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Premio Mimmo Candito, i vincitori

La giuria della seconda edizione del Premio Mimmo Candito – per un Giornalismo a Testa Alta, composta dal Presidente Paolo Griseri (La Stampa), Marina Forti (Internazionale), Simona Carnino  (vincitrice della prima edizione) e Vincenzo Vita (Il Manifesto) ha così votato:

1) Premio OPERA
Federica Tourn: “Quel prete è uno stupratore”, con la seguente motivazione:
 
“Sugli abusi sessuali subiti dalle suore e non di rado coperti dalle autorità ecclesiastiche, ha il pregio di trattare un argomento raramente riportato sulle prime pagine dei media, soprattutto in Italia, e il vantaggio della completezza delle testimonianze. Una indagine vecchio stile, che si basa sulla forza del racconto, un meticoloso uso delle fonti e la capacità di scrittura e che, in questo caso, non può, per ovvie ragioni, essere sostenuta da immagini e testimonianze video.
Sullo sfondo il tema delle discriminazioni di genere nella Chiesa Cattolica e in particolare nelle missioni africane. Perché un’inchiesta sulla Chiesa Cattolica è per sua natura globale e coinvolge culture e aree geografiche molto lontane tra loro. Di particolare interesse le testimonianze delle suore che, dall’interno della Chiesa, cercano di denunciare gli abusi e provano a modificare lo stato di cose esistenti. Un ottimo lavoro che merita il premio a un giornalismo d’inchiesta disposto a raccontare verità scomode. Anche quelle di fede.
MENZIONE
La giuria ha anche deciso di assegnare una menzione particolare al reportage di DANIELE BELLOCCHIO sul Nagorno Karabakh. Il lavoro di un coraggioso freelance che si distingue per l’articolata struttura del reportage e la capacità di seguire sul campo nel corso del tempo le vicende di una guerra ormai dimenticata.
2) Premio Progetto d’Inchiesta
Letizia Tortello: “Marocco, donne fuori dal Medioevo”

Il progetto di Letizia Tortello sulla condizione delle donne in Marocco ha il pregio di un programma preciso e definito, in grado di raccontare la difficile transizione della società marocchina verso il superamento della tradizionale disparità di genere. Lo fa proponendosi di ascoltare le testimonianze delle associazioni di donne marocchine e raccontare le realtà in cui, al contrario, la loro condizione è ancora soggetta a forti discriminazioni.

Più che nella contrapposizione un po’ macchiettistica tra modernità e medioevo, l’interesse del progetto è proprio nella realtà sempre più embricata che lega Italia e Marocco. Non solo a Torino, la città italiana con il maggior numero di residenti di origine marocchina, ma anche in molti altri centri della Penisola. Le donne che emigrano dal Marocco sono spesso badanti, colf, commercianti, fanno parte della nostra società. L’influenza reciproca tra le due culture di riferimento determinerà inevitabilmente un pezzo del nostro futuro.

3) Menzione speciale degli allievi della Scuola di Giornalismo “Lelio Basso” di Roma, nostra partner
Valerio Cataldi: “Mario che costruiva la pace”
Riaccende l’attenzione su un evento troppo presto messo a tacere, la morte di Dario Paciolla in dubbie circostanze, mettendo a fuoco sia l’operato sospetto degli inquirenti colombiani, sia il silenzio mantenuto dalle Nazioni Unite sul caso.

Chi sono i vincitori

Federica Tourn, professionista freelance piemontese, autrice di reportage internazionali da zone calde, esperta di problematiche 

femminili e religiose. L’articolo è stato pubblicato su “Millenium”, mensile del Fatto Quotidiano.
   Daniele Bellocchio (menzione). Pubblicista freelance di Lodi, si occupa di tematiche internazionali e reportage da zone problematiche del 
globo, su tv, radio, web e carta stampata. Il suo lavoro è pubblicato da Inside Over
  Letizia Tortello, torinese, professionista a La Stampa. Inviata in Ucraina e curatrice di inchieste su vari paesi europei. Coautrice del libro 
“Goodbye Merkel. Perché per 16 anni ha governato lei”.
  Valerio Cataldi (menzione). Romano, caporedattore delle inchieste di Rainews dove cura il programma Spotlight. Specializzato in criminalità 
organizzata e immigrazione, ha collaborato con l’Unicef e fondato l’associazione Museomigrante.
 
   

“Fede e Metaverso, un binomio possibile?” Dibattito promosso dal gruppo Giovani Ucid

Venerdì 20 gennaio prossimo presso il Centro Studi San Carlo in via Monte di Pietà 1

Il gruppo Giovani Ucid promuove venerdì 20 gennaio prossimo alle 18.30 l’evento “Fede e Metaverso , binomio possibile?”, insieme all’Economy of Francesco, presso il Centro Studi San Carlo in via Monte di Pietà 1, a Torino.

Il metaverso è un concetto di spazio online 3D e virtuale che permette collegamenti e interazioni tra utenti, permeando aspetti fondamentali della nostra realtà quotidiana. Le applicazioni del metaverso sono pressoché infinite, al pari delle attività che possono essere svolte al suo interno, con risparmi in termini di costi e efficienza.

