone.

Nelle immagini, nell’ordine, Christian Scifo, Lorenzo De Liso e Ludovica Tondodonati

“Via i sagrin!”, musica popolare di qualità su Sestarete

 CANALE 16 DEL DIGITALE TERRESTRE

L’intenzione degli autori è chiara, e la si evince dal titolo del nuovo programma televisivo  “Via i sagrin!”.  
Sagrin in piemontese vuol dire  dispiaceri, preoccupazioni, l’obiettivo è infatti quello di   scacciarli via, per quanto possibile, grazie ai poteri terapeutici della musica… Paola Caramella e Piero Mortara, ideatori e conduttori del nuovo format, che va in onda ogni venerdì alle ore 21 su Sestarete, canale 16 del digitale terrestre,  (sabato alle 22; domenica alle 23; lunedì alle 10), c’invitano nel loro salotto, un salotto fatto di musica, aperto ad amici, parole, note e sorrisi. Una mezzora per parlare, cantare, suonare, per scoprire tante cose, sugli strumenti e sulla loro storia. Molti grandi ospiti, musicisti e non, hanno accettato l’invito a giocare nel salotto di Paola e Piero ogni settimana per affrontare un tema diverso legato alla musica come pretesto per fare musica, che è magia e cura insieme. “Via i sagrin!” Un programma di Sestarete realizzato da Beacom e Caramella Photo

“La ballata dei gusci infranti”

Il film del giovane regista Simone Riccioni sostenuto dalla Pastorale Giovanile e dall’UCID TORINO in programma all’UCI Cinemas del Lingotto

 

Appuntamento all’UCI Cinemas del Lingotto, mercoledì 6 aprile, alle 20.45, con il film intitolato “La Ballata dei gusci infranti” del regista Simone Riccioni.
L’UCID di Torino, unitamente alla Pastorale Giovanile, alla Pastorale Universitaria, al Sermig e al Murialdo For, ha deciso di appoggiare questo giovane imprenditore cinematografico che ha avuto il coraggio, in tempo di pandemia, di investire in un nuovo progetto.
Il film, di cui all’UCI avverrà la proiezione, accompagnata dalla testimonianza del regista, narra la preziosità e la fragilità della vita. Si intrecciano tra loro quattro storie e ognuno dei rispettivi protagonisti pare essere racchiuso in un guscio, ognuno conduce una vita fatta di scelte che riguardano luoghi in cui vivere e persone da tenere al proprio fianco. Ma la vita può anche riservare sorprese e imprevisti e il guscio può infrangersi.
Il film, per i messaggi culturali che contiene, tra cui molte citazioni tratte dalla Divina Commedia, per commemorare il Sommo Poeta nell’anniversario dei 700 anni dalla sua morte, per i messaggi educativi e emotivi che veicola, è stato anche inserito nel progetto “Cine-Educando”. Sarà disponibile anche a livello nazionale per le proiezioni in classe e ha ottenuto il patrocinio della Città di Torino.

Prenotando attraverso l’UCID ( ucid@ucidtorino.it) il biglietto costerà 7 euro anziché 9 euro.
Sarà possibile pagare con satispay al 335 7724802 e ritirare i biglietti direttamente al cinema.

 Mara Martellotta

Dario Argento, il Maestro. Alla Mole la prima grande mostra dedicata al regista

6 aprile 2022 – 16 gennaio 2023 Museo Nazionale del Cinema – Mole Antonelliana

Via Montebello 20, Torino

 

DARIO ARGENTO – The Exhibit

Mostra a cura di Domenico De Gaetano e Marcello Garofalo

 

Il Museo Nazionale del Cinema e Solares Fondazione delle Arti hanno presentato la prima grande mostra dedicata a un grande maestro del cinema: il regista, sceneggiatore e produttore Dario Argento (Roma, 1940). DARIO ARGENTO – THE EXHIBIT, a cura di Domenico De Gaetano Marcello Garofalo è ospitata alla Mole Antonelliana di Torino, sede del Museo Nazionale del Cinema, e visibile al pubblico da mercoledì 6 aprile 2022 a lunedì 16 gennaio 2023.

 

A completamente della giornata di festeggiamenti in onore del Maestro, martedì 5 aprile alle ore 21.00 il Cinema Massimo ospita la proiezione della copia restaurata del celebre Suspiria (Italia 1977, 98’, DCP, col.), con introduzione di Dario Argento.

