IL COMMENTO Di Pier Franco Quaglieni / L’episodio delle Frecce Tricolori che sorvolano Torino e provocano vistosi assembramenti di gente sembra essere stato subito archiviato dai giornali e dai politici che forse non si sono neppure accorti della inopportunità e della gravità di questo fatto che minaccia l’effetto dei sacrifici a cui ci siamo sottoposti stando chiusi in casa per oltre due mesi
In primis va chiesta la ragione del sorvolo al ministro della Difesa perché non c’era nessun motivo di festeggiare in un paese piegato in due e in una regione che certo non ha brillato nella lotta alla pandemia. In secundis il costo del sorvolo appare oggi, in tempo di gravissima crisi, uno sperpero di denaro pubblico che va indirizzato diversamente.
Tobagi era un mite, un tollerante, un giornalista indipendente che non si lasciava condizionare , ma era sempre alla ricerca della notizia e dell’approfondimento. Tra i tanti giornalisti settari degli Anni Settanta che fecero della demagogia militante la loro missione, il cattolico e simpatizzante socialista Tobagi seppe distinguersi nettamente. I suoi articoli erano delle analisi lucide e spassionate. Celebre quella in cui sondò la “pancia” della provincia lombarda nel 1976, mettendo in evidenza la rabbia della gente comune verso la politica alla vigilia del Governo di unità nazionale. Un preannuncio di quello che dieci e più anni dopo sarebbe stato il successo della Lega in Lombardia.
giudiziaria l’assetto democratico del Paese che solo gli elettori avevano il diritto di cambiare. La Magistratura si sostituì al potere sovrano del popolo con un’azione in cui le regole inquisitorie adottate portarono a dei suicidi : incarcerare le persone perché confessassero fu la regola di comportamento dei giudici milanesi sostenuti da Scalfaro e da tanti giornalisti faziosi. Il coraggio di Cossiga non bastò a fermare la furia giustizialista che ottenne il massimo appoggio del Quirinale con Scalfaro presidente il quale non fu mai super partes. Oggi vanno ricordate queste pagine di storia, auspicando che ci siano interventi rapidi, decisi e severi soprattutto in Parlamento a tutela di una giustizia giusta. Le mozioni di sfiducia contro il ministro Bonafede non sono passate, ma gli errori gravi e le sue scelte demagogiche non possono essere archiviate. Oggi la Giustizia in Italia vive anch’essa una pandemia, ma le vittime sono i cittadini e i loro diritti.
Il trauma generalmente viene inteso come un avvenimento che supera le nostre capacità di significarlo e di reagire ad esso, qualcosa che impegna le nostre difese in maniera eccessiva e che irrompe bloccando il flusso regolare del nostro essere nel mondo; ciò che può essere messo in discussione è, in questi casi, il senso di continuità del nostro Sé, cioè la sensazione di essere sempre noi stessi al di là dello scorrere del tempo e dell’avvicendarsi di differenti contesti, si tratta quindi di una caratteristica fondamentale del Sé, sulla quale poggia la nostra stessa identità e la nostra esistenza.La pandemia, con tutto ciò che essa implica, porta però anche con sé delle peculiarità rispetto ad altri eventi a valenza traumatica collettiva, come ad esempio la guerra, e rispetto all’esperienza che facciamo di essa; infatti la minaccia di cui si fa portatrice è invisibile, il nemico non può essere riconosciuto e affrontato direttamente ma può celarsi dietro chiunque, quindi chiunque può essere, di fatto, il nostro nemico; inoltre lo stato di emergenza non può essere delimitato, la sua durata è indefinita, la minaccia è quindi impercettibile e perenne. Questi presupposti di per sé pongono sotto forte tensione il nostro funzionamento mentale, mettendo a dura prova il nostro assetto psicologico. La vulnerabilità umana diventa la protagonista, a scapito del senso di controllo e dell’illusione di onnipotenza che caratterizzano peculiarmente l’uomo contemporaneo, provocando una ferita narcisistica che ci impone di misurarci con il limite e ci consegna incertezza, smarrimento e frustrazione. Ad un livello più profondo, ciò con cui dobbiamo confrontarci nel nostro vissuto psicologico è l’angoscia di morte, il senso della caducità intrinseca alla condizione umana, che il pericolo imminente e invisibile del virus ci presenta davanti agli occhi con prepotenza, senza darci la possibilità di ignorarla; angoscia di morte che è abitualmente rimossa dagli individui in condizioni di “normalità”, per favorire un assestamento psichico ottimale. Ciò che accade è che l’ansia e la paura scaturenti da tale situazione intrapsichica possono andare incontro a varie strategie difensive, come ad esempio: negazione, scissione, evitamento, intellettualizzazione, rimozione, con conseguenze più o meno funzionali ed adattive, in base alla loro modalità di utilizzo e al perdurare di esse nel tempo, due condizioni in base alle quali può strutturarsi il trauma.