“Metaverso” è un termine coniato da Neal Stephenson nel libro appartenente alla cultura cyberpunk “Snow Crash” nel 1992, descritto dall’autore come una sorta di realtà virtuale condivisa tramite Internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio Avatar. Il metaverso è uno spazio virtuale in cui le differenze con la realtà si assottigliano fino ad essere quasi impercettibili. Il metaverso porta con sé una serie di domande e riflessioni alle quali è necessario dare una risposta, in quanto dobbiamo prepararci a viverlo, a fronteggiare rischi e incognite e, al contempo, sarebbe opportuno iniziare a predisporre le regole che non ci facciano trovare impreparati di fronte al sopraggiungere di quesiti giuridici difficilmente risolvibili con le regole che abbiamo. Il Metaverso risulta uno spazio libero con strade, negozi, locali, creato da alcuni programmatori indipendenti , al cui interno le persone interagiscono e si spostano tramite i loro avatar. Questo mondo digitale assorbe le vite delle persone e le costringe a vivere un’esistenza alternativa per sfuggire a una realtà difficile, in minuscoli appartamenti. Il metaverso diventa, quindi, uno spazio libero e aperto che si contrappone a una vita reale claustrofobica e, in questo spazio, la differenza tra le classi sociali è rappresentata dalla risoluzione del proprio avatar e dalla possibilità di accesso a luoghi esclusivi.

Questo evento rappresenta il primo di una serie, nel corso della quale verranno esaminati impatti e prospettive sul bene comune e della società moderna.

A presentare l’evento sarà Daniele Lonardo, Presidente del Gruppo Giovani Ucid di Torino, avvocato e Europrogettista presso lo studio Legale Associato “Ambrosio & Commodo” di Torino, che dialogherà con l’avvocato Riadi Piacentini, fondatore di ThinkLegal, e con Edoardo Di Pietro, fondatore di Wando Agency.

 

Informazioni presso la segreteria Ucid di Torino ucid@ucidtorino.it

Molestie verbali, come reagire senza violenza

A portare i saluti istituzionali è stato il consigliere dell’Udp Gianluca Gavazza, delegato alla Consulta femminile, che ha ricordato come “il cat-calling oggi non sia considerato un reato dalla nostra legislazione se non in parte ricompreso nell’articolo 660 del codice penale, ma soltanto quando la condotta del responsabile sia idonea non tanto a ledere la dignità della vittima, quanto a turbare l’ordine pubblico e nel caso in cui la condotta sia reiterata nel tempo. Il fenomeno però non può più essere sottovalutato ed è fondamentale puntare sul rispetto per la donna, per l’individuo, non solo in quanto sorella, fratello, madre o figlia di qualcuno, ma in quanto persona”.“Benché il legislatore abbia dimostrato di riconoscere nuove fattispecie in cui oggi prende forma la violenza verso le donne è necessaria anche un’innovazione culturale, un cambiamento di mentalità”, ha affermato Ornella Toselli, presidente della Consulta femminile regionale. “Emerge poi il bisogno di garantire la sicurezza per strada, nei luoghi pubblici, un problema già in parte affrontato ma di cui le istituzioni dovranno sempre più farsi carico”.

Nata su impulso di un giovanissima socia del Centro Studi e Documentazione, l’iniziativa ha coinvolto un gruppo di studentesse e studenti delle classi terze dell’Istituto superiore Santorre di Santarosa di Torino, che in una prima fase di incontri con due formatrici hanno fatto emergere esperienze vissute ed episodi relativi al cat-calling. Da qui si è partiti per una riflessione sulle possibili frasi e risposte da rivolgere ai molestatori verbali e nella fase del vero e proprio allenamento in palestra una formatrice ha “lanciato” alcune molestie affinché, una alla volta, ogni ragazza reagisse con le risposte precedentemente preparate. La ripetizione del gesto “vocale”, la solidarietà del gruppo e la condivisione hanno reso particolarmente efficace l’esercizio, trasformandolo in un momento di apprendimento reciproco e di crescita del proprio senso di autoefficacia.

“Siamo convinti che la risposta al problema sia sempre l’educazione”, ha affermato Stefania Doglioli, direttrice del Centro Studi e Documentazione Pensiero femminile, ma se cambiare il contesto culturale è un processo lungo, che cosa può fare la vittima nell’immediato? “Innanzitutto mettersi in sicurezza e la difesa può anche consistere nell’ignorare la battuta che mi è stata rivolta”, commenta Norma de Piccoli, presidente Cirsde. “Non dire niente non è sottomissione ma significa sentirsi al di sopra di queste pochezze”.

Alcuni studenti e studentesse, guidate dalle formatrici Silvia e Maria hanno poi raccontato l’importanza della classe, dei propri amici come risorsa per rompere il silenzio, per condividere il vissuto, quello che si è provato.

L’esperienza della palestra di autodifesa verbale è stata poi tradotta in una campagna di sensibilizzazione contro il cat-calling, diffusa mediante 15 brevi videoclip. Due frasi particolarmente incisive “Se non rispondo al tuo cat-calling è perché ho di meglio da fare” e “Il cat-calling non ti rende più figo” sono state riprodotte su t-shirt che i ragazzi diffonderanno fra i propri coetanei.

“La questione non è solo insegnare alle donne a difendersi ma prima ancora insegnare agli uomini a non offendere, bisogna partire dalla prevenzione della violenza”, ha dichiarato Anna Ronfani, vicepresidente di Telefono Rosa, che ha sottolineato come in realtà la legislazione italiana sia giudicata all’avanguardia sulla violenza di genere anche da importanti organismi internazionali, ma che il problema risieda nella mancanza di sensibilità per attuarla.

All’incontro è intervenuta in collegamento online anche Irene Manca, dell’associazione Break the Silence, realtà nata per promuovere l’uguaglianza di genere e il contrasto alle molestie di strada, che ha parlato degli utili consigli forniti dalla piattaforma Stand Up, un programma di formazione e sensibilizzazione contro le molestie in luoghi pubblici promosso da L’Oréal Paris in collaborazione con la ong Right To Be.