 

In occasione della conferenza stampa di inaugurazione del progetto espositivo, tenutasi alla presenza del regista, il Museo Nazionale del Cinema di Torino ha omaggiato il genio e l’opera del cineasta, visionario maestro del thriller, con il conferimento della Stella della Mole.

“Dario Argento è uno dei Maestri del cinema italiano più conosciuti e apprezzati a livello internazionale.” – ha spiegato Enzo Ghigo, presidente del Museo Nazionale del Cinema di Torino, nel leggere la motivazione –. “Dal suo esordio dietro la macchina da presa con L’uccello dalle piume di cristallo all’ultimo film Occhiali neri, ha spaziato tra giallo, thriller e horror, creando e imponendo a generazioni di spettatori il suo personalissimo immaginario, frutto di un talento figurativo fuori dal comune. Un regista ma anche un artista. Infatti, il suo cinema visionario dialoga costantemente con le altre arti, creando universi visivi seducenti e messe in scena sontuose attraverso un uso vitale e libero della macchina da presa. Ogni film è una riflessione sulla natura dell’immagine e sulla sua percezione, facendo tesoro delle esperienze del precinema e degli studi a cavallo tra ottica e psicanalisi. Nelle ambientazioni spettrali dei suoi film ha restituito di Torino un’immagine inedita e perturbante che arricchisce di fascino e mistero il nostro sguardo verso la città.”

DARIO ARGENTO – The Exhibit propone un percorso cronologico attraverso tutta la produzione di Dario Argento, dagli esordi de L’uccello dalle piume di cristallo (1970) al suo ultimo lavoro Occhiali neri (2022), recentemente presentato al Festival del Cinema di Berlino nella sezione Special Gala: tutta la carriera del regista e sceneggiatore Dario Argento costruita sul confine tra cinema di genere e d’autore.

A partire da una sintesi visiva delle tematiche da lui predilette, la mostra propone per ciascun titolo della vasta filmografia del regista curiosità, citazioni, fotografie, sequenze filmiche, bozzetti, manifesti, costumi, creature meccanizzate e colonne sonore. Un excursus lungo tutti i vari linguaggi che concorrono alla definizione dell’estetica che lo ha reso celebre e apprezzato in tutto il mondo.

Tra le collezioni esposte anche opere di maison di alta moda che per Argento hanno realizzato costumi e gioielli, e le creazioni di maestri italiani degli effetti speciali.

Per la prima volta un progetto espositivo compone un completo e articolato discorso visivo sull’immaginario che il regista romano ha portato sullo schermo nel corso del proprio cinquantennale viaggio nei perturbanti territori dell’incubo.

Le proiezioni presentano photogallery, sequenze e montaggi tratti dalle sue opere, documentazione sugli effetti speciali e sulla musica nei suoi film. Le fotografie sul set rivelano l’artificio e la potenza della messa in scena. I video restituiscono il rapporto di Argento con la musica e l’arte evidenziando anche i tributi rivolti a registi da lui molto amati, come Lang e Hitchcock, così come i frequenti riferimenti a quadri, fumetti, opere letterarie e oggetti di design.

Sulla rampa espositiva della Mole il visitatore troverà un’imponente messe di memorabilia argentiani: 44 oggetti di scena, 12 preziosi manifesti e locandine originali del Museo Nazionale del Cinema, bozzetti scenografici, creature meccaniche, fotografie inedite e molto altro.

Particolarmente significativi e di forte impatto sono i dieci costumi di alcuni dei suoi film, tra cui quello ricreato appositamente da Giorgio Armani, che aveva firmato gli abiti di Jennifer Connelly sul set di Phenomena (1985), mentre oltre 60 pannelli ricostruiscono il percorso biografico e artistico di Argento, raccolgono le sue testimonianze e quelle di celebri personalità del cinema e della cultura.

I pezzi esposti provengono dalle collezioni del Museo Nazionale del Cinema, del CSC – Centro Sperimentale di Cinematografia (Archivio fotografico della Cineteca Nazionale e Scuola Nazionale di Cinema) e di numerosi collezionisti privati, con importanti contributi da parte di professionisti del cinema quali Sergio Stivaletti, effettista di molti film di Argento da Phenomena del 1985 in poi, Luigi Cozzi, stretto collaboratore di Argento fin dagli esordi, Franco BellomoStefano OggianoGabriele Farina, Roberto Attanasio e Carlo Rambaldi, uno dei più importanti artisti degli effetti speciali a livello mondiale.