 

Quelle partite a pallacanestro dai Salesiani tanti anni fa. Quando d’inverno faceva ancora freddo

COSA SUCCEDE(VA) IN CITTÀ

Manco gennaio ci fermava. E oltre 50 anni fa faceva tanto ma tanto freddo.  Noi non lo sentivamo… e mai un raffreddore.

Tutti i giorni, proprio tutti i giorni a giocare  a Basket, o come si diceva allora Pallacanestro. Il primo ragazzo di colore, precisamente il primo giocatore statunitense che vedemmo fu all’oratorio Giovanni Agnelli. Anno 72 al massimo 73. L’Auxilium Basket Agnelli era salito dalla c alla b. Giocavamo sempre gli allenamenti al Gesù Operaio.  Sotto la chiesa la palestra, e le partite di campionato nel cortile della scuola salesiani Monterosa. E, appunto,  che freddo. Gli spogliatoi del campi di calcio servivano anche per noi cestisti.
Magliette mezza manica di puro acrilico e le tute erano affari nostri. E poi le mitiche Superga. Costavano 4500 lire, uno sproposito.
Alla domenica si spendevano al massimo 200 lire. 5o lire il biglietto del cinema ed il resto voluttà come le spirali di liquirizia. Non vorrei dire 5 lire ognuno. Ma, mamma mia,  se eravamo felici e soprattutto sereni. Si Puzzava di canfora. Ci serviva nel combattere il freddo. Negli occhi la neve accumulata e prima spalata.  Non si usavano cappelli,  sciarpe, o guanti.  Pochi di noi avevano il cappotto. Eppure nulla raffreddori o febbre mai e poi mai. Altro che palchetto o tartan.  Il campo era di cemento puro. Addirittura l’altezza di un canestro era più bassa di 10 centimetri del regolamentare. Poi grande spargimento di sale contro le ghiacciate. E pure la nebbia ce ne metteva del suo. Pure i palloni erano di bassa qualità.  Tenevamo come una reliquia solo quello usato solo per le partite. Il primo pallone di cuoio, marca Voit, lo conosciamo alla Ginnastica, via Magenta, in pieno centro e limitrofa al quartiere Crocetta dove ci stavano i ricchi. Eppure anche il Don Bosco della Crocetta, in via Piazzi non aveva palestra e si giocava all l’aperto. Dopo si sarebbero costruite delle palestre.  Ma molto ma molto dopo.
In compenso c’era il pallone a Vadocco.
Proprio l’oratorio fondato direttamente da Don Bosco. In quegli anni sentivi ancora “l’odore del Risorgimento “. Fu in quel periodo che  mi innamorai della Storia ed in particolare del Risorgimento. Dalla massoneria a Garibaldi passando da Cavour e Mazzini. Fieri di essere Torinesi. Fieri in tutto. Persino le fabbriche che davano sempre quel senso di tristezza.
E dipendeva da come la vedevi:  o il bieco padrone o la santità della classe operaia. Barriera di Milano era anche se non soprattutto fatta di artigiani.
Tanti falegnami ed ancora il gusto di mettere a posto le cose. Della serie non si butta mai via nulla. Anche il mercato assiepato di piazza Foroni ribattezzata piazza Cerignola.
Ovviamente perché la comunità pugliese era la più numerosa. Mia zia, sorella di mia madre,  ne aveva sposato uno di pugliese. Letteralmente spari’ lasciandola sola con una figlia, mia cugina Guglia Moschelli. E del resto anche loro mezzi piemontesi, visto che arrivavano da Linguaglossa,  in provincia di Catania, proprio alla falde dell Etna dove la terra è nera come la pece. Ed i tuoi amici. Dal Sud come dal Veneto. O i fratelli Mitton istriani (e proprio una delle famiglie storiche del Basket piemontese) loro del San Gaetano vicino alla Manifattura Tabacchi. Oltre il cimitero monumentale. Da quelle parti quando si doveva andare in centro si diceva : andiamo in città. Le colate di cemento oltre la ferrovia di Vanchiglia. Era una linea da anni in disuso che di fatto tagliava in due la Barriera. Con la Stura dove qualche volta si faceva il bagno. Per arrivarci un viaggio lungo e a piedi. Vero,  c’era chi di noi aveva le biciclette. Ma avevamo paura dei ladri.  Le si utilizzava con il ” contagocce ” . Ho persino corso, da ultra dilettante,  nella scuderia di Pezzani che aggiustava e vendeva bici. In via Feletto quasi angolo corso Vercelli. Smisi di correre perché non ero un granché. Gambe troppo piccole e tozze per poter correre.
E poi quel giovane prete che mi disse: sei alto per la tua età. Cominciamo con il mini bastet.
Piccoli canestri e piccoli palloni e tanta contentezza. La messa finiva alle 10 e mezz’ora dopo le piccole partite tra di noi.
Poi il grande salto. Torneo Fip prima fascia: categoria ragazzi. E per un po’ di anni si giocava tutti i sacrosanti giorni. Alla domenica addirittura die partite. Una al mattino e una al pomeriggio. Poi,  nel tardo pomeriggio fino alla palestra Rfks oltre Po.  Due pullman: il 57 fino in corso Matteotti ed il 68, Capolinea in piazza Zara e poi viale Dogali. Giocava l’Auxilium Basket Agnelli in serie C per essere promossa. E il grande salto al palazzetto dello Sport Al parco Ruffini.
Piano piano, Torino stava diventando una delle capitali italiane del Basket.
Tutto questo grazie anche agli oratori salesiani. Ma…..come al solito…altri tempi.
Ed il freddo?  C’era ed era anche tanto.
Ma bastava un po’di canfora e molta corsa e passava tutto. Appunto altri tempi. Tante vite fa.

PATRIZIO TOSETTO

Basaglia, che hai fatto?

La legge Basaglia è conosciuta da tutti come la legge che ha, di fatto, chiuso i manicomi.

Decisione ammirevole, considerando cosa fossero quelle strutture in cui molti hanno passato la maggior parte della propria vita.

Verso la fine degli anni ’70, complice un periodo di enormi cambiamenti sociali (pensiamo solo agli scioperi studenteschi, alla marcia dei quarantamila a Torino, al terrorismo) questa legge fu il cambiamento necessario per modificare la vigente legislazione che riteneva i “matti” dei pazienti da togliere dalla società, e da curare con metodologie sicuramente discutibili (elettrochock) e spesso più dannose della patologia da curare.

La legge 180 del 1978, appunto la legge Basaglia, mise fine a queste strutture; restano famosi il manicomio di Collegno (si pensi al caso Bruneri-Canella ed alla sua trasposizione cinematografica ne “Lo smemorato di Collegno” con Totò) o a quello di via Giulio a Torino.

La legge 180, tuttavia, introdusse l’istituto del TSO, Trattamento Sanitario Obbligatorio che, in deroga a quanto prevede l’art. 32, 2° comma, della Costituzione Italiana che recita “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”, consente il ricovero coatto.

Ecco, se analizziamo il TSO, la sua utilità e l’ultima parte dell’art. 32 ci accorgiamo che spesso il TSO non solo è perfettamente inutile ma, addirittura, può recare danni a chi ne sia sottoposto.

In pratica il paziente che manifesti un comportamento pericoloso per sé e per gli altri, o che rifiuti le cure (per esempio malattia infettiva) viene prelevato dove si trova (abitazione, luogo pubblico) e ricoverato per sette giorni, rinnovabili. I TSO possono essere disposti per qualsiasi motivo di natura sanitaria, sebbene la quasi totalità riguardi patologie psichiatriche.

In pratica, è necessario che due medici, dei quali uno dell’ASL competente, propongano il Trattamento ed il Sindaco del luogo emetta il provvedimento; entro 48 ore il Giudice tutelare dovrà poi convalidare il provvedimento.

Su alcuni punti molte associazioni si stanno muovendo per una riforma sostanziale.

Il primo punto sul quale si sta lavorando per ottenerne una riforma è che contro il decreto del Giudice in Tribunale non è ammesso contraddittorio né il soggetto interessato è ammesso a partecipare.

Ha molte più tutele, ad esempio, chi venga arrestato per un reato, anche colto in flagranza, di chi sia sottoposto ad un TSO pur essendo lucido e collaborativo.

Si tratta, comunque, di una limitazione temporanea della libertà individuale e con essa di autodeterminazione di un individuo.

Proprio a Torino si è verificato un delitto connesso all’esecuzione di un TSO: nel 2015 Andrea Soldi, affetto da schizofrenia, siede su una panchina in piazza Umbria. Da mesi ha sospeso le cure, in quel momento si trova su quella panchina perché è il posto dove si sente a suo agio quando le crisi si manifestano, quando i pensieri diventano prepotenti. Quel giorno Andrea viene raggiunto dal suo psichiatra e da alcuni vigili urbani, provano a farlo salire su un’ambulanza per sottoporlo ad un TSO ma Andrea si rifiuta.

In quattro lo immobilizzano ammanettandolo; sull’ambulanza viene trasportato a pancia in giù e questo gli crea una crisi respiratoria. Andrea muore poco dopo l’arrivo in ospedale.

A stabilire il nesso di causa-effetto tra la costrizione subita e la morte è stata l’autopsia disposta dalla Procura di Torino. I quattro imputati, accusati di omicidio colposo, sono stati condannati a un anno e sei mesi di reclusione e le condanne sono state confermate in Cassazione.

Ora sorge spontanea una domanda: perché una persona, affetta da schizofrenia e quindi sicuramente bisognosa di cure continue e pericolosa per sé e, forse, per gli altri, era libera di girare ed anche di rischiare la vita in giro per la città? Non sarebbe opportuno, prima di giungere al Trattamento Obbligatorio, creare le condizioni perché un soggetto sia accudito, protetto e, possibilmente, curato?

Non tutte le famiglie possono prendersi cura di un loro congiunto, sia per incapacità tecnica, sia per mancanza di tempo; perché lo Stato, attraverso le Regioni che gestiscono la sanità e le Prefetture che sono l’emanazione del Governo presso un capoluogo, non provvedono a censire i soggetti che necessitino di cure al fine di adottare provvedimenti realmente adeguati?

Così come stanno aumentando di numero le RSA (molti anziani non hanno nessuno che possa prendersi cura di loro), perché non prevedere RSO (Residenze Sanitarie Obbligatorie) che nulla abbiano in comune con i lager raccontati da Alda Merini, ma che realmente si prendano cura dei nostri cari, affetti da problemi che richiedono interventi certi e, ove possibile, risolutivi?

Dove i residenti non vengano legati ai termosifoni o lavati sotto docce gelate, ma curati secondo i progressi della medicina.