“Il percorso della mostra” – spiega Domenico De Gaetano, Direttore del Museo Nazionale del Cinema e co-curatore dell’esposizione torinese – “propone un approccio ‘altro’ all’opera di Dario Argento, considerandolo soprattutto un regista profondamente innamorato delle possibilità del mezzo filmico che attraverso una poetica del delirio visivo ha saputo diventare uno dei grandi creatori di immagini del nostro tempo, demiurgo di un mondo i cui tratti – sospesi tra l’onirico e il fantastico, tra l’astrazione e la tentazione del sublime – sono sfaccettati, molteplici e complessi, sempre posti oltre il confine della visione”.

Marcello Garofalo, critico cinematografico co-curatore della mostra, ribadisce che “Argento costruisce la sua modernità nel paradosso di uno sguardo che spesso collide tra quello del protagonista della storia e quello dello spettatore, abbagliati entrambi da una ‘messa in scena’ che del gioco non ha nulla, se non la derisione per una ingannevolezza dello sguardo, incapace di guardare l’essenziale e raggirato dal grande ‘trucco’ del cinema, l’apparire quando si crede di vivere, il sognare (o precipitare nell’incubo) quando si crede di essere vigili e di poter dominare la realtà. Tutti i protagonisti del cinema di Argento hanno in comune il fatto di assomigliarci, perché possiedono, prima ancora di una psicologia e di un comportamento, la tendenza a vedere sempre troppo o troppo poco, a essere vittime di abbagli e di visioni, fino a non distinguere più ciò che è vero da ciò che è falso. In tutta la sua opera il sogno diviene spazio, quasi come una rete invisibile e l’onirico si insinua nella realtà, non perché in contrapposizione, ma in quanto terribilmente somigliante a essa. Emblematiche le parole che in Inferno, Argento affida, quasi fossimo in un film di Godard, alla contessa Elise De Longvalle Adler (Daria Nicolodi): ‘È pittura, non sangue’.

Quando ha appreso la notizia di questa mostra, Dario Argento ha espresso grande soddisfazione:

Sono davvero felice che il Museo Nazionale del Cinema di Torino mi abbia comunicato che uno dei loro eventi previsti per l’inizio del prossimo anno sia una grande mostra dedicata al mio cinema: nel corso della mia carriera, iniziata nell’ormai lontano 1970, ho avuto modo di ricevere diversi apprezzamenti in tutto il mondo, specialmente in Francia, in America, in Giappone; in Italia di recente mi hanno consegnato il David di Donatello alla carriera, ma questo omaggio che il Museo del Cinema di Torino mi dedicherà, mi entusiasma in particolar modo, non solo perché si svolgerà in una città da me molto amata, dove ho avuto modo di girare diversi film e in una sede prestigiosa quale è il Museo del Cinema, ma perché, grazie al lavoro accuratissimo che gli organizzatori e i curatori dell’evento stanno svolgendo – ho avuto modo di visionare in anteprima diversi bellissimi “layout” dell’allestimento – avrò la possibilità di far conoscere anche ai più giovani l’intero mio percorso cinematografico, accompagnandoli all’interno del mio ‘cinema idealista’, fatto di incubi, sogni e visioni, ove la grigia realtà non è mai arrivata e mai ci arriverà. In un film che ho realizzato nel 1993, Trauma, mentre scorrono i titoli di coda l’obiettivo si sposta, continuando a raccontare possibili inizi di altre vicende. Questo perché mi piace credere che i miei film possano conquistare un grande spazio nella memoria dei miei spettatori, diventando anche dopo la visione un tutt’uno con la loro vita. Credo che questa mostra possa rendere ancora più realizzabile, luminoso e concreto questo mio desiderio”.

 

La mostra è accompagnata da un catalogo riccamente illustrato, pubblicato da Silvana Editoriale, contenente una intervista esclusiva a Dario Argento realizzata dai curatori che ripercorre tutte le tappe della sua carriera. Molti i materiali inediti, tra cui i saggi di Mick Garris, Domenico De Gaetano, Marcello Garofalo, Stefano Della Casa, Piera Detassis, Roberto Pugliese, Alan Jones, Domenico Monetti e le testimonianze di Stefania Casini, Franco Bellomo, Luigi Cozzi, Claudio Simonetti, Sergio Stivaletti, Luciano Tovoli, Antonello Geleng, Pupi Oggiano. Completano il volume i fotogrammi tematici di Grazia Paganelli, Matteo Pollone, Fabio Pezzetti Tonion, una dettagliata biografia e le schede di tutti i suoi film.

 

In occasione della mostra, il Museo Nazionale del Cinema di Torino propone una serie di iniziative di approfondimento dei contenuti dell’opera e della vita del Maestro. Appuntamenti speciali con cadenza mensile rivolti alle scuole e a tutte le fasce di pubblico: cine-lezioni, un concorso nazionale in collaborazione con Iter-Città di Torino, proiezioni, il tour alle location torinesi toccate dalla filmografia di Argento e collaborazioni con altre istituzioni culturali, come Solares Fondazione per le Arti, i Musei Civici di Pinerolo, la Cineteca Nazionale – CSC.

 

Rientra in questo ambito anche la retrospettiva filmica completa sull’opera del regista in scena presso il Cinema Massimo. Il programma è strutturato in due fasi, la prima apre al pubblico martedì 5 aprile alle 21.00 alla presenza di Dario Argento con la proiezione della copia restaurata di Suspiria. La seconda parte di cartellone è in calendario per il mese di ottobre.

In occasione di questo importante progetto espositivo che porta luce sulla produzione di uno dei principali autori del cinema italiano, il Museo Nazionale del Cinema di Torino ha disegnato inoltre un complesso di iniziative per il pubblico nel segno della totale accessibilità: DARIO ARGENTO. THE EXHIBIT – FOR ALL. A disposizione del visitatore una serie di schede di consultazione con testi facilitati ad alta leggibilità, una selezione di immagini fotografiche, manifesti visivo-tattili – realizzati cioè con inchiostro in rilievo trasparente – e la descrizione audio dei contenuti testuali. Le schede sono fruibili anche attraverso il sito www.museocinema.it

 

L’inedita video intervista al Maestro presentata in mostra e il testo introduttivo alla mostra sono disponibili nella versione in LIS Lingua dei Segni Italiana, quest’ultimo anche in IS Segni Internazionali. Inoltre, nella stanza dedicata alle colonne sonore, la pedana sensoriale, grazie alla superficie in legno, trasforma in vibrazioni la musica dei film di Dario Argento.

 

La mostra DARIO ARGENTO – The Exhibit è realizzata con il patrocinio del MiC Ministero della Cultura.

 

Per orari, biglietti, prenotazioni e modalità di accesso www.museocinema.it

“Ghiaccio”, angosciosa e lucida messinscena intorno alla mente del serial killer

Il testo di Bryony Lavery sul palcoscenico del Gobetti, sino a domenica 10 aprile

C’è un grumo rosso (come quello che attraversava l’orrore del ghetto di Cracovia sotto l’occhio in bianco e nero di Steven Spielberg in “Schindler’s List”, la bambina tragicamente smarrita e avvolta nel suo cappottino) sul palcoscenico del Gobetti che fino a domenica 10 aprile ospita “Ghiaccio” dell’autrice inglese Bryony Lavery, nella traduzione di Monica Capuani e Massimiliano Farau e messo in scena da Filippo Dini. È l’impermeabile della piccola Rhona, una Cappuccetto Rosso che non è uscita dalla penna dei Grimm ma che è travolta e immersa nell’orrore del nostro quotidiano, che mentre portava alla nonna un paio di cesoie da giardino ha incontrato il lupo cattivo, Ralph, un pedofilo, uno stupratore e killer seriale di bambine e ne è rimasta sopraffatta.