Sergio Motta

Just the woman I am si corre il 5 marzo E’ la decima edizione

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Presentata la decima edizione 

Nella Cavallerizza Reale di via Verdi a Torino si è svoltala conferenza stampa di presentazione della decima edizione di JUST THE WOMAN I AM al via domenica 5 marzo 2023. La manifestazione torna in presenza dopo lo stop causato dalla pandemia. Dal 2014 l’evento organizzato dal Centro Universitario Sportivo torinese in collaborazione con l’Università degli Studi di Torino e il Politecnico di Torino accompagna per le vie del capoluogo piemontese i cittadini, le associazioni e i sostenitori, tutti accomunati dalla scelta di non mancare per raccogliere i fondi a sostegno della ricerca universitaria sul cancro attraverso una corsa/camminata di 5 km non competitiva. A questa si affiancano le iniziative collaterali che promuovono la prevenzione, i corretti stili di vita, l’inclusione e la parità di genere.

Hanno aperto la conferenza stampa il padrone di casa Stefano Geuna (Magnifico Rettore dell’Università degli Studi di Torino) e Guido Saracco  (Magnifico Rettore del Politecnico di Torino).

I relatori della conferenza stampa sono stati: Alberto Rainoldi (Vice Rettore per il Welfare, la sostenibilità e lo sport dell’Università di Torino), Laura Montanaro (Prorettrice Politecnico di Torino), Riccardo D’Elicio (Presidente Centro Universitario Sportivo torinese), Andrea Tronzano (Assessore Bilancio, Finanze, Programmazione economico-finanziaria, Patrimonio, Sviluppo delle attività produttive e delle piccole e medie imprese della Regione Piemonte), Jacopo Suppo (Vicesindaco Città Metropolitana di Torino) e Maria Grazia Grippo (Presidente del Consiglio Comunale della Città di Torino). In chiusura di conferenza sono intervenuti la Dott.ssa Floriana Fortunato, responsabile delle risorse umane di TGV INOUI, sostenitore principale e sponsor di pettorale della JTWIA, ed Elia Pinna, CEO Veronica One Hit Station, ancora una volta radio ufficiale della manifestazione. E’ stato trasmesso anche il video saluto del Vicepresidente Vicario CONI Nazionale Silvia Salis, che ha rinnovato il sostegno e l’adesione all’evento.

Just The Woman I Am si svolge rigorosamente nella prima settimana di marzo, in concomitanza con la Festa della Donna. Un’esperienza di sport divertente e unica aperta a tutte e tutti, dagli Under 18 agli Over 60, come singoli o in gruppo. L’appuntamento per il 2023 è il 3-4-5 marzo nella suggestiva piazza San Carlo di Torino, dove verrà allestito il Villaggio della Prevenzione e del Benessere, mentre la partenza della corsa-camminata non competitiva di 5 chilometri è prevista da piazza Castello domenica 5 marzo alle 16.00. Venerdì e sabato saranno le giornate dedicate alla prevenzione per il mondo della scuola grazie alla collaborazione con l’ufficio Scolastico Regionale per il Piemonte del Ministero dell’Istruzione e del Merito. Le istituzioni scolastiche potranno aderire a JTWIA compilando la scheda di adesione (https://jtwia.org/scuole/). Il villaggio verrà realizzato grazie al supporto dell’Università degli Studi di Torino, del Politecnico di Torino, dell’ASL Città di Torino, dell’A.O.U. Città della Salute e della Scienza di Torino e delle numerose associazioni, che ormai da anni intervengono in piazza e nel mondo della scuola come LILT, Gruppo Lions, Walce, Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro e molte altre.

La donazione per l’iscrizione è di 20 euro a persona fino alla data del 25 febbraio 2023 per la Modalità Virtual e fino al 3 marzo 2023 per la Modalità In Presenza; il 4 e 5 marzo 2023 sarà a offerta libera a partire da €25,00.

Sarà possibile partecipare alla corsa-camminata in Presenza oppure in modalità Virtual, scegliendo in autonomia il luogo di svolgimento, il proprio percorso di 5 km e condividendo l’esperienza sui Social. La modalità Virtual si conferma anche per l’edizione 2023, come ulteriore possibilità per i Singoli iscritti e per i Gruppi JTWIA di tutto il mondo di partecipare “distanti ma uniti”. I Team JTWIA sono, da sempre, il cuore pulsante della manifestazione, il modo migliore per sostenere la ricerca universitaria sul cancro e per vivere più intensamente l’esperienza di JTWIA fin dal primo passo, quello dell’iscrizione, con la possibilità di personalizzare il retro della maglietta con un logo a scelta senza costi aggiuntivi con un minimo di 20 partecipanti. Ogni partecipante all’evento, all’atto dell’iscrizione, potrà scegliere la modalità di iscrizione (in Presenza/Virtual, Singola/in Gruppo) sulla pagina dedicata del sito https://jtwia.org/iscrizioni/ e potrà ricevere Kit di Iscrizione e Welcome Bag direttamente a casa (con la maggiorazione di 3 euro per il servizio di consegna) oppure optare la consegna gratuita ed eco-friendly presso uno dei punti di ritiro diffusi sul territorio nazionale, grazie alla partnership con Decathlon Italia.

Una kermesse, un evento trasversale. JTWIA è impegnata sugli obiettivi 3, 4, 5, 11 e 17 dell’Agenda 2030 dell’ONU. Nello specifico il punto 3 ha come obiettivo di assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età; punto 4: fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti;  punto 5: raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e le ragazze;  punto 11: rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, duraturi e sostenibili; punto 17: rafforzare le modalità di attuazione e rilanciare il partenariato globale per lo sviluppo sostenibile.

L’edizione 2023 supera nuovamente i confini e si conferma come evento internazionale, grazie al supporto di TGV INOUI, sostenitore principale. Da sempre attento alle tematiche di sensibilizzazione, TGV INOUI ha scelto di partecipare a JTWIA 2023 per sostenere messaggi solidali e sociali importanti senza perdere di vista l’impegno verso la ricerca e l’attuazione di processi di miglioramento per ridurre l’impatto ambientale. Un traguardo possibile grazie alla capacità di creare sinergie all’interno della Rete JTWIA formata da Associazioni, Fondazioni, Enti e Comuni (tutti su www.jtwia.org) e un grande supporto anche dal mondo delle imprese, in particolare grazie al contributo di Fondazione Compagnia di San Paolo, Reale Group, Decathlon, Torino 2025, Fantolino, COOP, Yogi Tea, Torino Outlet Village, Battaglio, Via Mazzini, ESCP, Radio Veronica One.

Infine il monitoraggio dei dati e dei numeri sono fondamentali per dare una restituzione concreta dell’impatto dei grandi eventi sportivi e sono da sempre un importante focus del Centro Universitario Sportivo torinese che attraverso lo sport si pone l’obiettivo di contribuire alla  promozione del territorio e del sistema universitario. Sul sito https://jtwia.org/ sarà disponibile a breve la valutazione d’impatto di JTWIA; l’indagine è stata condotta in collaborazione con il Dipartimento di Management dell’Università degli Studi di Torino ad opera del gruppo di ricerca coordinato dal Prof. Paolo Biancone.

Web: https://jtwia.org/
Facebook: jtwia (LIKE US!) Instagram: @justthewomaniam_ Twitter: twitter.com/TorinoDonna
Linkedin: www.linkedin.com/showcase/just-the-woman-i-am
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Torino città universitaria: negli appartamenti sfitti lo studentato diffuso

Oggi, mercoledì 11 gennaio,  nel Salone del Rettorato, è stato presentato alla stampa il progetto di residenzialità studentesca Torino Student Housing, promosso dall’Università e dal Politecnico di Torino con l’obiettivo di offrire locazioni di qualità agli studenti fuorisede, mettendo in uso gli appartamenti sfitti in Città. Sono intervenuti Stefano Geuna, Rettore dell’Università di Torino, Guido Saracco, Rettore del Politecnico di Torino, Jacopo Rosatelli, Assessore al Welfare del Comune di Torino, Carlotta Salerno, Assessora all’Istruzione e Paolo Biancone, Professore ordinario di economia aziendale dell’Università di Torino.

Torino Student Housing nasce sia per dare risposta all’esigenza di studenti fuori sede nazionali e internazionali degli Atenei torinesi di trovare alloggi di qualità, sia per rimettere in uso appartamenti sfitti che molto spesso non sono adeguati né per affitto a lungo termine né a breve poiché da ristrutturare totalmente. Il progetto, che coinvolge stakeholder diversi (proprietari di casa, imprese di ristrutturazione, manutenzione e gestione, ordini professionali, etc.) in un’ottica inclusiva, prevede benefici per tutti gli attori coinvolti, consentendo di migliorare la qualità dell’ospitalitàanche in riferimento al settore turistico e all’housing più in generale.

Secondo le stime dell’Associazione Piccoli Proprietari Immobiliari, nella sola Città di Torino sono circa 50 mila gli appartamenti che, per motivi diversi, sono inutilizzati: alcuni oggetto di eredità in attesa di destinazione, altri per la necessità di importanti ristrutturazioni, altri ancora per inerzia della proprietà nei confronti di una messa in affitto con il rischio di morosità.

La messa in uso di appartamenti distribuiti su tutto il territorio torinese permette di bonificare alcuni quartieri, creando occasioni di aggregazione e presidio, elevando il valore immobiliare e sociale. L’attrazione di un maggior numero di studenti internazionali e nazionali non residenti porta inoltre ad un aumento dei consumi, che si riversa sul territorio con un forte impatto sociale. Gli studenti molto spesso usufruiscono infatti di attività economiche di quartiere (bar, locali, negozi ecc.) creando quindi poli-centri che possono rappresentare ecosistemi innovativi per la Città.

La ristrutturazione funzionale può diventare una forma di circulareconomy che consente il riutilizzo di spazi antropizzati senza il consumo di suolo e con ridotti consumi energetici. Il riutilizzo di arredi e complementi d’arredo attraverso un circuito di economia circolare potrebbe abbattere la produzione dei rifiuti e la messa in uso di attrezzature ancora funzionali. La ristrutturazione degli appartamenti consentirà alle imprese del territorio di sviluppare la propria attività economica facendo lavorare la filiera di fornitura e i professionisti locali.

Il progetto prevede standard di ristrutturazione con livelli di servizio definiti (numero di servizi/studente, dimensione delle stanze, arredi, wifi etc.) con materiali di qualità, ma nello stesso tempo scontati in virtù delle quantità acquisite; un canone sostenibile dell’appartamento indipendentemente dalla localizzazione territoriale e dalle caratteristiche dell’immobile e il supporto per la gestione delle locazioni attraverso l’utilizzo di operatori e piattaforme multilingua verso studenti internazionali, potenziando così l’attrattività degli atenei in contesti internazionali e valorizzando Torino come hubinternazionale di conoscenza e formazione.