Il testo della pluripremiata (dopo il debutto nel 1998 al Birmingham Repertory Theatre) Lavery – che nel 2019 “The Indipendent” incluse nella sua classifica dei 40 testi teatrali migliori mai scritti – non è una favola, non è neppure l’amaro resoconto di un caso realmente avvenuto pochi o più anni fa, è un raggrupparsi di tante storie diverse, di attimi neri catturati qua e là, laceranti e sconvolgenti, che si raccolgono nella disperazione di una madre, Nancy, e nella distruzione di una intera famiglia, nella tragedia in cui si dibatte il mostro, nello scompiglio della sua mente criminale, nella esistenza angosciosa di una psichiatra americana di origini islandesi, Agnetha, che combatte con il ricordo della morte di un amico e che tra attacchi di panico tenta di portare avanti il proprio intervento, “Serial killer: si può perdonarli?”, e un personale studio secondo cui viene attribuito “a lesioni nei lobi frontali l’assenza di inibizione che induce comportamenti criminali”. Sottolineando che “il mio intervento è un esame critico delle differenze tra crimini frutto di malvagità e crimini frutto di patologia”.

Non soltanto questi tre personaggi. Non li vediamo in scena, ma ne avvertiamo la presenza, debolissima di Bob, il marito di Nancy, ben più presente quella di Ingrid, la figlia maggiore della coppia, attraverso le parole della madre un dolore che muta, che all’inizio affonda nella pretesa consapevolezza di una dolorosa sopravvivenza per poi passare ad una ribellione e al rifiuto di vivere nel culto della vittima, per affrontare un percorso buddistico, un viaggio verso l’Oriente all’inizio poco credibile, un misticismo di profonde radici che saprà liberarla dalle colpe che lei ha immaginato. Il risultato visivo sono quelle interminabili file di bandierine tibetane con cui Dini inonda nella conclusione la sala teatrale, multicolori, leggere, riappacificatrici. Due zone, un prima e un poi, per tutti. Le tre vite principali intrise di crimine e di vendetta, la determinazione a sopravvivere nel gelido stato, nel ghiaccio della conservazione, nel tentativo, nel mestiere di vivere: poi, dopo giorni mesi anni di disperazione e sempre eguali la scoperta del perdono da un lato, l’affrontare con il suicidio la propria cruenta realtà dall’altro. La vita riprendere a scorrere, non è più quella di prima ma porta finalmente con sé un alleggerimento, uno sguardo diverso, lo scioglimento di quel ghiaccio. La disgregazione in qualche modo si ricompone. “Ghiaccio” è uno spettacolo da vedere e applaudire, duro, di massima tensione, “crudele” nelle parole e negli atti, lo sguardo esatto da parte di Dini delle angosce dei personaggi, della disperazione, della morte dentro, che ci mette lucidamente di fronte ad una realtà troppe volte letta sui giornali o vista nei tiggì, in monologhi o in un dialogo aspro e faticoso e rotto, che riversa la propria ansia giù tra il pubblico, in un freddo labirinto inventato da Maria Spazzi, corridoi e plastica, sotto le luci improvvise o accecanti di Pasquale Mari. Uno spettacolo con tre spettacolari interpreti, che rendono appieno gli spasimi, i dolori, le incertezze, il cammino completo di Nancy, di Ralph, di Agnetha: Mariangela Granelli rende con una bravura rara ogni particolare del dolore e dell’inimmaginabile perdono di una madre, Filippo Dini concretizza la fragilità e il terrore come il rimorso del suo killer, Lucia Mascino disegna con magnifica convinzione i momenti di paura e il denso pensiero della sua psichiatra.


A proposito di perdono. Chi frequenti il cinema ricorderà un film del 2009 di Peter Jackson tratto dal romanzo omonimo di Alice Sebold, “Amabili resti”, dove la giovane protagonista Susie – come la Rhona della Lavery – è vittima del vicino di casa, che la violenta e la uccide. Si ritroverà a “sopravvivere” in un passaggio intermedio, tra il mondo terreno e il paradiso, ad osservare anche qui lo sfacelo della propria famiglia e le mosse dell’assassino. Considerate dopo le proiezioni di prova le reazioni degli spettatori, che considerarono le scene della morte del killer non troppo soddisfacenti e rivolte piuttosto ad un’agonia e ad una fine più cruda e atroce, Jackson s’impegnò a rifarle, “ho dovuto creare una scena di morte piena di sofferenza solo per dare alla gente la soddisfazione che desiderava”. Il perdono, in quell’occasione, rivolse gli occhi da un’altra parte. E non credo fosse soltanto pretesa spettacolarizzazione.

Elio Rabbione

Le immagini dello spettacolo sono di Luigi De Palma