Torino Student Housing, partito oggi con il coinvolgimento attivo di tutti gli stakeholder, prevede la creazione di tavoli di lavoro per la definizione di standard di servizio e protocolli di intesa per il perfezionamento delle operazioni. La realizzazione di un cantiere pilota di sperimentazione consentirà poi di analizzare dettagliatamente gli aspetti per la creazione del circolo virtuoso. Infine si partirà operativamente con la ristrutturazione e messa in affitto degli appartamenti che man mano verranno messi a disposizione del progetto da parte dei proprietari.

“I fuori sede che studiano e vivono a Torino, internazionali e nazionali, sono oggi parte significativa e importante della popolazione torinese – dichiara il Rettore di UniTo, Stefano Geuna. Segno anche di come la città sia cambiata negli ultimi anni anche grazie all’Università con la sua crescente attrattività. Sono infatti circa 40 mila le studentesse e gli studenti che hanno scelto i nostri atenei, ponendo anche nuovi bisogni di residenzialità e di socialità. Torino Student Housing rappresenta una grande opportunità per aumentare il potenziale di recettività e gli standard di qualità. Incontrare questi nuovi bisogni è oggi una priorità inderogabile per gli Atenei, che stanno lavorando in questa direzione, ma anche per tutto il territorio, perché studentesse e studenti formati ed in empatia con la città sono il capitale fondamentale sul quale costruire il futuro di Torino”.

“Il progetto – aggiunge il Rettore del Politecnico, Guido Saracco è strategico per consentire agli Atenei del territorio di essere attrattivi non solo in termini di didattica e ricerca, ma anche nel garantire spazi residenziali a studenti fuori sede e stranieri sempre in crescita. Gli studenti stranieri che formiamo ai nostri valori sono una grande opportunità per il Paese di attenuare gli effetti della denatalità. Particolarmente meritorio poi quello che sapremo realizzare per l’accoglienza degli studenti provenienti da Paesi poveri o da zone di guerra”.

“Hanno dimostrato interesse le principali banche del territorio, l’Api, l’associazione proprietari di casa, le centrali cooperative, la Camera di Commercio e gli ordini professionali – sottolinea Paolo Biancone, professore di economia aziendale di Unito e ideatore del progetto -, ogni categoria dovrà fare la sua parte mettendo a disposizione risorse ed entusiasmo. La previsione è quella di mettere a disposizione circa 10.000 appartamenti nell’arco dei prossimi cinque anni”.

“Tutte le azioni che servono a dinamizzare il mercato delle locazioni private dichiarano gli Assessori Carlotta Salerno e Jacopo Rosatelli convincendo i proprietari a mettere a disposizione alloggi sfitti, sono benvenute. Crediamo fortemente nel potenziale delle studentesse e degli studenti universitarie/i, per questo motivo la Città offre loro diversi servizi e spazi affinché l’esperienza di studio sia il più dinamica, stimolante e funzionale possibile. L’iniziativa di Torino Student Housing sposa perfettamente questi obiettivi e come Assessori con delega alla casa, Torino città universitaria e politiche giovanili, non possiamo quindi che fare un plauso agli Atenei Torinesi, auspicando in una collaborazione sempre più sinergica anche sotto questo aspetto”.

“L’iniziativa presentata questa mattina risponde ad una delle esigenze più strategiche per la nostra città – commenta Alessandro Ciro Sciretti, Presidente di Edisu Piemonte -, offrire un mercato immobiliare accessibile, supportando sia la proprietà che gli studenti, è ormai essenziale per proseguire nello sviluppo universitario di Torino. Ringrazio Università e Politecnico per questa iniziativa che Edisu Piemonte sosterrà con determinazione e con le competenze che la nostra struttura matura ogni giorno nell’erogazione del servizio abitativo per la popolazione universitaria piemontese. Infine, in concomitanza del percorso di avvicinamento verso l’Universiade del 2025, potenziare la ricettività torinese aiuterà a promuovere ulteriormente l’attrattività internazionale del nostro territorio”.

Omicidio Psichico: la storia di Alice e di tante altre vittime

“Alice è una ragazza di 25 anni che si sente pronta per iniziare un percorso psicoterapeutico.

E’ cresciuta in una famiglia molto riservata, non ha mai avuto la possibilità di andare da una psicologa e di guardarsi dentro e, in tutta onestà, ammette di non aver mai avuto le forze per farlo, perché non è facile guardare in faccia certi dolori.
Sin da quando era piccola, si è sempre sentita inadeguata rispetto agli altri e con un pesante fardello addosso: doveva custodire un segreto che nessuno poteva sapere perché quei ricordi le facevano provare un forte senso di angoscia e di vergogna.
Con l’inizio del percorso terapeutico, Alice si confida con la sua psicologa e inizia a raccontare quel segreto: riporta degli episodi sessuali che erano successi con un adulto quando lei era piccola e di quanto questi eventi l’avessero gettata in uno stato di terrore profondo e di disorientamento. Aveva provato a parlarne subito con qualcuno, ma non era stata creduta e poi era così difficile spiegare nel dettaglio quello che le stava succedendo, perché per lei quel mondo degli adulti non le apparteneva ed era troppo lontano dalla sua vita di bambina: si sentiva semplicemente impotente.
Quando Alice arriva in terapia, inizia a capire di esser stata vittima di abusi sessuali. Inizia ad elaborare quei ricordi e tutte le emozioni disdicevoli ad essi collegati e, finalmente, trova la forza di denunciare quello che ha subito e di chiedere giustizia. Nel mentre, però, sono passati degli anni perché per fare i conti con dei traumi così scompaginanti ci vuole tempo e quando arriva il momento in cui lei si sente pronta per denunciare non può più farlo. Non può perché il reato è andato in prescrizione. Non può perché l’abuso sessuale sui minori, per quanto comporti un omicidio psichico per la vittima, non viene considerato dalla legge italiana con la dovuta cautela.
Alice deve rassegnarsi e soffrire in silenzio, perché non c’è nessuno che possa dare importanza alla sua storia, eccetto la sua psicologa.
Si sente abbandonata dalle istituzioni e si chiede come sia possibile che lei abbia dovuto soffrire così tanto, mentre quella persona così viscida non abbia nemmeno subito un processo”.

Questa storia potrebbe essere una delle tante storie di abuso sessuale subite dai minori, i quali non sempre riescono a fare i conti con la propria sofferenza; e non è raro che, a distanza di anni, commettano il suicidio perchè la ferita che si portano dietro è troppo angosciante. Richiedere che venga abolita la prescrizione su reati così gravi e che vengano considerati alla stregua degli omicidi fisici, significa dare alle vittime la speranza di poter essere ascoltate e di ricevere giustizia. Non si riparerà mai il danno che hanno subito, ma si potrà consentire loro di alleggerire quel fardello, aiutandole a ripartire nel proprio percorso di vita.
Per questo ho lanciato una petizione sulla piattaforma Change.org, per chiedere l’abolizione della prescrizione per i reati di abuso sessuale sui minori, in quanto tali reati rappresentano un vero e proprio omicidio psichico.
Puoi supportare la petizione firmandola qui:

https://www.change.org/p/omicidiopsichico-aboliamo-la-prescrizione-per-i-reati-di-abuso-sessuale-sui-minori

Grazie a nome di tutte le vittime.

Dott.ssa Irene Cane, psicologa (Instagram: @psicologa_irenecane)

Tour “Fatto-a-mano” 2023 sabato in Borgo Rossini

Entriamoinbottega!

Tour “Fatto-a-mano” 2023

Sabato mattina 21 gennaio in Borgo Rossini

Nuovo anno. Restyling per il portale www.fatto-a-mano.it. Nuovo Fatto a mano Tour in un pezzo di città, Borgo Rossini – Regio Parco tra i più dinamici degli ultimi tempi, segno di profonda evoluzione in chiave residenziale, commerciale e culturale. Borgo Rossini rappresenta un borgo storico a due passi dal centro, sulle sponde della Dora, che ha caratterizzato la Torino dell’800 fino all’attuale, moderna trasformazione con il Campus Einaudi, La Nuvola Lavazza…Ma la creatività in queste vie amate dai giovani, porta anche e soprattutto il nome dell’artigianato di qualità ‘made in Italy. Sono queste realtà che andremo a conoscere con voi per finire come sempre con un aperitivo in uno spazio speciale beneaugurante per il nuovo anno.  

Programma

Ore 10 – punto di ritrovo in Corso Regina Margherita 90/bis/c davanti al negozio Across the Glass (bus 11, 56, 68, 72, tram 3 e 4) . Da lì partirà il nostro giro guidate anche da Barbara Colazzo che ci racconterà la trasformazione del Borgo. Lungo il percorso visite alle botteghe.

Ore 12 – A fine visita, aperitivo presso Qu.Bi. in Via Parma 75, dove l’ospitalità è squisitamente ‘fatta a mano’

Quota di partecipazione22 euro a persona

Per info

Organizzazione tecnica ONEIROS Incoming By IL MONDO in VALIGIA di C. & D. Viaggi sas

Via Caraglio 6/b – 10141 Torino – Tel 011.7732249 – Cell 3288811318
www.oneirosviaggi.it www.mondoinvaligia.it – info@mondoinvaligia.it

www.fatto-mano.it  info@fatto-a-mano.it adelaidevalle58@gmail.com chiara.caratto65@gmail.com

Burolo tra società e storia

 

Burolo – tessuto urbano e territorio’ è una pregevole pubblicazione che, seppure risalga a quasi 21 anni fa (venne stampato nel maggio del 2002) tuttavia per la serietà dei contributi costituisce una vera e propria  ‘summa’ dell’anima e della storia del paese che, pur rivolto e confinante verso Ivrea, tuttavia ha – per la sua collocazione geografica – una vicinanza sia con il Biellese che con il Vercellese.

L’allora sindaco Bruno D’Amico (oggi è saldamente al timone dell’amministrazione comunale Franco Cominetto) nella presentazione spiegò come ‘l’idea della pubblicazione di un nuovo libro su Burolo, nacque come naturale corollario allo studio sul catasto burolese del 1769, quando si dovette decidere cosa fare dell’abbondante materiale individuato nel corso della ricerca’.

Il lavoro, che ha come ente promotore il Comune di Burolo, è stato coordinato da Carla Bartolozzi e Francesco Novelli con saggi di Aldo Actis Caporale, Giorgio Cavaglià, Piergiuseppe Cresto, Luciana Gastaldo, Guido Gentile, Cecilia Laurora, Andrea Longhi, Guido Novelli, Franco Quaccia, Micaela Viglino Davico con gli apparati fotografici di Michele Basanese e Giorgio Olivero,

La pubblicazione è suddivisa in tre sezioni: ‘Per una storia di Burolo’ dalla romanità all’età moderna, ‘Il territorio’ con vie di comunicazione, insediamenti, espressioni d’arte e i ‘Temi contemporanei’ legati ai problemi di tutela, il tutto corredato da un’ampia documentazione fotografica sia in bianco e nero che a colori e da una ampia bibliografia.

Si tratta di un volume importante ed esauriente che merita senz’altro un aggiornamento e non disdegna in nessuna biblioteca.

Massimo Iaretti